In questo articolo affronteremo il tema della responsabilità solidale del committente relativamente al contratto di subfornitura, alla luce della sentenza della Corte Costituzionale n. 254 del 06.12.2017 e delle novità introdotte con il d.l. 17 Marzo 2017 n. 25 alla cosiddetta Legge Biagi (d. lgs. n. 276/2003).
Il Ricorso alla Corte Costituzionale
Il quesito posto alla Corte Costituzionale dalla Corte di Appello di Venezia – chiamata a decidere sul gravame proposto da una società committente avverso la statuizione di primo grado con la quale era stata condannata al pagamento di retribuzioni non corrisposte dall’impresa (sua) subfornitrice, ai lavoratori di quest’ultima – ha sollevato, premessane la rilevanza, questione incidentale di legittimità costituzionale della norma, applicata dal primo giudice, di cui all’art. 29, comma 2, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276 (Attuazione delle deleghe in materia di occupazione e mercato del lavoro, di cui alla legge 14 febbraio 2003, n. 30).
Secondo la Corte rimettente detta norma – nel disporre che «In caso di appalto di opere o di servizi, il committente imprenditore o datore di lavoro è obbligato in solido con l’appaltatore, nonchè con ciascuno degli eventuali subappaltatori […] a corrispondere ai lavoratori i trattamenti retributivi […] in relazione al periodo di esecuzione del contratto di appalto» – «non è suscettibile di essere applicata oltre i casi espressamente previsti (appalto e subappalto), nè la natura della disposizione e la diversità di fattispecie contrattuale tra subappalto e subfornitura, consente un’interpretazione costituzionalmente orientata della stessa».
La Corte Costituzionale, esaminando la questione è giunta a conclusioni differenti rispetto a quanto sostenuto dalla Corte d’Appello di Venezia. Infatti ha statuito che se da un lato la responsabilità solidale del committente relativamente ai crediti lavorativi, contributivi e assicurativi dei dipendenti dell’appaltatore è norma eccezionale rispetto alla ordinaria disciplina dettata dal codice civile, dall’altro non può dirsi tale (eccezionale) rispetto all’ambito del lavoro diretto (subfornitura). Ciò in quanto il contratto di subfornitura conserva rispetto al contratto di appalto dei profili di omogeneità che, ove non si ritenesse applicabile anche in tale contratto la responsabilità solidale del committente, si avrebbe una disparità di trattamento dei dipendenti del subfornitore rispetto a quelli di un appaltatore (e subappaltato) che, secondo la Corte, si porrebbe in contrasto con l’art. 3 della Cost. (principio di uguaglianza). Non solo. Le esigenze di tutela dei dipendenti del subfornitore, stante la tendenziale maggior soggezione di quest’ultimo nei confronti del committente rispetto all’appaltatore, dovrebbero essere prese in considerazione con maggior precauzione che non nel caso di un contratto di appalto.
In conclusione la Corte Costituzionale con la sentenza in commento ha, di fatto, ampliato l’ambito di applicazione dell’art. 29, comma 2, d. lgs. n. 276/2003, assoggettando alla medesima disciplina, inerente alla responsabilità solidale del committente, sia il contratto di appalto che il contratto di subfornitura.
Le novità apportate dal d.l. 17 Marzo 2017 n. 25
Il citato decreto legge ha soppresso il 2°, 3° e 4° periodo dell’art. 29, comma 2, del d.lgs. n. 276 del 2003 che, sino all’entrata in vigore del d.l. 17 marzo 2017, n. 25, così disponeva: “Il committente imprenditore o datore di lavoro è convenuto in giudizio per il pagamento unitamente all’appaltatore e con gli eventuali ulteriori subappaltatori. Il committente imprenditore o datore di lavoro può eccepire, nella prima difesa, il beneficio della preventiva escussione del patrimonio dell’appaltatore medesimo e degli eventuali subappaltatori. In tal caso il giudice accerta la responsabilità solidale di tutti gli obbligati, ma l’azione esecutiva può essere intentata nei confronti del committente imprenditore o datore di lavoro solo dopo l’infruttuosa escussione del patrimonio dell’appaltatore e degli eventuali subappaltatori”.
Ne deriva che oggi, stante le modifiche apportate all’art. 29,comma 2, del d.lgs 276/2003 sopra ricordate, il committente non ha più la “protezione” del beneficio dell’escussione, ossia l’eccezione che poteva essere sollevata in sede esecutiva dallo stesso, consistente nella richiesta di preventiva escussione del patrimonio dell’appaltatore, in forza della quale sole ove questo fosse stato incapiente allora il lavoratore o l’ente previdenziale potevano rivolgere la richiesta economica nei confronti del committente.
Attualmente, quindi, nulla vieta al lavoratore o all’ente previdenziale di chiamare in causa solamente il committente, a vantaggio dell’appaltatore (o subfornitore, a cui la medesima disciplina, come sopra abbiamo visto, si applica alla luce della citata sentenza della Corte Costituzionale) che rimarrebbe totalmente estraneo dalla richiesta economica avanzata.
Questa modifica non è di poco conto. Soprattutto nell’ambito dei contratti di subfornitura. Infatti, in quest’ultimi, più che nei contratti di appalto, il committente, solitamente, ha una solidità economica notevolmente superiore rispetto al subfornitore e, pertanto, è assai probabile che il lavoratore o l’ente previdenziale chiami in causa esclusivamente il committente. Quest’ultimo potrà, solo dopo aver pagato (art. 29, comma 2, ultimo periodo d.lgs. n. 276/2003) esercitare il regresso verso il subfornitore.
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