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Breve analisi della mediazione obbligatoria
La mediazione obbligatoria
Con il d. lgs. n. 28/2010, in risposta alle istanze provenienti a livello europeo, il legislatore ha introdotto nel nostro ordinamento giuridico l’istituto della mediazione, da annoverarsi nel coacervo degli Adr (alternative dispute resolution) aventi lo scopo di snellire la macchina giudiziaria, incanalando le controversie in materia civile e commerciale verso strumenti di risoluzione alternativa e bonaria. Questa procedura ove maturino in un accordo sottoscritto dalle parti, offre i medesimi vantaggi ottenibili con una sentenza giudiziale.
Le tipologie di mediaconciliazione sono tre: mediazione obbligatoria, mediazione volontaria e mediazione ope iudicis. Se quella obbligatoria e quella ope iudicis hanno la caratteristica di fungere da condizione di procedibilità in vista della successiva ed eventuale domanda giudiziale, quella volontaria si connota per essere tutta incentrata sulla volontà delle parti.
Con l’avvento della mediazione, pur senza togliere centralità al ruolo del difensore, è sorta un’altra figura professionale di estremo rilievo, ossia il mediatore civile e commerciale, con un impegno propulsivo che lo rende deus ex machina dell’intero sistema.
Il 29 maggio 2013 l’Italia è stata destinataria di talune raccomandazioni della Commissione Europea, miranti a abbreviare la durata dei processi civili, riducendo l’alto livello del contenzioso civile mediante il ricorso a procedure extragiudiziali.
La domanda di mediazione dovrà essere allegata alla eventuale e successiva domanda giudiziale, posto che, in mancanza di tale documento, la controparte avrà l’onere di eccepire l’improcedibilità della domanda giudiziale per mancato esperimento del tentativo di mediazione in tutte quelle materie oggetto di mediazione obbligatoria.
In ogni caso, la mediazione obbligatoria cessa di divenire condizione di procedibilità ai fini della domanda giudiziale ogni qual volta si tratti di procedimenti di consulenza tecnica preventiva, nonché nelle ipotesi contemplate dall’art. 4 d. lgs. n. 28/2010.
Gli argomenti trattati in questo articolo sono:
- Cosa si intende per mediazione obbligatoria.
- Qual è la ratio della mediazione obbligatoria.
- Cosa succede se non viene fatta la mediazione obbligatoria
- Mediazione obbligatoria: quali differenze tra mediazione e negoziazione
- Quali sono le materie oggetto di mediazione obbligatoria
- Quali eccezioni sono previste nelle materie oggetto di mediazione obbligatoria
- Quali dubbi di legittimità costituzionale ha sollevato la mediazione obbligatoria.
- Qual è il procedimento della mediazione obbligatoria.
- Come si presenta la domanda di mediazione, l’invito alla mediazione obbligatoria
- Mediazione obbligatoria: chi è il mediatore legale
- Come si aderisce alla mediazione obbligatoria
- Cosa succede se la parte non risponde all’istanza di mediazione
- Come si svolge la mediazione obbligatoria
- Come si conclude la mediazione obbligatoria
- Mediazione obbligatoria: qual è il ruolo del mediatore civile e commerciale.
- Quale rilievo ha il contegno delle parti nella mediazione obbligatoria
- Opposizione a decreto ingiuntivo e mediazione obbligatoria: limiti e perplessità.
- Opposizione a decreto ingiuntivo e mediazione obbligatoria: chi deve attivarla
- Quali tipi di mediazione esistono: mediazione obbligatoria, mediazione volontaria e mediazione demandata dal giudice.
- Quali differenze tra mediazione obbligatoria e mediazione facoltativa o volontaria
- Quali differenze tra la mediazione obbligatoria e la mediazione su ordine del giudice
- Mediazione obbligatoria: quali sono i vantaggi offerti dal procedimento di mediazione.
- Mediazione obbligatoria: cosa prevede la riforma della mediazione.
COSA SI INTENDE PER MEDIAZIONE OBBLIGATORIA.
Quando si parla di mediazione obbligatoria, intendiamo fare riferimento a un istituto di risoluzione delle controversie alternativo rispetto a quello della tutela giurisdizionale, di guisa che la mediazione obbligatoria è da annoverarsi a pieno titolo fra le ADR (Alternative Dispute Resolution), in virtù del quale viene devoluta a un soggetto terzo, cosiddetto “mediatore”, la proposta di risoluzione di una controversia pendente fra le parti, in vista della ricerca di un accordo.
La mediazione obbligatoria è regolata dall’art. 5, comma 1 bis, d. lgs. n. 28/2010, il quale elenca, altresì, le materie oggetto della mediazione obbligatoria con un’ampiezza tale da aver fatto sorgere in passato l’interrogativo in ordine alla natura tassativa o meramente esemplificativa delle stesse.
Ciò nonostante, oggi dottrina e giurisprudenza sono unanimi nel considerare il catalogo delle materie oggetto di mediazione obbligatoria come un numerus clausus dal carattere tassativo, come tale non suscettibile di interpretazioni estensive o analogiche. Al riguardo, vi è da dire che si tratta di una soluzione più che condivisibile, laddove la mediazione obbligatoria si sostanzia in un ostacolo al diritto di agire in giudizio, sì da derogare ai principi posti dal nostro ordinamento giuridico.
QUAL È LA RATIO DELLA MEDIAZIONE OBBLIGATORIA.
L’introduzione dell’istituto della mediaconciliazione nel nostro sistema giuridico è stata determinata dai profondi mutamenti legislativi e culturali sorti a livello europeo, come ribadito ed evidenziato anche dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 24629/2015 che, in motivazione, individua la principale ratio dello strumento in esame nell’intento deflattivo, da intendersi alla luce del principio costituzionale posto dall’art. 11 cost. del ragionevole processo e dell’efficienza processuale.
In tale ottica, quindi, la mediazione obbligatoria mira a rendere il processo un’extrema ratio a cui fare ricorso solamente laddove ogni altro tentativo di ricomposizione della lite sia stato vano; una prospettiva, questa, che porta la giurisdizione in chiave di sussidiarietà rispetto ai cosiddetti Adr (che risultano essere complementari agli ordinari mezzi di azione giudiziaria).
COSA SUCCEDE SE NON VIENE FATTA LA MEDIAZIONE OBBLIGATORIA
Nel caso in cui non venga attivato il procedimento di mediazione ante causam, il giudizio è improcedibile (art. 5 comma 1 bis dlgs 28/2010).
L’improcedibilità deve essere eccepita dal convenuto o rilevata dal giudice non oltre la prima udienza. In tali casi il giudice assegna alle parti un termine per la proposizione dell’istanza di mediazione e fissa la successiva udienza dopo quattro mesi.
Se al momento di proposizione della domanda il procedimento di mediazione non si è concluso il giudice fissa la successiva udienza dopo la scadenza del termine di quattro mesi.
MEDIAZIONE OBBLIGATORIA: QUALI DIFFERENZE TRA MEDIAZIONE E NEGOZIAZIONE
Altro strumento deflattivo del carico giurisdizionale è l’istituto della negoziazione assistita, regolata dal decreto legge n. 132/2014 “Misure urgenti di degiurisdizionalizzazione e altri interventi per la definizione dell’arretrato in materia di processo civile”, convertito poi in legge n. 162/2014. Pur condividendone alcuni aspetti (la ratio, la previsione di ipotesi obbligatorie) la negoziazione assistita è un istituto diverso dalla mediazione obbligatoria.
Essenzialmente, mentre nella mediazione obbligatoria viene coinvolto un soggetto terzo e imparziale (l’organismo di mediazione), nella negoziazione l’accordo è individuato direttamente dalle parti, senza l’intervento di nessun altro.
Diverse poi sono le ipotesi di negoziazione obbligatoria, e pertanto non vi è pericolo di dover esperire entrambe i procedimenti. In particolare, la negoziazione assistita è condizione di procedibilità per:
- controversie di risarcimento del danno da circolazione di veicoli e natanti,
- pagamento di somme non eccedenti i 50 mila euro per i quali non sia già prevista la mediazione obbligatoria,
- separazione personale, scioglimento del matrimonio e modifica delle condizioni di separazione e divorzio (in questi casi è possibile ottenere il cosiddetto “divorzio breve”, di cui abbiamo parlato in questo articolo).
Per maggiori approfondimenti sulla negoziazione assistita, è possibile consultare questo articolo .
QUALI SONO LE MATERIE OGGETTO DI MEDIAZIONE OBBLIGATORIA.
Come già accennato nel paragrafo precedente, l’art. 5, comma 1 bis, d. lgs. n. 28/2010, in seguito alla riforma avvenuta con la legge n. 69 del 2013, elenca le materie rispetto alle quali la mediazione è obbligatoria: le parti di una controversia (civile o commerciale) sono obbligate a instaurare il procedimento di mediazione prima di potersi rivolgere al giudice. Si tratta di ipotesi in relazione alle quali il previo tentativo di mediazione obbligatoria rappresenta una condizione di procedibilità rispetto alla eventuale e successiva domanda giudiziale, motivo per cui si parla anche di mediazione obbligatoria ante causam.
Le materie oggetto di mediazione obbligatoria sono:
- controversie inerenti a questioni condominiali,
- controversie afferenti alla locazione,
- controversie in materia di comodato,
- controversie circa affitto di azienda,
- controversie vertenti su diritti reali,
- controversie in materia di divisione,
- controversie relative a successioni ereditarie,
- controversie su patti di famiglia,
- controversie su risarcimento dei danni da responsabilità medica e sanitaria,
- controversie riguardanti diffamazione commessa col mezzo della stampa,
- controversie in ordine a contratti assicurativi, bancari e finanziari.
A tale elenco di mediazione a materie obbligatorie si aggiunge, in conseguenza del periodo emergenziale dovuto alla pandemia da Covid 19, anche il coacervo delle controversie scaturite da inadempienze derivanti dall’emergenza sanitaria.
QUALI ECCEZIONI SONO PREVISTE NELLE MATERIE OGGETTO DI MEDIAZIONE OBBLIGATORIA
Il comma 4 dell’art. 5 prevede che, pur vertendo in una delle materie obbligatorie la mediazione non sia obbligatoria in alcuni procedimenti, caratterizzati da maggiore celerità:
- Nel procedimento monitorio, compresa l’opposizione, fino alla pronuncia sulle istanze di concessione e sospensione della provvisoria esecuzione;
- Nei procedimenti per convalida di licenza o sfratto, fino al mutamento del rito di cui all’articolo 667 del codice di procedura civile;
- Nei procedimenti di consulenza tecnica preventiva ai fini della composizione della lite, di cui all’articolo 696-bis del codice di procedura civile;
- Nei procedimenti possessori, fino alla pronuncia dei provvedimenti di cui all’articolo 703, terzo comma, del codice di procedura civile;
- Nei procedimenti di opposizione o incidentali di cognizione relativi all’esecuzione forzata;
- Nei procedimenti in camera di consiglio.
Inoltre, la mediaconciliazione non è prevista come condizione di procedibilità per l’azione civile esercitata nel processo penale, mediante la costituzione di parte civile.
QUALI DUBBI DI LEGITTIMITÀ COSTITUZIONALE HA SOLLEVATO LA MEDIAZIONE OBBLIGATORIA.
La disciplina del procedimento di mediazione è offerta dal decreto legislativo n. 28 del 2010. Il regolamento della mediazione obbligatoria era in origine contenuto nell’art. 5, comma 1, il quale avrebbe dovuto avere pieno vigore a far data dal 21 marzo 2011.Tuttavia, alla luce dell’ampio dibattito sorto attorno alla mediazione obbligatoria, l’art. 5 comma 1 è rimasto parzialmente inattuato: le controversie derivanti dalla circolazione di veicoli e natanti sono state eliminate dalle materie oggetto di mediazione obbligatoria in seguito alla riforma del 2013, e sono diventate oggetto di negoziazione assistita obbligatoria.
La condizione di procedibilità è stata oggetto di censura da parte della Corte Costituzionale, la quale con sentenza n. 272/2012 ha statuito l’illegittimità costituzionale della mediazione nelle materie obbligatorie indicate nell’art. 5 del d. lgs. n. 28/2010.
La pronuncia di incostituzionalità ha preso le mosse dalle perplessità suscitate dall’istituto della mediazione obbligatoria in rapporto al diritto di agire in giudizio sancito dall’art. 24 Cost., nonché per presunto eccesso di delega legislativa ex artt. 76 e 77 Cost.
I giudici del Palazzo della Consulta si sono limitati ad analizzare le criticità afferenti l’eccesso di delega legislativa, senza entrare nel merito della compatibilità della disciplina della mediazione obbligatoria rispetto all’art. 24 Cost. Di tal guisa, l’efficacia dell’istituto della mediazione obbligatoria non è stato in modo alcuno turbato dall’intervento della Corte, permanendo nella sua piena bontà.
Malgrado tale battuta d’arresto, la mediazione obbligatoria è stata reintrodotta dal cosiddetto “decreto del fare” (d. l. n. 69/2013), poi convertito nella legge n. 98/2013, sicché oggi è pienamente vigente sia il procedimento di mediazione obbligatoria che la sanzione della improcedibilità della domanda giudiziale proposta senza che la parte abbia preliminarmente presentata la domanda di mediazione..
QUAL È IL PROCEDIMENTO DELLA MEDIAZIONE OBBLIGATORIA.
La mediazione obbligatoria segue il medesimo iter procedimentale previsto per la mediazione volontaria, con la sola distinzione inerente alla non procedibilità della eventuale domanda giudiziale proposta senza aver previamente presentato la domanda di mediazione, in tutte quelle ipotesi oggetto di mediazione obbligatoria.
Dunque, in tutti i casi di mediazione obbligatoria, la parte che intende agire in giudizio ha l’onere di presentare domanda di mediazione, con l’ausilio di un avvocato, il quale a sua volta ha l’onere di informare per iscritto ed espressamente il suo assistito circa i profili caratteristici dell’istituto de quo (sia nel caso di mediazione obbligatoria che in quello di mediazione facoltativa), anche tenendo in debita considerazione le agevolazioni fiscali che la stessa comporta.
COME SI PRESENTA LA DOMANDA DI MEDIAZIONE, L’INVITO ALLA MEDIAZIONE OBBLIGATORIA
La istanza di mediazione (sia nei casi di mediazione volontaria che nelle materie oggetto di mediazione obbligatoria) serve a dare inizio al procedimento di mediazione vero e proprio. La competenza territoriale della mediazione è radicata presso l’Organismo di conciliazione avente sede nel luogo del giudice territorialmente competente a conoscere la controversia. Pertanto, la competenza territoriale della mediazione (sia nei casi di mediazione obbligatoria che in quelli di mediazione facoltativa) segue i criteri posti per l’individuazione del foro giudiziario territorialmente competente ai sensi dell’art.18 e ss. cod. proc. civ.
Nel caso in cui su una medesima controversia siano presentate più di un’istanza di mediazione, la competenza territoriale della mediazione si stabilisce presso l’Organismo dinanzi al quale è stata presentata la prima domanda di mediazione, con riferimento cioè alla data di deposito della prima istanza di mediazione, ai sensi dell’art. 4 d. lgs. n. 28/2010.
La domanda di mediazione è sottoscritta dalla parte e dal suo avvocato, e depositata presso l’organismo unitamente alla ricevuta di pagamento dell’importo richiesto per l’attivazione del procedimento di mediazione.
MEDIAZIONE OBBLIGATORIA: CHI È IL MEDIATORE LEGALE
Una volta depositata l’istanza di mediazione dinanzi all’Organismo di conciliazione scelto in base alla competenza territoriale della mediazione come sopra individuata, l’Organismo adito nomina il cosiddetto mediatore legale, cioè un professionista che abbia i requisiti di onorabilità, competenza, terzietà e imparzialità e che sia iscritto in un apposito albo.
Nel caso in cui la mediazione della controversia richieda specifiche conoscenze tecniche, l’Organismo può nominare anche mediatori ausiliari, oppure il mediatore legale può avvalersi di esperti iscritti negli albi dei consulenti presso i tribunali (art. 8 comma 4).
Il mediatore legale opera solo ed esclusivamente presso gli Organismi di conciliazione, dopo aver ottenuto un’adeguata formazione organizzata dagli stessi Organismi accreditati. Al termine del percorso formativo, quindi, il mediatore legale chiede di essere iscritto nell’apposito albo istituito presso il Ministero della Giustizia ed è tenuto a frequentare appositi corsi di aggiornamento per mantenere la qualifica di mediatore legale.
Il compito del mediatore legale è quello di aiutare le parti a raggiungere un accordo che ponga fine alla lite, in modo da evitare il ricorso all’azione giudiziale (art. 8, comma 3, d. lgs. 28/2010).
L’accordo così raggiunto al termine del procedimento di mediazione (sia nei casi di mediazione obbligatoria che in quelli di mediazione facoltativa) viene messo per iscritto dallo stesso mediatore legale (il cosiddetto verbale di conciliazione) il quale, dopo essere stato omologato dal presidente del Tribunale competente, costituisce valido titolo esecutivo per le parti.
Il verbale di conciliazione, tuttavia, non è paragonabile ad una sentenza o ad una decisione: il mediatore legale non può in nessun caso, neanche ove si tratti di mediazione su materie obbligatorie ex art. 5, comma 1 bis, d. lgs. n. 28/2010 imporre alle parti una soluzione alla lite.
COME SI ADERISCE ALLA MEDIAZIONE OBBLIGATORIA
In seguito all’invito alla mediazione col deposito dell’istanza di mediazione, l’Organismo invia alla controparte l’istanza di mediazione obbligatoria e la fissazione della data del primo incontro, da tenersi entro e non oltre 30 giorni dal deposito della domanda di mediazione.
La parte chiamata può quindi scegliere se aderire o meno alla istanza di mediazione.
Con riguardo alla mediazione sulle materie obbligatorie, la presentazione dell’istanza di mediazione è sufficiente da sé a soddisfare la condizione di procedibilità, di guisa che anche se la controparte non aderisce alla istanza di mediazione, la parte attivante può comunque dar luogo alla domanda giudiziale senza incorrere in alcuna preclusione.
Se la parte chiamata aderisce all’istanza di mediazione è soggetta al pagamento della somma di partecipazione al procedimento di mediazione.
COSA SUCCEDE SE LA PARTE NON RISPONDE ALL’ISTANZA DI MEDIAZIONE
In caso di mancata adesione alla mediazione nelle materie obbligatorie, la parte che si costituisse in giudizio verrebbe sanzionata con l’obbligo del pagamento di una somma pari al contributo unificato dovuto per il giudizio.
In ogni caso, la non adesione all’invito alla mediazione della parte chiamata può essere valutata dal giudice come prova, ai fini della decisione nel merito della causa (Tribunale di Roma, sentenza del 29/05/2017).
COME SI SVOLGE LA MEDIAZIONE OBBLIGATORIA
Lo svolgimento della mediazione obbligatoria è disciplinato dal regolamento dell’Organismo di mediazione (art. 3 d.lgs. 28/2010), entro i limiti imposti dalla legge. Il procedimento di mediazione (sia per la mediazione obbligatoria che per la mediazione volontaria) può essere svolto anche in modalità telematica e deve:
- iniziare entro 30 giorni dal deposito della domanda (art.8),
- svolgersi garantendo la riservatezza rispetto alle dichiarazioni rese e alle informazioni acquisite durante il procedimento
- garantire modalità di nomina del mediatore che ne assicurano l’imparzialità e l’idoneità al corretto e sollecito espletamento dell’incarico.
- concludersi entro 90 giorni dal deposito della domanda di mediazione, anche se gran parte della giurisprudenza di merito riconosce la validità anche agli accordi di mediazione raggiunti oltre i 90 giorni.
COME SI CONCLUDE LA MEDIAZIONE OBBLIGATORIA
La mediazione può concludersi positivamente o negativamente.
Nel caso di conclusione positiva, le parti raggiungono l’accordo, spontaneamente ovvero su proposta del mediatore civile e commerciale, così ponendo fine alla controversia. In tali ipotesi, lo stesso mediatore legale redige apposito verbale nel quale viene dato conto dell’accordo raggiunto, sottoscritto dalle parti e dai loro difensori. Il processo verbale viene trasmesso al Presidente del Tribunale, individuato sulla base della competenza territoriale della mediazione, in vista dell’omologa, dopo di che esso acquista la valenza di titolo esecutivo verso le parti e verso i terzi, al pari della sentenza (art. 11 comma 3).
Viceversa, nel caso di esito negativo del procedimento di mediazione nelle materie obbligatorie ex art 5 comma 1 bis o nelle materie non ivi indicate (cd mediazione facoltativa), laddove le parti non raggiungano l’accordo al termine degli incontri, il mediatore civile e commerciale redige apposito verbale nel quale espone le ragioni del mancato accordo, e lo deposita presso la segreteria dell’Organismo di conciliazione (art. 11 comma 4)
Laddove si tratti di mediazione su materie obbligatorie, la parte attivante può esperire la domanda giudiziale, considerandosi comunque soddisfatta la condizione di procedibilità.
Inoltre, dall’atteggiamento della parte che non ha aderito all’invito alla mediazione, oppure ha rifiutato il raggiungimento dell’accordo, il giudice della controversia può trarre elementi di prova per la decisione di merito.
MEDIAZIONE OBBLIGATORIA: QUAL È IL RUOLO DEL MEDIATORE CIVILE E COMMERCIALE.
Il ruolo del mediatore legale, sia nel caso di mediazione obbligatoria che in quello di mediazione volontaria, è di assoluta importanza, in vista non solo del possibile raggiungimento dell’accordo ma anche ai fini dell’organizzazione degli incontri e del dialogo fra le parti.
Nello specifico, una volta nominato dall’Organismo di conciliazione, il mediatore civile e commerciale ha il compito di:
- verbalizzare i motivi addotti dalle parti per giustificare la loro eventuale assenza personale nel corso degli incontri,
- dare adeguata informazione alle parti in ordine alle conseguenze scaturenti dal rifiuto ingiustificato di dare seguito al procedimento di mediazione dopo il primo incontro informativo,
- verbalizzare il contenuto delle dichiarazioni rese dalle parti, anche su stimolo del mediatore legale stesso, in rapporto al rifiuto della parte di dar seguito alla mediazione, salvo si tratti di motivi afferenti al merito,
- formulare una proposta di conciliazione da sottoporre alle parti laddove non si riesca ad addivenire a un accordo spontaneo e condiviso,
- redigere il processo verbale dell’accordo raggiunto.
In nessun caso, però, il mediatore legale può sostituire la propria volontà a quella delle parti in mediaconciliazione né, tanto meno, vincolare le parti alla prosecuzione della mediazione o al raggiungimento dell’accordo.
QUALE RILIEVO HA IL CONTEGNO DELLE PARTI NELLA MEDIAZIONE OBBLIGATORIA
L’analisi della mediazione (o mediaconciliazione) non può prescindere da una piccola riflessione inerente alla condotta tenuta dalle parti nell’ambito del procedimento.
Nel caso in cui una parte rifiuti senza giustificato motivo di partecipare alla mediazione obbligatoria, il d. lgs. n. 28/2010 permette al giudice, nell’ambito del successivo processo, di:
- valutare il rifiuto ingiustificato, alla stregua di una prova giudiziale sul merito della controversia,
- condannare la parte al pagamento di una somma di denaro pari al contributo unificato occorrente per il giudizio (art. 8 dlgs 28/2010)
Inoltre, se la parte rifiuta la proposta del mediatore che poi risulterà corrispondente al provvedimento che definisce il giudizio, seppur vittoriosa non può ottenere il rimborso delle spese processuali, ma anzi viene condannata al pagamento delle spese di controparte (art. 13).
A tale riguardo, molti autori hanno manifestato perplessità sulla base del presupposto che, in un’ottica di diritto di difesa ex art. 24 cost., ciascuna parte dovrebbe essere libera di comportarsi come meglio crede, senza che ciò possa pesare a suo svantaggio, ancorché si sia nell’ambito uno strumento pensato, oltre che in chiave deflattiva, anche per dare centralità all’individuo e alla sua discrezionalità. Che poi, a ben vedere, ancor più critica è detta previsione laddove, nel caso della mediazione obbligatoria, la condizione di procedibilità debba considerarsi avverata a prescindere dall’effettivo raggiungimento dell’accordo di mediaconciliazione.
A rilevare in termini di condotta della parte è il “comportamento di mancata partecipazione” che, tuttavia, non necessariamente si traduce nella non adesione all’invito alla mediazione, ben potendosi manifestare anche in epoca successiva, una volta che gli incontri sono già in essere. Dunque, il comportamento di mancata partecipazione che rileva nel processo, è quello che si sostanzia nella totale mancanza di volontà della parte di provare a collaborare, anche col mediatore legale, al raggiungimento dell’accordo finale.
OPPOSIZIONE A DECRETO INGIUNTIVO E MEDIAZIONE OBBLIGATORIA: LIMITI E PERPLESSITÀ.
La condizioni di procedibilità della mediazione nelle materie obbligatorie ex art. 5, comma 1 bis, si estende anche nel caso in cui venga opposto un decreto ingiuntivo in tali materie (ad esempio in materia locatizia).
L’opposizione a decreto ingiuntivo, infatti, introduce una causa di merito a cognizione piena, finalizzata ad accertare la sussistenza del credito vantato dal ricorrente.
Tuttavia, la mediazione non è obbligatoria fino alla pronuncia sulle istanze di concessione e di sospensione della provvisoria esecuzione.
Pertanto, quando si parla di opposizione a decreto ingiuntivo e mediazione, occorre tener ben presente che il giudice istruttore si pronuncia in prima udienza sulla provvisoria esecuzione del titolo (richiesta di concessione, o, laddove già concessa, richiesta di sospensione) e pertanto è solo da questo momento che sorge l’onere di attivare la procedura di mediaconciliazione.
OPPOSIZIONE A DECRETO INGIUNTIVO E MEDIAZIONE OBBLIGATORIA: CHI DEVE ATTIVARLA
Stante la lacuna normativa, la giurisprudenza si è posta questo problema: da chi, in caso di opposizione a decreto ingiuntivo la mediazione obbligatoria deve essere attivata? Dal debitore opponente oppure dal creditore opposto?
La questione è stata affrontata dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, in occasione della sentenza n. 19596/2020 con la quale gli Ermellini hanno fatto luce sulla vicenda dell’opposizione a decreto ingiuntivo e mediazione affermando che “decise le istanze di concessione o sospensione della provvisoria esecuzione, se il creditore non attiva la mediazione il decreto è revocato”; dunque, nel giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo la mediazione su materie obbligatorie deve essere attivata dalla parte opposta (ossia il creditore) e non su quella opponente.
Con la conseguenza che laddove essa non depositi istanza di mediazione, il Giudice si pronuncerebbe sulla improcedibilità e revocherebbe il decreto ingiuntivo opposto.
Vi è da dire, per ragioni di completezza espositiva, che detta pronuncia si pone in totale antitesi rispetto ad altra soluzione offerta dall’Organo di nomofiliachia nel 2015 (si tratta della sentenza n. 24629/2015) in ordine alla quale l’onere di attivazione graverebbe sull’opponente, essendo quest’ultimo il soggetto interessato a proporre e dare impulso al giudizio a cognizione piena. Tuttavia, nel 2020 le Sezioni Unite hanno deciso di ribaltare tale precedente interpretativo, sulla base di una serie di considerazioni a carattere testuale, logico e sistematico secondo le quali:
- anche nell’opposizione a decreto ingiuntivo l’attore principale resta sempre il creditore, sicché è costui la parte che deve chiarire le ragioni e l’oggetto della pretesa ex art. 4 d. lgs. n. 28/2010,
- l’art. 5, comma 1 bis, d. lgs. n. 28/2010 ove stabilisce che “chi intende esercitare in giudizio un’azione deve promuovere la mediazione” allude necessariamente alla posizione dell’attore sostanziale il quale, anche nell’opposizione al decreto ingiuntivo resta comunque il creditore.
QUALI TIPI DI MEDIAZIONE ESISTONO: MEDIAZIONE OBBLIGATORIA, MEDIAZIONE VOLONTARIA E MEDIAZIONE DEMANDATA DAL GIUDICE.
Oltre alle casistiche di mediazione obbligatoria esaminate sopra e contemplate dall’art. 5, comma 1 bis, il d. lgs. n. 28/2010 contempla altre due possibili forme dell’istituto che, rispetto alla mediazione obbligatoria, si differenziano a seconda della modalità di attivazione, ossia la mediazione facoltativa (detta anche mediazione volontaria) attivata dalle parti e la mediazione “ope iudicis” imposta dal giudice nel corso di un procedimento giudiziario già avviato.
QUALI DIFFERENZE TRA MEDIAZIONE OBBLIGATORIA E MEDIAZIONE FACOLTATIVA O VOLONTARIA
Nelle materie non ricomprese dal comma 1 bis dell’art. 5, purchè riguardino una controversia civile o commerciale vertente su diritti disponibili (art. 2 comma 1), l’attivazione della mediazione volontaria dipende esclusivamente dalla libera intenzione delle parti. Essa non costituisce condizione di procedibilità per la domanda giudiziale e può essere attivata sia prima dell’avvio del processo che nel corso del suo svolgimento.
Altra differenza tra mediazione obbligatoria e mediazione facoltativa sta nel fatto che per quest’ultima non è obbligatoria l’assistenza dell’avvocato, circostanza questa confermata anche dalla giurisprudenza di merito che ha posto in evidenza come il tratto saliente sia da individuare proprio nella centralità dell’autodeterminazione delle parti che connota la mediazione facoltativa. Onde per cui il carattere volontario della mediazione facoltativa risiede non tanto nella libertà delle parti di ricorrere o meno a tale strumento, quanto nella loro discrezionalità in ordine all’organizzazione e gestione della mediazione facoltativa, compresa anche la scelta circa l’assistenza o meno di un legale.
Nulla cambia, invece, sotto l’aspetto procedimentale.
QUALI DIFFERENZE TRA LA MEDIAZIONE OBBLIGATORIA E LA MEDIAZIONE SU ORDINE DEL GIUDICE
Oltre alla mediazione obbligatoria ed alla mediazione volontaria, sussiste un’ulteriore ipotesi mediazione, quella ope iudicis, ossia “su ordine del giudice” che, in un certo senso, si pone a metà strada poiché, pur non vertendo su materie oggetto di mediazione obbligatoria ai sensi dell’art. 5, comma 1 bis, d. lgs. n. 28/2010, costituisce comunque una condizione di procedibilità una volta che venga richiesta dal giudice.
La mediaconciliazione ope iudicis è regolata e prevista dall’art. 5, comma 2, d. lgs. n. 28/2010 il quale afferma che “il giudice, anche in sede di giudizio di appello, valutata la natura della causa, lo stato dell’istruzione e il comportamento delle parti, può disporre l’esperimento del procedimento di mediazione (…)”. La stessa norma dispone che una volta ordinata dal giudice, le parti devono presentare l’istanza di mediazione presso la segreteria dell’Organismo di conciliazione (per il quale, come per la mediazione obbligatoria la competenza territoriale si ancora a quella del Tribunale competente ex art. 18 e ss. cod. proc. civ.) entro 15 giorni.
A lungo dottrina e giurisprudenza hanno dibattuto sulla natura perentoria od ordinatoria del termine di 15 giorni previsto dall’art. 5, comma 2, d. lgs. n. 28/2010 entro il quale le parti devono attivare la mediazione ordinata dal giudice.
Sul punto è recentemente intervenuta la Corte di Cassazione con la sentenza n. 40035/2021, che ha mosso le proprie argomentazioni dalla funzione di condizione di procedibilità che la mediazione ope iudicis ricopre, al pari di quanto avviene nel caso della mediazione obbligatoria.
La Suprema Corte è giunta alla conclusione per la quale il termine di 15 giorni concesso alle parti per attivare il procedimento di mediazione non possa considerarsi perentorio, laddove nessuna previsione legislativa sembra propendere in tal senso, ma ordinatorio. Stante, però, la necessità di giustificare l’operare della mediazione ope iudicis quale condizione di procedibilità, gli Ermellini hanno concluso che «ai fini della sussistenza della condizione di procedibilità di cui all’art. 5, comma 2, e comma 2 bis d.lgs.n.28/2010, ciò che rileva nei casi di mediazione obbligatoria ope iudicis è l’utile esperimento, entro l’udienza di rinvio fissata dal giudice, della procedura di mediazione, da intendersi quale primo incontro delle parti innanzi al mediatore e conclusosi senza l’accordo, e non già l’avvio di essa nel termine di quindici giorni indicato dal medesimo giudice de- legante con l’ordinanza che dispone la mediazione».
A ciò si aggiunge, inoltre, che al pari di quanto avviene per la mediazione obbligatoria, anche nel caso della mediazione ordinata dal giudice, la condizione di procedibilità debba considerarsi assolta già con la presentazione dell’istanza di mediazione.
MEDIAZIONE OBBLIGATORIA: QUALI SONO I VANTAGGI OFFERTI DAL PROCEDIMENTO DI MEDIAZIONE.
Il procedimento di mediazione o di mediaconciliazione offre numerosi vantaggi per le parti.
Uno dei principali benefici concerne la possibilità di pervenire a un accordo in tempi ben più rapidi (atteso che è previsto che l’intero procedimento si conclude entro 90 giorni dal deposito dell’istanza di mediazione) e con costi inferiori rispetto a quelli occorrenti per un processo.
Altro indubbio vantaggio è quello di poter controllare il risultato dell’accordo raggiunto, essendo il suo contenuto integralmente costruito dalle parti, con i loro legali, e dal mediatore legale.
Anche nel caso in cui le parti si rendano conto di non andare incontro al risultato atteso, i rischi sono praticamente nulli poiché ciascuna parte può porre fine alla mediazione in qualsiasi momento.
Infine, l’art. 17, comma 3, d. lgs. n. 28/2010 prevede un importante agevolazione fiscale per le parti nel caso in cui si raggiunga l’accordo giacché “il verbale di accordo è esente dall’imposta di registro entro il limite di valore di 50.000 euro” e, nel caso di importi di valore superiore, la tassazione è applicata solo sulla parte eccedente i 50.000 euro. Inoltre, “tutti gli atti, documenti e provvedimenti relativi al procedimento di mediazione sono esenti dal pagamento di imposte di bollo, spesa, diritto o tassa di qualsiasi specie e natura”.
MEDIAZIONE OBBLIGATORIA: COSA PREVEDE LA RIFORMA DELLA MEDIAZIONE.
La legge delega n. 206 del 2021 consente al Governo di novellare molteplici aspetti del processo civile e degli strumenti alternativi di risoluzione delle controversie e, fra questi, proprio sulla mediazione o mediaconciliazione che dir si voglia.
Tra le proposte di novella al vaglio del legislatore vi è la prospettiva di ampliare la mediazione a materie obbligatorie ulteriori, come i contratti di associazione in partecipazione, di consorzio, di franchising, di opera, di rete, di somministrazione, di società di persone e di subfornitura.
Alla luce delle suddette novità, è altresì prevista una verifica trascorsi i 5 anni, in relazione alla tenuta del sistema così delineato, dei risultati statisticamente raggiunti, sì da vagliare l’opportunità di mantenere la mediaconciliazione quale condizione di procedibilità per i processi civili e commerciali.
In ogni caso, la riforma mostra la volontà di rafforzare il meccanismo della mediaconciliazione e, più in generale, dei cosiddetti Adr, andando a delineare un sistema sostanzialmente binario fra giudiziale e stragiudiziale, nel quale la prima scelta dovrebbe essere la ricerca di accordi conciliativi e, solo come scelta secondaria, intraprendere la strada processuale, con conseguenti ripercussioni sul sistema giudiziario in generale ma anche sul modo di concepire la giustizia civile e commerciale.
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