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Le truffe online

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Avv. Gabriele Toninelli
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Cosa sono le truffe online

Negli ultimi anni, le truffe online sono di molto aumentate a causa della diffusione delle vendite online tramite siti di e-commerce, piattaforme e social network, unitamente alla diffusione dei siti di trading online e dei sistemi virtuali di pagamento.

Le modalità di alcune truffe online sono in linea generale, le stesse di quella che avvengono fuori da internet: ci si riferisce ad esempio alle compravendite di beni o servizi, in cui il truffatore riceve i soldi (o la merce), ma non invia la merce (o non paga).

Altre truffe online sono messe in essere attraverso inganni più subdoli e di difficile riconoscibilità. Ci si riferisce al cosiddetto “phishing”, oppure allo “spoofing” in cui la vittima mette nelle mani del truffatore i propri dati personali (nome, cognome, persino il numero della carta di credito) che vengono successivamente utilizzati per stipulare contratti all’insaputa del truffato.

Una tra le truffe online più diffuse e note è quella detta “alla nigeriana”: il truffatore si presenta dicendo di essere proprietario di una grossa somma di denaro depositata in una banca estera, e cerca un prestanome per trasferire i soldi in Italia, in cambio di una percentuale, chiedendogli un anticipo in denaro per sbloccare i fondi dalla banca straniera. Il truffato, dopo aver pagato tale somma, attende invano il trasferimento del denaro.

In molti casi, il truffato è restio a presentare querela, in parte per la vergogna, in parte perché ritiene che la esiguità della somma sottratta, che peraltro verrà recuperata assai difficilmente, non valga ulteriore perdita di tempo e di energie.

Per quanto riguarda la responsabilità penale, la fattispecie rilevante è, in primo luogo, la truffa ex art. 640 c.p., applicabile anche nel caso dei reati a mezzo internet. A seconda dei casi, possono inoltre rilevare altre fattispecie, come la frode informatica ex art. 640 ter cod. pen. e l’accesso abusivo ad un sistema informatico ex art. 615 ter cod. pen.

COME RICONOSCERE LE TRUFFE ONLINE

I casi di truffa online si sono moltiplicati grazie all’avvento di internet e all’utilizzo di tale mezzo per acquisti e pagamenti.

Nella loro struttura di base, le truffe online non differiscono di molto da quelle “tradizionali” e possono essere riconosciute da alcuni elementi.

Quantomeno, la presenza di questi indici dovrebbe indurre l’acquirente a svolgere ulteriori e più approfonditi accertamenti sul soggetto col quale si sta rapportando. Ad esempio il prezzo eccessivamente basso, o in genere condizioni particolarmente vantaggiose a cui è proposto un bene o un servizio messo in offerta

Così anche un’inserzione o un sito web di recente creazione senza che siano visibili i dati completi del venditore, né sia possibile identificare l’attività commerciale indicata nell’annuncio.

Bisogna, inoltre, diffidare quando sono indicate modalità di pagamento che non ne consentono la tracciabilità o l’annullamento.

TRUFFE ONLINE: COS’È IL PHISHING

Attraverso la truffa online del phishing, il malintenzionato non chiede una somma di denaro, ma la comunicazione di dati sensibili, come ad esempio il nome, cognome, codice fiscale, numero della carta di credito, e addirittura la password di accesso.

Solitamente il phishing viene realizzato attraverso l’invio di falsi messaggi di posta elettronica, o attraverso “banner” o interi siti web (cosiddetto pharming) apparentemente affidabili in quanto riconducibili ai portali della banca o di società finanziarie (finti detti “soppfed”) tali da generare la fiducia della vittima poco attenta.

Quando l’utente del web cade nel tranello e fornisce i suoi dati, questi possono essere utilizzati dal truffatore per prelevare dal conto corrente, oppure aprire nuovi contratti a nome del truffato, rubandone l’identità.

TRUFFE ONLINE: COS’È LO SPOOFING

Il c.d. spoofing è quella truffa online in cui il truffatore, creata una falsa identità di modo da risultare affidabile (ad esempio utilizzando un sito del tutto analogo a quello di una banca, o una società di assicurazione, o di un ufficio governativo, oppure utilizzando un indirizzo e-mail molto simile a quelli presenti nella lista dei contatti della vittima), induce la vittima a fornirgli dati personali.

Alcune particolari tecniche di truffa online sono molto sofisticate, come IP spoofing, ARP spoofing, DNS spoofing, Caller ID, GPS, Website spoofing o la c.d. Man-in-the-Middle.

Con queste si tenta di modificare il proprio dispositivo creando un indirizzo ID affidabile, deviando richieste ARP al fine di carpire fraudolentemente i dati inseriti in un pc che passano attraverso la rete oppure eliminando la protezione di un pc verso siti truffa. Queste possono mirare a sostituire un sito web con uno contraffatto identico all’originale al fine di incamerare dati personali, password e account delle vittime ignare.

Attraverso la caller spoofing, invece, la truffa online si realizza modificando l’identificativo di un numero di cellulare (sia per chiamate tradizionali che tramite internet) al fine di fingersi un’azienda, una banca o un servizio di assistenza.

Con la GPS spoofing si punta a modificare le coordinate GPS di un dispositivo ingannando così sistemi operativi.

Infine con il citato “Man in the Middle” i truffatori si interpongono nelle comunicazione tra due pc o tra due dispositivi della rete  con lo scopo di intercettarne il traffico di dati.

TRUFFE ONLINE: COSA FARE SE SI E’ STATI TRUFFATI

Una volta realizzato di aver subito una truffa via internet, la prudenza suggerisce di modificare le password di accesso e bloccare immediatamente la carta di credito di cui sono stati forniti gli estremi.

Il truffato può sporgere formale querela presso la Procura della Repubblica, o le Forze dell’Ordine oppure presso la piattaforma della Polizia Postale, anche avvalendosi di un legale.

Infatti, la maggior parte delle ipotesi di reato che rilevano nelle truffe online (ed in particolare la truffa semplice ex art. 640 cod. pen.)  è procedibile solamente su querela della persona offesa.

Tuttavia, spesso le truffe online non vengono denunciate. Spesso in buona fede, perché ci si vergogna ad ammettere di essere stati ingenui (anche se, come visto, alcune modalità di truffa sono particolarmente difficili da riconoscere), oppure per l’esiguità della somma perduta. Altre volte, invece, il truffato intendeva acquistare beni di provenienza illecita (merce rubata o contraffatta) e pertanto preferisce non esporsi, per evitare guai peggiori.

A seguito della querela, se ben confezionata, inizia la fase delle indagini preliminari, che può culminare con l’esercizio dell’azione penale (citazione diretta a giudizio, richiesta di decreto penale …), oppure con una richiesta di archiviazione. Nel secondo caso, la vittima è informata dell’archiviazione solamente se ne ha fatto richiesta nella querela.

QUALI POSSONO ESSERE I RILIEVI PENALI DELLE TRUFFE ONLINE

Come quelle tradizionali, anche le truffe a mezzo internet sono punite penalmente.

Il codice penale non conosce una fattispecie specifica per la truffa online, continuandosi ad applicare l’art. 640 , il quale nella sua ipotesi base prevede che “chiunque, con artifizi o raggiri, inducendo taluno in errore, procura a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da euro 51 a euro 1.032”.

Invece, l’art. 640 ter cod. pen. prevede la fattispecie della frode informatica, che nella sua ipotesi base punisce con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da 51 € a 1.032 € “chiunque, alterando in qualsiasi modo il funzionamento di un sistema informatico o telematico o intervenendo senza diritto con qualsiasi modalità su dati, informazioni o programmi contenuti in un sistema informatico o telematico o ad esso pertinenti, procura a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno”.

Infine, alcuni dei fenomeni sopra descritti possono integrare la fattispecie di accesso abusivo al sistema informatico, punita dall’art. 615 ter cod. pen. con la reclusione fino a tre anni.

TRUFFE ONLINE: COSA STABILISCE L’ART. 640 C.P.

Ai fini della sussistenza dell’art. 640 cod. pen. , la condotta del truffatore deve sostanziare in raggiri oppure artifizi. Cioè, la vittima deve essere ingannata da una falsa rappresentazione della realtà materiale (artificio) o mediante ragionamenti (raggiro).

Nel caso specifico delle truffe online, siamo dinanzi a raggiri e artifizi, ad esempio, nei casi di utilizzi di nominativi, dati e recapiti fasulli, false generalità del venditore, foto di merce fittizie, documentazioni di situazioni inesistenti.

Secondo la Cassazione, a differenza della truffa tradizionale, la truffa online commesa attraverso la vendita di prodotti è solitamente caratterizzata dalla circostanza aggravante dell’approfitta mento della minorata difesa della vittima ex art. 61 n. 5 cod. pen. in quanto “ la distanza tra il luogo ove si trova la vittima, che di norma paga in anticipo il prezzo del bene venduto, e quello in cui, invece, si trova l’agente, determina una posizione di maggior favore di quest’ultimo, consentendogli di schermare la sua identità, di non sottoporre il prodotto venduto ad alcun efficace controllo preventivo da parte dell’acquirente e di sottrarsi agevolmente alle conseguenze della propria condotta” (Cass. pen., Sez. II, Sent. 13 gennaio 2021, n. 1085).

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LA FRODE INFORMATICA E L’ACCESSO ABUSIVO

La seconda fattispecie eventualmente integrata nelle truffe online è quella prevista dall’art. 640 ter cod. pen.

Questa fattispecie si pone a metà strada tra la truffa ed il furto: non richiede strettamente che il truffatore ponga in essere artifici o raggiri, ma che faccia accesso al sistema informatico della vittima (ad esempio attraverso software o malware “trojan”) per carpirne i dati (password di accesso, codici bancari…) col fine di trarre un profitto ingiusto.

Si pensi anche all’alterazione del meccanismo di una slot machine, ai danni del suo gestore.

Il bene giuridico protetto non è infatti il patrimonio, come per la truffa, ma (anche) l’integrità del sistema informatico e la riservatezza dei dati e delle informazioni presenti nei sistemi informatici.

È però possibile che la manomissione avvenga ingannando il titolare del sistema informatico. In tal caso, la giurisprudenza ritiene che il reato di truffa assorba quello di frode informatica.

Infine, l’art. 615 ter cod. pen, punisce l’autore solamente per il fatto di essersi introdotto in un sistema informatico altrui, senza il consenso del titolare, e senza necessariamente alterarne il funzionamento o carpirne i dati in esso contenuti.

IL PROBLEMA DELLA COMPETENZA NELLE TRUFFE ONLINE

Trattandosi di un reato commesso a mezzo internet, sorge il problema di individuale quale sia l’autorità giudiziaria competente a giudicare la truffa online: se quella del luogo del truffato o del truffatore.

Stando ai principi generali (art. 8 comma 1 c.p.p.), per individuare la competenza territoriale occorre guardare al momento perfezionativo/consumativo del reato che, nel caso della fattispecie di cui all’art. 640 c.p., avviene col conseguimento dell’ingiusto profitto.

Orbene, stabilisce la Cassazione che (anche) nel caso delle vendite online, “se il profitto è conseguito mediante un bonifico bancario, il reato si consuma con l’accreditamento della somma di denaro sul conto corrente del destinatario, ne consegue che, ai fini della determinazione della competenza per territorio, occorre fare riferimento all’istituto bancario del luogo in cui il destinatario del bonifico ha aperto il conto corrente” (Cass. pen., Sez. II, 10/06/2022, n. 27012).

Analogamente, “la competenza territoriale per il delitto di frode informatica di cui all’art. 640-ter c.p. si radica nel luogo in cui l’agente consegue l’ingiusto profitto e non nel luogo ove ha sede il sistema informatico oggetto di manipolazione o in quello in cui si consuma il depauperamento della persona offesa” (Cass. pen., Sez. II, 05/02/2020, n. 10354).

E se invece il pagamento avviene mediante una carta prepagata non abbinata ad un conto corrente? Dove viene conseguito l’ingiusto profitto? In tal caso “il tempo e il luogo di consumazione del reato sono quelli in cui la persona offesa ha proceduto al versamento del denaro sulla carta, poiché tale operazione ha realizzato contestualmente sia l’effettivo conseguimento del bene da parte dell’agente, che ottiene l’immediata disponibilità della somma versata, e non un mero diritto di credito, sia la definitiva perdita dello stesso bene da parte della vittima” (Cass. pen., Sez. I, Sentenza, 22/11/2019, n. 52003).

COME FARSI RESTITUIRE I SOLDI PERSI A CAUSA DI UNA TRUFFA ONLINE

La vittima di una truffa online ha diverse strade per richiedere i soldi persi in una truffa online.

In primo luogo, può richiederli mediante un’azione civile nei confronti del truffatore.

In secondo luogo può partecipare al processo penale nei confronti del truffatore, sia come persona offesa, sia come parte civile.

Il codice penale infatti incentiva l’imputato/indagato del reato di truffa online alla restituzione delle somme e al risarcimento del danno e, soprattutto negli ultimi anni con la riforma Orlando e con la riforma Cartabia, il legislatore ha implementato i meccanismi di giustizia riparativa, che consentono all’imputato di evitare una condanna (e talvolta anche il processo), a condizione che restituisca le somme illegalmente sottratte e risarcisca il danno eventualmente sofferto dalla vittima.

Ad esempio, è il caso dell’”estinzione del reato per condotte riparatorie” introdotto dalla Legge 103/2017 all’art. 162 ter del codice penale, il quale stabilisce che nei casi di procedibilità a querela soggetta a remissione, il giudice dichiara estinto il reato quando l’imputato ha riparato interamente il danno cagionato dal reato, mediante le restituzioni o il risarcimento. Il risarcimento del danno può essere riconosciuto anche in seguito ad offerta reale ai sensi degli articoli 1208 e seguenti del codice civile, formulata dall’imputato e non accettata dalla persona offesa, ove il giudice riconosca la congruità della somma offerta a tale titolo.

Altra soluzione che spinge l’imputato a risarcire il danno è quella prevista dal rito alternativo della “messa alla prova” ex art. 168 bis cod. pen. che consente l’estinzione del reato, a condizione, tra le altre, che l’imputato o l’indagato dimostri “la prestazione di condotte volte all’eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose derivanti dal reato, nonché, ove possibile, il risarcimento del danno dallo stesso cagionato”.

In ultimo, la recente riforma Cartabia disciplina l’accesso e lo svolgimento di programmi di giustizia riparativa, premiandolo come circostanza attenuante (art. 62 co. 1 n. 6 cod. pen.), come remissione tacita della querela, o come ipotesi di sospensione condizionale “breve” (art. 163 comma 4 cod. pen.).

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