La disciplina della concessione edilizia in sanatoria
La concessione edilizia in sanatoria
In questo articolo, trattiamo il tema della concessione edilizia in sanatoria. Gli argomenti trattati sono:
- Breve introduzione sulle concessioni edilizie e sulla concessione edilizia in sanatoria
- Esiste una procedura generale per ottenere una concessione edilizia in sanatoria?
- Come si svolge la procedura per ottenere una concessione edilizia in sanatoria?
- È possibile ottenere una concessione edilizia in sanatoria per un immobile situato in un’area sottoposta a vincolo?
- Come si puo’ ottenere una concessione edilizia in sanatoria per gli abusi edilizi non sanabili con accertamento di conformita’? Il caso del condono edilizio
- Quali sono gli ostacoli all’accatastamento di immobili abusivi e quali sono i rapporti con la concessione edilizia in sanatoria?
- Cosa prevede la normativa in relazione ad una casa prefabbricata senza concessione edilizia? E’ necessario regolarizzarla con una concessione edilizia in sanatoria?
- In quali casi la giurisprudenza consente l’installazione di un prefabbricato senza la necessaria regolarizzazione con concessione edilizia in sanatoria?
BREVE INTRODUZIONE SULLE CONCESSIONI EDILIZIE E SULLA CONCESSIONE EDILIZIA IN SANATORIA
Chiunque voglia realizzare interventi che abbiano rilevanza dal punto di vista edilizio deve munirsi dell’apposito titolo, rilasciato dall’autorità competente.
Il testo unico dell’edilizia (D.P.R. 6.6.2001, n. 380) definisce, all’art. 3, le varie tipologie di interventi edilizi, distinguendo tra l’attività edilizia libera e gli interventi che richiedono un titolo abilitativo (concessioni edilizie).
Le concessioni edilizie previste dalla normativa sono:
- il permesso di costruire,
- la SCIA (segnalazione certificata di inizio attività
- e la CILA (comunicazione di inizio lavori asseverata).
Al fine di non incorrere in una concessione edilizia scaduta occorre rilevare che, ai sensi dell’art. 15 T.U., il permesso di costruire è soggetto ad un termine iniziale (entro cui iniziare i lavori) non inferiore ad un anno e ad uno finale non superiore a tre anni, mentre, ai sensi della normativa, non può parlarsi di vera e propria concessione edilizia scaduta in relazione a SCIA e CILA, dal momento che, per questi due istituti, non sono previsti termini espressi, ma, in via cautelativa è preferibile concludere i lavori entro tre anni.
È fatta salva la possibilità per la normativa regionale di adottare termini più stringenti che è opportuno verificare per evitare di ritrovarsi con una concessione edilizia scaduta.
Il privato che intenda realizzare un intervento edilizio deve essere munito del relativo titolo, pena la sanzione della demolizione, in caso di mancanza del permesso di costruire, o la sanzione pecuniaria, in caso di mancanza di SCIA o CILA.
Analogamente, come vedremo, risulta problematico accatastare un immobile abusivo.
Tuttavia non tutti gli interventi realizzati in assenza di concessioni edilizie configurano abusi edilizi non sanabili. In via generale, il proprietario che voglia sanare gli abusi da cui è gravato un immobile ha a disposizione lo strumento della concessione edilizia in sanatoria.
Andiamo a vedere nel dettaglio di cosa si tratta, aprendo poi un approfondimento relativo all’accatastamento di immobili abusivi ed alla realizzazione di una casa prefabbricata senza concessione edilizia.
ESISTE UNA PROCEDURA GENERALE PER OTTENERE UNA CONCESSIONE EDILIZIA IN SANATORIA?
La normativa che regola la concessione edilizia in sanatoria per le opere realizzate in assenza di concessioni edilizie è disciplinata, a livello nazionale, dal testo unico per l’edilizia (D.P.R. 380/2001) e, a livello locale, dalle varie leggi edilizie regionali che, sostanzialmente, la ricalcano, come nel caso dell’art. 209 L.R. Toscana n. 65/2014 che riproduce il contenuto dell’art. 36 D.P.R. 380/2001.
Il T.U. edilizia, all’art. 36, consente di acquisire la concessione edilizia in sanatoria in via generale per gli immobili realizzati in assenza di permesso di costruire o di SCIA (nei casi previsti dalla legge) che abbiano il requisito della c.d. doppia conformità, ovvero che siano conformi allo strumento urbanistico sia al momento della loro realizzazione che al momento della presentazione della domanda di sanatoria, mediante il procedimento denominato accertamento di conformità.
Ciò significa che la concessione edilizia in sanatoria può essere rilasciata soltanto se l’immobile era conforme, per le sue caratteristiche ed in relazione alla destinazione del suolo prevista per l’area in cui sorge, al piano regolatore e se tale conformità sussiste tutt’ora.
Ad esempio sarà un immobile abusivo non sanabile un’abitazione che si trovi in una zona agricola in cui non è consentita l’edificazione, o che abbia caratteristiche costruttive in contrasto con le particolari prescrizioni previste per quell’area.
In questo caso saremo in presenza di un immobile abusivo non sanabile, passibile di sanzione edilizia e con tutte le connesse problematiche relative all’accatastamento dell’immobile abusivo.
COME SI SVOLGE LA PROCEDURA PER OTTENERE UNA CONCESSIONE EDILIZIA IN SANATORIA?
La domanda di concessione edilizia in sanatoria dovrà essere redatta da un tecnico specializzato (geometra, ingegnere, etc..) e presentata al SUAP del Comune in cui si trova l’immobile.
Ai sensi dell’art. 36, 2° comma, testo unico, alla domanda di concessione edilizia in sanatoria dovrà essere allegato il pagamento di una sanzione (oblazione), in misura variabile in proporzione al contributo di costruzione originariamente dovuto.
Il terzo comma della disposizione citata prevede poi che sulla domanda di concessione edilizia in sanatoria l’ufficio competente debba pronunciarsi entro 60 giorni dal deposito della richiesta.
La norma in esame prevede espressamente il provvedimento di diniego o di rigetto debba contenere un’adeguata motivazione. In caso di provvedimento negativo lo stesso potrà essere impugnato con ricorso al TAR, entro 60 giorni, o con ricorso straordinario al Presidente della Repubblica entro 120 giorni.
Da sottolineare anche che la norma citata attribuisce espressamente il valore di diniego al silenzio protratto dall’Amministrazione oltre la data prevista. È questo uno dei rari casi in cui il silenzio dell’Amministrazione assume valore provvedimentale e può pertanto essere impugnato alla stregua di un provvedimento negativo, non trovando applicazione la normativa generale che attribuisce al silenzio amministrativo un valore di mero inadempimento.
Nel caso in cui l’amministrazione rilevi dei motivi ostativi all’accoglimento della domanda di concessione edilizia in sanatoria, deve darne comunicazione all’interessato ai sensi dell’art. 10-bis L. 7.8.1990, n. 241, il quale avrà dieci giorni di tempo per fornire i chiarimenti richiesti. Il termine per concludere il procedimento viene interrotto e ricomincerà a decorrere dall’inizio dalla data di consegna dei documenti richiesti. In caso di mancata consegna delle integrazioni l’istanza verrà respinta. Qualora l’Amministrazione, nonostante le osservazioni presentate dal privato, dovesse continuare a ritenere l’istanza non meritevole di accoglimento, dovrà concludere il procedimento con l’adozione di un provvedimento espresso.
È POSSIBILE OTTENERE UNA CONCESSIONE EDILIZIA IN SANATORIA PER UN IMMOBILE SITUATO IN UN’AREA SOTTOPOSTA A VINCOLO?
In questo caso è possibile procedere all’accertamento di conformità soltanto nelle ristrette ipotesi previste dall’art. 167, 4° comma, del codice dei beni culturali, ovvero nei seguenti casi:
- “a) per i lavori, realizzati in assenza o difformità dall’autorizzazione paesaggistica, che non abbiano determinato creazione di superfici utili o volumi ovvero aumento di quelli legittimamente realizzati;
- b) per l’impiego di materiali in difformità dall’autorizzazione paesaggistica;
- c) per i lavori comunque configurabili quali interventi di manutenzione ordinaria o straordinaria ai sensi dell’articolo 3 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380”.
In questo caso per procedere alla sanatoria occorre acquisire (a cura degli uffici comunali) il nulla osta da parte dell’autorità preposta alla tutela del vincolo, che ne verifica il rispetto da parte dell’immobile da sanare.
In particolare sarà valutato l’impatto ambientale della costruzione per vedere se la stessa si inserisca nel contesto paesaggistico tutelato senza alterarne la natura. In caso affermativo sarà rilasciata la concessione edilizia in sanatoria, in caso negativo saremo in presenza di abusi edilizi non sanabili.
La giurisprudenza ha chiarito che la concessione edilizia in sanatoria, nel caso di immobile realizzato su un’area sottoposta a vincolo, è un’ipotesi eccezionale rispetto alle concessioni edilizie rilasciate ai sensi dell’art. 36 T.U. edilizia, e, pertanto, può essere rilasciata soltanto nei casi residuali previsti per i c.d. “abusi minori” indicati nell’art. 167, 4° comma, codice dei beni culturali (cfr. Cons. Stato, Sez. II, 14.1.2020, n. 352).
In via generale, quindi, le opere realizzate su un immobile situato in un’area sottoposta a vincolo paesaggistico in assenza delle necessarie concessioni edilizie costituiranno abusi edilizi non sanabili.
Per quanto riguarda invece gli immobili siti in un’area sottoposta a vincolo idrogeologico, l’Amministrazione dovrà preventivamente acquisire il nulla osta da parte dell’Autorità preposta alla tutela del vincolo, il cui parere è vincolante per il Comune.
COME SI PUO’ OTTENERE UNA CONCESSIONE EDILIZIA IN SANATORIA PER GLI ABUSI EDILIZI NON SANABILI CON ACCERTAMENTO DI CONFORMITA’? IL CASO DEL CONDONO EDILIZIO
Come detto sopra, l’accertamento di conformità ai sensi dell’art. 36 D.P.R. 380/2001 rappresenta la procedura ordinaria per sanare gli immobili abusivi privi di concessioni edilizie.
Tuttavia abbiamo visto come la suddetta procedura sia subordinata al requisito della c.d. doppia conformità allo strumento urbanistico, in assenza della quale le opere prive di titolo rimangono abusi edilizi non sanabili.
Accanto alla regola generale vi è un’importante eccezione che consente di soprassedere a questo limite stringente: il condono edilizio.
Occorre innanzitutto chiarire che il condono è una procedura eccezionale.
Infatti, se da un lato tramite il condono edilizio è possibile ottenere una concessione edilizia in sanatoria al di fuori dei limiti stringenti dell’art. 36 del testo unico, dall’altro lo stesso è uno strumento che ha una valenza temporale limitata e che viene, occasionalmente, introdotto dal legislatore per sanare gli abusi edilizi non sanabili realizzati in un dato momento storico.
L’esempio più noto di condono edilizio è la L. 47/1985 che consentiva di sanare l’immobile abusivo non sanabile realizzato prima della data del 1.10.1983, mediante una domanda presentata entro il 30.11.1985.
Successivamente il legislatore ha riaperto i termini per poter usufruire del condono ai sensi della L. 47/1985 e non è escluso, anzi è molto probabile, che saranno adottati ulteriori condoni che, applicando l’impianto della L. 47/1985, riaprano i relativi termini per presentare la domanda di concessione edilizia in sanatoria.
Anche la concessione edilizia in sanatoria a seguito di condono è subordinata, come l’accertamento di conformità, alla previa verifica del rispetto del vincolo da parte dell’Autorità competente, mediante l’acquisizione del relativo nulla osta.
QUALI SONO GLI OSTACOLI ALL’ACCATASTAMENTO DI IMMOBILI ABUSIVI E QUALI SONO I RAPPORTI CON LA CONCESSIONE EDILIZIA IN SANATORIA?
Abbiamo fino ad ora trattato della tematica generale della regolarità edilizia degli immobili e della possibilità di sanare eventuali abusi, accennando alle problematiche relative all’accatastamento di immobili abusivi.
Prima di chiarie quali siano gli impedimenti ad accatastare un immobile abusivo, occorre chiarire la distinzione tra conformità edilizia e catastale.
La prima riguarda gli immobili che, nella loro conformazione, sono conformi alle concessioni edilizie rilasciate (permesso di costruire, SCIA o CILA), mentre la seconda ha ad oggetto la conformità tra le planimetrie depositate in catasto e lo stato di fatto degli immobili.
Ora, va chiarito che il pregresso accatastamento di un immobile abusivo sotto il profilo edilizio non ha in alcun modo effetto sanante di eventuali abusi edilizi da cui sia gravato l’immobile.
Quanto alla possibilità di accatastare successivamente un immobile abusivo, occorre precisare che tale eventualità, a seguito delle attuali disposizioni operative sul funzionamento del catasto, risulta non attuabile.
Infatti, l’accatastamento di un immobile abusivo dovrebbe comunque essere effettuato redigendo l’apposito file denominato “DOCFA” redatto da tecnico abilitato che, tra gli elementi da indicare obbligatoriamente, prevede l’indicazione dei titoli edilizi abilitativi. Pertanto non risulta materialmente possibile, a meno di dichiarare il falso, accatastare un immobile abusivo, dal momento che la procedura richiede obbligatoriamente l’indicazione espressa delle concessioni edilizie abilitative.
Se l’accatastamento di un immobile abusivo è irrilevante ai fini della concessione edilizia in sanatoria, parallelamente la giurisprudenza ha chiarito che, ai fini della determinazione della destinazione d’uso consentita di un immobile, a rilevare è unicamente la destinazione che risulta dai registri catastali.
L’abuso edilizio, infatti, può concretizzarsi anche in un cambio di destinazione d’uso non autorizzato e si pone al riguardo il problema di stabilire quale sia la destinazione d’uso da prendere a riferimento. Ebbene la giurisprudenza ha chiarito che la destinazione d’uso da prendere a riferimento è quella risultante dall’accatastamento degli immobili abusivi, essendo del tutto irrilevante la destinazione d’uso di fatto a cui l’immobile sia stato adibito (cfr. T.A.R. Emilia Romagna – Parma, Sez. I, 30.2.2015, n. 109; T.A.R. Lombardia – Milano, Sez. II, 20.3.2009, n. 1954).
Pertanto, il proprietario a cui venga contestato un cambio di destinazione d’uso non autorizzato rispetto a quanto risultante dal catasto non potrà giustificarsi affermando che la destinazione d’uso effettiva dell’immobile è sempre stata diversa, dovendo considerarsi come effettiva soltanto quella che risulta dal catasto.
COSA PREVEDE LA NORMATIVA IN RELAZIONE AD UNA CASA PREFABBRICATA SENZA CONCESSIONE EDILIZIA? E’ NECESSARIO REGOLARIZZARLA CON UNA CONCESSIONE EDILIZIA IN SANATORIA?
Recentemente anche in Italia si è molto sviluppato il mercato dei prefabbricati, strutture più economiche rispetto agli immobili in muratura e più semplici da realizzare.
Tuttavia, la maggior facilità di realizzazione non deve di per sé condurre a ritenere le strutture in questione come esenti dalle prescrizioni della normativa edilizia, con tutte le conseguenze anche in tema di accatastamento di immobili abusivi, ed è opportuno chiedersi se sia possibile la realizzazione di una casa prefabbricata senza concessione edilizia.
Ora, l’art. 3, comma 1, lett. e-5), T.U. edilizia, afferma che è da intendersi intervento di nuova costruzione, soggetto a permesso di costruire ai sensi dell’art. 10, “l’installazione di manufatti leggeri, anche prefabbricati, e di strutture di qualsiasi genere, quali roulotte, camper, case mobili, imbarcazioni, che siano utilizzati come abitazioni, ambienti di lavoro, oppure come depositi, magazzini e simili, ad eccezione di quelli che siano diretti a soddisfare esigenze meramente temporanee o delle tende e delle unità abitative mobili con meccanismi di rotazione in funzione, e loro pertinenze e accessori, che siano collocate, anche in via continuativa, in strutture ricettive all’aperto per la sosta e il soggiorno dei turisti previamente autorizzate sotto il profilo urbanistico, edilizio e, ove previsto, paesaggistico, che non posseggano alcun collegamento di natura permanente al terreno e presentino le caratteristiche dimensionali e tecnico-costruttive previste dalle normative regionali di settore ove esistenti”.
La normativa quindi non attribuisce una particolare rilevanza al materiale con cui sono costruiti gli immobili, richiedendo, in via generale, il necessario titolo edilizio anche per i prefabbricati, da cui la necessità di sanare l’eventuale mancanza con una concessione edilizia in sanatoria, sempre che non si tratti di un immobile abusivo non sanabile perché non conforme allo strumento urbanistico o perché realizzato in zona vincolata.
IN QUALI CASI LA GIURISPRUDENZA CONSENTE L’INSTALLAZIONE DI UN PREFABBRICATO SENZA LA NECESSARIA REGOLARIZZAZIONE CON CONCESSIONE EDILIZIA IN SANATORIA?
Sulla scorta del dettato normativo, la giurisprudenza ha chiarito che, ai fini della necessità dell’ottenimento di concessioni edilizie per le relative opere, non è rilevante tanto la natura dei materiali con cui l’immobile è realizzato (prefabbricato o muratura), quanto la funzione a cui l’immobile steso è adibito.
In particolare è stato affermato che “la precarietà o meno di un manufatto e, dunque, il suo regime giuridico dal punto di vista urbanistico non può essere dettata dal tipo di ancoraggio al suolo o dalla natura dei materiali utilizzati, ma dalla destinazione dell’opera, con la conseguenza che l’installazione di un box prefabbricato, mediante semplice appoggio e senza ancoraggio al suolo, non sottrae, di per sé, l’intervento al regime concessorio” (Cons. Stato, Sez. II, 11.6.2020, n. 3730).
Viceversa, non è necessario il titolo edilizio, né una concessione edilizia in sanatoria, per l’installazione di un container prefabbricato non ancorato al suolo né allacciato alla rete che abbia carattere temporaneo (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 18.9.2015, n. 4357).
Venendo, nello specifico, alla possibilità di realizzare una casa prefabbricata senza concessione edilizia, va osservato che la realizzazione, a tutti gli effetti, di un’abitazione, sia pure realizzata in prefabbricato, ma comunque allacciata alla rete idrica ed elettrica ed idonea alla destinazione abitativa, non può essere considerata come un intervento irrilevante dal punto di vista edilizio ma, a tutti gli effetti, come la costruzione di un’abitazione, soggetta a permesso di costruire.
Pertanto, in conclusione, non pare ipotizzabile la costruzione di una casa prefabbricata senza concessione edilizia, da cui, nel caso, la necessità di richiedere la concessione edilizia in sanatoria analogamente alle costruzioni abusive realizzate in muratura, sempre che, anche in questo caso, non si tratti di un immobile abusivo non sanabile.
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