Dopo il lockdown è possibile ottenere il recesso dal contratto di abbonamento della palestra?
E come ottenere il rimborso per il periodo pagato ma non usufruito?
La questione se è possibile e come ottenere il recesso dal contratto di abbonamento sottoscritto prima della manifestazione del virus Covid 19 va affrontata avendo chiaro il quadro normativo complessivo.
La normativa per fronteggiare l’emergenza sanitaria da corona virus, ha determinato la sospensione obbligatoria delle attività commerciali per alcuni mesi, salvo le eccezioni delle categorie produttive espressamente indicate.
Anche a seguito della “riapertura”, è stato impossibile, per alcune imprese, fornire gli stessi servizi di prima. Questo perché, per fronteggiare l’epidemia è stato imposto il rispetto di alcune misure di sicurezza, ad esempio una distanza minima obbligatoria, o l’ingresso “contingentato” nei locali commerciali, che hanno reso impossibile o difficoltosa l’erogazione di alcuni servizi.
Pur comprendendo la necessarietà di queste misure, al fine di tutelare il bene primario della salute pubblica ed individuale, non può rimanere inascoltato il punto di vista dei consumatori, che hanno pagato per un servizio che non viene fornito, o che viene fornito in modi e termini diversi da quanto pattuito.
Hanno diritto di essere rimborsati?
Vediamo cosa dice la legge nel caso dei contratti di abbonamento per l’accesso ai servizi offerti da palestre, piscine e impianti sportivi di ogni tipo. In particolare, si tratta di dividere il problema in due parti:
- Il periodo di “lockdown” (fase 1) in cui le palestre sono state costrette alla sospensione dell’attività: per questa parte, il decreto rilancio interviene espressamente.
- Il periodo successivo alla riapertura (fase 2), in cui le palestre non hanno potuto garantire gli stessi sevizi alle stesse condizioni.
In questo articolo, gli argomenti trattati sono:
- Come si ottiene il rimborso per la “fase 1”
- Il voucher per la sospensione delle palestre
- Come si ottengono i rimborsi e recessi per la “fase 2”
- È possibile recedere dall’abbonamento?
COME SI OTTIENE IL RIMBORSO PER LA “FASE 1”
Il Decreto Legge n. 34/2020 (c.d. decreto rilancio) riconosce, all’art. 216 comma 4, che “a seguito della sospensione delle attività sportive, disposta con i decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri attuativi dei citati decreti legge 23 febbraio 2020, n. 6, e 25 marzo 2020, n. 19, e a decorrere dalla data di entrata in vigore degli stessi, ricorre la sopravvenuta impossibilità della prestazione dovuta (…) ai sensi e per gli effetti dell’articolo 1463 del codice civile”.
L’art. 1463 stabilisce che “la parte liberata per la sopravvenuta impossibilità della prestazione dovuta non può chiedere la controprestazione e deve restituire quella che abbia già ricevuta”. In tal senso, al creditore è dovuto un rimborso del prezzo già pagato, pari alla quota dei servizi che il debitore non ha potuto erogare a causa di “forza maggiore”. Qualora il debitore, invece di rimborsare il cliente, trattenesse anche quella quota, si tratterebbe di un “ingiusto arricchimento”.
Nel caso che trattiamo, quindi, il cliente della palestra può richiedere a questa il rimborso di quella parte di abbonamento che, per causa di forza maggiore, non ha potuto usufruire.
Secondo il già citato Decreto Rilancio, per ottenere i rimborsi della parte di abbonamento già pagato per i periodi di sospensione dell’attività sportiva dal 23 febbraio (data di entrata in vigore del DPCM 23.02.2020 attuativo del D.L. 6/2020) al 25 maggio 2020 (data di entrata in vigore del DPCM 17.05.2020 attuativo del D.L. 19/2020), occorre presentare:
- una istanza di rimborso del corrispettivo già versato,
- indirizzata al gestore dell’impianto sportivo (preferibilmente mediante lettera raccomandata con ricevuta di ritorno o pec),
- allegando il titolo di acquisto oppure i documenti a dimostrazione del versamento (copia contabile del bonifico, ricevuta ….),
- nel termine di trenta giorni dalla data dell’entrata in vigore della legge di conversione del “Decreto Rilancio” e cioè entro il 18 agosto 2020.
IL VOUCHER PER LA SOSPENSIONE DELLE PALESTRE
Il gestore dell’impianto sportivo, tuttavia, non è obbligato alla restituzione del denaro. Gli è concessa l’alternativa di rilasciare, entro trenta giorni dalla richiesta di rimborso, un voucher di pari valore, incondizionatamente utilizzabile presso la stessa struttura entro un anno dalla cessazione delle predette misure di sospensione dell’attività sportiva (cioè entro il 25.05.2021).
La scelta tra la restituzione del denaro o il voucher, sembra essere esclusivamente del gestore.
Domanda frequente è se l’erogazione del voucher possa essere condizionata alla validità dell’abbonamento in corso (escludendo quindi quei clienti ai quali l’abbonamento è scaduto al momento della richiesta) o addirittura alla sottoscrizione di un nuovo abbonamento.
A nostro avviso, la risposta è negativa: l’art. 216 parla di voucher “incondizionatamente utilizzabile” con il solo limite temporale del 25 maggio 2021. Questo vuol dire che l’utilizzo del voucher non può essere sottoposto ad alcuna condizione (quali ad esempio la validità dell’abbonamento precedente o addirittura il rinnovo dell’abbonamento).
Si ricorda che, in ogni caso, per disposizione di legge, il gestore che si rifiuta di concedere il voucher, ha l’obbligo di restituzione della parte del costo dell’abbonamento.
Altro aspetto che emerge dalla disposizione, è che è il cliente che, a suo piacimento e nel termine annuale, può decidere quando azionare il voucher. Sarebbe quindi scorretto il comportamento del gestore, di costringere a far recuperare i mesi di chiusura già dall’apertura, addirittura senza avvisare il cliente.
Anche l’Unione Nazionale Consumatori, riscontrando questi comportamenti in molte catene di palestre, ha provveduto ad inoltrare una segnalazione all’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, come pratiche commerciali scorrette, come riporta questa notizia.
COME SI OTTENGONO I RIMBORSI PER LA “FASE 2”
Il problema non si esaurisce qui. Come già detto, anche a seguito della cessazione della sospensione del 25 maggio (fase 2), molte palestre ed impianti sportivi hanno dovuto restringere l’offerta dei servizi, talvolta addirittura prolungando la chiusura per permettere di adeguarsi alla imposta sanificazione.
Né il rimborso, né i voucher sembrano coprire questo mancato godimento del servizio.
Per risolvere il problema, viene in soccorso lo stesso art.3 del Decreto Legge 34/2020, che “la sospensione delle attività sportive (…) è sempre valutata, ai sensi degli articoli 1256, 1464, 1467 e 1468 del codice civile (…), quale fattore di sopravvenuto squilibrio dell’assetto di interessi pattuito con il contratto di locazione di palestre, piscine e impianti sportivi di proprietà di soggetti privati”.
Sebbene la norma indica espressamente l’ambito di applicazione delle citate norme al contratto di locazione dei locali della palestra, si può ragionevolmente pensare, visto il collegamento funzionale tra i rapporti proprietario dell’immobile-gestore della palestra e gestore della palestra-fruitore della palestra, che le norme in questione possano essere considerate, quantomeno, come un criterio di valutazione del rapporto gestore-cliente. Anche in questo, infatti, si è verificato un “sopravvenuto squilibrio dell’assetto di interessi pattuito con il contratto”. Ciò vale per le palestre che assumono la forma societaria di s.r.l. o di s.p.a. (nel caso di a.s.d. o di s.s.d., il discorso si fa più complesso).
Continua lo stesso art. 3 disponendo che “In ragione di tale squilibrio il conduttore ha diritto, limitatamente alle cinque mensilità da marzo 2020 a luglio 2020, ad una corrispondente riduzione del canone locatizio che, salva la prova di un diverso ammontare a cura della parte interessata, si presume pari al cinquanta per cento del canone contrattualmente stabilito”.
Ebbene, il gestore della palestra ha diritto di versare solo una parte del canone di affitto, salva la prova di un diverso ammontare, per i mesi dell’emergenza Covid-19.
Pare, quindi, ragionevole la possibilità di richiedere una riduzione sul pagamento dell’abbonamento, per quella quota di servizi non usufruiti dal 25 maggio al 31 luglio.
È POSSIBILE RECEDERE DALL’ABBONAMENTO?
Inoltre, le norme citate sono, appunto:
- l’art. 1256 codice civile: “L’obbligazione si estingue quando, per una causa non imputabile al debitore, la prestazione diventa impossibile. Se l’impossibilità è solo temporanea, il debitore finché essa perdura, non è responsabile del ritardo nell’adempimento. Tuttavia l’obbligazione si estingue se l’impossibilità perdura fino a quando, in relazione al titolo dell’obbligazione o alla natura dell’oggetto, il debitore non può più essere ritenuto obbligato a eseguire la prestazione ovvero il creditore non ha più interesse a conseguirla”
In base a questa norma, l’impossibilità temporanea non è di per sé risolutoria del contratto. Lo diventa se questa perdura fino a quando il debitore non ha più interesse alla prestazione.
Pertanto il cliente della palestra, impossibilitato ad usufruire dei servizi offerti per “causa non imputabile” al gestore, se viene meno l’interesse per tali servizi, ha diritto a chiedere:
- la restituzione della somma che ha già versato per godere di servizi a cui non ha più interesse (art. 1463 codice civile).
- la risoluzione del contratto è un effetto che si produce automaticamente, quindi è possibile farlo valere in via stragiudiziale.
Vale la pena di precisare che è decisiva non qualsiasi “perdita di interesse”, ma solo quella connessa al “titolo dell’obbligazione o alla natura dell’oggetto”. Cioè, deve trattarsi di un interesse “oggettivo”, riconducibile alla “buona fede”.
- art. 1464 codice civile: “quando la prestazione di una parte è divenuta solo parzialmente impossibile, l’altra parte ha diritto a una corrispondente riduzione della prestazione da essa dovuta, e può anche recedere dal contratto qualora non abbia un interesse apprezzabile all’adempimento parziale”.
È il caso degli abbonamenti sottoscritti per più servizi, ad esempio l’utilizzo della sala pesi, la frequentazione di corsi e l’utilizzo di sauna/spa. Se uno dei due servizi non può più essere erogato a causa di forza maggiore, il cliente:
– se conserva comunque interesse alla prestazione, ancorché ridotta, ha il diritto di richiedere la restituzione di parte del prezzo.
– se non ha un interesse all’adempimento parziale (cioè ad utilizzare parte dei servizi, nell’esempio di poc’anzi, non interessi usufruire della sola sauna), è prevista la facoltà di recedere dal contratto.
Per approfondimenti, si invita a leggere anche l’articolo “coronavirus e contratti commerciali”.
Per una consulenza in un caso concreto, lo Studio Legale Berti e Toninelli si trova in Piazza Garibaldi n. 5 , Pistoia. Offriamo assistenza e consulenza in tutta Italia, in particolare a Pistoia, Prato, Firenze, Lucca ed in tutta Italia. Per contattarci, potete utilizzare questo link: https://www.btstudiolegale.it/contatti/