divisione ereditaria

La divisione ereditaria

Le tipologie della divisione ereditaria

La divisione ereditaria

La divisione ereditaria è uno dei modi di scioglimento della comunione ereditaria, e consiste in quel complesso di operazioni giuridiche aventi come obiettivo l’attribuzione a ciascuno dei condividenti dei beni corrispondenti alla loro quota.
La disciplina viene rinvenuta sia nelle norme che regolano la divisione della comunione in genere, sia nelle norme specificamente dettate per lo scioglimento della comunione ereditaria.
Ad oggi, la giurisprudenza le attribuisce natura di atto inter vivos, con efficacia costitutiva e retroattiva.
Presupposto affinché si possa necessitare di una divisione ereditaria è la comunione ereditaria, venutasi a creare allorquando più soggetti chiamati all’eredità, l’abbiano accettata e siano divenuti eredi universali.
Ciascun erede universale è titolare di una quota sull’intero asse ereditario, ed in base all’art. 1102 codice civile, può servirsi del patrimonio comune “purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto”.
La divisione può essere fatta direttamente dal testatore (nel qual caso non si tratta di divisione vera e propria poiché agli eredi vengono assegnati i beni già divisi, senza che si formi la comunione ereditaria) o dagli eredi.
Di norma, gli eredi possono in qualsiasi momento chiedere lo scioglimento della comunione ereditaria: si tratta quindi di un diritto potestativo non soggetto a prescrizione o decadenza, salva la possibilità che l’esercizio del diritto sia sospeso in virtù di particolari disposizioni del testatore, comunque superabili ricorrendo all’autorità giudiziaria, o di altre situazioni contingenti e temporanee.
Se i coeredi trovano un accordo per ripartirsi l’asse ereditario, la divisione ereditaria ha la forma di un contratto. Al contrario, è necessario adire le vie legali per richiedere una divisione giudiziale.
Anche i debiti ereditari entrano a far parte delle quote spettanti ai singoli eredi al momento dell’apertura della successione.
Avverso l’atto di divisione ereditaria è esperibile l’azione di annullamento per violenza o dolo, nonché l’azione di rescissione per lesione, se all’erede viene assegnata una parte dell’asse ereditario inferiore a quanto spettantegli.

Gli argomenti trattati sono:


DIVISIONE EREDITARIA: COME AVVIENE LA SUCCESSIONE EREDITARIA.

La successione ereditaria identifica il fenomeno in base al quale un soggetto, cosiddetto erede, subentra nei rapporti giuridici facenti capo ad altro soggetto (il de cuius) in virtù della sua morte.
In linea generale, la successione dell’erede nella posizione del defunto lascia inalterata la situazione giuridica che si trasmette, di guisa che a mutare è unicamente la titolarità: con la successione ereditaria si ottiene una perfetta coincidenza tra i rapporti giuridici facenti capo al de cuius e quelli risultanti in capo all’erede al momento della successione ereditaria.
La successione ereditaria, con o senza testamento (cd. successione testamentaria o legittima) si apre nel momento della morte, e si conclude quando i soggetti chiamati all’eredità (ed eventualmente i loro rappresentanti) la accettano o vi rinunciano.
L’accettazione dell’eredità, con cui il chiamato all’eredità acquista lo status di erede universale (mentre l’erede a titolo particolare, e cioè il legatario, non ha bisogno di accettare l’eredità), può avvenire in maniera espressa oppure tacita così come può essere pura o con beneficio di inventario.
Se più eredi accettano l’eredità, si forma la comunione ereditaria.
Al momento dell’apertura della successione ereditaria deve essere compiuto un ulteriore adempimento: la denuncia di successione.
La denuncia di successione deve essere presentata da parte degli eredi, dei chiamati all’eredità o dei legatari entro 12 mesi a far data dal giorno in cui è avvenuta l’apertura della successione e mediante la denuncia di successione l’amministrazione finanziaria viene resa edotta in ordine all’entità del patrimonio del defunto in modo tale da consentire il calcolo delle imposte di successione.
La denuncia di successione, da presentarsi nel termine di cui sopra, rappresenta un adempimento obbligatorio la cui omissione comporta l’irrogazione di sanzioni pecuniarie in capo a coloro i quali erano obbligati.

Per maggiori approfondimenti circa il fenomeno successorio, si consiglia la lettura di questo articolo.


DIVISIONE EREDITARIA: COS’È LA COMUNIONE EREDITARIA

Ciò che con la divisione ereditaria si vuole sciogliere è la comunione ereditaria, situazione in base a cui tutti gli eredi che hanno accettato l’eredità sono titolari, ciascuno per la propria quota, di tutto l’asse ereditario. Ciascun coerede “può servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto” (art. 1102 cod. civ.).
Il formarsi della comunione non impedisce che un erede possa utilizzare un bene comune in via esclusiva, salvo tuttavia la corresponsione di un indennizzo ai coeredi, come abbiamo meglio descritto in questo articolo.
La disciplina della comunione ereditaria è in parte affine alla comunione ordinaria e, in parte, se ne discosta. Entrambe sono ispirate al principio di libera disposizione della quota il quale, a sua volta, rinviene la propria ratio nell’idea che lo stato di comunione rappresenti un fenomeno provvisorio, come dimostra il favore dell’ordinamento per lo scioglimento della comunione.
La principale differenza fra comunione ereditaria e ordinaria attiene invece l’oggetto, atteso che la seconda ha per oggetto esclusivamente il diritto di proprietà, mentre la comunione ereditaria ha per oggetto tutte le situazioni attive e passive (ivi compresi i diritti di credito) facenti parte dell’asse ereditario, come affermato dalla Corte di Cassazione con sentenza n. 24657/2007, la quale ha ribadito che, a differenza dei debiti ereditari, i crediti esistenti al momento dell’apertura della successione sono compresi nella comunione ereditaria.
Altra differenza consiste nel diritto di prelazione per l’acquisto delle quote, che l’art. 732 cod. civ. attribuisce ai coeredi, ma non ai comproprietari.
La comunione ereditaria non ha una durata determinata, potendo protrarsi sino a quando gli eredi ne decidano lo scioglimento, mediante la divisione ereditaria delle quote, oppure sin quando non intervenga una diversa causa di scioglimento della comunione. A questa regola generale, fa eccezione la volontà del testatore, che può stabilire che la comunione permanga:


QUAL È LA NATURA GIURIDICA DELLA DIVISIONE EREDITARIA.

Sulla natura giuridica della divisione ereditaria, si è detto di tutto e di più. La natura giuridica viene ricavata dall’interpretazione letterale dell’art. 757 cod. civ., il quale prevede che “ogni coerede è reputato solo e immediato successore in tutti i beni componenti la sua quota o a lui pervenuti dalla successione, anche per acquisto all’incanto, e si considera come se non avesse mai avuto la proprietà degli altri beni ereditari”. In altre parole, ogni erede è il solo ed unico titolare dei beni che costituiranno la sua quota all’esito delle operazioni di divisione, e la divisione dell’eredità retroagisce al momento dell’apertura della successione ereditaria, come se la comunione non fosse mai esistita.

Secondo un primo orientamento, l’atto di divisione ereditaria, ponendosi come conclusivo della vicenda della successione ereditaria, avrebbe natura di atto mortis causa, dichiarativo e con effetto retroattivo, con la conseguenza che l’atto di divisione ereditaria non sarebbe soggetto alle norme in materia di circolazione dei beni immobili e di scioglimento della comunione ordinaria e sarebbe possibile, ad esempio, il trasferimento e lo scioglimento della comunione ereditaria di immobili abusivi, senza la necessità dei titoli abilitativi, che invece sono richiesti per il trasferimento degli immobili con atti inter vivos.
Tale opinione era condivisa dalla giurisprudenza di legittimità, a partire dalla sentenza n. 6653/2003 degli Ermellini, secondo cui “l’effetto dichiarativo-retroattivo della divisione comporta che ciascun condividente sia considerato titolare ex tunc, e cioè all’apertura della successione ereditaria, dei beni assegnatigli saldando l’intervallo di tempo che separa la delazione dalla divisione ereditaria (…)”.


NATURA GIURIDICA DELLA DIVISIONE EREDITARIA: IL DIETRO FRONT DELLA CASSAZIONE

Tuttavia, proprio le Sezioni Unite della Cassazione hanno più recentemente offerto una nuova lettura (Cass. civ., Sez. Un., 7 ottobre 2019, n. 25021). Non si tratterebbe di un atto dichiarativo mortis causa, ma di un atto costitutivo tra vivi, posto che:

  1. è un atto eventuale: gli eredi possono non decidere di procedere alla divisione ereditaria delle quote, e di continuare a godere dell’asse ereditario in comunione.
  2. la vicenda successoria non termina quindi necessariamente con la divisione, ma con l’accettazione dell’eredità.
  3. mentre gli atti dichiarativi sono di per sé retroattivi (si limitano a prendere atto di una situazione di fatto, che si è già creata in un momento precedente), quando il legislatore prevede espressamente la retroattività, si riferisce tipicamente agli atti costitutivi, retrodatando i loro effetti modificativi della realtà esistente. In specie, avendo il legislatore previsto nell’art. 757 cod. civ. la retroattività della divisione ereditaria delle quote, ne consegue che l’atto di divisione ereditaria ha natura costitutiva e non dichiarativa.

Pertanto, gli effetti della divisione ereditaria sono destinati a prodursi ex tunc anche nei confronti dei terzi, alla luce di quella che possiamo definire una retroattività assoluta, mentre lo scioglimento della comunione ereditaria, per mezzo dell’atto di divisione ereditaria, determina nel condividente la nascita di un diritto ex novo.


QUAL È LA DISCIPLINA DELLA DIVISIONE EREDITARIA.

La divisione ereditaria rinviene la sua disciplina specifica negli artt. 713 e ss. codice civile.
Più nel dettaglio, la dottrina più autorevole individua quattro gruppi di norme che trattano della divisione ereditaria:

  1. un primo gruppo che è comune tanto alla divisione ereditaria che a quella ordinaria;
  2. un secondo gruppo proprio della divisione ordinaria ma applicabile anche alla divisione ereditaria;
  3. un terzo gruppo specificatamente dettato per la divisione ereditaria ma coerente anche a quella ordinaria;
  4. un ultimo gruppo rappresentante delle eccezioni dettate unicamente per la divisione ereditaria.

La regola generale per lo scioglimento della comunione ereditaria è posta dall’art. 713 cod. civ. secondo cui “i coeredi possono sempre domandare la divisione”, che riprende la disposizione generale in tema di comunione di cui all’art. 1111 cod. civ., “ciascuno dei partecipanti può sempre domandare lo scioglimento della comunione”.
Alla base del diritto di ogni erede di chiedere lo scioglimento della comunione ereditaria vi è l’interesse a ottenere i beni in proprietà esclusiva, in modo da consentire la piena e libera circolazione dei beni facenti parte dell’asse ereditario.
Il diritto a chiedere lo scioglimento della comunione ereditaria è di tipo potestativo, per il quale ciascun coerede è contemporaneamente soggetto attivo e passivo, nel senso che può chiamare oppure essere chiamato dagli altri alla divisione.
Tuttavia, il diritto de quo può essere sospeso per un certo termine. Ciò è quanto avviene, per esempio,
per le ipotesi previste all’art. 715 cod. civ. oppure se previsto da un provvedimento del giudice ai sensi dell’art. 717 cod. civ., oppure ancora per mutuo consenso dei coeredi che abbiano stipulato un patto di indivisione ex art. 1111 comma II cod. civ..
In ossequio al principio di universalità che anima l’intera materia ereditaria, è necessario che tutti i coeredi prendano parte allo scioglimento della comunione ereditaria, salvo si tratti di erede pretermesso ovvero del puro e semplice chiamato all’eredità.


QUALI TIPI DI DIVISIONE EREDITARIA CONOSCE IL NOSTRO ORDINAMENTO.

Il nostro ordinamento giuridico conosce tre differenti tipologie di divisione ereditaria:

  1. la divisione contrattuale;
  2. la divisione giudiziale;
  3. la divisione testamentaria.


COS’È LA DIVISIONE EREDITARIA TESTAMENTARIA

L’art. 733 comma 1 del codice civile stabilisce che “quando il testatore ha stabilito particolari norme per formare le porzioni, queste norme sono vincolanti per gli eredi, salvo che l’effettivo valore dei beni non corrisponda alle quote stabilite dal testatore”.
La divisione testamentaria contempla in due possibili forme, quella dell’assegno divisionale semplice e quella dell’assegno divisionale qualificato.
Nel primo caso, l’autonomia testamentaria si esprime attraverso una serie di disposizioni con le quali il testatore indica, direttamente o indirettamente, il modo di condurre la divisione ereditaria in quote.
Questo tipo di divisione ereditaria ha natura obbligatoria, nel senso che non trasferisce i beni già divisi, ma “obbliga” gli eredi a dividere l’asse ereditario, secondo i criteri forniti dal de cuius.
All’assegno divisionale semplice può seguire pertanto la divisione contrattuale o la divisione giudiziale, di cui ci occupiamo nei prossimi paragrafi. Tuttavia l’atto di divisione ereditaria che venga redatto in violazione delle disposizioni testamentarie non è invalido, ma obbliga al risarcimento del danno eventualmente patito dall’erede leso.
Viceversa, nell’ipotesi dell’assegno divisionale qualificato, è il testatore a procedere direttamente alla divisione ereditaria in quote, ed alla formazione delle singole porzioni. Non a caso, l’art. 734 cod. civ. prevede che il testatore, nell’ambito dell’autonomia testamentaria che gli è riconosciuta dall’ordinamento, possa dividere i beni dell’asse ereditario fra gli eredi, inglobando nell’atto di divisione ereditaria anche la parte non disponibile, vale a dire quella riservata ai legittimari, purché entro certi limiti posti direttamente dal legislatore stesso:

  • le quote spettanti agli eredi legittimari,
  • la corrispondenza tra quota astratta di eredità e quota concreta di beni attribuiti,
  • il valore dei beni assegnati a ciascun coerede non può essere inferiore di oltre un quarto all’entità della quota ad esso spettante (art. 763 cod. civ.).

L’assegno divisionale qualificato, a differenza del primo, ha efficacia “reale” nel senso che i diritti vengono trasmessi agli eredi già divisi nelle quote di ciascuno, al momento dell’accettazione dell’eredità, senza che si formi la comunione ereditaria.
Infine, ai sensi del comma 2 dell’art. 733 cod. civ., il testatore può disporre che una persona da lui disegnata, che non sia erede o legatario, si occupi di stimare i beni da dividere secondo le quote assegnate a ciascuno erede.

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COS’È LA DIVISIONE EREDITARIA CONTRATTUALE

La divisione contrattuale rappresenta la principale forma di scioglimento della comunione ereditaria e si risolve nell’esercizio di un atto di autonomia privata, ossia il contratto atipico di divisione.
Si tratta della forma “amichevole” di divisione, attuabile nel caso in cui non sorgano conflitti tra gli eredi sull’attribuzione dei beni dell’asse ereditario.
Col contratto di divisione, si perviene allo scioglimento della comunione ereditaria attraverso l’assegnazione ai compartecipi di una porzione di valore corrispondente alla quota, il cosiddetto “apporzionamento”.
Detto contratto è generalmente considerato plurilaterale, giacché ne sono parti necessarie tutti i coeredi, tanto che la non partecipazione di uno dei coeredi al contratto di divisione ereditaria si risolve, sul piano sostanziale, in un’ipotesi di nullità.
Il contratto di divisione ereditaria è un contratto sinallagmatico, configurante un atto di straordinaria amministrazione laddove produce una sostanziale modificazione del patrimonio dei condividenti.
Ha natura reale, nel senso che trasferisce la proprietà dei singoli beni in capo a ciascun erede, ma può anche prevedere l’impegno dei coeredi a vendere un bene immobile, qualora difficilmente divisibile in natura, per poi dividere il ricavato della vendita.
La forma richiesta “ab sustantiam” è quella dell’atto pubblico solamente se nella divisione vengono coinvolti beni immobili, ma in ogni caso questa forma è necessaria per potere opporre il contratto di divisione ereditaria delle quote ai terzi non coeredi.


COME SI PROCEDE ALLA DIVISIONE EREDITARIA PER CONTRATTO

Per semplificazione espositiva, possiamo individuare quattro fasi del contratto di divisione ereditaria in quote.
Il primo passaggio consiste nella ricostruzione e inventario della massa ereditaria: per assicurare la par condicio fra gli eredi, prima di procedere alla divisione ereditaria delle quote, è necessario che ciascun coerede conferisca nell’asse ereditario tutti i beni eventualmente ricevuti in vita dal de cuius, e se un coerede era debitore del defunto o degli altri coeredi, anche il suo debito dovrà essere imputato nella divisione ereditaria delle quote. Fanno eccezione gli eredi che, ai sensi dell’art. 724 cod. civ., non sono tenuti alla collazione, o sono stati dispensati dal donante. Una volta ricostruite le voci attive dell’eredità tramite la collazione (art. 737 e ss cod. civ.), occorre sottrarre i debiti ereditari, per ottenere il patrimonio ereditario netto. L’art. 719 cod. civ. consente di vendere i beni mobili e immobili per al fronte al pagamento dei pesi e dei debiti ereditari. Se vi sono debiti ereditari relativi alla gestione della comunione ereditaria, da imputare alla quota di un erede, gli altri prelevano dalla massa ereditaria beni in proporzione delle loro rispettive quote (art. 725 cod.civ.).
Ricostruita la massa, si procede alla stima dei beni ex art. 726 cod. civ.. Occorre valutare i beni dell’asse ereditario secondo il loro valore venale, ossia di mercato al momento in cui avviene non l’apertura della successione, bensì l’atto di divisione ereditaria. Tale operazione di sima è di fondamentale rilevanza per la divisione di un immobile, ma non occorre laddove l’atto di divisione ereditaria riguardi esclusivamente beni dello stesso genere, come per esempio il denaro.


DIVISIONE EREDITARIA CONTRATTUALE: COME AVVIENE LA FORMAZIONE E LA ATTRIBUZIONE DELLE PORZIONI

Il terzo passaggio è la formazione delle porzioni: i coeredi procedono alla divisione ereditaria in quote, in corrispondenza alla consistenza delle porzioni dell’asse ereditario spettanti a ciascuno. Laddove si tratti di beni facenti parte dell’asse ereditario facilmente divisibili, ogni coerede può chiedere che la propria porzione sia composta in natura da beni mobili e immobili. Viceversa, solitamente, il bene indivisibile viene attribuito per l’intero ad un singolo coerede, salva l’attribuzione di conguagli in denaro agli altri (art. 728 cod. civ.). In ogni caso, le porzioni dei singoli eredi devono essere omogenee, cioè composte in modo tale da comprendere beni mobili, immobili e crediti di identica natura e qualità, in proporzione alle rispettive quote (art. 727 cod. civ.).
Infine, una volta formate, le porzioni vengono assegnate a ciascun erede (art. 729 cod. civ.) a cui vengono rimessi anche i documenti relativi ai beni e diritti assegnati (art. 736 cod. civ.). Nel caso di divisione ereditaria con quote diverse, l’assegnazione dei beni avviene tramite attribuzione diretta, in modo da formare tante porzioni quanti sono i coeredi. La consistenza di ogni porzione è proporzionata a quella della divisione ereditaria in quote. Nel caso di divisione ereditaria in quote uguali, l’assegnazione avviene mediante estrazione a sorte.
In casi particolari, ad esempio se è presente un immobile difficilmente divisibile, il contratto può prevedere anche che i coeredi si impegnino a vendere l’immobile e a dividersi il ricavato secondo le rispettive quote.
Le operazioni indicate possono essere deferite a un notaio, nominato da tutti i coeredi o, in mancanza di accordo, dal Tribunale del luogo di apertura della successione (art. 730 cod. civ.).


COS’È IL PROCEDIMENTO GIUDIZIALE DI DIVISIONE EREDITARIA: LA DIVISIONE GIUDIZIALE

Il contratto di divisione ereditaria richiede l’unanimità degli eredi, a pena di nullità. Nel caso in cui questa non sia raggiungibile, occorre procedere per le vie legali con la divisione giudiziale.
Il procedimento di divisione giudiziale può avere natura di volontaria giurisdizione o di giurisdizione contenziosa, a seconda che vi siano o meno contestazioni in ordine alla volontà di procedere con l’atto di divisione ereditaria da parte dei coeredi.
In ogni caso, la divisione giudiziale deve essere preceduta da un tentativo di mediazione, ai sensi dell’art. 5 d.lgs. n. 28/2010.
La divisione giudiziale non può essere richiesta con riferimento a quei beni contemplati dall’art. 1112 cod. civ. rispetto ai quali lo scioglimento della comunione ereditaria comporterebbe il venir meno della funzionalità alla quale erano destinati sino a quel momento.
Competente a pronunciarsi sulla domanda di divisione è il tribunale del luogo dell’apertura della successione ex art. 22 cod. proc. civ.
La divisione giudiziale comporta il litisconsorzio necessario per i coeredi (art. 784 cod. proc. civ.) e per i loro aventi causa (chi abbia acquistato un diritto immobiliare su un bene ereditario, e lo abbia trascritto prima della domanda di divisione giudiziale).
È inoltre necessario comunicare l’avvio della divisione dell’asse ereditario ai creditori ipotecari del de cuius che abbiano iscritto ipoteca sui beni dell’asse ereditario, anch’essi litisconsorti necessari (art. 1113 cod. civ.).
Tutti gli altri creditori del de cuius possono intervenire.
Ai creditori infatti è riconosciuto un potere di vigilanza ed eventualmente di opposizione all’atto di divisione ereditaria, anteriormente alla divisione stessa e salvo l’esperimento dell’azione revocatoria o dell’azione surrogatoria.
Le fasi del procedimento ricalcano quelle già illustrate per la divisione ereditaria contrattuale, con la differenza che per la divisione giudiziale vi è una fase preliminare, in cui il giudice vaglia la sussistenza del “diritto alla divisione”, o meglio l’assenza di cause ostative alla divisione ereditaria (art.785 cod. proc. civ.).
Le operazioni nel merito possono essere svolte da un “professionista delegato”, un perito incaricato dal Tribunale o da un notaio, che ricostruisce la massa ereditaria e la stima secondo il valore attuale. Dopodiché viene redatto un progetto di divisione, sottoposto al vaglio delle parti (art. 789 cod. proc. civ.).
Se le parti accettano, il progetto diventa esecutivo e può essere trascritto nei registri immobiliari.
Se invece le parti non accettano il progetto, si apre una fase incidentale della divisione giudiziale, che termina con una sentenza.


COSA ACCADE NEL CASO DELLA DIVISIONE GIUDIZIALE DI UN IMMOBILE IN COMPROPRIETÀ.

Frequentemente occorre procedere alla divisione giudiziale di un immobile di cui il de cuius era proprietario solamente in parte.
Ad esempio: Tizio e Caio sono comproprietari “pro indiviso” di un’immobile che hanno acquistato assieme. Tizio muore e lascia la sua parte agli eredi Mevio e Sempronio. Tra Caio, Mevio e Sempronio si instaura quindi una doppia comunione: Caio è comunista ordinario, mentre Mevio e Sempronio sono coeredi.
Secondo la giurisprudenza, non è possibile procedere ad un’unica divisione quando i beni provengono da titoli diversi (Corte di Cassazione con sentenza n. 15494/19) e pertanto si dovranno effettuare tante divisioni quante sono le masse, ed ogni condividente potrà far valere i propri diritti sulla propria massa, senza interferire con le altre.
Tutto ciò a meno che vi sia il consenso scritto di tutti i condividenti a procedere con un’unica divisione.


LA DIVISIONE EREDITARIA DI IMMOBILI INDIVISIBILI

Nel caso in cui vi sia da procedere con la divisione giudiziale di un immobile indivisibile, l’art. 720 cod. civ. dispone che “se nell’eredità vi sono immobili non comodamente divisibili o il cui frazionamento recherebbe pregiudizio alle ragioni della pubblica economia o dell’igiene, e la divisione dell’intera sostanza non può effettuarsi senza il loro frazionamento, essi devono preferibilmente essere compresi per intero, con addebito dell’eccedenza, nella porzione di uno dei coeredi aventi diritto alla quota maggiore, o anche nelle porzioni di più coeredi, se questi ne richiedono congiuntamente l’attribuzione”.
In alternativa alla vendita all’incanto, l’immobile potrebbe anche essere comprato per intero da un coerede, il quale dovrà pagarne il prezzo secondo il valore di mercato stimato da un professionista incaricato.


QUAL È LA SORTE DEI DEBITI EREDITARI ESISTENTI AL MOMENTO DELL’APERTURA DELLA SUCCESSIONE.

Al momento dell’apertura della successione, ben può accadere che il patrimonio ereditario, oltre a beni e crediti, contenga altresì debiti ereditari, che dovranno anch’essi essere compresi nell’atto di divisione ereditaria, ai sensi dell’art. 752 cod. civ., secondo cui “i coeredi contribuiscono tra loro al pagamento dei debiti ereditari in proporzione delle loro quote ereditarie, salvo che il testatore abbia altrimenti disposto”.
La norma tutela i creditori e gli aventi causa del de cuius: i creditori esistenti al momento dell’apertura della successione possono chiedere l’immediata soddisfazione delle loro ragioni, senza dover attendere la conclusione del procedimento di divisione ereditaria per il pagamento dei debiti ereditari.
La parte finale dello stesso art. 752 cod. civ. prevede poi la possibilità che, nell’ambito della successione con testamento, sia lo stesso testatore a definire la sorte dei debiti ereditari in maniera differente da quanto previsto a livello codicistico, per esempio stabilendo che i debiti ereditari gravino solidalmente su tutti i coeredi, ovvero che siano distribuiti proporzionalmente alle singole quote degli eredi. Tuttavia, si tratta di una regola che può valere unicamente nell’ambito dei rapporti interni fra i coeredi, atteso che “gli eredi sono tenuti verso i creditori al pagamento dei debiti ereditari personalmente in proporzione della loro quota ereditaria e ipotecariamente per l’intero” ex art. 754 cod. civ..
Dal momento dell’accettazione, gli eredi rispondono dei debiti ereditari personalmente e prima ancora che vi sia stato l’atto di divisione ereditaria, con l’unica eccezione contemplata per coloro i quali abbiano accettato l’eredità con beneficio di inventario, tenuti a rispondere dei debiti ereditari nei limiti della capienza dei beni ereditati.


QUALI SONO I POTERI DI INTERVENTO DEI CREDITORI E AVENTI CAUSA NELLA DIVISIONE EREDITARIA.

In virtù del principio di universalità che anima la successione ereditaria, al procedimento di divisione ereditaria prendono parte anche i creditori e aventi causa dei singoli eredi.
L’art. 1113 comma I cod. civ. stabilisce infatti che “i creditori e gli aventi causa da un partecipante possono intervenire nella divisione a proprie spese, ma non possono impugnare la divisione già eseguita, a meno che abbiano notificato un’opposizione anteriormente alla divisione stessa e salvo sempre ad essi l’esperimento dell’azione revocatoria o dell’azione surrogatoria.
Laddove si tratti di creditori “privilegiati” ipotecari o di terzi che hanno trascritto il loro acquisto in epoca antecedente a un’eventuale domanda giudiziale di divisione ereditaria, questi assumono la qualità di litisconsorti necessari ai sensi dell’art. 1113, comma III, cod. civ., e devono essere chiamati al giudizio di divisione, al pari di quanto avviene in capo agli eredi.


QUALI IMPUGNAZIONI SONO PREVISTE PER LA DIVISIONE EREDITARIA.

L’atto di divisione ereditaria consensuale può essere impugnato:

  • per violenza o dolo,
  • per violazione della quota spettante, oltre il quarto.

Nel primo caso, l’art. 761 cod. civ. stabilisce la possibilità di annullare il contratto di divisione ereditaria quando sia l’effetto di violenza o dolo, entro cinque anni dal giorno in cui è cessata la violenza, o in cui il dolo è stato scoperto.
Tuttavia, l’erede decade dall’azione di annullamento nel caso in cui abbia alienato la sua porzione dopo avere scoperto la violenza o il dolo (art. 768 cod. civ.).
L’errore consistente nell’omissione di uno o più beni ereditari non rientra tra le cause di annullamento (art. 762 cod. civ.), ma si può porvi rimedio tramite un supplemento dell’atto di divisione ereditaria.


L’AZIONE DI RESCISSIONE DELLA DIVISIONE EREDITARIA

Ulteriore rimedio previsto dall’art 763 cod. civ., è quello dell’azione di rescissione per lesione, allorquando taluno dei coeredi ritenga di essere stato leso oltre il quarto della spettanza della sua quota. Detto rimedio, che si prescrive in due anni dalla divisione, è esperibile altresì nel caso di divisione fatta dal testatore. La ragione ispiratrice di siffatta azione è quella di garantire il conseguimento effettivo delle quote di ciascun erede, tralasciando e prescindendo da qualsiasi valutazione di tipo soggettivo.
L’erede contro il quale sia stata esperita l’azione di rescissione può bloccarne il decorso e impedire una nuova divisione, offrendo il supplemento della porzione ereditaria, in denaro o in natura, all’attore e agli altri coeredi che si sono associati all’azione di riduzione. La circostanza prevista dall’art. 767 cod. civ.  rappresenta un’esplicazione del principio generale di conservazione degli effetti del contratto, in linea con quanto previsto dall’art. 1450 cod. civ. in ordine all’offerta di modificazione del contratto rescindibile.

Cos’è la comunione ereditaria?


QUALI SONO GLI ATTI DIVERSI DALLA DIVISIONE EREDITARIA.

Il concetto di divisione ereditaria è tanto ampio da comprendere al suo interno tutta una serie di negozi giuridici che, pur non consistendo nell’attribuzione di beni comuni, hanno come effetto lo scioglimento della comunione ereditaria. Può avere questo effetto, ad esempio, la vendita dell’intero asse ereditario da parte dei coeredi.
Per evitare che questi atti vengano utilizzati a danno di un coerede, l’art. 764 cod. civ. vi estende l’istituto dell’azione di rescissione. A giustificare la omogeneità della disciplina di tali atti i quali, in termini giuridici, si profilano alla stregua di negozi indiretti, sicché connotati da una divergenza fra lo scopo concretamente avuto di mira dalle parti e lo schema giuridico impiegato per conseguirlo, vi è l’identità di risultato alla quale essi aspirano.
In tal senso, gli interpreti sono soliti considerare la norma in commento quale disposizione di chiusura del sistema.
Più nel dettaglio, l’art. 764 cod. civ., intitolato, appunto, “atti diversi dalla divisione” dispone che “l’azione di rescissione è anche ammessa contro ogni altro atto che abbia per effetto di far cessare fra i coeredi la comunione dei beni ereditari”.
Tuttavia, il secondo comma dispone che l’azione di rescissione non è ammessa contro l’atto di transazione, con cui si è posto fine alle questioni insorte o che potevano insorgere a causa della divisione.

A tal proposito, occorre dividere tra “transazione divisoria” non rescindibile né annullabile per errore ex art. 1969 cod. civ. e “divisione transattiva” rescindibile. Secondo la giurisprudenza (Cass. civ., Sez. III, Sentenza, 03/08/2012, n. 13942), il discrimen consiste nel fatto che solamente nella seconda vi è necessariamente la proporzionalità tra le attribuzioni patrimoniali e le quote di ciascuno dei partecipanti alla comunione.

  • Nella divisione vi è corrispondenza tra la quota di fatto e la quota ideale.
  • La transazione, al contrario, “perviene alla formazione delle quote senza il ricorso a criteri aritmetici, ma in maniera bonaria e senza corrispondenza tra entità delle porzioni e misura delle quote spettanti ai comunisti” (Tribunale Napoli, 18/02/2002).

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