Cos’è la rinuncia alla successione
La rinuncia all’eredità ed al legato
La rinuncia alla successione è un atto abdicativo attraverso il quale il chiamato all’eredità sceglie di non subentrare nell’asse ereditario del defunto, che trova la sua regolamentazione negli articoli 519 e seguenti del codice civile. In particolare, è possibile rinunciare alla successione a titolo particolare (rinuncia al legato) o a titolo universale (rinuncia all’eredità), sia nel caso della successione testamentaria che legittima (e cioè a prescindere dall’esistenza di un testamento).
Quando è possibile rinunciare alla successione? Presupposto dell’atto, oltre ad essere chiamati come erede o legatario, è l’apertura della successione: è possibile rinunciare all’eredità dopo che la successione si sia aperta nel luogo della morte del de cuius.
Infatti, contrariamente a quanto accade per l’accettazione, che può anche essere espressa o tacita, per rinunciare alla successione occorre un’apposita dichiarazione di volontà, resa al notaio o al cancelliere del Tribunale del luogo ove si è aperta la successione, ed inserita nel registro delle successioni (art. 519 cod. civ.).
La legge non esplicita un termine per rinunciare all’eredità dopo la successione, ma solamente il termine di dieci anni per accettarla, decorso il quale il diritto di accettare l’eredità viene meno (art. 480 cod civ.). Pertanto, trascorsi 10 anni ed un giorno, il chiamato rinuncia di fatto all’eredità.
La rinuncia alla successione ereditaria deve avere alcuni requisiti:
- Deve essere “in blocco”: non è possibile rinunciare ad alcuni beni ed accettarne altri;
- Non deve essere sottoposta a termini o condizioni: ad esempio non è possibile rinunciare alla successione a condizione che gli venga donato un certo immobile
- È fatta nei confronti di tutti gli altri chiamati: non è possibile rinunciare alla successione solo a favore di uno specifico erede.
- Deve avere la forma di atto pubblico: per questo viene fatta avanti al notaio o avanti al cancelliere Tribunale
Per quanto riguarda il legato, invece, la legge non prevede alcun termine né per l’accettazione né per la rinuncia. Tuttavia sia in caso di eredità che di legato, la rinuncia o l’accettazione possono essere “sollecitate” mediante la cd actio interrogatoria: i soggetti interessati (c.d. chiamati ulteriori, ovvero coloro che, in caso di rifiuto sono chiamati a succedere e, eventualmente, i legatari, i creditori del de cuius e i creditori personali del primo chiamato all’eredità, l’esecutore testamentario e il curatore dell’eredità giacente) possono richiedere al giudice la fissazione di un termine entro il quale il chiamato deve dichiarare se intende accettare o rinunziare alla successione (art. 481 cod. civ.) decorso invano il quale, si hanno conseguenze diverse in caso di chiamato all’eredità o al legato:
- il chiamato all’eredità perde il diritto di accettarla, e quindi vi rinuncia implicitamente,
- il legatario perde la facoltà di rinunciare al legato, e quindi lo accetta implicitamente.

Quali sono gli effetti della rinuncia dell'eredità?
Quali sono gli effetti della rinuncia all’eredità? Come recita l’art. 521 cod. civ., chi rinunzia all’eredità viene considerato come se non fosse mai stato chiamato e, di regola, la sua quota accresce quella degli altri chiamati, salvo il diritto di rappresentazione (al padre –de cuius- succede il figlio, in caso di rinuncia di quest’ultimo succedono i di lui figli, quindi i nipoti del de cuius) o l’eventuale sostituzione prevista nel testamento dal testatore stesso (nel caso in cui Tizio non sia più in vita o non voglia accettare l’eredità la sua quota andrà a Caio).
È concessa anche la possibilità di revocare la rinuncia, ma solo finché il diritto non si prescrive, fatta salva però l’ipotesi in cui altri chiamati abbiano acquisito i beni ereditari. Quindi, a differenza dell’accettazione dell’eredità che non può essere revocata, il rinunciante può ripensarci fino a che gli altri non abbiano accettato la quota ereditaria rinunciata.
A differenza che nella rinuncia, per la quale, come visto, è necessaria la forma solenne dell’atto pubblico, la revoca della rinuncia può essere anche tacita, per “fatti concludenti” incompatibili con la volontà di rinunciare alla successione.
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