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Revocatoria fallimentare immobili

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Revocatoria fallimentare immobili e revocatoria fallimentare prima casa

Guida completa alla revocatoria fallimentare immobili e alla revocatoria fallimentare prima casa

In questo articolo esaminiamo la disciplina dell’azione revocatoria fallimentare, con particolare riferimento alla revocatoria fallimentare immobili e, quindi, alla revocatoria fallimentare vendita immobile.

Tra gli elementi da considerare quando si acquista un immobile da un soggetto fallibile vi è la circostanza che, in caso del suo fallimento, si può perdere la proprietà dell’immobile acquistato. Infatti, la legge fallimentare consente, a certe condizioni, che questo sia restituito, per essere liquidato e diviso tra i creditori dell’imprenditore fallito.

Maggiori tutele invece sono concesse all’acquirente di un immobile destinato a diventare “prima casa”.

Il presente articolo illustra qual è la situazione normativa “ad oggi, ma occorre avvertire che con il decreto legislativo n. 14/2019 è stato introdotto nell’ordinamento il “codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza”, che, esclusa la parte già vigente dal marzo 2019, entrerà pienamente in vigore dal primo settembre 2021, salvo ulteriori proroghe. Questo apporta consistenti novità alla procedura del fallimento, a partire dallo stesso termine, a cui oggi viene collegato un disvalore non solo giuridico, ma anche morale, e che viene finalmente sostituito con il termine “liquidazione giudiziale”.

Gli argomenti trattati sono:


Cosa sono l’azione pauliana e la revocatoria fallimentare immobili

L’art. 2740 codice civile recita: “il debitore risponde dell’adempimento delle obbligazioni con tutti i suoi beni presenti e futuri”. Il creditore, per soddisfare il proprio diritto, può utilizzare alcuni strumenti, tra cui il pignoramento.
Tuttavia è possibile che, per evitarlo, il debitore svenda i suoi beni, depauperando il proprio patrimonio. Quindi compromettendo le possibilità di soddisfazione del creditore, non potendo pignorare un bene non appartenente al debitore.
Il codice civile fornisce al creditore lo strumento dell’azione pauliana o revocatoria ex art. 2901 codice civile, con cui può rendere “relativamente” inefficace l’atto compiuto dal debitore.
Una particolare ipotesi è prevista per il caso in cui il debitore sia imprenditore dichiarato fallito: è l’azione revocatoria fallimentare. Nella procedura di fallimento, si applica infatti il principio della “par condicio creditorum” secondo cui tutti i creditori hanno pari diritto alla soddisfazione del proprio credito, salvo i privilegi che la legge accorda ad alcuni di essi.
Nel fallimento confluiscono tutti i beni “presenti e futuri” del fallito. Sono esclusi, ex art. 46 L.F., i beni e i diritti strettamente personali e i beni impignorabili per legge (art. 514 c.p.c.), mentre ex art. 47 L.F. “la casa di proprietà del fallito, nei limiti in cui è necessaria all’abitazione di lui e della sua famiglia, non può essere distratta da tale uso fino alla liquidazione delle attività ”.
Nell’esempio dell’impresa edile, il fallimento costruttore comporta che nella procedura confluiscono tutti i beni inerenti all’impresa e dell’imprenditore, ma non i suoi beni e i diritti “personalissimi”.
Non solo. Un “affare” compiuto dall’imprenditore, ad esempio una vendita immobiliare o una compravendita società, potrebbe danneggiare le aspettative di alcuni o di tutti i creditori, vanificando la “par condicio”.
Per questo, la legge concede lo strumento della revocatoria fallimentare immobili: per rendere inefficaci questi affari nei confronti dei creditori.
Ad esempio, nella pendenza di una procedura di fallimento vendita immobili può essere revocata per permettere ai creditori di soddisfarsi su quegli immobili. È anche possibile la revocatoria di compravendita società (trasferimento di quote sociali).


Dove è contenuta la disciplina della revocatoria fallimentare immobili, revocatoria ordinaria e revocatoria penale.

La revocatoria fallimentare immobili è disciplinata dalla legge fallimentare (Decreto Regio n. 267/1942) all’art. 67 della legge fallimentare revocatoria ordinaria (o pauliana) dagli art. 2901 e seguenti del codice civile.
A queste procedure si aggiunge un terzo tipo di revocatoria penale, utilizzata per tutelare i soggetti danneggiati dal reato, titolari di un diritto (di credito) al risarcimento del danno, che deriva dal reato stesso. La revocatoria penale è contenuta agli articoli 192 e 193 del codice penale.


Revocatoria fallimentare immobili: quali sono i soggetti fallibili.

Prima di esaminare il merito dell’azione revocatoria, è opportuno individuare i soggetti che possono subire la procedura di fallimento, e di conseguenza i soggetti che possono subire l’azione revocatoria fallimentare immobili.
I soggetti fallibili sono indicati all’art. 1 L.F.. “Sono soggetti alle disposizioni sul fallimento e sul concordato preventivo gli imprenditori che esercitano una attività commerciale, esclusi gli enti pubblici.”
Non sono soggetti alle disposizioni sul fallimento e sul concordato preventivo gli imprenditori di cui al primo comma, i quali dimostrino il possesso congiunto dei seguenti requisiti:

  1.  aver avuto, nei tre esercizi antecedenti la data di deposito della istanza di fallimento o dall’inizio dell’attività se di durata inferiore, un attivo patrimoniale di ammontare complessivo annuo non superiore ad euro trecentomila;
  2. aver realizzato, in qualunque modo risulti, nei tre esercizi antecedenti la data di deposito dell’istanza di fallimento o dall’inizio dell’attività se di durata inferiore, ricavi lordi per un ammontare complessivo annuo non superiore ad euro duecentomila;
  3. avere un ammontare di debiti anche non scaduti non superiore ad euro cinquecentomila.”

Di conseguenza, i soggetti che possono subire l’azione revocatoria fallimentare immobili sono chi compie affari con i soggetti fallibili. Se si vuole acquistare un immobile da questi, è opportuno, in primo luogo, sincerarsi sul loro stato di solvibilità.


Quanti atti possono rientrare nella revocatoria fallimentare immobili.

L’art. 67 L.F. indica l’oggetto della revocatoria fallimentare immobili, cioè quali atti possono essere revocati dal curatore fallimentare.
Il comma 2 inquadra l’oggetto “normale” della revocatoria fallimentare: sono revocati, a condizione che il curatore dimostri la mala fede dell’altra parte (cioè che ella conoscesse l’insolvenza del debitore), e se gli atti sono compiuti entro sei mesi dalla dichiarazione del fallimento:

  • pagamenti di debiti liquidi ed esigibili,
  • atti a titolo oneroso,
  • atti costitutivi di un diritto di prelazione per debiti, anche di terzi, contestualmente creati.

Il comma 1 indica una lista di atti “anormali”. Revocabili se compiuti entro un anno dal fallimento e salvo la prova liberatoria della buona fede che l’altra parte deve fornire. Si tratta di “affari” particolarmente svantaggiosi per l’imprenditore:

  • atti a titolo oneroso in cui le prestazioni eseguite o le obbligazioni assunte dal fallito sorpassano di oltre un quarto ciò che a lui è stato dato o promesso;
  • atti estintivi di debiti pecuniari scaduti ed esigibili non effettuati con danaro o con altri mezzi normali di pagamento;
  • pegni, le anticresi e le ipoteche volontarie per debiti preesistenti non scaduti;
  • pegni, le anticresi e le ipoteche giudiziali o volontarie per debiti scaduti.

Per approfondimenti su particolari atti suscettibili di revoca (revocatoria preliminare di vendita, revocatoria rinuncia eredità), si rimanda ai paragrafi seguenti.


Quali limiti della revocatoria fallimentare immobili: la revocatoria fallimentare prima casa e altri atti irrevocabili.

L’art. 67 comma 3 L.F. elenca alcune eccezioni di atti che non possono essere revocati:

  1. “i pagamenti di beni e servizi effettuati nell’esercizio dell’attività d’impresa nei termini d’uso;
  2. rimesse effettuate su un conto corrente bancario, purché non abbiano ridotto in maniera consistente e durevole l’esposizione debitoria del fallito nei confronti della banca;
  3. le vendite ed i preliminari di vendita trascritti ai sensi dell’articolo 2645-bis del codice civile, i cui effetti non siano cessati ai sensi del comma terzo della suddetta disposizione, conclusi a giusto prezzo ed aventi ad oggetto immobili ad uso abitativo, destinati a costituire l’abitazione principale dell’acquirente ovvero immobili ad uso non abitativo destinati a costituire la sede principale dell’attività d’impresa dell’acquirente, purché alla data di dichiarazione di fallimento tale attività sia effettivamente esercitata ovvero siano stati compiuti investimenti per darvi inizio;
  4. gli atti, i pagamenti e le garanzie concesse su beni del debitore (…);
  5. gli atti, i pagamenti e le garanzie posti in essere in esecuzione del concordato preventivo, dell’amministrazione controllata, nonché dell’accordo omologato ai sensi dell’articolo 182-bis, nonché gli atti, i pagamenti e le garanzie legalmente posti in essere dopo il deposito del ricorso di cui all’articolo 161;
  6. i pagamenti dei corrispettivi per prestazioni di lavoro (…);
  7. i pagamenti di debiti liquidi ed esigibili eseguiti alla scadenza per ottenere la prestazione di servizi strumentali all’accesso alle procedure concorsuali di amministrazione controllata e di concordato preventivo”.

Il comma 4 prevede altre esenzioni:

  1. l’istituto di emissione (Banca d’Italia) è immune all’azione revocatoria.
  2. le operazioni di credito su pegno e di credito fondiario.
  3. altre esenzioni contenute in leggi speciali, ad esempio legge 52/1991 in materia di factoring (cessione di crediti di impresa).


Quali sono i presupposti della revocatoria fallimentare immobili.

In generale, ai fini della revocatoria fallimentare immobili sono necessari alcuni presupposti:

  • la dichiarazione di fallimento,
  • il termine “a ritroso” entro cui gli atti da revocare devono essere compiuti,
  • lo stato di insolvenza,
  • il requisito soggettivo o la mala fede del terzo.

Oltre a questi presupposti “sostanziali” per l’ammissione della revocatoria fallimentare immobili, vi sono altri requisiti “processuali”.
Al contrario, la “ratio” delle esenzioni previste ai commi 3 e 4, sull’interesse dei creditori a ricostruire il patrimonio fallimentare ed ottenere il pagamento dei propri crediti, prevale l’interesse a mantenere in vita l’impresa sotto la gestione del curatore. A conservare gli atti che comunque in qualche modo funzionali al superamento della crisi e l’interesse dei terzi “deboli” a mantenere in vita il negozio stipulato con l’imprenditore fallito. Ad esempio, è il caso degli emolumenti dei lavoratori, i cui diritti in questo senso sono preferiti a quelli dei creditori.
Tra tutte le eccezioni, quella al punto c) risulta di particolare rilevanza, disciplinando la revocatoria fallimentare prima casa su cui ci soffermiamo nei prossimi paragrafi.


Cos’è la dichiarazione di fallimento, presupposto della revocatoria fallimentare immobili.

In primo luogo, ai sensi dell’art. 67 legge fallimentare, la revocatoria fallimentare immobili è possibile solo se è stata pronunciata una sentenza che:

  • dichiara il fallimento dell’imprenditore incapace di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni,
  • toglie al fallito la gestione dell’impresa, rendendo inefficaci rispetto ai creditori gli atti da lui compiuti (art. 44 L.F.),
  • nomina un curatore, che garantisce la “par condicio creditorum” e amministra il patrimonio al posto dell’imprenditore. Ad esempio, nel caso della sentenza di fallimento di un’impresa edile, l’attività viene interamente gestita, fino al pagamento dei creditori, dal curatore fallimentare ed il fallimento costruttore impedisce a questo di continuare la propria attività.

Dal giorno del fallimento, inoltre, i creditori non possono più proporre azioni individuali, a tutela delle loro ragioni, contro l’imprenditore fallito (art. 51 L.F.), ma è il curatore che ha il compito di curare i loro interessi, ad esempio mediante l’azione revocatoria fallimentare immobili.


Quando si si parla di “stato di insolvenza” in caso di revocatoria fallimentare immobili.

L’art. 5 L.F. definisce lo “stato di insolvenza” come la condizione in cui versa il debitore, che “non è più in grado di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni“. Chi acquista un immobile da un soggetto fallibile, corre il rischio che in base alla legge sul fallimento, la vendita sia revocata per tutelare i creditori del fallito.

Ma come è possibile per un soggetto esterno, sapere se il debitore è in grado di coprire i propri debiti? Oppure viceversa se è prossimo ad una dichiarazione di fallimento?
La normativa parte da un dato fattuale: normalmente la crisi dell’imprenditore non rimane segretamente tra le mura dell’impresa. Ma inevitabilmente si manifesta anche all’esterno, nel rapporto con i clienti, i fornitori ed i finanziatori.
Ad esempio, nel caso di una situazione critica, che potrebbe sfociare nel fallimento costruttore, in genere vi sono ritardi nelle consegne, o nel pagamento dei dipendenti.
In altre parole, è possibile cogliere alcuni “segnali di allarme”, indici oggettivi e soggettivi che rispecchiano lo stato di sofferenza dell’impresa.
La giurisprudenza in tema di revocatoria fallimentare individua questi indici, ad esempio, nella presenza di protesti o procedure esecutive a carico del debitore. Ma anche iscrizione di ipoteche, trascrizione di sequestri conservativi, emissione di decreti ingiuntivi. Ancora: ritardi o richieste di dilazione nei pagamenti, reclami dei clienti. Financo articoli di giornali che riportano la notizia di scioperi.


Cos’è il “periodo sospetto” della revocatoria fallimentare immobili.

Altro requisito della revocatoria fallimentare immobili è di ordine temporale. Ai sensi dell’art. 67 commi 1 e 2 della legge fallimentare revocatoria è possibile se gli atti descritti sono compiuti rispettivamente entro un anno o sei mesi, “a ritroso” dalla dichiarazione di fallimento. Questa finestra temporale è chiamata anche “periodo sospetto”.
Come già detto nel paragrafo precedente, è dato di esperienza che il fallimento di un’impresa non si determini da un giorno all’altro, ma sia frutto di vari fattori che si sviluppano e si aggravano nel tempo. La dichiarazione di fallimento rappresenta solamente la certificazione formale di una crisi iniziata tempo prima.
Nel “periodo sospetto”, in virtù di questi segnali, la crisi ed il fallimento possono essere “prevedibili” da chi compie affari con l’imprenditore, e che quindi si espone al rischio che tali affari possano essere revocati.
L’art. 69 L.F. prevede che se gli atti oggetto di revocatoria sono stati compiuti tra i coniugi, il termine “a ritroso” non si ferma all’anno precedente la dichiarazione di fallimento, ma risale per tutto il tempo “in cui il fallito esercitava un’impresa commerciale”.
Gli atti a titolo gratuito e i pagamenti dei debiti che prevedevano una scadenza successiva al fallimento, sono invece revocabili se compiuti entro due anni dalla dichiarazione di fallimento.


Come si calcola il periodo sospetto per la revocatoria fallimentare immobili.

Il periodo sospetto si calcola “a ritroso”: partendo dal giorno della dichiarazione di fallimento (dies a quo) si risale, all’indietro nel tempo, al termine finale (dies ad quem).
Prendiamo l’esempio del fallimento di una azienda edile. Se il fallimento costruttore è dichiarato, con sentenza, in data 06.05.2020 ed il periodo da calcolare è un anno, ne consegue che il termine finale è il 06.05.2019.
Se la scadenza cade in un giorno festivo, occorre considerare il primo giorno non festivo (art 155 c.p.c.). Ad esempio, se lunedì 15.10.2018 è stato dichiarato il fallimento costruttore, il die ad quem non cade il 15.10.2017 (domenica), ma in virtù dell’art. 155 c.p.c. viene esteso al 14.10.2017 (sabato), per cui può confluire nel fallimento vendita immobili effettuata anche in quel giorno.


In cosa consiste il requisito “soggettivo” della revocatoria fallimentare immobili.

Ulteriore requisito dell’azione revocatoria fallimentare immobili è la mala fede del terzo che acquista l’immobile dal fallito. Ai sensi dell’art. 67 della legge fallimentare revocatoria è possibile se il terzo si è “approfittato” della crisi aziendale. Su questo punto, occorre fare due precisazioni.
Nei casi indicati al comma 2 (ad esempio una compravendita società effettuata a prezzo di mercato), la legge presume che il terzo abbia compiuto in “buona fede” affari con il debitore, cioè senza conoscere lo stato di crisi del debitore e senza pertanto approfittarsene. È onere del curatore fallimentare, se intende revocare l’affare, dimostrare la “mala fede” del terzo, cioè che questi conosceva lo stato di insolvenza dell’imprenditore. Il curatore, per dimostrare la mala fede, può ricorrere agli “indici di insolvenza”, cioè elementi oggettivi e soggettivi, manifestati dall’impresa, che ne rispecchiano lo stato di sofferenza.
Al contrario, i casi indicati al comma 1 descrivono affari particolarmente svantaggiosi per il debitore (ad esempio compravendite “in cui le prestazioni eseguite o le obbligazioni assunte dal fallito sorpassano di oltre un quarto ciò che a lui è stato dato o promesso”), inusuali per un imprenditore “in salute” e di per sé indici rivelatori di una possibile crisi aziendale. La legge, oltre ad allungare il “periodo sospetto” ad un anno, presume che il terzo conosceva le difficoltà dell’imprenditore e abbia approfittato “in mala fede” della crisi del debitore. Pertanto, grava sul terzo l’onere di fornire la difficile prova che non conosceva lo stato di insolvenza dell’imprenditore, se vuole evitare la revocatoria.


Quali sono le condizioni “processuali” della revocatoria fallimentare immobili.

Oltre ai presupposti “sostanziali” appena esaminati, la revocatoria fallimentare immobili prevede alcune condizioni sul piano “processuale”.
Il legittimato attivo a proporre la domanda è solamente il curatore del fallimento. Questo è un esperto, nominato dal giudice del fallimento quale suo ausiliario, che assume la qualità di pubblico ufficiale. Ha il compito di liquidare il patrimonio dell’imprenditore fallito, ripartendolo tra i creditori e, medio tempore, amministrare l’impresa sotto la vigilanza del giudice e del comitato dei creditori.
Legittimato passivo (cioè il soggetto contro cui deve esperirsi la revocatoria fallimentare immobili) è l’acquirente. Nel caso in cui egli abbia a sua volta ceduto l’immobile, dovrà esercitarsi l’azione revocatoria ordinaria ex art. 2901 codice civile.
La domanda deve presentarsi, previa autorizzazione del giudice, avanti al giudice competente, che è lo stesso Tribunale fallimentare che ha dichiarato il fallimento

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Entro quanto tempo deve essere promossa la revocatoria fallimentare immobili.

L’azione revocatoria fallimentare vendita immobile deve essere esercitata entro i termini previsti dalla legge. Ai sensi dell’art. 69 bis legge fallimentare revocatoria non può essere promossa “decorsi tre anni dalla dichiarazione di fallimento e comunque decorsi cinque anni dal compimento dell’atto. Nel caso in cui alla domanda di concordato preventivo segua la dichiarazione di fallimento, i termini di cui agli articoli 64, 65, 67, primo e secondo comma, e 69 decorrono dalla data di pubblicazione della domanda di concordato nel registro delle imprese”.


Quali effetti ha la revocatoria fallimentare immobili nei confronti dei creditori.

In generale, l’azione revocatoria non ha l’effetto di rendere nullo o invalido l’atto compiuto dall’imprenditore fallito. In base alla legge fallimentare revocatoria determina i suoi effetti sul piano dell’efficacia: l’atto revocato non è opponibile ai creditori intervenuti nel fallimento, che possono soddisfare i propri diritti, previa la ricostruzione del patrimonio del fallito. Ad esempio, in caso di revocatoria fallimentare vendita immobile confluisce nel patrimonio del fallimento (che sarà poi diviso tra i creditori) senza ritornare nella disponibilità del fallito.
La sentenza di revoca ha natura costitutiva e non dichiarativa. Questo vuol dire che gli effetti della revoca decorrono dal momento della sentenza.
Infatti, la legge fallimentare prevede che alcuni atti compiuti dall’imprenditore fallito vengono revocati solo e a condizione che il curatore promuova (e vinca) l’azione revocatoria.


Quali effetti ha la revocatoria fallimentare immobili nei confronti del convenuto.

L’immobile non passa automaticamente nel patrimonio del fallimento. L’acquirente deve materialmente restituire l’immobile al curatore, altrimenti potrebbe essere obbligato con un procedimento di esecuzione forzata per obblighi di facere. Dalla restituzione nasce un nuovo credito, che l’acquirente può far valere nella procedura di fallimento, chiedendo di iscriverlo al passivo, nei modi dell’art. 101 L.F..
Nel caso in cui l’acquirente non possa restituire l’immobile, ad esempio perché crollato, può essere condannato a versare una somma di denaro equivalente al valore del bene.
Nel caso in cui l’acquirente avesse, a sua volta, rivenduto l’immobile ad un sub-acquirente, nei confronti di questo non sarà possibile esercitare l’azione revocatoria fallimentare vendita immobile, ma il curatore dovrà utilizzare lo strumento dell’azione pauliana o revocatoria ordinaria ex art. 2901 c.c.. Il sub-acquirente non può tuttavia iscrivere il proprio credito al passivo della procedura, ma deve rivolgersi nei confronti del suo “ante causa” cioè del sub-venditore.
Ai sensi dell’art.70 legge fallimentare revocatoria “dei pagamenti avvenuti tramite intermediari specializzati, procedure di compensazione multilaterale o dalle società previste dall’articolo 1 della legge 23 novembre 1939, n. 1966, si esercita e produce effetti nei confronti del destinatario della prestazione. (…) Qualora la revoca abbia ad oggetto atti estintivi di posizioni passive derivanti da rapporti di conto corrente bancario o comunque rapporti continuativi o reiterati, il terzo deve restituire una somma pari alla differenza tra l’ammontare massimo raggiunto dalle sue pretese, nel periodo per il quale è provata la conoscenza dello stato d’insolvenza, e l’ammontare residuo delle stesse, alla data in cui si è aperto il concorso. Resta salvo il diritto del convenuto d’insinuare al passivo un credito d’importo corrispondente a quanto restituito.”


Quando non occorre l’azione revocatoria fallimentare immobili: l’art. 64 L.F.

Come abbiamo visto, alcuni atti compiuti dall’imprenditore fallito vengono revocati solo e a condizione che il curatore promuova (e vinca) l’azione revocatoria. Altri atti, invece vengono revocati “di diritto”, senza il necessario ricorso all’autorità giudiziale.
È il caso degli atti a titolo gratuito, compiuti dall’imprenditore fallito nei due anni precedenti al fallimento (art. 64 L.F.), come nella costituzione del fondo patrimoniale o nella donazione.
Secondo la giurisprudenza, rientrano nell’art. 64 L.F. anche:

  •  la donazione indiretta: un negozio che presenta i requisiti formali di un contratto oneroso, ma da cui comunque emerge lo spirito di liberalità,
  • la donazione remuneratoria ex art. 770 c.c. effettuata “per riconoscenza o in considerazione dei meriti del donatario o per speciale remunerazione”,
  • la costituzione di fondo patrimoniale ex art.167 ss. cc.: insieme dei beni mobili e immobili che i familiari o soggetti terzi destinano a far fronte ai bisogni della famiglia.

Ad esempio, prevedendo un futuro fallimento costruttore di piccole dimensioni, conclude una donazione di una parte dei suoi strumenti di lavoro (macchine scavatrici, materiale edile … ). Qui la revoca opera “ipso iure” senza la necessaria azione revocatoria fallimentare immobili ex art 67 L.F..


Quando non occorre l’azione revocatoria fallimentare immobili: le donazioni simulate.

Ci si chiede se in caso di donazione dissimulata (o vendita immobiliare simulata) sia applicabile la revocatoria fallimentare immobili ex art. 67 L.F. oppure la disciplina dell’art. 64 L.F.. Si parla di donazione dissimulata quando due parti concludono un atto che formalmente è una vendita, per poterlo opporre come tale ai terzi, ma avente tra le parti gli effetti di una donazione. Ad esempio, l’imprenditore conclude con l’altra parte un contratto oneroso (es. vendita immobiliare oppure compravendita società) all’apparenza regolare, ma in realtà accompagnato dall’accordo segreto di non trasferire le quote o l’immobile e di non pagarne il prezzo.
In questi casi, il curatore dovrà accertare la simulazione ex art. 1414 c.c., e successivamente dovrà richiedere l’accertamento dell’inefficacia delle donazioni dissimulate, ma non dovrà procedere con la più gravosa azione revocatoria fallimentare immobili.


Revocatoria fallimentare immobili e revocatoria rinuncia eredità.

Poniamo il caso che il debitore, nel corso di un fallimento, erediti un immobile. Può rinunciare all’eredità, in modo da non coinvolgere l’immobile nel fallimento? È possibile la revocatoria rinuncia eredità del fallito?
Ai sensi dell’art. 42 L.F. dalla dichiarazione di fallimento, l’imprenditore perde l’amministrazione e la disponibilità dei suoi beni esistenti (ad eccezione dei beni indicati all’art. 46 L.F., tra i quali i beni strettamente personali e i beni mobili impignorabili ex art. 514 c.p.c..), compresi quelli che gli pervengono durante il fallimento. Il debitore risponde dei propri debiti con tutto il suo patrimonio, presente e futuro ( art. 2740 codice civile), per cui, ex art. 44 L.F. “tutti gli atti compiuti dal fallito (…) sono inefficaci rispetto ai creditori”. Ed il curatore ben può procedere con la revocatoria rinuncia eredità, chiedendone l’accertamento della inefficacia.
Per contro, se i beni oggetto dell’eredità sono “anti economici”, cioè i costi per l’acquisto e la conservazione sono superiori al presumibile valore di realizzo (come ad esempio nel caso di un rudere di campagna), allora il curatore, autorizzato dal comitato dei creditori, può rinunciare ad acquisirli ex art. 42 L.F.
Poniamo il caso che a rinunciare all’eredità non sia il fallito, ma semplicemente un debitore nei confronti del quale non è stata aperta la procedura di fallimento. È possibile la revocatoria rinuncia eredità del debitore? L’art. 524 codice civile dice che “se taluno rinunzia, benché senza frode, a un’eredità con danno dei suoi creditori, questi possono farsi autorizzare ad accettare l’eredità in nome e luogo del rinunziante, al solo scopo di soddisfarsi sui beni ereditari fino alla concorrenza dei loro crediti. Il diritto dei creditori si prescrive in cinque anni dalla rinunzia”. Per la giurisprudenza in materia di revocatoria fallimentare immobili, la revocatoria rinuncia eredità è possibile se il creditore dimostra che il patrimonio del debitore non basta a soddisfare il suo credito, e che l’acquisizione dell’eredità permette al contrario di soddisfarlo.


Quali vantaggi dell’azione revocatoria fallimentare immobili ex art. 64 L.F.

Per questi negozi giuridici a titolo gratuito, il curatore non procede alla revocatoria fallimentare immobili ex art. 67 L.F., potendo ricorrere ad una sentenza dichiarativa dell’inefficacia degli atti.
La differenza non è di poco conto, in quanto il curatore, per ottenere la revocatoria fallimentare immobili ex art 64 L.F., non deve dimostrare i requisiti ex art. 67 L.F., ma è sufficiente che fornisca la prova della gratuità dell’atto e del compimento nei due anni antecedenti al fallimento.
Viceversa, è onere di controparte, per evitare di restituire l’immobile, fornire la difficile prova di due circostanze.
In primo luogo, che l’atto a titolo gratuito rientra in uno dei tre seguenti negozi:

  • regali d’uso
  • atti compiuti in adempimento di un dovere morale
  • atti compiuti a scopo di pubblica utilità

In secondo luogo, per non essere obbligata a restituire l’immobile, la controparte deve dimostrare la sussistenza della proporzione tra l’atto di liberalità e il patrimonio del donante.
Altro vantaggio dell’azione ex art. 64 L.F., come sancito dalla giurisprudenza in tema di revocatoria fallimentare vendita immobile, è la natura dichiarativa della sentenza e perciò non è soggetta a prescrizione.
O meglio, non lo sarà fino al primo settembre 2021, giorno in cui entrerà in vigore il “codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza” che all’art. 170 assoggetta anche l’azione di accertamento ex art 64 L.F. al doppio termine di decadenza/prescrizione di tre anni dall’apertura della liquidazione giudiziale e comunque cinque anni dal compimento dell’atto.


Quali particolari casi di revocatoria fallimentare immobili: la revocatoria preliminare di compravendita da eseguire.

Qualora nel momento fissato per la stipulazione del contratto definitivo, sussista pericolo di revoca per la sopravvenuta insolvenza del promittente, anche in assenza di una formale sentenza di fallimento, il promissario può non addivenire alla stipulazione del definitivo, invocando l’art. 1461 c.c., stante la sopravventa situazione di incertezza.
La revocatoria preliminare di compravendita possa essere oggetto della revocatoria fallimentare immobili?
Occorre distinguere due casi:

  • il preliminare è ancora “pendente”, cioè non è stato eseguito con un contratto definitivo (artt. 72 ss L.F.),
  • è concluso il contratto definitivo, suscettibile di revocatoria fallimentare immobili.

Poniamo il caso del contratto preliminare che, alla data del fallimento dichiarato nei confronti di una delle due parti, è ancora da eseguire. È ammissibile la revocatoria preliminare di compravendita?
A norma degli artt. 72 e 72 bis L.F., il curatore, autorizzato dal comitato dei creditori, decide se:

  •  subentrare nel contratto, assumendone i relativi obblighi,
  • sciogliere il vincolo. In tal caso, il promissario acquirente non può richiedere il risarcimento del danno, ma può iscrivere al passivo il credito derivante dal mancato adempimento. Se poi il preliminare è stato trascritto (art. 2646 bis c.c.), tale credito ha privilegio speciale (art. 2775 bis c.c.), nel senso che nell’ordine di soddisfazione dei creditori del fallimento, il promissario acquirente ha la precedenza.

I casi peculiari dei preliminari di acquisto “su carta” relativi ad immobili da costruire si sciolgono, se il promissario acquirente escute la fideiussione posta a garanzia della restituzione della somma anticipata al costruttore, prevista come obbligatoria dall’art.2 d.lgs. 122/2005. Se invece il curatore comunica al promissario acquirente di subentrare nel preliminare, la fideiussione non può essere escussa.
Tuttavia, come vedremo meglio nei paragrafi successivi, in caso di contratto preliminare di vendita trascritto ai sensi dell’articolo 2645-bis del codice civile avente ad oggetto un immobile ad uso abitativo destinato a “prima casa”, il curatore non ha questa facoltà di scelta, poiché in questo caso la revocatoria fallimentare non è possibile.


Quali effetti della revocatoria fallimentare immobili su un preliminare già eseguito.

Analizziamo ora il caso di un contratto preliminare, stipulato fuori dal termine per la revocatoria (e quindi in un momento in cui non si poteva presumere la insolvenza del debitore), a cui abbia fatto seguito il contratto definitivo, che invece ricade in tale termine.
Ad esempio, poniamo che il preliminare sia stato concluso due anni prima del fallimento, mentre il contratto definitivo sia stato concluso cinque mesi prima del fallimento.
La circostanza che l’impegno a concludere l’affare era stato assunto quando l’imprenditore era ancora solvibile, può “salvare” il contratto definitivo dalla revocatoria fallimentare immobili? Oppure il curatore può esperire vittoriosamente l’azione di revocatoria fallimentare immobili?
Secondo la giurisprudenza in tema di revocatoria fallimentare immobili, per una compravendita stipulata in adempimento di contratto preliminare, “l’accertamento dei relativi presupposti va compiuto con riferimento alla data del contratto definitivo, in quanto l’art. 67 legge fall. ricollega la consapevolezza dell’insolvenza al momento in cui il bene, uscendo dal patrimonio, viene sottratto alla garanzia dei creditori. Rendendo irrilevante lo stato soggettivo con cui è assunta l’obbligazione, di cui l’atto finale comporta esecuzione, salvo che ne sia provato il carattere fraudolento” (Cassazione, sent.za n. 21927/2011).
In altri termini, se il contratto definitivo è stato compiuto entro il termine annuale, è suscettibile di revocatoria fallimentare immobili ed a nulla vale che l’impegno sia stato assunto, seppur in via preliminare, quando il terzo promittente non poteva conoscere l’insolvenza del debitore, perché magari nemmeno si era manifestata.


Revocatoria fallimentare prima casa: perché è vietata.

La seconda parte del nostro articolo tratta di un argomento delicato per chi abbia acquistato una casa dall’imprenditore, ad esempio direttamente dal costruttore.
Come accennato nei paragrafi precedenti, ex art. 67 comma 3 della legge fallimentare revocatoria non è possibile per alcuni tipi di atti. Tra questi vi sono “le vendite ed i preliminari di vendita trascritti ai sensi dell’articolo 2645-bis del codice civile, i cui effetti non siano cessati ai sensi del comma terzo della suddetta disposizione, conclusi a giusto prezzo ed aventi ad oggetto immobili ad uso abitativo, destinati a costituire l’abitazione principale dell’acquirente o di suoi parenti e affini entro il terzo grado”. Si tratta dell’acquisto della abitazione principale o “prima casa”.
Per la legge fallimentare, non è ammissibile la revocatoria fallimentare acquisto prima casa, poiché l’interesse dell’acquirente prevale sull’interesse dei creditori dell’imprenditore fallito. Infatti, la legge decide di tutelare la posizione “debole” che in questo caso è quella di chi acquista la “prima casa” dall’imprenditore, anche se approfittandone della crisi.


A quali condizioni è vietata la revocatoria fallimentare prima casa.

Abbiamo detto che l’art. 67 L.F. non consente la revocatoria fallimentare acquisto prima casa, ma ciò è vero solo ad alcune condizioni:

  • lo schema del contratto deve essere riconducibile alla vendita,
  • la vendita deve essere stipulata per un “giusto prezzo”,
  • oggetto del trasferimento deve essere un immobile destinato ad abitazione principale. Occorre porre attenzione al fatto che ai fini fiscali, “abitazione principale” e prima casa indicano due oggetti diversi. L’abitazione principale deve consistere in una sola unità immobiliare iscrivibile al Catasto e deve coincidere con la residenza anagrafica, mentre la prima casa non necessariamente deve essere l’immobile destinato ad abitazione principale, ma deve trovarsi nello stesso Comune in cui l’acquirente ha posto la residenza,
  • il contratto deve essere trascritto nei registri immobiliari,
  • gli effetti della trascrizione non devono essere cessati.


Perché è necessario lo schema della vendita per evitare la revocatoria fallimentare prima casa.

Prima condizione per impedire la revocatoria fallimentare prima casa è che sia stato stipulato un contratto di vendita o preliminare di vendita. Il divieto di revocatoria prima casa fa espresso riferimento solo al contratto di vendita (preliminare o definitivo) e non in generale, agli atti di trasferimento a titolo oneroso. Ne sono escluse, ad esempio, le permute o le transazioni immobiliari, per le quali quindi è possibile la revocatoria fallimentare immobili.
Inoltre, anche tra i contratti di vendita, sono esclusi dalla tutela dell’acquirente le vendite di cosa futura di cui all’art. 72-bis, poiché l’effetto traslativo si verifica nel momento in cui il bene viene all’esistenza, e fino a tale momento l’acquirente non può dirsi sicuro dell’acquisto.
Il divieto di revocatoria fallimentare acquisto prima casa vale anche per i contratti stipulati “su carta” per immobili da costruire. Lo afferma l’art. 10 del d.lgs. 102/2005: ”gli atti a titolo oneroso che hanno come effetto il trasferimento della proprietà o di altro diritto reale di godimento di immobili da costruire, nei quali l’acquirente si impegni a stabilire, entro dodici mesi dalla data di acquisto o di ultimazione degli stessi, la residenza propria o del proprio coniuge o di suoi parenti o affini entro il terzo grado, se posti in essere al giusto prezzo da valutarsi alla data della stipula del preliminare, non sono soggetti all’azione revocatoria prevista dall’articolo 67”
In sintesi, è possibile evitare la revocatoria fallimentare acquisto prima casa acquistata con un contratto:

  • definitivo,
  • preliminare,
  • per immobili da costruire.


In cosa consiste il requisito del “giusto prezzo” nel divieto di revocatoria fallimentare prima casa.

La revocatoria fallimentare prima casa non può essere proposta se l’immobile è stato venduto a “giusto prezzo”. Si tratta del prezzo di mercato dell’immobile, alla base di cui è possibile effettuare un giudizio di proporzionalità tra prestazione e controprestazione.
Per contro, le vendite non a giusto prezzo, cioè quelle ad un prezzo fuori mercato, anche per l’acquisto della prima casa, possono essere travolte dalla revocatoria fallimentare immobili.
In particolare, combinando la disciplina della revocatoria prima casa con i primi due commi dell’art. 67 L.F., possiamo avere due casi.

  1. Il prezzo di acquisto è fuori mercato, ma comunque la differenza è contenuta entro il 25% (un quarto) del valore dell’immobile. In questo caso, ricorre la circostanza del comma 2, per la quale è possibile la revocatoria acquisto prima casa fino a sei mesi prima del fallimento, ma il curatore deve dimostrare che l’acquirente conosceva l’insolvenza del debitore.
  2. Il prezzo di acquisto è oltre il 25% (un quarto) il prezzo di mercato. In questo caso, ai sensi del comma 1, è l’acquirente, per evitare di subire la revocatoria prima casa acquistata fino ad un anno prima del fallimento, a dovere dimostrare la sua buona fede.

In sintesi, è possibile evitare la revocatoria prima casa se il prezzo di vendita:

  • è coerente con il prezzo di mercato,
  • è più basso del prezzo di mercato fino al 25%, ma l’acquisto è anteriore a sei mesi dalla dichiarazione di fallimento oppure l’acquirente non conosceva lo stato di insolvenza del venditore,
  • è più basso del prezzo di mercato di oltre il 25%, ma l’acquisto è anteriore a un anno dalla dichiarazione di fallimento, oppure l’acquirente riesce a dimostrare di non conoscere lo stato di insolvenza del venditore.


Cosa si intende per revocatoria fallimentare prima casa e abitazione principale.

Ai fini della revocatoria fallimentare immobili, non si tiene conto del concetto di prima casa, ma di quello di abitazione principale. Il divieto di revocatoria acquisto prima casa, richiede che questa sia anche adibita ad abitazione principale.
In primo luogo, la revocatoria fallimentare prima casa non può essere proposta se oggetto del contratto di vendita è un immobile ad uso abitativo, cioè destinato ad abitazione.
È discusso se l’uso abitativo vada inteso in senso restrittivo, limitandosi ai soli trasferimenti della piena proprietà, oppure comprenda gli acquisti dei diritti reali di godimento (ad es. usufrutto).
Altra condizione per impedire la revocatoria fallimentare prima casa è che l’immobile è destinato a costituire l’abitazione principale dell’acquirente o dei suoi parenti e affini entro il terzo grado. In materia di revocatoria prima casa, l’abitazione principale è quella in cui l’acquirente, o i suoi parenti e affini entro il terzo grado, dimorano abitualmente.


Perché è importante la trascrizione per evitare la revocatoria fallimentare prima casa.

L’acquirente non è obbligato a restituire l’immobile previa revocatoria fallimentare prima casa se la vendita o il preliminare è stato trascritto.
La trascrizione è un mezzo di pubblicità legale, cioè uno strumento per mezzo di cui un atto viene portato a conoscenza, potenzialmente, di tutti.
Presso l’Agenzia delle Entrate sono conservati i registri immobiliari, su cui vengono appunto registrati tutti gli atti che riguardano l’immobile (acquisti, pignoramenti, ipoteche, sentenze ….), oltre che i diritti reali (servitù, usufrutto, superficie …) gravanti su di esso.
La trascrizione dei contratti che trasferiscono la proprietà è richiesta dall’art. 2643 cod. civ. e dei contratti preliminari dall’art. 2645 bis cod civ..
Pertanto per evitare la revocatoria acquisto prima casa, è necessaria la trascrizione nei pubblici registri immobiliari.
In particolare, per evitare la revocatoria preliminare di compravendita immobiliare, questo deve essere stipulato con atto pubblico o con scrittura privata autenticata.


Come evitare la revocatoria fallimentare prima casa: la durata della trascrizione del preliminare.

La revocatoria fallimentare prima casa non può essere proposta finché gli effetti della trascrizione non sono cessati.
Ai sensi dell’art. 2644 cod. civ. la trascrizione rende la compravendita opponibili a terzi. La mancanza della trascrizione non invalida il contratto tra le parti, ma un soggetto esterno può considerarlo come mai stipulato.
In altri casi, al contrario, la trascrizione è condizione di validità dell’atto che viene trascritto, ad esempio per la costituzione di ipoteca.
In altri casi ancora, la trascrizione per vari motivi è ritenuta non necessaria ma comunque opportuna, come nell’esempio della trascrizione dell’accettazione di eredità.
Per quanto riguarda la durata degli effetti della trascrizione, normalmente non è previsto un termine: una compravendita immobiliare, ad esempio, viene trascritta una tantum e per sempre.
In altri casi, invece la trascrizione deve essere rinnovata, altrimenti perde effetto. È il caso, ad esempio, del pignoramento immobiliare, che ha una durata massima di venti anni, decorsi i quali andrà rinnovata.
È il caso anche della trascrizione del contratto preliminare di compravendita, i cui effetti sono sottoposti ad un duplice termine: ex art. 2645 bis comma 3 “cessano e si considerano come mai prodotti se entro un anno dalla data convenuta tra le parti per la conclusione del contratto definitivo, e in ogni caso entro tre anni dalla trascrizione predetta, non sia eseguita la trascrizione del contratto definitivo o di altro atto che costituisca comunque esecuzione del contratto preliminare o della domanda giudiziale di cui all’articolo 2652, primo comma, numero 2)”.
In sintesi:

  • per evitare revocatoria acquisto prima casa con contratto definitivo, è necessario trascriverlo nei pubblici registri immobiliari,
  • per evitare revocatoria preliminare di compravendita immobiliare, è necessario, oltre alla trascrizione, che il fallimento sia dichiarato entro tre anni dalla trascrizione.


Revocatoria fallimentare immobili e azione revocatoria ordinaria o pauliana.

Oltre all’azione revocatoria fallimentare ex art. 67 L.F., le ragioni dei creditori possono essere tutelate anche mediante l’azione revocatoria ordinaria ex art. 2901 c.c.. Per la stessa legge fallimentare revocatoria ordinaria può essere usata anche dallo stesso curatore fallimentare (art. 66 L.F.), nei casi per i quali non si applica l’art, 67 L.F.
Recita così l’art. 2901 c.c.: “il creditore, anche se il credito è soggetto a condizione o a termine, può domandare che siano dichiarati inefficaci nei suoi confronti gli atti di disposizione del patrimonio con i quali il debitore rechi pregiudizio alle sue ragioni, quando concorrono le seguenti condizioni:

  1. che il debitore conoscesse il pregiudizio che l’atto arrecava alle ragioni del creditore o, trattandosi di atto anteriore al sorgere del credito, l’atto fosse dolosamente preordinato al fine di pregiudicarne il soddisfacimento;
  2. che, inoltre, trattandosi di atto a titolo oneroso, il terzo fosse consapevole del pregiudizio e, nel caso di atto anteriore al sorgere del credito, fosse partecipe della dolosa preordinazione. Agli effetti della presente norma, le prestazioni di garanzia, anche per debiti altrui, sono considerate atti a titolo oneroso, quando sono contestuali al credito garantito. Non è soggetto a revoca l’adempimento di un debito scaduto. L’inefficacia dell’atto non pregiudica i diritti acquistati a titolo oneroso dai terzi di buona fede, salvi gli effetti della trascrizione della domanda di revocazione.”


Quali differenze tra revocatoria fallimentare immobili e revocatoria ordinaria.

Per i casi non indicati dall’art. 67 commi 1 e 2 L.F., il curatore può sempre azionare l’azione revocatoria ordinaria, ad esempio nei confronti del sub-acquirente dell’immobile.
La giurisprudenza in materia di fallimento vendita immobili, non ha ancora una posizione definitiva sulla possibilità del curatore di intervenire con la revocatoria ordinaria anche nei casi (art. 67 comma 3 L.F.) in cui è espressamente esclusa la revocatoria fallimentare.
Esistono tra revocatoria ordinaria e fallimentare differenze apprezzabili, che qui schematizziamo.

  1. revocatoria ordinaria e fallimentare differenze sul piano della funzione: l’azione ex art. 2901 c.c. ha la funzione cautelare e preventiva di una futura insolvibilità,
  2. differenze sul piano della condizione del debitore: la revocatoria ordinaria non richiede che il debitore sia un soggetto fallibile,
  3. revocatoria ordinaria e fallimentare differenze sul piano delle condizioni del debitore: per la revocatoria ordinaria non sono richiesti lo stato di insolvenza del debitore, né una dichiarazione di fallimento,
  4. differenze sul piano degli atti revocabili: gli atti a titolo gratuito non sono revocati di diritto, ma occorre dimostrare la “mala fede” del debitore. Per la giurispruenza in materia di revocatoria preliminare non può essere revocato ex art 2901 c.c.,
  5. revocatoria ordinaria e fallimentare differenze sul piano dell’elemento soggettivo: per l’azione pauliana è necessaria la mala fede del debitore (oltre che, nel caso di atti a titolo oneroso, anche del terzo),
  6. revocatoria ordinaria e fallimentare differenze sul piano processuale: legittimato attivo all’azione pauliana è qualsiasi creditore e non il curatore, ma se è in corso il fallimento, il curatore può utilizzare anche l’azione pauliana. L’azione si prescrive in cinque anni dal giorno in cui l’atto è stato trascritto.

 

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