La c t u nel processo civile
Qual è il significato di ctu? Cos’è e come funziona la ctu?
Nel processo civile, la c t u, conosciuta anche come perizia, è quello strumento che consente al giudice di ottenere informazioni indispensabili per formare la sua decisione.
In questo articolo, gli argomenti trattati sono:
- COSA SIGNIFICA CTU
- COSA SIGNIFICA CTU E CTP
- IN COSA CONSISTE LA CTU
- QUALE DEFINIZIONE DI CTU
- COS’È LA CTU ESPLORATIVA.
- COS’E’ LA CTU PERCIPIENTE
- QUALI SONO LE CTU VIETATE
- QUALI SONO I REQUISITI DEL CTU
- QUALE RESPONSABILITÀ DEL CTU
- COSA SONO ASTENSIONE E RICUSAZIONE DEL CTU
- COME AVVIENE LA NOMINA DEL CTU
- QUALE DIFFERENZA TRA CTU E CTP E PERIZIA TECNICA DI PARTE STRAGIUDIZIALE
- QUALE ATTIVITÀ SVOLGE IL CTU NEL PROCESSO CIVILE
- L’UDIENZA DI NOMINA E DI CONFERIMENTO DELL’INCARICO DEL CTU
- COME VIENE COMUNICATO L’INIZIO DELLE OPERAZIONI PERITALI DEL CTU
- QUALI SONO I POTERI DEL CTU NELLO SVOLGIMENTO DEI SUOI COMPITI
- COME AVVIENE IL TENTATIVO DI CONCILIAZIONE DEL CTU
- COME VIENE REGOLATO L’INTERVENTO DEL CTP IN TRIBUNALE
- QUALE DIFFERENZA TRA CTU E CTP
- IL VERBALE DEL CTU
- LA RELAZIONE PERITALE DEL CTU
- I COMPENSI DEL CTU
COSA SIGNIFICA CTU
C t u è l’acronimo di consulenza tecnica d’ufficio. Essa consiste, nel processo civile, in un ausilio che la legge concede al giudice nella valutazione della prova.
Difatti egli, spesso, non ha le conoscenze specifiche necessarie per valutare gli elementi che emergono nel processo e che sono esibiti dalle parti a sostegno delle rispettive ragioni.
Può l’utilizzo di un prodotto difettoso avere causato un certo danno?
Le macchie di umidità di un muro sono causate da un difetto di costruzione?
È possibile che l’imputato non sia in grado di intendere e volere?
Qual è la causa della morte di una certa persona?
Per rispondere a queste domande, si rende necessario che il giudice sia affiancato da una figura professionale, un esperto, che consenta di ricavare, da una certa situazione, ulteriori informazioni.
Egli è il consulente tecnico.
COSA SIGNIFICA CTU E CTP
Cosa significa ctu e ctp sono anche i due soggetti “ausiliari”, e cioè il consulente tecnico nominato d’ufficio ed il consulente tecnico di parte, nominato da ciascuna delle parti processuali.
In particolare, “ctp” è l’acronimo di “consulenza tecnica di parte” o “consulente tecnico di parte”, soggetto esterno al processo, ma che viene nominato dalle parti processuali per affiancare (e talvolta controllare e contestare) l’operato del c t u consulente tecnico, nominato dal giudice.
Quindi, cosa significa ctu è la consulenza che un “tecnico” fornisce ad una richiesta specifica del giudice ( il quale deve formulare i “quesiti” a cui il consulente deve rispondere), mentre “d’ufficio” sta a significare che, come vedremo nei prossimi paragrafi, l’iniziativa di disporre la consulenza è appannaggio del giudice, anche se su eventuale richiesta delle parti processuali.
IN COSA CONSISTE LA C T U
Dopo aver capito cosa significa ctu e ctp, vediamo ora in cosa consiste la c t u oppure consulenza tecnica di ufficio.
Mediante la c t u, il giudice chiede aiuto ad un esperto, per risolvere una questione di fatto, cioè un problema di interpretazione non di una norma giuridica, ma di un fatto storico, la cui esistenza emerge dagli atti del processo.
Ricorre al consulente tecnico per “leggere” meglio la realtà dei fatti e per ricavare, da un fatto noto, altri fatti ignoti.
Questo perché la controversia deve essere decisa sulla base della migliore scienza ed esperienza disponibile
Si badi bene, che il compito del consulente tecnico non è quello di decidere la causa. Questa è una valutazione appannaggio del giudice, che, anzi, è detto “peritus peritorum”, e cioè “il perito dei periti”, nel senso che può anche discostarsi dalle valutazioni svolte dal c t u, fornendo un’adeguata motivazione.
Ai quesiti formulati dal giudice, il c t u risponde con una relazione scritta, il cui contenuto viene illustrato nei prossimi paragrafi.
QUALE DEFINIZIONE DI C T U
Il codice di procedura civile non fornisce una definizione di c t u, né la colloca tra i mezzi di prova tipici (il documento, la confessione, la testimonianza, il giuramento e l’ispezione). È infatti erroneo inquadrare la c t u come mezzo di prova: la sua funzione non è quella di determinare immediatamente il convincimento del giudice, ma di fornirgli un sostegno per l’interpretazione degli elementi che emergono dal processo, ivi compresi gli stessi mezzi di prova. Si pensi ad una c t u medico legale per stabilire se i sintomi di una malattia, come descritti da un testimone, siano o meno conseguenza di un certo evento. In altre parole, è errato definire la ctu un mezzo di prova, essendo invece uno strumento di valutazione delle prove.
COS’È LA CTU ESPLORATIVA.
Abbiamo detto che la base sulla quale poter disporre la c t u è la esistenza di un fatto storico dimostrato, su cui il c t u deve lavorare, per trarne quelle informazioni che altrimenti resterebbero ignote.
Dalla morte di un soggetto, se ne può ricavare la causa; dalla presenza di vari sintomi, si può ricavare la malattia. Preliminarmente, è però necessario dimostrare che la morte si è verificata e che i sintomi sono realmente esistenti. questo non è, di regola, compito del c t u, ma delle parti processuali.
Il confine entro il quale la c t u si muove, pertanto, sono i fatti già acquisiti al processo, e già dimostrati dalle parti.
Occorre poi considerare che, sulla base del principio del contraddittorio, le parti hanno l’onere di dimostrare i fatti su cui si fondano le proprie pretese o le proprie difese. Lo stabilisce l’art. 2697 del codice civile.
Si parla di ctu esplorativa quando non è finalizzata a fornire al giudice uno strumento di valutazione dei fatti, ma a fare entrare nel processo nuovi fatti, che le parti avrebbero dovuto invece dedurre e provare. La ctu esplorativa è perciò vietata, perché finalizzata ad aggirare l’onere della prova.
La conseguenza è la sanzione della nullità e della inutilizzabilità per la ctu esplorativa, a causa della violazione del principio del contraddittorio.
COS’E’ LA C T U PERCIPIENTE
Vi sono tuttavia alcuni casi, in cui la ctu esplorativa è comunque ammissibile.
Si pensi a quei casi in cui non è possibile provare un fatto, dedotto dalla parte, se a questa mancano specifiche competenze tecniche, oppure se l’esistenza del fatto è dimostrabile solamente con l’utilizzo di strumentazioni particolari.
Si pensi ad una ctu medico legale, richiesta in un caso dove sia impossibile o estremamente difficile fornire la prova di un danno alla salute. Si pensi ancora ad una ctu medico legale per stabilire il nesso causale tra la condotta colposa di un medico e il danno alla salute riportato da un paziente
Ancora, una c t u per stabilire il danno patito a causa di abuso di posizione dominante.
Da questo punto di vista, vi è l’identificazione, di fatto, della ctu in mezzo di prova atipico e si parla di c t u “percipiente”. Essa ha ad oggetto non la interpretazione di un fatto, ma l’esistenza stessa del fatto, che altrimenti risulterebbe indimostrabile.
In ogni caso, anche con riferimento alla c t u percipiente, l’onere probatorio di ciascuna parte non viene eliminato, ma semplicemente attenuato. Sulla parte incombe comunque l’onere, non di provare il fatto per cui è richiesta la ctu esplorativa, ma di allegarlo, di farlo cioè entrare comunque nel processo, anche se per il suo accertamento è richiesto l’intervento di un c t u.
QUALI SONO LE C T U VIETATE
Oltre alla ctu esplorativa è vietata anche la c t u che abbia per oggetto la valutazione non di un fatto, ma di una norma giuridica, oppure addirittura sulla meritevolezza della domanda. Come detto, questo rimane appannaggio del giudice.
Ma non sempre è facile distinguere gli aspetti tecnici dagli aspetti giuridici di una fattispecie.
Ad esempio, in materia di c t u di natura fiscale o societaria, è possibile che il quesito richiesto al c t u concerna la corretta applicazione di norma giuridiche. Si pensi ad esempio, alla correttezza dell’inserimento nel bilancio societario, di alcune voci di spesa.
In questi casi, la c t u è ritenuta comunque ammissibile, purchè non investa il cosiddetto “thema decidendum” ovvero l’oggetto della decisione su cui verte il processo, ma si limiti al cosiddetto “thema probandum” cioè l’oggetto della prova.
QUALI SONO I REQUISITI DEL C T U
Il codice definisce il consulente tecnico, quale ausiliario occasionale del giudice, estraneo all’organo giudiziario, di “particolare competenza” ex art. 61 codice di procedura civile.
Ai sensi di questa norma, “La scelta dei consulenti tecnici deve essere normalmente fatta tra le persone iscritte in albi speciali formati a norma del disposizioni di attuazione al presente codice”. Questi non sono gli albi professionali, ma albi di ctu del tribunale, divisi per materia di specializzazione (medico-chirurgica; industriale; commerciale; agricola; bancaria; assicurativa ed altre materie), come stabilisce l’art. 13 disp. att. cod. proc. civ..
Ai fini dell’iscrizione in questi albi, al c t u (ad esempio ctu psicologo o ctu medico legale) sono richiesti requisiti particolari.
In primo luogo, una “speciale competenza tecnica in una determinata materia”.
In secondo luogo, è richiesto che il c t u sia di “condotta morale e politica specchiata” . In questo senso, si ammettono all’albo solamente i professionisti “socialmente rispettabili”: si vuole che i consulenti tecnici siano al riparo da condizionamenti impropri, e che quindi garantiscano correttezza ed imparzialità.
Infine, è richiesto che il professionista sia già iscritto nell’albo professionale.
Normalmente, viene incaricato un ctu del tribunale in cui il giudice svolge il suo ufficio.
Il giudice può incaricare della c t u anche un professionista non iscritto all’albo dei ctu del tribunale. Ad esempio se ha bisogno di un ctu psicologo, ma presso il tribunale non è presente il relativo albo. In questo caso, tuttavia, deve motivare la sua scelta, previa interlocuzione con il presidente del Tribunale.
Gli incarichi sono distribuiti a turno, tra gli iscritti nell’albo, “in modo tale che a nessuno dei consulenti iscritti possano essere conferiti incarichi in misura superiore al 10 per cento di quelli affidati dall’ufficio” ex art. 23 disp. Att. cod. Proc. civ..
Il c t u, nell’espletamento delle sue funzioni, è considerato pubblico ufficiale ex art. 357 cod. Pen., e pertanto le verbalizzazioni circa le informazioni ricevute e fatti accaduti in sua presenza, fanno fede fino a querela di falso ( Cassazione, sentenza n.14652/2012).
Nell’espletare l’incarico, qualora le circostanze lo richiedano, può essere indicato un ausiliario del ctu da parte dello stesso consulente, senza che sia necessaria la nomina o l’autorizzazione del giudice. Ovviamente non può essere delegato all’ausiliario del ctu l’intero svolgimento della consulenza, poiché l’incarico è “personale”.
La nomina dell’ausiliario del ctu deve essere comunicata alle parti, a cura del consulente.
QUALE RESPONSABILITÀ DEL C T U
Ai sensi dell’art. 64 cod. Proc. civ., il c t u è civilmente responsabile, nel caso in cui fornisca una consulenza sbagliata, del danno che le parti hanno subito in conseguenza.
Inoltre, ne risponde anche penalmente: se “incorre in colpa grave nell’esecuzione degli atti che gli sono richiesti, è punito con l’arresto fino a un anno o con l’ammenda fino a € 10.329″. Si applica inoltre la pena accessoria della sospensione dell’esercizio della professione, da tre mesi a tre anni, quando la pena inflitta non è inferiore a un anno d’arresto, in base all’art. 35 del codice penale.
Inoltre, come detto, il c t u riveste la qualifica di pubblico ufficiale, ed è pertanto destinatario delle fattispecie incriminatrici che riguardano i pubblici ufficiali, come ad esempio il peculato (art. 314 cod. Pen.), la concussione (317 cod. pen) , la corruzione (art 318 e 319 cod. pen), abuso d’ufficio (323 cod. pen).
Sono inoltre previste sanzioni disciplinari a carico del ctu (art. 20 disp. Att. cod. Proc. civ), per la violazione del requisito della condotta morale specchiata, o per la inosservanza degli incarichi ricevuti, che vanno dall’avvertimento, alla sospensione dall’albo fino ad un anno, alla cancellazione.
COSA SONO ASTENSIONE E RICUSAZIONE DEL C T U
Una volta nominato, il c t u ha l’obbligo di assumere l’incarico. Non ricorre invece tale obbligo in due casi: qualora il c t u nominato non sia iscritto all’albo e qualora ricorra una delle cause di astensione.
Alcuni dei giusti motivi di astensione, sono indicati all’art. 51 del codice di procedura civile. Il c t u può rinunciare all’incarico se:
1) ha interesse nella causa;
2) egli stesso o la moglie è parente fino al quarto grado o legato da vincoli di affiliazione, o è convivente o commensale abituale di una delle parti o di alcuno dei difensori, oppure al contrario se egli stesso o la moglie ha causa pendente o grave inimicizia o rapporti di credito o debito con una delle parti o alcuno dei suoi difensori;
3) ha dato consiglio o prestato patrocinio nella causa, o ha deposto in essa come testimone;
4) è tutore, curatore, amministratore di sostegno, procuratore, agente o datore di lavoro di una delle parti; se, inoltre, è amministratore o gerente di un ente, di un’associazione anche non riconosciuta, di un comitato, di una società o stabilimento che ha interesse nella causa.
5) in ogni altro caso in cui esistono gravi ragioni di convenienza.
Se ricorre uno di questi giusti motivi di astensione, ed il c t u non lo fa presente al giudice fino a tre giorni prima dell’udienza in cui sarà chiamato ad assumere l’incarico, può essere “ricusato” dalle parti. In tal caso, cioè, sono le parti che chiedono al giudice di scegliere un professionista diverso.
La lista sopra presentata, non esaurisce i giusti motivi di astensione del c t u. Altri validi motivi possono essere, ad esempio, la mancanza delle specifiche competenze tecniche per assolvere l’incarico, oppure la impossibilità di svolgerlo per impegni professionali precedentemente assunti.
COME AVVIENE LA NOMINA DEL C T U
La c t u, come detto, può essere disposta d’ufficio dal giudice oppure su richiesta delle parti.
Non trova applicazione l’art. 115 del codice di procedura civile, secondo cui sono di regola le parti a proporre al giudice gli elementi di prova su cui fondare la decisione (cosiddetto principio dispositivo).
Queste non hanno un vero e proprio “diritto” alla perizia, ma si devono limitare a sollecitare il giudice ad avvalersi di questo strumento di valutazione, potendone suggerire anche gli specifici quesiti. In tal caso, se il giudice nega la richiesta della c t u proveniente dalle parti, deve fornire anche una adeguata motivazione al suo diniego.
Le parti possono, di propria iniziativa, produrre qualcosa di simile ad una consulenza tecnica di parte pur in assenza di una ctu. Si tratta della perizia tecnica di parte stragiudiziale o perizia stragiudiziale, di cui parliamo nei paragrafi successivi.
Di regola, la c t u è disposta dal giudice istruttore, nella fase istruttoria, al fine di rendere matura la causa per la decisione. Peraltro, non potendosi definire la ctu un mezzo di prova, non sono previste particolari decadenze per richiederla. Il c t u può essere difatti nominato “per il compimento di singoli atti o per tutto il processo” ai sensi dell’art. 61 codice di procedura civile, tanto è vero che, oltre al giudice istruttore, anche l’organo decidente può disporre la c t u, incaricandone il giudice istruttore e riaprendo l’istruttoria (ai sensi dell’art. 279 cod. proc. civ., il collegio può, con ordinanza, impartire distinti provvedimenti per l’ulteriore istruzione della causa).
Ai sensi dell’art. 191 codice di procedura civile, il giudice nomina il c t u, formulando i quesiti a cui il consulente deve rispondere.
In caso di grave necessità, possono essere nominati più consulenti.
Come detto, la scelta del c t u da parte del giudice, è di regola limitata ai professionisti iscritti agli albi istituiti presso i tribunali, questo dovrebbe essere una garanzia di imparzialità. Normalmente il giudice nomina un c t u iscritto all’albo dello stesso tribunale dove egli esercita le funzioni. Può accadere, tuttavia, che il nominativo del c t u (ad esempio ctu psicologo oppure ctu medico legale) sia estratto da un albo di un tribunale diverso. In questo caso, tuttavia, deve darne motivazione e sentire il presidente tribunale.
QUALE DIFFERENZA TRA CTU E CTP E PERIZIA TECNICA DI PARTE STRAGIUDIZIALE
Abbiamo detto che le parti processuali non possono disporre una c t u, ma al massimo richiederla al giudice.
Possono però, di propria iniziativa, disporre la perizia tecnica di parte stragiudiziale o “perizia stragiudiziale”: una particolare “prova atipica” ( cioè non regolata direttamente dalla legge) che consiste in una relazione scritta in cui un consulente nominato dalla parte esprime le proprie considerazioni, al di fuori del contraddittorio processuale.
Tuttavia, la perizia tecnica di parte stragiudiziale, proprio perché predisposta al di fuori del contraddittorio delle parti, ha una efficacia probatoria inferiore rispetto alle ctu e ctp: non è vincolante per la decisione del giudice, ma ha il valore di “indizio”, al pari di ogni altra produzione documentale di parte.
A tal punto che il giudice, se ritiene di disattendere le conclusioni contenute nella perizia tecnica di parte stragiudiziale, non è obbligato a fornire una motivazione (come anche statuisce la Cassazione, nella sentenza n. 17606/2007), diversamente nel caso in cui ritenga di disattendere le conclusioni del ctu dal tribunale nominato.
QUALE ATTIVITÀ SVOLGE IL CTU NEL PROCESSO CIVILE
L’attività che il c t u svolge è regolata, in linea di massima, dall’art. 62 del codice di procedura civile.
Egli deve rispondere al quesito (o spesso ai quesiti) formulato dal giudice, che come detto è l’unico soggetto che può disporre la c t u (mentre le parti processuali possono solamente richiederla).
Si tratta, in sostanza, di un procedimento all’interno del processo in cui i compiti del c t u sono riassunti in:
– rispondere ai quesiti posti dal giudice
– essere presente alle udienze indicate dal giudice
– quando ritenuto opportuno, esprimere il proprio parere avanti alle parti in camera di consiglio e ad assistere alla discussione davanti al collegio, ex art 197 cod. Proc. civ..
In base all’art. 92 disp. Att. cod. proc. civ. “Se, durante le indagini che il consulente tecnico compie da sé solo, sorgono questioni sui suoi poteri o sui limiti dell’incarico conferitogli, il consulente deve informarne il giudice”
L’UDIENZA DI NOMINA E DI CONFERIMENTO DELL’INCARICO DEL C T U
Una volta nominato, al ctu dal tribunale viene comunicata l’ordinanza di nomina, contenente il quesito e l’indicazione dell’udienza in cui si dovrà presentare per assumere l’incarico.
Se vi sono motivi di astensione del ctu al tribunale devono essere comunicati almeno tre giorni prima di tale udienza. A tal fine, è consentito al c t u prendere visione del fascicolo.
Con la nomina del c t u, il giudice assegna alle parti un termine entro il quale provvedere alla nomina del ctp (art. 201 cod. Proc. civ.), .
All’udienza stabilita per il conferimento dell’incarico, il c t u presta giuramento “di bene e fedelmente adempiere le funzioni affidategli al solo scopo di fare conoscere ai giudici la verità” ex art. 193 cod. Proc. civ..
Il giuramento può essere anche differito al momento del deposito delle osservazioni del ctu nella relazione peritale.
Il giudice conferma pertanto i quesiti che sono stati posti ed assegna tre termini:
– il primo entro il quale le osservazioni del ctu sono comunicate alle parti,
– il secondo è relativo al deposito della eventuale relazione del ctp, contenente le controdeduzioni al ctu,
– ed infine il terzo, entro cui il c t u risponde alla eventuale relazione del ctp, contenenti le controdeduzioni al ctu.
Oltre a questi tre termini, il giudice istruttore stabilisce una nuova data di udienza.
A questo punto, il c t u, se ha già preso visione del fascicolo, può subito indicare al giudice eventuali lacune della documentazione, che non gli permetterebbero di svolgere l’incarico, richiedendo al giudice di essere autorizzato, ai sensi dell’art. 194 cod. Proc. civ., “a domandare chiarimenti alle parti, ad assumere informazioni da terzi e a eseguire piante, calchi e rilievi”, .
COME VIENE COMUNICATO L’INIZIO DELLE OPERAZIONI PERITALI DEL CTU
Il giorno ed il luogo di inizio delle operazioni peritali del ctu è dichiarato, se possibile, direttamente in udienza di conferimento dell’incarico, ai sensi dell’art. 90 disp. Att. cod. Proc. civ., anche alla luce della prima scadenza indicata dal giudice, cioè quella per le osservazioni del ctu (a cui faranno seguito, eventualmente, la relazione dei ctp e le ulteriori controdeduzioni del ctu).
In alternativa, l’inizio delle operazioni peritali del ctu deve essere comunicato fuori udienza, ai difensori delle parti (ovviamente a cura dello stesso professionista) tramite “biglietto di cancelleria” notificato a mezzo di un ufficiale giudiziario, o più semplicemente mediante fax, posta elettronica certificata o lettera raccomandata. Questo perché, ai sensi dell’art. 194 cod. Proc. civ. “le parti possono intervenire alle operazioni in persona e a mezzo dei propri consulenti tecnici e dei difensori”, e possono presentare istanze e osservazioni al ctu, sia per iscritto che oralmente.
È possibile differire l’inizio delle operazioni peritali del ctu, anche su richiesta delle parti interessate (o dei loro difensori o ctp) purchè vi sia un motivo legittimo ed oggettivo.
L’obbligo di comunicare l’inizio delle operazioni peritali del ctu, previsto a pena di nullità ed inutilizzabilità della consulenza tecnica, non si estende nel caso in cui si renda necessario (e nella prassi ciò avviene quasi sempre) proseguirle. È onere delle parti, in tal caso, informarsi sullo svolgimento delle indagini successive.
L’avviso del prosieguo delle indagini è necessario soltanto qualora il c t u non fissi una data, ma le rinvii “a data da destinarsi”.
QUALI SONO I POTERI DEL CTU NELLO SVOLGIMENTO DEI SUOI COMPITI
Come detto, il giudice può autorizzare il c t u a chiedere chiarimenti alle parti (si ricorda, a tal proposito, che ai sensi dell’art. 88 cod. Proc. civ. le parti devono comportarsi con lealtà e probità, e che il loro comportamento può essere rilevante ex art. 116 cod. Proc. civ ai fini della decisione), ad assumere informazioni da terzi e a eseguire piante, calchi e rilievi, ma tenendo ben presente che, ai sensi dell’art. 90 disp. Att. cod. Proc. civ. “non può ricevere altri scritti defensionali oltre quelli contenenti le osservazioni e le istanze di parte consentite dall’articolo 194 del Codice”.
Questo perché, come ricordato, oggetto dell’indagine del c t u possono essere solamente i fatti “provati” o almeno “dedotti” dalle parti, nei modi e nei termini a loro consentiti.
L’autorizzazione non è richiesta quando i fatti da acquisire, su cui ricavare informazioni siano accessori, o “secondari” cioè non rientranti nell’oggetto della controversia.
Per garantire il contraddittorio, tuttavia, il c t u dovrà indicare alle parti, la fonte dei documenti rilevanti dal punto di vista tecnico ed utili ai fine della decisione, sebbene non facenti parte del fascicolo processuale. Ad esempio, il ctu medico legale potrà acquisire cartelle cliniche o referti di esami clinici.
Ci si è chiesti se possano qualificare, le dichiarazioni dei terzi al ctu un mezzo di prova o no. La Cassazione (sentenza n. 14652 del 2012) risponde che si tratta di prove indiziarie: né i chiarimenti delle parti possono avere valore confessorio o negoziale, né tantomeno le dichiarazioni dei terzi hanno il valore della testimonianza.
L’utilizzo di documenti al di fuori dei poteri del c t u, rende nulla la perizia.
Non necessita l’autorizzazione nel caso in cui si renda necessario l’intervento di un ausiliario del ctu. Si precisa che solo qualora l’ausiliario del ctu venga autorizzato, potrà chiedere il rimborso delle spese sostenute.
COME AVVIENE IL TENTATIVO DI CONCILIAZIONE DEL C T U
Tra i compiti assegnati dal giudice al c t u, vi può essere quello di esperire il tentativo di conciliazione tra le parti. Questo perché la perizia, facendo luce su aspetti tecnici essenziali per la risoluzione della controversia, potrebbe permettere di trovare un accordo tra i litiganti.
In tal caso, ai sensi dell’art. 199 cod. Proc. civ, “Se le parti si conciliano, si redige processo verbale della conciliazione, che è sottoscritto dalle parti e dal consulente tecnico e inserito nel fascicolo d’ufficio”, il che comporta l’estinzione del processo civile.
Il verbale di conciliazione ha valore di titolo esecutivo. Ciò vuol dire che, qualora le parti non ottemperino agli impegni presi, può essere iniziato il procedimento (diverso ed ulteriore) di esecuzione forzata.
Se, al contrario, il tentativo di conciliazione ha esito negativo, l’art. 200 cod. Proc. civ. dice che “il consulente espone i risultati delle indagini compiute e il suo parere in una relazione, che deposita in cancelleria nel termine fissato dal giudice istruttore”, ed il processo continua il suo normale percorso.
COME VIENE REGOLATO L’INTERVENTO DEL CTP IN TRIBUNALE
In base all’art. 201 del codice di procedura civile, il giudice, con l’ordinanza di nomina del c t u, assegna alle parti un termine entro cui effettuare la nomina del ctp, cioè del il consulente tecnico di parte. Si tratta di un professionista dotato delle medesime conoscenze tecniche specifiche del ctu.
La nomina del ctp (anche da parte del difensore, in assenza di mandato ad hoc) deve essere depositata in cancelleria e non presentata al c t u, se non per cortesia, indicandone il domicilio o il recapito (art. 91 disp. att. cod. proc. civ.).
Il termine indicato dal giudice per la nomina del ctp, si ritiene essere ordinatorio, pertanto l’ultimo momento utile è quello dell’inizio delle operazioni peritali del ctu.
La funzione del ctp in tribunale è quella di coadiuvare, assistere e controllare l’attività del ctu. A tal fine, “Il cancelliere deve dare comunicazione al consulente tecnico di parte, regolarmente nominato, delle indagini predisposte dal consulente d’ufficio”.
Inoltre partecipaall’udienza e alla camera di consiglio, ogni volta che vi interviene il c t u, per chiarire e svolgere, con l’autorizzazione del presidente, le sue osservazioni sui risultati delle indagini tecniche.
La nomina del ctp è opportuna anche per presentare domande al c t u ed a sollecitare la valutazione di alcuni elementi che potrebbero essere sfuggiti o sottovalutati da parte del c t u.
QUALE DIFFERENZA TRA C T U E CTP
Alla luce dei precedenti paragrafi, possiamo così riassumere la differenza tra ctu e ctp.
Una differenza è il soggetto che esegue la nomina. Si parla di c t u, ovvero di consulenza tecnica d’ufficio, quando essa è disposta, appunto, d’ufficio dal giudice, cioè a prescindere da una richiesta delle parti processuali.
Si parla poi di consulenza tecnica di parte o ctp, nel senso che la legge permette di affiancare, al consulente tecnico “imparziale” nominato dal giudice, un consulente tecnico di ciascuna parte processuale.
La nomina del ctp è fatta dalle parti processuali e non è vincolata all’obbligo, previsto invece per il ctu, di sceglierlo tra le liste dei professionisti iscritti in appositi albi.
Differenti poi sono i poteri del ctu e ctp, come illustrati nei paragrafi precedenti.
Altra differenza, sta nei criteri di scelta del consulente ctu e ctp. Come abbiamo visto, il giudice può nominare come c t u anche un professionista non iscritto all’albo (ad esempio un ctu psicologo) solamente una volta sentito il presidente e data adeguata motivazione.
Anche se, opportunamente, si tende ad effettuare la nomina del ctp tra i professionisti che danno maggiori garanzie di professionalità, le parti private del processo civile non sono obbligate, a differenza del giudice, a pescare il proprio consulente nelle liste degli albi professionali.
Conseguentemente, ulteriore differenza sta nel compenso del professionista. Mentre i compensi del ctp sono frutto di un accordo “privato” tra il professionista e la parte, i compensi del c t u sono regolati in base alla legge, di cui diremo nei paragrafi successivi.
Altra differenza, sta nella responsabilità del ctp, il quale, a differenza del c t u, non è considerato pubblico ufficiale. La sua si delinea pertanto in una responsabilità contrattuale, nei confronti della parte che ha conferito l’incarico. In particolare, trattandosi di una prestazione intellettuale e di una obbligazione di mezzo e non “di risultato”, il ctp deve essere remunerato anche in caso di soccombenza processuale per la parte che lo ha incaricato.
IL VERBALE DEL C T U
Il c t u verbalizza le operazioni svolte nel corso del suo incarico, in un apposito documento, ossia il verbale di ctu.
In tale documento, il c t u annota il giorno ed il luogo delle attività, le persone presenti, l’attività svolta e le altre circostanze ritenute rilevanti.
La relazione peritale contiene, essenzialmente, la risposta ai quesiti posti dal giudice.
A differenza di quanto accadeva in passato, con la nuova normativa (art. 195 cod. Proc. civ) il c t u non deposita la relazione peritale in cancelleria, ma la comunica alle parti, entro il termine stabilito dal giudice, per permettere a queste di elaborare le controdeduzioni alla ctu. Difatti, preso atto della perizia ctp (e quindi la parte processuale) può trasmettere al ctu osservazioni e note scritte.
A queste, il ctu può rispondere, depositando la relazione conclusiva entro la data all’uopo stabilita dal giudice.
Si tratta di un termine considerato ordinatorio, nel senso che, in caso di circostanze motivate, il ctu può chiedere al giudice una proroga per il deposito della relazione peritale.
I COMPENSI DEL CTU
I compensi del ctu sono regolati dal Decreto Legislativo 115 del 2002 (conosciuto come Testo Unico in materia di spese di giustizia) e dal Decreto Ministeriale del 30 maggio 2002.
In qualità di ausiliario del magistrato, al ctu ha diritto ex art. 49 TUSG a: l’onorario, l’indennità di viaggio e di soggiorno, le spese di viaggio e il rimborso delle spese sostenute per l’adempimento dell’incarico.
La misura degli onorari fissi (se risulta agevole pre-determinarli in anticipo, come avviene sovente, ad esempio, nella ctu medico legale) e variabili (per la difficoltà di prevederne i costi, in casi di ctu particolarmente complessa o di numerosi quesiti) sono regolati dall’allegato al decreto ministeriale del 30.05.2002, che prevede, per questi ultimi, la possibilità di oscillare da un minimo ad un massimo che il giudice deve stabilire sulla base “ delle difficoltà, della completezza e del pregio della prestazione fornita” (art. 51 TUSG).
I compensi sono liquidati dal giudice e messi a carico delle parti, tra di loro obbligate in solido, “atteso che l’attività posta in essere dal professionista è finalizzata alla realizzazione del superiore interesse della giustizia, che invece non rileva nei rapporti interni tra le parti, nei quali la ripartizione delle spese è regolata dal diverso principio della soccombenza” (Cassazione, sentenza n. 28094/2009”.
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