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La risoluzione della donazione

La risoluzione della donazione

Come sciogliere una donazione per mutuo consenso

Parlare di risoluzione della donazione richiede un’introduzione: l’articolo 769 cod. civ. stabilisce che “la donazione è il contratto col quale, per spirito di liberalità, una parte arricchisce l’altra, disponendo a favore di questa di un suo diritto o assumendo verso la stessa un’obbligazione”. Nonostante la donazione sia un contratto, la disciplina applicabile prevede regole specifiche, in deroga alla disciplina generale dei contratti, alla luce delle peculiarità dell’istituto simile al testamento, nonché per la particolare attenzione che l’ordinamento ripone sugli atti di liberalità.
Tanto è vero che la disciplina della donazione non è collocata nel quarto libro, dedicato alle obbligazioni ed ai contratti, ma nel secondo libro del codice civile, dedicato alle successioni, negli artt. dal 769 al 809 cod. civ..
Nel presente elaborato, a seguito di una breve panoramica generale, ci soffermeremo sul complesso e dibattuto tema della risoluzione della donazione e nello specifico della risoluzione per mutuo consenso (altrimenti detto mutuo dissenso alla donazione).
La soppressione dell’imposta sulle successioni e donazioni ad opera della L.342/2000 e della L.383/2001 ha favorito l’incremento delle donazioni di beni immobili. Tuttavia il nostro ordinamento limita fortemente la circolazione degli immobili di provenienza donativa, cosicchè chi ha ricevuto un immobile in donazione, ha notevoli difficoltà a venderlo, oppure a costituire su di esso diritti di garanzia, ad esempio nella richiesta di concessione di un mutuo.
La risoluzione della donazione è uno degli strumenti che l’ordinamento mette a disposizione per consentire l’eliminazione degli effetti giuridici e patrimoniali di una precedente donazione, e quindi rendere più agevole l’alienazione dell’immobile o la costituzione dell’ipoteca per poter ottenere un mutuo o un finanziamento dalle banche.
Si può ricorrere alla risoluzione della donazione in specifiche circostanze, per evitare pregiudizi a danno dei terzi che hanno acquistato diritti sul bene donato.
Gli argomenti trattati nel presente articolo sono:


QUALI SONO I PRINCIPI GENERALI IN MATERIA DI DONAZIONI

Come detto in premessa, la donazione è un contratto attraverso il quale, per spirito di liberalità (c.d. animus donandi) cioè senza richiedere alcuna controprestazione, una parte, detta il donante, arricchisce l’altra, detta il donatario.
Oggetto della donazione può essere qualsiasi bene che fa parte del patrimonio del donante, come i diritti reali o di credito. Non possono invece donarsi infatti beni altrui o beni futuri.
Le donazioni si distinguono in obbligatorie e liberatore. Le donazioni obbligatorie sono quelle con cui il donante assume una determinata obbligazione nei confronti del donatario, ad esempio quella di trasferirgli un immobile, oppure una somma di denaro. Le donazioni liberatorie sono quelle con cui il donante rinuncia ad un diritto di credito vantato nei confronti del donatario.
Possono realizzare una donazione, ex art. 774 cod. civ., tutti coloro che hanno effettiva disponibilità dei beni donandi e sono dotati di capacità d’agire.
Come previsto dall’articolo 782 cod. civ., per la donazione è richiesta la forma dell’atto pubblico a pena di nullità. Si tratta di una forma particolarmente onerosa (che richiede l’intervento di un pubblico ufficiale) per la “diffidenza” che l’ordinamento giuridico ripone negli atti di liberalità, che comportano un impoverimento del donante, senza alcun corrispettivo. La forma dell’atto pubblico non è però richiesta per le donazioni di modico valore (art. 783 cod. civ.) per evitare un eccesso di formalismo.


QUALI SONO I PROBLEMI DELLA DONAZIONE

Talvolta, ricevere una donazione di non modico valore, come un immobile od una grossa somma di denaro, può rivelarsi problematico. Questo perché, a differenza del contratto di compravendita, la donazione è un’anticipazione dell’eredità e non comporta un acquisto pieno e definitivo.
Nel caso in cui il donatario volesse vendere il bene ricevuto in donazione, incontrerebbe non poche difficoltà a trovare un acquirente.
Infatti questo sarebbe esposto all’eventuale azione revocatoria dei creditori del donante, e per lungo tempo (dieci anni dall’apertura della successione o venti anni dalla trascrizione della donazione) anche all’azione di riduzione e restituzione da parte degli eredi del donante, nel caso in cui lamentassero una violazione della loro quota di eredità legittima.
Ai sensi dell’art. 563 comma 1 cod. civ.Se i donatari contro i quali è stata pronunziata la riduzione hanno alienato a terzi gli immobili donati e non sono trascorsi venti anni dalla trascrizione della donazione, il legittimario, premessa l’escussione dei beni del donatario, può chiedere ai successivi acquirenti, nel modo e nell’ordine in cui si potrebbe chiederla ai donatari medesimi, la restituzione degli immobili”.
Inoltre il donatario difficilmente potrebbe richiedere un mutuo, coprendolo a garanzia da un’ipoteca sul bene ricevuto in donazione. Difatti, a seguito del vittorioso esperimento dell’azione di restituzione, ai sensi dell’art. 561 cod. civ.: “gli immobili restituiti in conseguenza della riduzione sono liberi da ogni peso o ipoteca di cui il legatario o il donatario può averli gravati, salvo il disposto del n. 8 dell’articolo 2652. I pesi e le ipoteche restano efficaci se la riduzione è domandata dopo venti anni dalla trascrizione della donazione, salvo in questo caso l’obbligo del donatario di compensare in denaro i legittimari in ragione del conseguente minor valore dei beni, purché la domanda sia stata proposta entro dieci anni dall’apertura della successione. Le stesse disposizioni si applicano per i mobili iscritti in pubblici registri.”
Per maggiori approfondimenti sull’azione revocatoria dei creditori e sull’azione di riduzione e restituzione degli eredi, si consiglia la lettura di questo articolo.


COME RISOLVERE IL PROBLEMA DELLA DONAZIONE: ALCUNE IPOTESI

Per evitare i problemi di cui abbiamo trattato nel paragrafo precedente, il donatario in primo luogo può evitare che la donazione si concluda, dichiarando la rinuncia alla donazione. In altri termini, il donatario non accetta il bene offerto e la donazione non ha luogo. La rinuncia alla donazione può realizzarsi tramite la dichiarazione in tal senso resa innanzi al notaio, oppure più semplicemente per fatti concludenti, non presentandosi per la sottoscrizione dell’atto pubblico di donazione.
Se invece il donatario dichiara di accettare, non può successivamente procedere con la rinuncia alla donazione.
Tuttavia, vi è comunque la possibilità di eliminare gli effetti di una donazione già conclusa, ripristinando la situazione patrimoniale precedente.
Se ricorrono i presupposti della sopravvenienza di figli, o dell’ingratitudine del donatario, la donazione può essere unilateralmente revocata (art. 800 cod. civ.) da parte del donante.


COS’È LA RISOLUZIONE DELLA DONAZIONE

L’altra strada per risolvere il problema della circolazione dei beni immobili di provenienza donativa, è e quella della risoluzione per mutuo consenso della donazione (o per mutuo dissenso del donante e del donatario), che ne annulla gli effetti.
La risoluzione della donazione per mutuo dissenso è giustificata dalla previsione generale in materia di autonomia contrattuale, in base alla quale le parti sono libere, nei limiti consentiti dalla legge, di concludere un accordo volto a costituire, modificare o estinguere un rapporto giuridico tra le stesse e, pertanto, hanno anche la facoltà di sciogliere l’accordo intercorso per muto consenso o nei casi previsti dalla legge (artt. 1321 e 1372 cod. civ.).
Si parla di mutuo dissenso come espressione dell’autonomia negoziale, per la quale le parti hanno il diritto di “ritrattazione bilaterale del contratto con la conclusione di un nuovo negozio uguale e contrario a quello da risolvere” (Cass., sent. n 20445/2011). La risoluzione della donazione sarebbe, secondo una prima prospettiva, una vera e propria donazione, successiva alla prima, ma con effetti opposti (teoria del contrarius actus).
Più recentemente, con la sentenza n. 11401/2021, la Cassazione ha inquadrato la risoluzione della donazione non come una “donazione inversa”, ma come un negozio risolutorio. Il mutuo dissenso non produce gli effetti tipici di un’alienazione, ma determina il ripristino ex tunc della proprietà originaria del bene oggetto di trasferimento in capo all’originario donante. Quindi con la risoluzione della donazione, donante e donatario scelgono di far venir meno gli effetti dell’atto di liberalità posto in essere in precedenza.


QUANDO SI HA RISOLUZIONE PER MUTUO CONSENSO O MUTUO DISSENSO

La risoluzione per mutuo dissenso della donazione viene realizzata tramite un accordo tra donante e donatario, adibito a sciogliere la donazione intercorsa, ripristinando la situazione patrimoniale pre-esistente.
Quindi con il mutuo dissenso si ha una retrocessione della donazione, ed il venir meno dei suoi effetti.
Il mutuo dissenso alla donazione estingue gli effetti del contratto di donazione, grazie ad un nuovo accordo, adibito a porre fine agli effetti di quello precedente.
La risoluzione della donazione ha effetto cd. retroattivo, ossia i suoi effetti risalgono nel tempo, al momento in cui fu effettuata la donazione, che si considera come mai posta in essere. Viene ripristinata la situazione patrimoniale antecedente alla donazione.
Col mutuo dissenso alla donazione, il bene donato torna nella disponibilità dell’ex donante, il quale può alienarlo, sia al ex donatario che ad un terzo, senza che i legittimari possano essere coinvolti.


QUALI SONO I REQUISITI DELLA RISOLUZIONE PER MUTUO CONSENSO

Il negozio di risoluzione per mutuo consenso o per meglio dire mutuo dissenso della donazione, necessita della partecipazione di tutti coloro i quali erano state parti dell’originario contratto di donazione, in modo che gli effetti del secondo accordo possano produrre effetti nei loro confronti.
Inoltre, nella risoluzione della donazione deve essere indicato espressamente lo scopo perseguito dalle parti, ovvero dell’eliminazione degli effetti della donazione, e del ripristino della situazione antecedente.
Per quanto attiene alla forma, la risoluzione della donazione richiede la medesima forma ab sustantiam prevista per la donazione, ossia quella dell’atto pubblico.
Al contrario, la donazione di modico valore non richiede alcuna forma, potendosi perfezionare “per fatti concludenti” ossia con la semplice ricezione del bene da parte del donatario. Ne consegue che anche la risoluzione della donazione di modico valore non impone alcuna forma, potendosi concludersi con la semplice riconsegna del bene al donante, purché questo sia disposto a riceverlo indietro.


QUAL È IL REGIME DI PUBBLICITÀ DELLA RISOLUZIONE DELLA DONAZIONE

Vediamo adesso qual è il regime di pubblicità previsto dalla normativa vigente in materia di risoluzione della donazione. La risoluzione per mutuo dissenso della donazione va annotata al margine dell’atto di trascrizione dell’atto di donazione ( artt. 2643 e 2655 cod. civ.). Nello specifico, l’articolo 2655 cod. civ.  prevede che quando un atto trascritto sia dichiarato nullo, annullato, risolto, rescisso, revocato o risolto, la relativa dichiarazione di nullità, annullamento, rescissione, o risoluzione va annotata all’atto stesso.

Soggiace all’annotazione predetta anche il contratto di mutuo dissenso (risoluzione della donazione), che produce, appunto, la risoluzione della donazione realizzata in precedenza. Lo scopo dell’annotazione è rendere la risoluzione della donazione conoscibile ai terzi (a tutti gli interessati, come ad esempio a chi deve acquistare un immobile precedentemente donato).

Peraltro, la disposizione codicistica citata, si inserisce perfettamente nella concezione della revoca della donazione come negozio risolutorio, e non come contro-donazione, per la quale sarebbe stata necessaria una nuova trascrizione nei pubblici registri e non l’annotazione a margine.

risoluzione della donazione


QUANDO NON È POSSIBILE LA RISOLUZIONE DELLA DONAZIONE

Vediamo adesso cosa può accadere qualora vi siano terzi che abbiano acquisito diritti sul bene donato.

In via generale è possibile affermare che la risoluzione della donazione non può pregiudicare i loro diritti, in base al principio generale dell’art. 1372 codi. Civ. secondo cui il contratto di risoluzione produce effetti solamente tra le parti, mentre i terzi ne sono estranei.
Cosa accade se il donatario ha venduto il bene ricevuto in donazione? In questo caso il donatario, dopo l’alienazione, non può disporre del bene e, per l’effetto non può procedere alla risoluzione della donazione.
La stessa impossibilità di procedere alla retrocessione della donazione, si verifica quando sul bene è stata iscritta ipoteca o costituito un diritto reale di godimento, perché sono già stati prodotti effetti giuridici nei confronti di terzi soggetti, estranei all’atto di liberalità, che il negozio di risoluzione della donazione non potrebbe travolgere.
Non possono subire alcun pregiudizio neanche i creditori del donatario che, a seguito della donazione, hanno ipotecato, pignorato o sottoposto a sequestro conservativo l’immobile donato.
In sintesi, se il donatario ha disposto del bene donato, alienandolo a sua volta, o costituendovi diritti reali, perde la legittimazione alla risoluzione della donazione.


QUALI SONO GLI ASPETTI FISCALI E LE SPESE DA AFFRONTARE PER LA RISOLUZIONE DELLA DONAZIONE

Con la risoluzione n. 20/E del 14 febbraio 2020, l’Agenzia delle Entrate ha stabilito che nei casi di risoluzione per mutuo consenso di una donazione inerente a diritti reali su beni immobili (senza la previsione di alcun corrispettivo per la risoluzione della donazione), le parti devono corrispondere la cifra fissa di € 200,00 a titolo di imposte ipotecarie e catastali.
Non è dovuta l’imposta di registro (art. 28 T.U. in materia di imposta di registro), nel caso in cui la risoluzione della donazione sia gratuita, e cioè non sia previsto un corrispettivo per l’estinzione degli effetti della precedente donazione.
Le somme di denaro versate a titolo di imposte per il precedente contratto di donazione non possono essere ripetute.
Oltre all’aspetto fiscale, chiaramente, dovranno sostenersi anche ulteriori costi per la retribuzione dei professionisti intervenuti ai fini della risoluzione della donazione (notaio, avvocato, ecc…).


QUAL È LA DIFFERENZA TRA LA REVOCA E LA RISOLUZIONE DELLA DONAZIONE

Mentre la risoluzione della donazione consiste nella volontà di porre fine agli effetti prodotti con la donazione e quindi rispristinare la situazione antecedente alla stessa, l’istituto della revoca della donazione (art. 800 e ss. cod. civ.) può aver luogo in caso di ingratitudine del donatario o per sopravvenienza di figli, anche adottivi.
Nel primo caso, la revoca deriva da una condotta nei confronti del donante o della cosa donata, da parte del donatario, che commette i fatti previsti dai nn. 1 a 3 dell’art. 463 cod. civ., o arreca pregiudizio al patrimonio, o rifiuta di corrispondere gli alimenti al donante ex artt. 433, 435 e 436 cod. civ.; nel secondo caso, il donante può riconsiderare l’atto di liberalità, in caso di sopravvenuta nascita di un figlio o sopravvenuta conoscenza dell’esistenza di un figlio da riconoscere.
In tale ultima ipotesi, il legislatore consente al donante un ripensamento, sulla base della presunzione per la quale, se il donante avesse saputo che sarebbero sopravvenuti dei figli non avrebbe donato ad altri un determinato bene, ma l’avrebbe destinato alla prole.
In definitiva, se la risoluzione della donazione è un contratto, che necessita del consenso del donante e del donatario, la revoca è invece un diritto potestativo del donante, sebbene necessiti di un procedimento avanti all’autorità giudiziaria.
Ulteriore differenza sta nel limite della revoca, non previsto per la risoluzione per mutuo consenso: ai sensi dell’art. 805 cod. civ. la revoca non può operare per le donazioni obnuziali e per le donazioni remuneratorie.

 

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