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La legittima difesa nel domicilio

  • Categoria dell'articolo:Diritto penale
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La legittima difesa è una delle “cause di giustificazione” descritte agli articoli 50 e seguenti cod. penale e cioè una situazione al verificarsi della quale, un comportamento inizialmente ritenuto criminoso (ad esempio uccidere o ferire qualcuno) è, eccezionalmente, giustificato dall’ordinamento giuridico e pertanto non comporta alcuna sanzione penale.

Attraverso le cause di giustificazione, il legislatore compie un bilanciamento tra vari “interessi” in conflitto tra di loro:

  • quelli tutelati dalla fattispecie incriminatrice,
  • quelli sottostanti alla causa di giustificazione stessa.

Valuta cioè quali sono questi interessi e, qualora siano in contrasto tra di loro, sceglie di dare prevalenza ad alcuni piuttosto che ad altri.

In particolare, nel caso della legittima difesa, gli interessi in gioco sono quelli dell’aggressore e quelli dell’aggredito ed il legislatore decide di far prevalere gli interessi dell’aggredito. Questo perché lo Stato, unico soggetto legittimato a violare i diritti dei cittadini, da una parte è materialmente impossibilitato a prevenire l’aggressione (concezione statalistica), dall’altra, riconosce a ciascun consociato, un diritto naturale all’autodifesa (concezione individualista).

 

I requisiti della legittima difesa

La legittima difesa considera due elementi: aggressione e reazione, ognuno dei quali deve avere alcuni requisiti.

 

Art. 52 – Difesa legittima

1. Non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di difendere un diritto proprio od altrui contro il pericolo attuale di un’offesa ingiusta, sempre che la difesa sia proporzionata all’offesa.

2. Nei casi previsti dall’articolo 614, primo e secondo comma, sussiste il rapporto di proporzione di cui al primo comma del presente articolo se taluno legittimamente presente in uno dei luoghi ivi indicati usa un’arma legittimamente detenuta o altro mezzo idoneo al fine di difendere:

a) la propria o la altrui incolumità:

b) i beni propri o altrui, quando non vi è desistenza e vi è pericolo d’aggressione.

3. La disposizione di cui al secondo comma si applica anche nel caso in cui il fatto sia avvenuto all’interno di ogni altro luogo ove venga esercitata un’attività commerciale, professionale o imprenditoriale.

 

L’offesa aggressiva

L’aggressione può essere un comportamento attivo (cioè fare qualcosa) oppure omissivo (cioè non fare qualcosa che si ha l’obbligo di fare) proveniente da un uomo. Può provenire anche da un animale o da cose (ad esempio un edificio pericolante), ed in questo caso “l’aggressore” è colui che sugli animali o sulle cose ha l’obbligo di custodia.

 

L’aggressione deve indirizzarsi verso un diritto personale o patrimoniale. L’aggredito è pertanto il titolare di tale diritto. Nel caso in cui il pericolo derivi da un comportamento volontariamente posto in essere dallo stesso soggetto che lo subisce, non può parlarsi di legittima difesa.

 

L’aggressione deve essere ingiusta: pur non essendo necessario che integri una fattispecie di reato, il comportamento aggressivo deve essere espressamente vietato dall’ordinamento (contra ius) oppure non giustificato da nessuna norma (non iure). Al contrario, non sono ingiuste le offese “iure” e cioè che derivano dall’esercizio di un diritto o dall’adempimento di un dovere.

 

L’aggressione deve determinare un pericolo attuale, e cioè un’alta probabilità di lesione del diritto, contestualmente al momento in cui la difesa viene posa in essere. La provocazione giustifica la legittima difesa solo se la reazione è posta in essere durante la condotta provocatoria. Se invece la reazione è successiva alla cessazione della provocazione, non si può parlare di legittima difesa.

 

La reazione legittima

In primo luogo, chi pone in essere la reazione non è necessariamente la stessa persona aggredita. Può essere una persona diversa, che interviene a difesa di un diritto altrui. In quest’ultimo caso, si parla di “soccorso difensivo”, di regola facoltativo quando l’aggressione comporta un pericolo anche solo potenziale per il soccorritore, ma doveroso in alcuni casi (ad esempio se non c’è pericolo per il soccorritore, oppure se questi ha l’obbligo di intervenire). La difesa deve invece essere rivolta solamente all’aggressore. In caso di errore, chi reagisce risponde solamente per colpa, se è stato imperito, imprudente o negligente.

 

In secondo luogo, la reazione deve essere necessaria (o costretta), inevitabile e proporzionata.

La necessarietà (o costrizione) consiste nel fatto che non devono esistere alternative valide tra il subire il pregiudizio e il porre in essere la reazione. Sono considerate valide le alternative che, se poste in essere, determinerebbero, per l’aggredito, un danno minore rispetto a quello minacciato dall’aggressione.

La fuga, ad esempio, è un’alternativa valida se consente di salvaguardare i diritti dell’aggredito. Ma non se lo espone a rischi di gravità uguale o addirittura maggiore.

 

La inevitabilità consiste nel fatto di dover cagionare il minor danno possibile, oltre la “soglia minima” che serve a neutralizzare l’aggressione. In altre parole, tra le possibili valide difese, l’aggredito deve porre in essere quella che cagiona il minore danno possibile al suo aggressore.

 

Infine, la reazione deve essere proporzionata all’aggressione. Tale requisito impone tre tipi di confronto:

  1. tra il mezzo utilizzato dall’aggressore e il mezzo utilizzato dall’aggredito. È, ad esempio, sproporzionata una difesa con l’utilizzo di armi da fuoco, per difendersi da un’aggressione a mani nude;
  2. tra i beni tutelati: se l’aggressore minaccia una lesione al patrimonio (ad esempio un furto), è sproporzionata una reazione che metta in pericolo la vita dell’aggressore (ad esempio, ancora, tramite l’utilizzo di armi da fuoco). Questo perché non tutti i diritti sono ugualmente “importanti”: esiste una gerarchia, in base a cui alcuni (ad esempio la vita e l’integrità fisica) sono più importanti e quindi tutelati maggiormente di altri (ad esempio il patrimonio);
  3. tra l’intensità dell’aggressione e della reazione, che può addirittura ad arrivare a ribaltare la “gerarchia” dei beni tutelati: una esigua reazione rivolta alla incolumità fisica, può giustificare la difesa da un rischio di subire una perdita patrimoniale di rilevante entità. È il caso della lieve lesione alla mano dello scassinatore sufficiente da impedirgli di disinnescare il sistema di allarme di una banca.

 

Proprio sul requisito della proporzionalità il legislatore è intervenuto in due occasioni: nella riforma della Legge n. 59/2006 e nell’ultima del 2019.

 

Nel 2006 il legislatore ha introdotto una ipotesi speciale di legittima difesa, chiamata anche “legittima difesa domiciliare” (art. 52, commi 2 e 3 cod. penale), cioè caratterizzata da una presunzione di proporzionalità nel caso di aggressione posta in essere nella abitazione, negli altri luoghi di privata dimora (comprese le pertinenze) e quelli in cui vengono svolte attività lavorative della vittima, per difendere, con ogni mezzo idoneo, la incolumità propria o altrui, oppure i beni propri o altrui, quando non vi sia desistenza.

Infatti, quando si verifica una “violazione di domicilio” (art. 614 cod. pen.) si ritiene più comprensibile che la vittima possa reagire con maggiore veemenza. Al fine di rafforzare il diritto di autotutela del cittadino, questi non dovrà più dimostrare al Giudice il requisito della proporzionalità tra aggressione e reazione.

 

Giurisprudenza e dottrina si sono a lungo dibattute sulla questione della natura, relativa o assoluta, della presunzione.

Un orientamento minoritario ne ha sostenuto la natura relativa, sulla base di una interpretazione costituzionalmente conforme dei commi 2 e 3, con la conseguenza che al Pubblico ministero rimane la possibilità di dimostrare la inesistenza del requisito.

L’orientamento maggioritario è stato, tuttavia, quello di ritenere assoluta la presunzione, con la conseguenza che al giudice è totalmente preclusa la valutazione di questo elemento, in presenza di tutti gli altri requisiti, poiché questa operazione è già stata effettuata, a monte, dal legislatore.

 

La riforma del 2006, è bene precisare, ha lasciato fermi gli altri requisiti previsti dall’art. 52 cod. pen., del pericolo attuale dell’offesa e della inevitabilità della difesa.

 

L’articolo continua QUI con la differenza tra legittima difesa putativa ed eccesso di legittima difesa.

Per una consulenza in un caso concreto, la sede dello Studio degli Avv.ti Berti e Toninelli è a Pistoia, in Piazza Garibaldi, 5. Offriamo assistenza e consulenza presso i Tribunali di Pistoia, Prato, Firenze, Lucca ed in tutta Italia. Potete contattarci al seguente link: https://www.btstudiolegale.it/contatti/

 

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