unioni civili

Le unioni civili omosessuali

Breve analisi dell’istituto delle unioni civili tra omosessuali

Le unioni civili omosessuali

Nel presente articolo, trattiamo la regolamentazione delle unioni civili omosessuali. Si tratta, in realtà, delle unioni civili tra persone dello stesso sesso biologico, in quanto i requisiti per la costituzione delle unioni civili non prevedono l’orientamento sessuale degli unendi. Del resto, nemmeno l’istituto del matrimonio richiede che i coniugi siano eterosessuali, ma solamente di sesso diverso.
Con le unioni civili, anche le persone dello stesso sesso possono quindi costituire una “famiglia”, ben diversa da quella fondata sul matrimonio, ma con molti punti in comune.
Il profilo degli effetti è quello che più avvicina le unioni civili all’istituto del matrimonio. Salvo alcune peculiarità, dalle unioni civili nascono diritti e doveri che sono paragonabili a quelli in capo ai coniugi: gli uniti acquistano diritti patrimoniali, diritti successori, il diritto al mantenimento o alla reversibilità in caso di scioglimento dell’unione, diritti al ricongiungimento familiare, diritti relativi ai trattamenti sia pensionistici che assicurativi e previdenziali, diritti all’ottenimento degli assegni familiari e ai vari incentivi fiscali.
Altri profili pressoché comuni tra le unioni civili ed il matrimonio, sono il regime patrimoniale (ex art. 162 ss. cod. civ.: in assenza di diversa convenzione, si applica la comunione dei beni) e l’obbligo alimentare ex art. 433 ss cod. civile, di cui abbiamo parlato in questo articolo. https://btstudiolegale.it/l-obbligo-alimentare-dell-art-433-codice-civile/
Dopo una breve introduzione ed un generale inquadramento della fattispecie, l’articolo si sofferma sul procedimento per la costituzione delle unioni civili.
L’articolo tratta gli effetti che derivano in capo agli uniti (anche detti “le parti”) soffermandosi in particolare sull’esclusione dell’obbligo di fedeltà, ed approfondendo il tema del regime patrimoniale della coppia e la regolazione di alcuni trattamenti economici (trattamento di fine rapporto, indennità, congedi e permessi di lavoro).
Viene poi esaminata la questione dell’adozione di minori, sia sotto il profilo normativo che giurisprudenziale.
L’articolo si sofferma poi sullo scioglimento delle unioni civili, che prevede un procedimento più veloce rispetto allo scioglimento del matrimonio, poiché non è prevista la fase della separazione personale.
In ultimo, viene esaminata la possibilità di richiedere il ricongiungimento famigliare per gli stranieri uniti civilmente con cittadini italiani o con stranieri regolarmente soggiornanti in Italia.
Nel presente articolo saranno approfonditi i seguenti temi:


COME SONO REGOLATE LE UNIONI CIVILI: INTRODUZIONE

La materia del diritto di famiglia e delle coppie di fatto ha subito nel tempo tantissime modifiche grazie alle importanti riforme che, da circa cinquant’anni, interessano temi nevralgici dell’intera disciplina. Essendo la famiglia un elemento fondamentale della vita delle persone, la sua normativa è in continua evoluzione per garantire risposte giuridiche adeguate alle nuove esigenze, frutto dell’inarrestabile evoluzione della società e, che si voglia o no, del concetto stesso di famiglia.
Con la legge 76 del 2016 sulla “Regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e disciplina delle convivenze” (cosiddetta legge sulle unioni civili omosessuali o legge Cirinnà dal nome della prima firmataria del disegno di legge), è entrato ufficialmente nel nostro ordinamento l’istituto delle unioni civili. Detta legge è frutto di anni di pressioni fatte al legislatore italiano, da parte anche di organi sovranazionali, a regolare le nuove tipologie di famiglia che si affacciano nella nostra società, senza lasciarle in balia degli ondivaghi orientamenti giurisprudenziali.

La legge 76 del 2016 è entrata in vigore il 5 giugno dello stesso anno e presenta una peculiarità anche nella struttura normativa, infatti, è costituita da un solo articolo nel quale troviamo 69 commi. Prima della legge 76 del 2016, il nostro Paese era uno dei pochi a non aver ancora regolato in alcun modo le unioni civili e nello specifico le unioni civili, e a mantenere in vita un impianto normativo non idoneo ad eliminare o, quantomeno ad arginare le differenze di trattamento tra coppie eterosessuali e omosessuali.


COSA SONO LE UNIONI CIVILI

Come definisce il comma 1, le unioni civili sono formazioni sociali, ai sensi degli articoli 2 e 3 della Costituzione, costituite da due persone dello stesso sesso, che decidono di iniziare un percorso di vita insieme.

Con le unioni civili omosessuali, o per meglio dire tra persone dello stesso sesso, si costituisce un nuovo modello familiare, alternativo sia alla coppia di fatto, che alla famiglia tradizionale fondata sul matrimonio, pur condividendo con quest’ultima gran parte della disciplina, tanto che il comma 20 dell’art. 1 della legge 76 del 2016 stabilisce che “Al solo fine di assicurare l’effettivita’ della tutela dei diritti e il pieno adempimento degli obblighi derivanti dall’unione civile tra persone dello stesso sesso, le disposizioni che si riferiscono al matrimonio e le disposizioni contenenti le parole «coniuge», «coniugi» o termini equivalenti, ovunque ricorrono nelle leggi, negli atti aventi forza di legge, nei regolamenti nonché negli atti amministrativi e nei contratti collettivi, si applicano anche ad ognuna delle parti dell’unione civile tra persone dello stesso sesso” con l’eccezione delle parti del codice civile non espressamente richiamate.
Alle unioni civili non si estende, invece, la legge 184 del 1983 sull’adozione e sull’affidamento dei minori.


QUALE DIFFERENZA TRA MATRIMONIO, UNIONI CIVILI E COPPIE DI FATTO

Oltre alle unioni civili, la legge n. 76/2016 ha disegnato la disciplina delle coppie di fatto, formate da “due persone maggiorenni unite stabilmente da legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale, non vincolate da rapporti di parentela, affinità o adozione, da matrimonio o da un’unione civile” (art. 1 comma 36).
Pertanto, occorre avere ben chiara la distinzione tra matrimonio, unioni civili e coppie di fatto.

Le unioni civili regolate dalla legge 76/2016 sono quelle formate esclusivamente tra persone dello stesso sesso, che intendono ottenere un formale riconoscimento dall’ordinamento giuridico. Le unioni civili sono formalmente riconosciute di per sè, al pari della famiglia fondata sul matrimonio, ma non possono essere considerate come il matrimonio gay in Italia, neanche dal punto di vista formale.

La famiglia “tradizionale” è quella formazione sociale costituita da due persone di sesso diverso, fondata sul matrimonio e regolata dal codice civile e dalle leggi speciali

Le coppie di fatto sono invece formate da conviventi di fatto sia dello stesso sesso, che di sesso diverso, e sono prive di un formale riconoscimento. Si tratta di una situazione, appunto, di fatto e non di diritto.


COME SI COSTITUISCONO LE UNIONI CIVILI

Preliminarmente, gli unendi depositano la richiesta e la relativa modulistica al Comune, anche diverso da quello ove sono residenti.
Col deposito della richiesta, viene fissato un appuntamento, non prima di 30 giorni e non dopo 180, al quale coppia è invitata a formalizzare la richiesta e di dichiarare di essere in possesso di tutti i requisiti per la costituzione delle unioni civili. Viene redatto in tale sede un processo verbale, al quale va apposta una marca da bollo di € 16,00. Qualora uno dei richiedenti non possa essere presente personalmente a tale primo appuntamento, può farsi rappresentare da un procuratore speciale.
La costituzione vera e propria dell’unione civile avviene attraverso una dichiarazione resa dagli unendi dinanzi all’ufficiale di stato civile del Comune (comma 2) ed in presenza di almeno due testimoni. Il Comune scelto per la dichiarazione può essere diverso da quello in cui è stata depositata la richiesta.
In questa sede gli unendi, i testimoni e l’ufficiale di stato civile sottoscrivono un apposito documento che l’ufficiale dovrà inserire nell’apposito registro delle unioni civili (v. artt. 70 bis e successivi del D.P.R. 3 novembre 2000, n. 396 introdotti dal d. lgs n. 5/2017). Non è obbligatorio avere la residenza nel Comune dove viene richiesta la costituzione dell’unione civile.
Inoltre, l’unione viene annotata al margine dell’atto di nascita degli uniti.
Una delle particolarità delle unioni civili riguarda la questione della scelta, eventuale, del cognome “comune” (comma 10). Gli uniti, infatti, possono scegliere di adottare un cognome comune per tutta la durata dell’unione civile. A tal fine devono dichiarare dinanzi all’ufficiale di Stato Civile di voler anteporre o posporre il cognome scelto a quello proprio.
La legge n. 76/2016 inizialmente prevedeva la necessità di dover far annotare sull’atto di nascita il cognome dell’unito scelto in aggiunta al proprio. Successivamente è stato chiarito dalla Corte Costituzionale e dallo stesso legislatore che il cognome comune adottato deve essere considerato un “cognome d’uso” e pertanto non è necessario procedere alla modifica dei dati anagrafici e di conseguenza al cambio di documenti di riconoscimento.

unioni civili


QUALI DOCUMENTI SONO NECESSARI PER RICHIEDERE LE UNIONI CIVILI

Solitamente presso gli uffici comunali o sul sito internet del comune prescelto, è possibile rinvenire la modulistica da compilare per costituire le unioni civili.
Nella richiesta di costituzione delle unioni civili, gli unendi devono indicare le proprie generalità complete, il regime patrimoniale scelto e dovranno dichiarare (ex art. 1, legge 76 del 2016 e art. 43 del D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445) di non trovarsi in nessuna delle cause impeditive alla costituzione dell’unione civile.
Qualora uno dei richiedenti sia un cittadino straniero regolarmente soggiornante sul territorio italiano (in base ad un permesso di soggiorno o visto di ingresso), deve presentare anche una dichiarazione rilasciata dall’autorità competente del suo Paese di cittadinanza, che accerta che in base alla normativa dello Stato di provenienza, non ci sono motivi di incompatibilità alla costituzione dell’unione civile.
Quindi, similmente a come accade per il matrimonio dello straniero in Italia, è necessario il c.d. nullaosta alla costituzione dell’unione civile da parte, dello Stato di provenienza.


UNIONI CIVILI: QUALI SONO I REQUISITI

Per potersi unire civilmente, gli unendi devono avere alcuni requisiti:

Sono poi richiesti alcuni requisiti “negativi”, nel senso che le unioni civili omosessuali tra persone dello stesso sesso sono precluse, a pena di nullità, a soggetti (comma 4):

  • in costanza di matrimonio o di unione civile con altre persone,
  • interdetti per infermità di mente, anche se l’interdizione è stata dichiarata successivamente per una infermità che esisteva già al momento dell’unione civile,
  • legati tra loro da alcun rapporto di parentela, affinità e adozione (v. il già citato ex art. 87 cod. civ.),
    condannati in via definitiva per l’omicidio consumato o tentato nei confronti di chi sia coniugato o unito civilmente con l’altro.

Nel caso in cui le unioni civili siano invalide, ma contratte in buona fede di almeno uno dei due uniti (si parla in tal caso di unioni civili putative ex art. 128 cod.civ. richiamato dal comma 5) restano comunque efficaci fino alla dichiarazione di nullità.
Inoltre, le unioni civili possono essere impugnate per simulazione (art. 123 cod.civ. richiamato dal comma 5) quando cioè gli uniti abbiano voluto costituire un vincolo solamente formale, ma senza l’intenzione, in realtà, di adempiere agli obblighi da esso derivanti.


QUALI SONO GLI EFFETTI DELLE UNIONI CIVILI

Le unioni civili si avvicinano molto all’istituto del matrimonio per quanto riguarda i diritti e i doveri che nascono in capo agli uniti.
In particolare la legge 76 del 2016 prevede espressamente che nei diritti e obblighi reciproci delle persone che costituiscono un’unione civile rientrano (comma 11):

  • la coabitazione;
  • l’assistenza morale e materiale;
  • il contribuire ai bisogni comuni.

Non si estende invece alle unioni civili l’obbligo di fedeltà di cui all’art. 143 codice civile, e pertanto l’infedeltà tra gli uniti, di per se stessa, non ha effetti giuridicamente rilevanti.
La dottrina ha interpretato l’esclusione del dovere di fedeltà reciproca in modi diversi.
Da un lato c’è chi ritiene che il legislatore abbia voluto rimarcare la netta distinzione tra matrimonio e unioni civili, con l’intento di far emergere che l’unico fondamento della “famiglia” è sempre il matrimonio tra persone di diverso sesso.

Per altro verso si è ritenuto che il legislatore abbia escluso il dovere di fedeltà nelle unioni civili, perché sarebbe già implicito in ogni rapporto d’affetto. Inoltre, la ratio dell’obbligo di fedeltà, tradizionalmente ancorata all’esigenza di certezza della paternità della prole (mater semper certa est, pater numquam), viene meno per le unioni civili, per le quali allo stato attuale non è prevista l’esistenza di figli “della coppia” ma semmai solamente dei singoli uniti.
Occorre tuttavia considerare che il dovere di fedeltà nel matrimonio, centrale in passato fintanto da essere tutelato dal codice penale (l’art. 559 cod. penale prevedeva la reclusione per la moglie adulterina e per l’amante), è stato in parte svuotato dalla giurisprudenza, tanto che oggi l’infedeltà del coniuge non è di per se stessa sufficiente a richiedere né l’addebito della separazione, né tantomeno il risarcimento del danno (per un approfondimento sull’infedeltà coniugale e sull’addebito della separazione, si consiglia la lettura di questo articolo ).
Pertanto la legge 76 del 2016, escludendo la fedeltà tra i doveri degli uniti, accelera sul piano normativo un trend iniziato dalla giurisprudenza.


QUALI SONO GLI ALTRI DIRITTI E DOVERI CHE DERIVANO DALLE UNIONI CIVILI

Oltre ai diritti e doveri più importanti, sopra analizzati, ciascun unito ha diritto a conoscere dello stato di salute del partner e, in caso di sua incapacità temporanea o permanete, a prendere le decisioni in sua vece.
In caso di decesso e in assenza di specifiche disposizioni, l’altro unito può decidere in merito alla donazione degli organi e all’eventuale cremazione del corpo.
Sono infine applicabili, anche in caso di unioni civili, tutte le norme in materia di graduatorie per l’assegnazione delle case popolari, o per quanto attiene ai punteggi per i concorsi pubblici e i trasferimenti lavorativi, oltre che per quanto riguarda la normativa in materia di amministrazione di sostegno e le disposizioni contenute nella legge n. 104 del 5 febbraio 1992, n. 104.


COME SONO REGOLATI I RAPPORTI PATRIMONIALI NELLE UNIONI CIVILI

In sede di costituzione delle unioni civili, è possibile scegliere il regime patrimoniale della coppia. Infatti, come per il matrimonio, in assenza di dichiarazione contraria, viene applicato il regime della comunione dei beni (ex comma 13 rif. art. 159 cod. civ.), oppure se espressamente richiesto quello della separazione dei beni ex art. 162 cod. civ.
Le parti possono già scegliere il regime patrimoniale già nel modulo di richiesta per la costituzione delle unioni civili.
Inoltre, se un’unendo è straniero o risiede all’estero, può stabilire attraverso una convenzione scritta che i rapporti patrimoniali della coppia vengano regolati in base alla normativa dello Stato di residenza (v. art. 30, l. n. 215/1995).


UNIONI CIVILI: QUALI SONO LE REGOLE PER LA SUCCESSIONE IN CASO DI MORTE DI UNO DEGLI UNITI

Per quanto riguarda le regole in caso di successione, il comma 21 dell’unico articolo della legge n. 76/2016 effettua un rinvio alle norme del codice civile in materia di:

Il comma 25 specifica altresì che restano fermi i diritti dell’ex unito in materia di assegno divorzile e di pensione di reversibilità, al ricorrerne dei presupposti (v. art. 9 e 9 bis, l. n. 898/1970).


UNIONI CIVILI: A CHI SPETTA IL TRATTAMENTO DI FINE RAPPORTO

Alle luce della legge n. 76/2016 in caso di morte del lavoratore unito civilmente, l’indennità di cessazione del rapporto per morte del prestatore, nonché il suo trattamento di fine rapporto spettano all’unito, così come avviene nei casi di intervenuto matrimonio. Infatti l’art. 1, comma 17 della legge sulle unioni civili stabilisce che “in caso di morte del prestatore di lavoro, le indennità indicate dagli articoli 2118 e 2120 del codice civile devono corrispondersi anche alla parte dell’unione civile“. Discorso analogo vale per i motivi che possono consentire un anticipo del trattamento di fine rapporto, infatti, ad esempio, l’anticipazione per spese sanitarie può richiedersi anche per far fronte ad interventi straordinari o a terapie dell’unito.


UNIONI CIVILI: CHI BENEFICIA DEGLI SPECIFICI CONGEDI E DEI PERMESSI DEL LAVORATORE

Sul punto la questione è stata chiarita da una recente circolare dell’INPS, la n. 36 del 7 marzo 2022 in materia di “Permessi di cui alla legge n. 104/1992 e congedo straordinario ai sensi dell’articolo 42, comma 5, del D.lgs n. 151/2001 in favore dei lavoratori del settore privato. Concessione agli uniti civilmente. Riconoscimento dei benefici in favore dei parenti dell’altra parte dell’unione civile”.
Prima di tale circolare, l’unito civilmente poteva usufruire dei permessi c.d. della legge 104 solo per prestare assistenza all’altro unito e non ai parenti del medesimo. Tale esclusione però è stata ritenuta discriminatoria.
In seguito alla legge sulle unioni civili e alla sentenza della Corte Costituzionale n. 231/2016 i permessi citati possono essere utilizzati anche:

  • dall’unito che presti assistenza all’altra parte dell’unione civile;
  • dal convivente di fatto che assiste l’altro convivente. Essendo però la convivenza una situazione di fatto non è possibile usufruire dei congedi straordinari per assistere un parente del convivente.

Inoltre, potrà usufruire del permesso altresì l’unito che presti assistenza ad un parente dell’altro unito e, in egual modo, anche i parenti dell’unito hanno la possibilità di assistere il partner del medesimo.
Infine, con la citata circolare dell’INPS viene stabilito un livello di priorità, secondo il criterio di prossimità alla persona disabile. Possono usufruire dei congedi straordinari:

  • l’unito civilmente o il coniuge convivente della persona gravemente disabile;
  • il padre o la madre (anche adottivi/affidatari) della persona gravemente disabile quando si è verificato il decesso o una patologie invalidanti del coniuge convivente o dell’unito;
  • uno dei figli conviventi della persona disabile quando il coniuge, l’unito o i genitori siano deceduti o risultino affetti da gravi patologie;
  • fratelli o sorelle conviventi del soggetto gravemente disabile in caso di decesso o grave invalidità del coniuge, dell’unito, dei genitori e degli eventuali figli conviventi;
  • parente o affine entro il terzo grado convivente con la persona disabile in caso di decesso o grave invalidità del coniuge, dell’unito, dei genitori e degli eventuali figli, fratelli o sorelle conviventi;
  • uno dei figli (anche se non ancora conviventi) della persona gravemente disabile in caso di decesso o grave invalidità del coniuge, dell’unito, dei genitori e degli eventuali figli, fratelli o sorelle conviventi o parenti o affini entro il terzo grado conviventi.


UNIONI CIVILI E ADOZIONI DI MINORI

Il principale elemento di differenza tra le unioni civili ed il matrimonio sta nella disciplina dell’adozione e dell’affidamento dei minori di cui alla legge n. 184 del 1983, che non si applica alle unioni civili omosessuali.
La possibilità dell’unito di adottare il figlio minore dell’altro, originariamente prevista dal disegno di legge, è stata eliminata nel testo definitivo.
Pertanto il nostro sistema ordinamentale non permette alle coppie omosessuali (o per meglio dire, di persone dello stesso sesso) di adottare un minore, poiché l’adozione è riservata “ai coniugi uniti in matrimonio da almeno tre anni tra i quali non sussista separazione personale neppure di fatto e che siano idonei ad educare, istruire ed in grado di mantenere i minori che intendono adottare” (art. 6 L. 184/1983).


COME LA GIURISPRUDENZA HA AFFRONTATO IL PROBLEMA DELLE ADOZIONI AL DI FUORI DEL MATIMONIO

Il problema delle adozioni al di fuori del matrimonio è stato affrontato anche dalla giurisprudenza.
I problemi che i giudici si sono posti, sono stati di due tipologie: da un lato ci si interrogava sulla possibilità in capo al nuovo compagno/a del genitore biologico di adottare il figlio naturale di quest’ultimo, e dall’altro, invece, sulla possibilità di trascrivere nei Registri dello Stato Civile dei Comuni italiani, un provvedimento reso da un giudice straniero, con il quale veniva accertato il rapporto di filiazione tra un minore nato all’estero con tecniche medicalmente assistite e un soggetto che, rispetto al medesimo, non vantava alcun legame biologico.
La questione oggetto d’esame è stata recentemente vagliata dalla Corte Costituzionale, la quale con due sentenze ha chiarito la maggior parte degli aspetti controversi.
Nello specifico, evidenziando ancora una volta l’esistenza di una lacuna normativa e sollecitando l’intervento legislativo, i giudici dal Palazzo della Consulta sono tornati a pronunciarsi sulla possibilità o meno del riconoscimento di un rapporto di filiazione nei confronti del c.d. genitore di intenzione, quando la nascita del minore sia stata ottenuta tramite il ricorso alla procreazione medicalmente assistita o a tecniche di gestazione per conto altrui in uno Stato estero.
La Corte Costituzionale fornisce diversi spunti riflessivi, diversificando però il ricorso a tecniche di procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo in coppie di donne, dalle ipotesi di minori nati tramite la gestazione per conto altrui.
Nel primo caso, infatti, la Corte suggerisce al legislatore una revisione totale sulla normativa dell’adozione in casi particolari, oppure una revisione limitata almeno al solo aspetto del riconoscimento del minore, al fine di garantire la piena applicabilità del c.d. criterio dell’intenzione.
Diverse, invece, sono le prospettive relative alla seconda ipotesi vagliata dalla Corte, in quanto, indubbiamente il bilanciamento di interessi in gioco risulta essere più complesso, anche alla luce dei precedenti orientamenti in materia, nazionali e sovranazionali. Sul tema, infatti, già nel 2017 la stessa Corte espresse palesemente la sua contrarietà all’utilizzo di tale metodo, confermando nelle ultime pronunce, l’impossibilità di dare un riconoscimento automatico ai rapporti di filiazione nei confronti del genitore di intenzione e prediligendo piuttosto l’ipotesi del ricorso all’adozione in casi particolari (cit. F. Prato, Le adozioni di minori da parte di coppie omosessuali e di persone singole in Italia: tra normativa, criticità e prospettive evolutive, in AA.VV. Adozione. Questioni di maggiore interesse dottrinario e giurisprudenziale, Napoli, 2022).
Ciò che merita maggiore considerazione, però, come accennato in apertura, è il monito lanciato al legislatore con taglienti affermazioni in chiusura della sentenza n. 32/2021, dove si legge che “…questa Corte non può esimersi dall’affermare che non sarebbe più tollerabile il protrarsi dell’inerzia legislativa, tanto è grave il vuoto di tutela del preminente interesse del minore, riscontrato in questa pronuncia…”, andando a suggerire, in via esemplificativa, “una riscrittura delle previsioni in materia di riconoscimento” o l’introduzione di una nuova tipologia di adozione “che attribuisca, con una procedura tempestiva ed efficace, la pienezza dei diritti connessi alla filiazione”. Pertanto, secondo la Corte Costituzionale solo l’intervento legislativo adibito a disciplinare in maniera organica la fattispecie della filiazione tramite la procreazione medicalmente assistita ad opera di coppie omosessuali “consentirebbe di ovviare alla frammentarietà e alla scarsa idoneità degli strumenti normativi ora impiegati per tutelare il miglior interesse del minore”.


COME SI SCIOLGONO LE UNIONI CIVILI

Anche le unioni civili omosessuali possono essere sciolte per il venir meno la comunione materiale e spirituale della coppia.
Sebbene l’unione civile non sia un contratto, le cause di scioglimento dell’unione civile ricalcano, in un certo senso, quelle contrattuali, e cioè sia per mutuo consenso, che per volontà di una sola parte.
Le unioni civili possono sciogliersi (art. 1 commi 22,23,24, 26) per:

  • morte o dichiarazione di morte presunta di una parte;
  • i casi previsti dall’articolo 3, numero 1) e numero 2), lettere a), c), d) ed e), della legge sul divorzio n. 898/1970. Si tratta delle cause delittuose, avere contratto all’estero matrimonio o una nuova unione civile, oppure avere ottenuto all’estero una sentenza di scioglimento dell’unione civile,
  • sentenza di rettificazione di attribuzione di sesso,
  • le parti manifestano personalmente all’ufficiale dello stato civile del luogo dove è trascritta l’unione, la volontà di sciogliere il vincolo, congiuntamente o disgiuntamente (nel qual caso occorrerà notificare all’altra parte tale manifestazione di volontà ex art. 63 DPR 396/2000).

In quest’ultimo caso, tuttavia, la manifestazione di volontà non è sufficiente: è necessario che, trascorsi tre mesi, almeno una parte depositi l’istanza di scioglimento dell’unione civile.
Il termine di tre mesi ha la funzione di consentire una eventuale riconciliazione, che priva di effetti la manifestazione di volontà, ma non ha effetti sostanziali: le parti non sono autorizzate a vivere separate, né viene sciolto il regime patrimoniale di comunione legale
Tra le cause di scioglimento, non è invece richiamato l’art. 3, n. 2, lettera b) della legge sul divorzio (sentenza passata in giudicato di separazione giudiziale fra i coniugi, ovvero omloga della separazione consensuale) per cui rispetto allo scioglimento del matrimonio, nelle unioni civili non è prevista una fase di separazione personale degli uniti.


QUALI SONO LE ALTERNATIVE PER LO SCIOGLIMENTO DELLE UNIONI CIVILI

Trascorsi tre mesi dall’istanza, il procedimento per lo scioglimento può svolgersi avanti all’autorità giudiziaria, oppure seguire due alternative più rapide e semplici.

In base al procedimento giudiziale, l’istanza di scioglimento si propone con ricorso al tribunale del luogo dell’ultima residenza comune o del luogo di residenza/domicilio della parte convenuta, e deve contenere i motivi in fatto e in diritto che la giustificano.
Segue una fase “presidenziale” ove il Presidente del Tribunale esperisce un tentativo di riconciliazione e adotta i provvedimenti urgenti ed opportuni, e una seconda fase “di merito” avanti al giudice istruttore.
Inoltre, anche per le unioni civili è possibile ricorrere a strumenti alternativi a quello giudiziale come la negoziazione assistita, in caso di accordo per porre fine all’unione. A tal fine, per sciogliere le unioni civili, è sufficiente la sottoscrizione dell’accordo con l’assistenza di due avvocati e il nulla osta del Pubblico Ministero per decretare la fine dell’unione. Il tutto dovrà essere poi trasmesso all’ufficiale di stato civile ai fini dell’annotazione sull’apposito registro.
Oltre alla negoziazione assistita, qualora non vi siano figli non autosufficienti, è poi prevista la possibilità di divorziare in Comune depositando un accordo all’ufficiale di stato civile, con cui le parti possono anche regolare alcune questioni economiche e patrimoniali, come la previsione di un contributo da versare l’uno in favore dell’altro più debole economicamente. Non è possibile invece prevedere trasferimenti di diritti reali (ad esempio la proprietà di un immobile) né la corresponsione “una tantum” di una somma di denaro
Per una panoramica più approfondita sulle procedure brevi di divorzio, si consiglia la lettura di questo articolo .


UNIONI CIVILI: LA TRASCRIZIONE DEL MATRIMONIO GAY IN ITALIA CELEBRATO ALL’ESTERO

Premesso che non è consentito il matrimonio gay in Italia, ha fatto discutere la possibilità di trascrivere nei registri di stato civile di comuni italiani un matrimonio gay celebrato all’estero.
Con l’entrata in vigore del decreto Legislativo n. 5 del 19 gennaio 2017 possono essere trascritti in Italia:

  • gli atti dello stato civile redatti all’estero (tradotti) su richiesta dei cittadini stranieri interessati;
  • gli atti relativi a matrimoni o unioni civili contratte dinanzi alle autorità diplomatiche o consolari straniere in Italia da cittadini stranieri. Tale trascrizione produrrà, dalla data in cui è stato celebrato il matrimonio gay all’estero gli effetti dell’unione civile come previsto dalla legge 76/2016.

Sul punto si segnalano diverse pronunce della Corte di Cassazione, che hanno sostanzialmente negato la trascrivibilità del matrimonio gay in Italia celebrato all’estero, utilizzando piuttosto l’escamotage della conversione in unione civile.

Nella sentenza n. 11696/2018 la Cassazione ha respinto il ricorso presentato da una coppia omosessuale contro il provvedimento della Corte d’Appello di Milano che ha rifiutato la trascrizione del loro matrimonio celebrato all’estero (in Brasile e poi in Portogallo) ritenendo il rigetto discriminatorio. La Corte ha tuttavia rilevato che gli Stati che hanno aderito al Consiglio d’Europa hanno massima discrezionalità legislativa nella scelta della veste giuridica da dare alle unioni tra persone dello stesso sesso. Non a caso la Corte di Cassazione ha affermato che “…la libertà di scelta del modello di unione omoaffettiva rimessa ai singoli Stati si estende, a fini antielusivi e di coerenza antiscriminatoria del sistema di regolazione interna, anche alla produzione degli effetti degli atti formati all’estero, salva l’ipotesi della totale transnazionalità di essi”.
Quindi, la giurisprudenza di legittimità italiana ritiene contraria all’ordine pubblico la trascrizione nei registri italiani di un matrimonio gay contratto all’estero; non escludendo però una qualche forma di tutela giuridica, tramite la conversione in unioni civili. Tale conversione opera anche nelle ipotesi in cui il matrimonio gay sia stato celebrato antecedentemente alla legge sulle unioni civili.


QUANDO È POSSIBILE CHIEDERE IL RICONGIUNGIMENTO FAMILIARE IN BASE ALLE UNIONI CIVILI

L’introduzione della legge sulle unioni civili ha portato con sé diversi interrogativi, soprattutto in merito all’applicabilità o meno di tanti istituti del diritto di famiglia alle unioni civili.
In merito al permesso di soggiorno per ricongiungimento familiare, deve essere segnalata una circolare del Ministro dell’Interno del 5 agosto 2016, con la quale è stata espressamente riconosciuta l’applicabilità delle norme in materia di permesso di soggiorno per ricongiungimento familiare (artt. 29 ss. Testo Unico sull’Immigrazione, D. Lgs. n. 286/1998) anche alle unioni civili. Tale assunto si ricava anche dalla lettura della legge n. 76/2016, dove al comma 20 dell’art. 1 è sancita l’equiparazione tra lo status degli uniti a quella dei coniugi.
Lo straniero regolarmente residente nel nostro Paese può quindi richiedere il ricongiungimento familiare con l’extracomunitario con cui si sia unito civilmente (art. 30 Testo unico Immigrazione).
Il rilascio del visto da parte dell’autorità diplomatica è però subordinato al nullaosta della Questura.
Anche un cittadino italiano può richiedere il ricongiungimento familiare con l’unito civilmente extracomunitario, con la procedura che abbiamo descritto in questo articolo.

Lo Studio Legale degli Avvocati Berti e Toninelli si trova a Pistoia, in Piazza Garibaldi n. 5.
Opera presso i Tribunali di Pistoia, Firenze, Lucca e Prato e fornisce consulenza in tutta Italia tramite i servizi online.
Per richiedere consulenza o assistenza in materia di diritto di famiglia, è possibile compilare il form presente a questo link oppure contattaci all’indirizzo info@btstudiolegale.it.


consulenza legale online


Contatti
Consulenza Online
BT Studio Legale
Latest posts by BT Studio Legale (see all)