espulsioni stranieri

Le espulsioni degli stranieri

Come sono regolate le espulsioni degli stranieri dall’Italia

Le espulsioni degli stranieri

Le espulsioni degli stranieri, il loro respingimento all’ingresso ed i rimpatri assistiti sono i mezzi con cui gli stranieri vengono allontanati dall’Italia. L’espulsione dello straniero è disciplinata dal testo unico in materia di immigrazione.
In via generale, le espulsioni degli stranieri possono essere di due tipologie.
Si parla di espulsioni di stranieri in via amministrativa, quando l’espulsione dello straniero è disposta dal Prefetto o dal Ministro dell’Interno, ad esempio per motivi di ordine pubblico, per la condizione irregolare dello straniero in Italia (ad esempio con un permesso di soggiorno scaduto da un anno o più e non rinnovato) o per l’inottemperanza al provvedimento di espulsione già imposto.
Si parla invece di espulsioni di stranieri in via giudiziale, quando l’espulsione dello straniero è stabilita dall’autorità giudiziaria, a seguito di una condanna penale, come misura di sicurezza, oppure come sanzione sostitutiva della pena, oppure ancora come misura alternativa alla detenzione.
La normativa prevede, tuttavia, alcune eccezioni alla regola generale dell’espulsione dello straniero disposta dal prefetto, giustificate dalla tutela di interessi che l’ordinamento ritiene prevalenti.
È il caso, ad esempio, dello straniero che abbia un legame familiare con un cittadino italiano oppure dei minorenni stranieri senza documenti in regola.
All’espulsione dello straniero consegue anche un periodo di tempo (generalmente di cinque anni) in cui lo straniero non può fare rientro in Italia.
Dopo una breve introduzione sulla condizione giuridica dello straniero in Italia, ed una breve panoramica sul visto di ingresso e sul permesso di soggiorno, l’articolo si sofferma sulle cause che giustificano le espulsioni degli stranieri.
Vengono esaminati anche i casi in cui l’espulsione dello straniero non può essere disposta.
Nella seconda parte, l’articolo descrive come avvengono le espulsioni degli stranieri.

Gli argomenti trattati sono:


LE ESPULSIONI DEGLI STRANIERI: QUAL È LA CONDIZIONE GIURIDICA DELLO STRANIERO IN ITALIA.

La condizione giuridica degli stranieri in Italia è ispirata alla logica dell’art. 10 cost. che, al comma II, rinvia alla legge e trattati internazionali per la disciplina del diritto di asilo.
Alla luce dell’art. 2 cost., la tutela dei diritti inviolabili dell’uomo deve sempre essere riconosciuta a chiunque, a qualsiasi titolo, sia presente sul territorio della Repubblica, a prescindere dalla circostanza che sia o meno cittadino italiano.
Per dare compiuta regolazione alla condizione degli stranieri nel nostro Paese è stato varato il d. lgs. n. 286/1998 (testo unico sull’immigrazione) il quale si preoccupa di fissare i diritti e doveri degli stranieri presenti sul territorio nazionale, ma anche di disciplinarne l’ingresso, il soggiorno e l’allontanamento dal territorio dello Stato. Ai sensi dell’art. 5 del citato decreto, requisito affinché lo straniero possa soggiornare regolarmente in Italia è il possesso del permesso di soggiorno in corso di validità.


ESPULSIONI DEGLI STRANIERI: QUAL È LA DIFFERENZA FRA VISTO E PERMESSO DI SOGGIORNO.

Il permesso di soggiorno non deve essere confuso con il visto d’ingresso, atteso che si tratta di due provvedimenti diversi.
Infatti, il visto è rilasciato dall’Ambasciata o dal Consolato italiani nel Paese di provenienza del richiedente e consente di fare ingresso nel territorio nazionale, per svolgere una determinata attività (ad esempio per motivi di lavoro, o di studio, o di turismo) oppure per motivi familiari. In alcuni casi, per poter richiedere il visto, è necessario ottenere il cosiddetto nullaosta, cioè un provvedimento della Questura rilasciato all’esito di una serie di verifiche, in ordine alla sussistenza di condizioni ostative alla concessione del visto.
La durata del visto varia a seconda del motivo per il quale è richiesto: nel caso di un visto di studio, la durata è pari a quella del corso che lo straniero intende seguire; il visto per motivi familiari, invece, ha durata di 1 anno mentre quello per finalità turistiche di 90 giorni.
Il permesso di soggiorno, invece, è un provvedimento emesso dalla Questura del luogo in cui il richiedente si trova e permette di ottenere la residenza, sino alla sua data di scadenza.
Pertanto, se il visto consente l’ingresso nella Nazione, il permesso di soggiorno occorre per restare, sicché, lo straniero, entro il termine perentorio di 8 giorni dall’arrivo deve richiedere il permesso di soggiorno. Come il visto, anche il permesso di soggiorno è legato al motivo per il quale è richiesto (protezione umanitaria, famiglia, lavoro ….).
Una volta scaduto, l’interessato può chiederne il rinnovo, nei 60 giorni precedenti alla data di scadenza e non oltre i 60 giorni successivi.
Trascorso questo termine, il rinnovo del permesso di soggiorno scaduto da un anno o più, è condizionato alla dimostrazione dei gravi motivi che hanno impedito la richiesta tempestiva.
Se non viene concessa l’autorizzazione a rinnovare il permesso di soggiorno scaduto da un anno, l’interessato si viene a trovare in una posizione di irregolarità ai fini della sua presenza nel Paese. La stessa cosa avviene nel caso di visto scaduto, fermo rimanendo che, in linea generale, nessun problema sussiste per colui il quale decide che, pur avendo il visto scaduto, vuol rientrare nel proprio Paese.
Per i soggiorni inferiori ai 90 giorni (ad esempio per il visto turistico, per studio, per affari), la legge n. 68/2007 stabilisce che non è necessario il permesso di soggiorno, ma è sufficiente la dichiarazione di presenza, che lo straniero deve rilasciare entro otto giorni dall’ingresso al Questore o all’autorità frontaliera.


COSA SI INTENDE PER ESPULSIONI DEGLI STRANIERI.

Quando si parla di espulsioni degli stranieri, si suole fare riferimento a tutte quelle ipotesi nelle quali soggetti extracomunitari o apolidi non aventi titolo per soggiornare in Italia sono costretti ad allontanarsi dal territorio nazionale, ad esempio perché non in possesso dei documenti di soggiorno, ovvero per la perdita dei requisiti per il soggiorno, oppure per la commissione di un reato per il quale è prevista quale misura alternativa o accessoria alla detenzione il provvedimento di espulsione dallo Stato.
L’espulsione dello straniero è solamente uno dei modi mediante il quale può essere ordinato l’allontanamento dello straniero dal Paese, atteso che tale risultato può essere conseguito anche mediante il respingimento e il rimpatrio assistito. Tuttavia, dette misure si distinguono da quella della espulsione dello straniero poiché, nel caso del respingimento, viene direttamente impedito l’ingresso in Italia dall’Autorità di frontiera mentre, nell’ipotesi del rimpatrio assistito, lo straniero può fare rientro in Patria in modo consapevole e volontario, avvalendosi di un rete assistita tanto per la partenza dall’Italia, quanto per il rientro nel Paese d’origine.


QUALI TIPOLOGIE DI ESPULSIONI DEGLI STRANIERI ESISTONO NEL NOSTRO ORDINAMENTO.

Nel nostro Ordinamento giuridico le espulsioni degli stranieri possono essere di due tipologie: amministrative o giudiziarie, entrambe disciplinate dal Testo Unico sull’Immigrazione (T.U.I., d.lgs. n. 286/1998). Le prime sono adottate dall’autorità amministrativa (Ministro dell’interno e Prefetto) e le seconde sono adottate dall’autorità giudiziaria.


LE ESPULSIONI DEGLI STRANIERI ADOTTATE DAL MINISTRO DELL’INTERNO

L’espulsione dello straniero di tipo amministrativo è regolata dall’art. 13 T.U.I. che, a sua volta, prevede due differenti ipotesi.
Infatti, il comma I della norma citata prevede che l’espulsione dello straniero sia disposta dal Ministro dell’Interno nei confronti di soggetti ritenuti pericolosi per la sicurezza o l’ordine pubblico. Si tratta di una valutazione discrezionale della autorità amministrativa, che può colpire gli apolidi e gli stranieri senza documenti, come anche gli stranieri e gli apolidi regolarmente soggiornanti.
L’espulsione ministeriale può infine colpire anche i soggetti “protetti” di cui all’art. 19 comma 2 (come ad esempio gli stranieri minorenni, o donne in stato di gravidanza, o parenti di cittadino italiano), per i quali il provvedimento di espulsione può essere adottato solo dal Ministro dell’Interno, e non anche dal prefetto.
Oltre ai motivi di ordine pubblico, il Ministro dell’Interno può disporre il decreto di espulsione per motivi di prevenzione del terrorismo. In particolare, l’art. 3 comma 1 del decreto legge 144/2005 prevede che il Ministro, anche delegando il Prefetto, possa disporre le espulsioni degli stranieri appartenenti ad una delle categorie di cui all’art. 18 della legge n. 152/1975, o nei cui confronti vi sono fondati motivi di ritenere che la loro permanenza nel territorio dello Stato possa in qualsiasi modo agevolare organizzazioni o attività terroristiche, anche internazionali.


LE ESPULSIONI DEGLI STRANIERI ADOTTATE DAL PREFETTO

Proseguendo la lettura della disposizione dell’art. 13 Testo Unico Immigrazione, al comma II rinveniamo l’altra tipologia di espulsione amministrativa, cioè quella disposta con decreto di espulsione del Prefetto, nel caso di ingresso o permanenza irregolare, o per motivi di pericolosità sociale.
In primo luogo, sono espulsi gli stranieri entrati irregolarmente in Italia, sottraendosi ai controlli di frontiera, in violazione dell’art. 4. A tal proposito, grava sullo straniero l’onere di provare il regolare ingresso in Italia, mediante l’esibizione del timbro datario impresso sul passaporto dall’autorità frontaliera del paese Schengen dove è avvenuto l’ingresso.
In secondo luogo, sono espulsi gli stranieri senza documenti di soggiorno in regola.
L’art. 13 comma 2 prevede le espulsioni degli stranieri che omettano la dichiarazione di presenza entro il termine perentorio di otto giorni o si trattengano in Italia con il visto scaduto. Inoltre, nei casi in cui la permanenza sia legata al permesso di soggiorno, il prefetto emette il provvedimento di espulsione qualora lo straniero ometta di richiederlo entro il termine perentorio di otto giorni (è sufficiente la richiesta di prenotazione), oppure qualora venga annullato o revocato, oppure ancora quando non sia stato chiesto il rinnovo del permesso di soggiorno scaduto da un anno, oppure da almeno 60 giorni.
Grava sullo straniero dimostrare che il permesso di soggiorno non è stato chiesto o la dichiarazione di presenza non è stata presentata, per “causa di forza maggiore”.
Altra causa delle espulsioni degli stranieri consiste nel rigetto della domanda di rinnovo del permesso di soggiorno, seppur tempestivamente presentata, come previsto dall’art. 12 del regolamento di attuazione del testo unico immigrazione (D.P.R. 394/1999). Il provvedimento di rigetto contiene infatti l’invito a presentarsi al posto di polizia di frontiera indicato entro quindici giorni lavorativi e a lasciare volontariamente il territorio dello Stato, e l’avvertimento che, in mancanza, si procederà a norma dell’articolo 13 del testo unico.


LE ESPULSIONI DEGLI STRANIERI SOCIALMENTE PERICOLOSI

Oltre alle espulsioni degli stranieri senza documenti in regola, l’art. 13 comma 2 lett. C) prevede che possano essere espulsi anche gli stranieri, seppur regolarmente soggiornanti, ma che siano ritenuti socialmente pericolosi, poiché appartenenti a taluna delle categorie indicate negli articoli 1, 4 e 16, del “codice antimafia” decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, e cioè coloro che:

  • debbano ritenersi abitualmente dediti a traffici delittuosi;
  • vivono abitualmente con i proventi di attività delittuose;
  • sono dediti alla commissione di reati che offendono o mettono in pericolo l’integrita’ fisica o morale dei minorenni, la sanità, la sicurezza o la tranquillità pubblica;
  • sono indiziati di alcuni reati particolarmente gravi, come l’associazione a delinquere di stampo mafioso (art. 416 bis c.p.) maltrattamenti contro familiari o conviventi (art. 572 c.p.) atti persecutori (art. 612 bis c.p.);
  • sono segnalate ad un organismo internazionale competente per disporre il congelamento di fondi o di risorse economiche, per impedire il finanziamento di organizzazioni o attivita’ terroristiche, anche internazionali.

In questi casi, il prefetto ha un ampio potere discrezionale nella valutazione della pericolosità sociale.


LE ESPULSIONI DEGLI STRANIERI ADOTTATE DALL’AUTORITÀ GIUDIZIARIA

Le espulsioni degli stranieri avente carattere giudiziario, invece, sono disciplinate dagli artt. 15 e 16 T.U.I. e si caratterizzano per essere disposte dall’Autorità giudiziaria all’esito di procedimenti penale, e possono avere varia natura.
In particolare, l’espulsione a titolo di misura di sicurezza nei confronti degli stranieri senza documenti regolari (ad esempio con visto scaduto o con permesso di soggiorno scaduto da un anno o più) e ritenuti socialmente pericolosi, è prevista:

  • dall’art. 15 TUI per i reati per i quali è previsto l’arresto in flagranza di reato (artt. 380 e 381 c.p.p.);
  • dall’art. 235 c.p. in caso di condanna superiore a due anni di reclusione;
  • dall’art. 312 c.p. in caso di condanna a pena privativa della libertà personale, per uno dei reati contro la personalità dello Stato
  • in alcune leggi speciali, come ad esempio dall’art. 86 D.P.R. 309/90 per la commissione di reati inerenti sostanze stupefacenti.

L’espulsione per almeno cinque anni, a titolo di sanzione sostitutiva della detenzione è prevista dall’art. 16 del Testo Unico Immigrazione, a condizione che sia possibile eseguirla immediatamente. Le espulsioni degli stranieri senza documenti (ad esempio con visto scaduto o con permesso di soggiorno scaduto da un anno o più) possono sostituire l’esecuzione della pena detentiva, in caso di condanna inferiore a due anni, quando non venga applicata la sospensione condizionale, oppure per il reato di cui all’art. 14 comma 5 (inottemperanza all’ordine del questore di lasciare il territorio).
Non può essere invece adottata l’espulsione per reati particolarmente gravi, o se ricorre una delle ipotesi di cui all’art. 19 TUI (si veda il paragrafo successivo).
L’espulsione a titolo di sanzione sostitutiva dell’ammenda è prevista dagli artt. 10 bis e 16 TUI nonché dall’art. 62 bis D. Lg. 274/2000 (competenza penale del giudice di pace).
Infine, l’espulsione a titolo di misura alternativa alla detenzione è disciplinata all’art. 16 del Testo Unico Immigrazione, quando lo straniero deve scontare una pena detentiva, anche residua, non superiore a due anni, a condizione che lo straniero sia socialmente pericoloso o irregolare e che non ricorra una delle ipotesi di cui all’art. 19.


I DIVIETI DELLE ESPULSIONI DEGLI STRANIERI

Il testo unico sull’immigrazione prevede, all’art. 19, il divieto di procedere all’espulsione dello straniero , individuando in tal modo “categorie protette” di persone che sono assolutamente inespellibili:

  • qualora lo straniero possa essere oggetto di persecuzione , ovvero possa rischiare di essere rinviato verso un altro Stato nel quale non sia protetto dalla persecuzione.
  • qualora lo straniero rischi di essere sottoposta a tortura o a trattamenti inumani o degradanti o qualora ricorrano gli obblighi di cui all’articolo 5, comma 6.

Per altre categorie di persone, l’art. 19 prevede una forte limitazione del decreto di espulsione. Si tratta di:

  • le espulsioni degli stranieri minorenni, salvo il diritto a seguire il genitore o l’affidatario espulsi;
  • le espulsioni degli stranieri in possesso della carta di soggiorno (ora denominata permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo), salvo che per gravi motivi di ordine pubblico e sicurezza di cui all’art. 9;
  • le espulsioni degli stranieri conviventi con parenti entro il secondo grado italiani o con il coniuge  italiano;
  • le espulsioni delle donne in stato di gravidanza o nei sei mesi successivi alla nascita del figlio cui provvedono,
  • le espulsioni degli stranieri che versano in gravi condizioni psicofisiche o derivanti da gravi patologie, tali da determinare un rilevante pregiudizio alla salute degli stessi, in caso di rientro nel Paese di origine o di provenienza.

Oltre alle ipotesi per le quali non è possibile procedere alle espulsioni degli stranieri verso Paesi nei quali rischiano di essere perseguitati per motivi di razza, sesso, religione o ideologie politiche, di recente è invalsa in giurisprudenza la tendenza a escludere l’espulsione dello straniero, nei casi nei quali l’interessato abbia legami familiari o affettivi con il territorio, in applicazione del diritto all’unità familiare delineato dall’art. 8 Cedu e valorizzato dalla Giurisprudenza più recente, fra tutte, Cassazione ordinanza n. 11955/2020.
In questi casi, l’espulsione non può essere disposta dal prefetto. Rimane tuttavia possibile l’espulsione dello straniero disposta dal Ministro dell’Interno per i motivi sopra analizzati

 

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QUANDO LE ESPULSIONI DEGLI STRANIERI SONO AUTOMATICHE

Nei casi di cui all’art. 13 comma 2, l’espulsione è un provvedimento pressoché automatico. Un margine di discrezionalità emerge solamente, ai sensi dall’art. 13 comma 2 bis, nei confronti dello straniero che abbia esercitato il diritto al ricongiungimento familiare ovvero del familiare ricongiunto, per il quale “ si tiene anche conto della natura e della effettività dei vincoli familiari dell’interessato, della durata del suo soggiorno nel territorio nazionale nonché’ dell’esistenza di legami familiari, culturali o sociali con il suo Paese d’origine.”
Le espulsioni degli stranieri non hanno carattere automatico anche per i titolare di permesso di soggiorno ue di lungo periodo, sebbene sussistano i gravi motivi indicat nell’art. 9, che devono essere bilanciate con la situazione soggettiva, personale e familiare dello straniero.


COME VENGONO ESEGUITE LE ESPULSIONI DEGLI STRANIERI DI TIPO PREFETTIZIO

Avverso le espulsioni degli stranieri di tipo amministrativo disposte dal Prefetto, è ammesso ricorso al Giudice di Pace territorialmente competente, entro 30 giorni dalla notifica, per mezzo del difensore o personalmente, secondo quanto previsto dall’art. 18 d. Lgs. n. 150/2011. Sul ricorso, il Giudice di Pace decide in camera di consiglio con decreto di fissazione dell’udienza che dovrà essere steso in calce al ricorso e notificato sia al ricorrente che al Prefetto, il quale potrà stare in giudizio sia personalmente che a mezzo di un funzionario delegato.
Se lo straniero non comprende la lingua, deve essere altresì incaricato un interprete per la traduzione nella forma comprensibile all’interessato, non essendo tale onere assolto con la mera traduzione in una lingua cosiddetta veicolare, secondo il principio statuito dalla Suprema Corte con sentenza n. 3678/2012, a pena di violazione del diritto di difesa di cui all’art. 24 cost.
All’esito dell’udienza, il Giudice accoglie o rigetta il ricorso, comunque non oltre i 20 giorni dalla data del deposito del ricorso; la decisione dell’Autorità giudiziaria non è appellabile ma è sempre ricorribile in Cassazione per motivi di legittimità.
Nel caso in cui il decreto di espulsione si fondi su un atto soggetto alla competenza del Giudice amministrativo, come per esempio la revoca del permesso di soggiorno, al Giudice ordinario è preclusa ogni valutazione sull’atto presupposto.


COME VENGONO ESEGUITE LE ESPULSIONI DEGLI STRANIERI ORDINATE DAL MINISTRO DELL’INTERNO

Le espulsioni degli stranieri ordinate dal Ministro dell’Interno rappresentano provvedimenti di alta amministrazione, come tali connotati da un’elevata discrezionalità nel merito e i quali non prevedono alcuna forma di partecipazione del destinatario. Inoltre, autorevole dottrina si è a lungo interrogata sulla legittimità costituzionale dell’art. 13, comma I, T.U.I. posto che, in assenza di una previsione normativa volta a delimitare le nozioni di ordine pubblico e sicurezza, difficilmente valutabile sembra essere l’apprezzamento alla luce del quale il Ministro dell’Interno adotta il decreto in parola.
A differenza delle espulsioni degli stranieri per motivi di ordine pubblico o di sicurezza dello Stato, che devono essere preventivamente comunicate al Presidente del Consiglio dei ministri e al Ministro degli affari esteri, le espulsioni degli stranieri per motivi di terrorismo vengono eseguite immediatamente.
Il decreto di espulsione ministeriale è impugnabile unicamente avanti al Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio entro 30 giorni dalla notifica (art. 13 comma 11 del T.U.I.), che comunque non può sostituirsi nella valutazione di merito espressa dall’autorità amministrativa, ma deve limitarsi ad un vaglio di regolarità formale della motivazione.
I decreti di espulsione hanno la natura di atti recettizi, ciò significa che divengono esecutivi non appena giungono a conoscenza dell’interessato e l’eventuale ricorso non ne sospende l’efficacia, salvo ciò venga disposto in via cautelare dal Giudice adito, come precisato dalla Corte Costituzionale con sentenza n. 161/2000.


COME VENGONO ESEGUITE LE ESPULSIONI DEGLI STRANIERI A TITOLO DI MISURA DI SICUREZZA

In questi casi, l’espulsione dello straniero viene eseguita dopo che abbia scontato la pena e se il magistrato di sorveglianza conferma la pericolosità sociale.
Il decreto di espulsione di cui al citato art. 15 non è immediatamente esecutivo, necessitando dell’intervento del Magistrato di Sorveglianza territorialmente competente, in ossequio al principio reso dalla Suprema Corte con sentenza n. 23704/2013, al fine del riesame in ordine alla pericolosità sociale del soggetto. Nel caso in cui il Magistrato di Sorveglianza reputi lo straniero non pericoloso socialmente, il provvedimento di espulsione viene revocato e cessa di avere qualsiasi efficacia.
Avverso le decisioni del Magistrato di Sorveglianza, l’interessato può proporre appello ex art. 680 c.p.p. senza che, tuttavia, detta impugnazione possa avere effetti sospensivi.


COME VENGONO ESEGUITE LE ESPULSIONI DEGLI STRANIERI A TITOLO DI MISURA ALTERNATIVA O SOSTITUTIVA ALLA DETENZIONE.

Contro il decreto di espulsione in via alternativa o sostitutiva alla detenzione, è ammesso ricorso al Tribunale di Sorveglianza entro il termine di 10 giorni dalla notifica e l’Autorità giudiziaria deve pronunciarsi entro e non oltre i 20 giorni dal deposito del ricorso.
Laddove il provvedimento di espulsione divenga definitivo, il Questore esegue il provvedimento di espulsione.
Riguardo a tale forma di espulsione, la Corte Costituzionale ha avuto modo di chiarire, in occasione della sentenza n. 270/2019, come essa possa essere disposta d’ufficio dal Giudice, allorché ne ricorrano i presupposti, anche nell’ambito di quei procedimenti per i quali è prevista la citazione diretta a giudizio ex art. 550 c.p.p.


ESPULSIONI DEGLI STRANIERI: COSA ACCADE NEL CASO DI INOTTEMPERANZA ALL’ORDINE  DI ESPULSIONE.

Nel caso di inottemperanza all’ordine, ovverosia laddove lo straniero destinatario di un decreto di espulsione definitivo non lasci spontaneamente il territorio italiano entro 7 giorni dalla comunicazione del Questore ai sensi dell’art. 14, comma 5 bis, T.U.I., è prevista una multa fra i 10.000 euro e i 20.000 euro, salvo ricorrano cause oggettive che hanno determinato l’inottemperanza all’ordine del Giudice di espulsione.
Sul punto, la Corte di Cassazione, con sentenza n. 7915/2018 ha affermato il principio di diritto secondo il quale ai fini del giustificato motivo che legittima l’inottemperanza all’ordine, occorre tenere presente tutte quelle condizioni oggettive che rendono estremamente difficoltoso l’adempimento, ovvero situazione soggettive ostative senza, tuttavia, potersi a tal fine dare rilievo a situazioni che riflettono la condizione tipica dell’immigrato clandestino quali l’assenza di un lavoro regolare, ovvero la provenienza illecita delle entrate economiche; in ogni caso, spetta al giudice l’onere probatorio in tal senso, gravando sullo straniero un mero onere di allegazione circoscritto a quei soli fatti non conosciuti o conoscibili ex sé dal giudicante.


QUANDO È POSSIBILE L’ESPULSIONE DI CITTADINO COMUNITARIO.

Seppur con l’avvento della cittadinanza europea sia oramai acquisito il principio di libera circolazione e soggiorno dei cittadini dell’Unione Europea entro gli Stati appartenenti all’area Schengen, talvolta può essere disposta anche l’espulsione di cittadino comunitario, secondo le previsioni di cui al d. Lgs. n. 32/2008 e della l. n. 129/2011.
Infatti, il diritto di ingresso e soggiorno dei cittadini comunitari può essere limitato per motivi di sicurezza dello Stato o laddove vengano meno le condizioni di soggiorno senza, in questo ultimo caso, che sia previsto un divieto di reingresso.
L’espulsione del cittadino comunitario per imperativi motivi di sicurezza è disposta con decreto del Prefetto e viene poi eseguito dal Questore, e si sostanzia nell’ordine di lasciare il territorio nazionale entro un certo periodo di tempo che, in ogni caso, non può essere inferiore a 30 giorni.
Per quanto concerne gli “imperativi motivi di sicurezza”, presupposto affinché possa disporsi l’espulsione di un cittadino comunitario, è oramai pacifico in dottrina come in giurisprudenza che debba trattarsi di una concreta minaccia per i diritti fondamentali della persona o per l’incolumità pubblica, anche tenendo conto di eventuali condanne dell’interessato per delitti non colposi contro la persona, delitti di stampo mafioso oppure di misure di prevenzione personali o patrimoniali.


LE ESPULSIONI DEGLI STRANIERI E IL DIVIETO DI REINGRESSO IN ITALIA

Il provvedimento di espulsione determina l’obbligo in capo al destinatario di lasciare il Paese e il divieto di farmi ritorno per un periodo di 5 anni (art. 13, comma 14, T.U.I.), termine questo che può essere ridotto sino a tre anni sulla base dei motivi addotti dall’interessato e tenuto conto del contegno tenuto dal medesimo lungo tutto il periodo di permanenza nella Nazione.
Autorità competente a decidere su tale punto è quella giudiziaria, amministrativa nel caso di decreto di espulsione del Ministro dell’Interno (precisamente sarà competente il Tar Lazio), ordinaria se si tratta di provvedimento di espulsione prefettizia. In ogni caso, come da insegnamento reso dalla Corte Costituzionale con sentenza n. 165/2001, ben può essere impugnato il decreto di espulsione limitatamente alla durata del divieto di reingresso.
La violazione del divieto di reingresso in Italia, comporta l’arresto da due a sei mesi e una nuova espulsione dello straniero con accompagnamento immediato alla frontiera.

 

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