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La bancarotta fraudolenta ex art 216 legge fallimentare

La bancarotta fraudolenta ex art 216 legge fallimentare

I reati di bancarotta

Con l’entrata in vigore del D.Lgs. n. 14/2019, il reato di bancarotta fraudolenta, prima previsto dall’art 216 legge fallimentare, trova collocazione all’art. 322 del nuovo codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza.
A parte la sostituzione del termine “fallimento” con “liquidazione giudiziale”, il testo normativo è rimasto identico, nella sostanza. Tuttavia, per comodità, si preferisce riferirsi alla vecchia collocazione normativa, poiché è a questa che la giurisprudenza e la dottrina si riferisce.
Si tratta di un reato che, al pari della bancarotta semplice ex art 217 legge fallimentare (confluito all’art. 323 del nuovo codice della crisi dell’impresa e dell’insolvenza), riguarda l’imprenditore “fallibile”, cioè soggetto alla disciplina del fallimento, che versa in stato di insolvenza, nonché i soggetti che sono investiti del potere gestorio dell’impresa (amministratori, direttori generali, sindaci, liquidatori), sia formalmente che di fatto ( cd amministratore di fatto). Oltre a questi, nella maggior parte dei casi sono coinvolti altri soggetti, esterni alla società, a titolo di concorso in bancarotta fraudolenta. L’articolo esamina come si realizza il concorso in bancarotta fraudolenta e quali sanzioni sono previste per il concorrente.

Viene inoltre illustrata la differenza tra le fattispecie di cui all’art 217 legge fallimentare e art 216 legge fallimentare, cioè tra bancarotta semplice e fraudolenta, con particolare riferimento alla bancarotta c.d. “documentale”.
Quando è possibile il concorso tra bancarotta fraudolenta e impropria societaria? Qual è la prescrizione dei reati fallimentari? Chi risponde di bancarotta fraudolenta nelle srl?
Gli argomenti di questo articolo sono:


COSA SONO LA BANCAROTTA SEMPLICE E FRAUDOLENTA EX ART 217 LEGGE FALLIMENTARE E ART 216 LEGGE FALLIMENTARE

La bancarotta semplice e fraudolenta sono due reati previsti rispettivamente all’art 217 legge fallimentare (Regio Decreto n. 267/1942) e all’art 216 legge fallimentare, che sanzionano il comportamento dell’imprenditore dichiarato fallito, o comunque prossimo alla dichiarazione perché in stato di grave crisi aziendale, che volontariamente impoverisce il patrimonio dell’azienda, sottraendo o alterando quelle risorse che sarebbero state ripartite ai creditori, all’esito della procedura di fallimento, secondo il principio della “par condicio creditorum”. Oppure che ne rende difficoltoso il procedimento, alterando la regolarità delle scritture contabili.
Si tratta, in entrambe i casi, di reati “propri”, poiché soggetto attivo può essere solamente colui che può essere dichiarato fallito, cioè l’imprenditore commerciale (c.d. bancarotta propria), nonché, come vedremo, coloro che all’interno della società ricoprono posizioni particolari (c.d. bancarotta impropria).


COSA DICE L’ART 216 LEGGE FALLIMENTARE.

L’art 216 legge fallimentare (R.D. del 16 marzo 1942, n. 267) disciplina l’ipotesi della bancarotta fraudolenta, ossia la fattispecie penale che si verifica allorquando un imprenditore, oppure una società mettono in atto una serie di comportamenti, mediante le quali aggravano il proprio stato di insolvenza, sì da pregiudicare la soddisfazione delle pretese creditorie.
L’art 216 legge fallimentare, infatti, prevede al primo comma una pena che va da tre a dieci anni per l’imprenditore non ancora dichiarato fallito, che “ha distratto, occultato, dissimulato, distrutto o dissipato in tutto o in parte i suoi beni, ovvero, allo scopo di recare pregiudizio ai creditori, ha esposto o riconosciuto passività inesistenti; ha sottratto, distrutto o falsificato, in tutto o in parte, con lo scopo di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizi ai creditori, i libri o le altre scritture contabili o li ha tenuti in guisa da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari”.
Successivamente, il secondo comma dell’art 216 legge fallimentare regola i casi nei quali le condotte di cui al primo comma sono tenute nel corso o in seguito all’apertura della procedura fallimentare.

Il terzo comma si occupa invece di un particolare tipo di bancarotta, detta “preferenziale”, punita meno severamente, per poi concludere, al comma IV, con la previsione nei termini della pena accessoria dell’inabilitazione per dieci anni all’esercizio di un’impresa commerciale.


QUALI SONO LE TIPOLOGIE DI BANCAROTTA FRAUDOLENTA PREVISTE DALL’ART 216 LEGGE FALLIMENTARE.

Il reato di bancarotta di cui all’art 216 legge fallimentare prevede tre differenti tipologie di illecito:

  • bancarotta fraudolenta patrimoniale (co. 1 n. 1 art 216 legge fallimentare) che ha per oggetto il patrimonio dell’impresa.
  • bancarotta fraudolenta documentale (co. 1 n. 2 art 216 legge fallimentare) laddove le scritture contabili obbligatorie siano distrutte, occultate o falsificate con lo scopo di eludere le ragioni dei creditori o recare a sé o ad altri un ingiusto profitto.
  • bancarotta fraudolenta preferenziale (co. 3 art 216 legge fallimentare) è volta a punire l’imprenditore che consapevolmente e intenzionalmente soddisfa taluni creditori in danno di altri, così violando il principio della par condicio creditoria, che anima l’intero diritto fallimentare.

Ulteriore distinzione è tra la bancarotta post-fallimentare e pre-fallimentare. Con la prima, individuata dal secondo comma dell’art 216 legge fallimentare, ci si riferisce alle condotte poste in essere dopo la formale dichiarazione di fallimento. La bancarotta pre fallimentare ex comma 1 dell’art 216 legge fallimentare, concerne invece quei comportamenti che sono posti in essere prima della formale sentenza di fallimento, che rileva come condizione oggettiva di punibilità. La distinzione rileva, in particolare, per l’elemento soggettivo della bancarotta documentale: se pre-fallimentare, è richiesto il dolo specifico (“con lo scopo di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizio ai creditori”) mentre è sufficiente il dolo generico nella bancarotta fraudolenta documentale post fallimentare.
Infine, si distingue ancora tra bancarotta propria ed impropria, a seconda della qualifica del soggetto che pone in essere le condotte incriminate, se l’imprenditore o il soggetto diverso, cui è devoluto il potere gestorio.


QUALI SONO I PRESUPPOSTI DELLA BANCAROTTA FRAUDOLENTA EX ART 216 LEGGE FALLIMENTARE.

Affinché possa configurarsi il reato di bancarotta fraudolenta di cui all’art 216 legge fallimentare, così come quello di bancarotta semplice previsto dall’art 217 legge fallimentare di cui diremo nei paragrafi successivi, è necessario che l’imprenditore o la società siano stati dichiarati falliti. A tal proposito, è la stessa legge fallimentare all’art. 1, a indicare i presupposti al ricorrere dei quali è possibile incorrere in una declaratoria di fallimento.
Detti requisiti possono essere sunti in cinque punti, distinti fra soggettivi, oggettivi e dimensionali.

  • Il primo presupposto è quello soggettivo, giacché possono fallire imprese private, sia ditte individuali che società, che esercitano un’attività commerciale. Non possono essere dichiarati falliti gli enti pubblici, le imprese non commerciali, i piccoli imprenditori e coloro che lavorano in proprio o con familiari.
  • Il secondo requisito, invece, è di tipo oggettivo e consiste nello stato di insolvenza e, cioè, l’incapacità dell’imprenditore di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni, siano esse di natura economica o materiale (si pensi, per esempio, alla consegna delle merci).
  • Il terzo parametro, così come il quarto e il quinto, attiene all’aspetto dimensionale dell’impresa e consiste nell’attivo patrimoniale annuo, in ordine ai tre esercizi precedenti la data di deposito della richiesta di fallimento, superiore a trecentomila euro.
  • Il penultimo presupposto concerne i ricavi lordi conseguiti dall’imprenditore nei tre esercizi precedenti all’istanza di fallimento che, ai fini della fallibilità, devono eccedere i duecentomila euro.
  • Infine, alla data della istanza di fallimento, l’imprenditore deve avere debiti (anche non scaduti) maggiori a cinquecentomila euro.

La formale dichiarazione di fallimento è elemento centrale del reato. Su di questa, come già accennato, si gioca la differenza tra bancarotta pre e post fallimentare, e soprattutto il decorrere della prescrizione dei reati fallimentari.


CHI È IL SOGGETTO ATTIVO DEL REATO EX ART 216 LEGGE FALLIMENTARE

In primo luogo, il soggetto attivo dei reati di bancarotta semplice e fraudolenta è l’imprenditore fallibile, ossia l’imprenditore commerciale, che è il titolare del patrimonio dell’impresa.
La definizione di imprenditore commerciale rilevante ai fini della fallibilità ex art 1 della legge fallimentare, si ricava dal combinato disposto degli artt. 2082, 2135 e 2195 cod. civ..
È imprenditore commerciale, il soggetto che “esercita professionalmente una attività economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o di servizi” e, non essendo qualificabile come imprenditore agricolo, è soggetto all’obbligo di registrazione nel registro delle imprese, ossia esercita:

  1. un’attività’ industriale diretta alla produzione di beni o di servizi;
  2. un’attività’ intermediaria nella circolazione dei beni;
  3. un’attività’ di trasporto per terra, per acqua o per aria;
  4. un’attività’ bancaria o assicurativa;
  5. altre attività’ ausiliarie delle precedenti”.

Tradizionalmente veniva esclusa dal novero delle attività commerciali fallibili la figura dell’imprenditore agricolo. Si tratta di un’impostazione oramai superata, giacché anch’essi , con la novella apportata dal D.L. n. 98/2011, possono accedere alle procedure degli accordi di ristrutturazione di cui agli artt 182 bis e 182 ter legge fallimentare laddove si trovino in stato di crisi o insolvenza. La stessa distinzione tra imprenditore commerciale d agricolo non è più netta, essendo concesso, a quest’ultimo, l’esercizio di attività non prettamente agricole, ma “connesse”.
Nel caso delle società in nome collettivo ed in accomandita semplice, la responsabilità penale dell’imprenditore si estende ai soci illimitatamente responsabili, ex art 222 legge fallimentare (oggi art. 328 D.Lgs. 14/2019).
Oltre all’imprenditore, il reato di bancarotta semplice e fraudolenta può essere commesso da un soggetto diverso. Si parla di bancarotta “impropria” ex art. 223, 224 e 236 l.fall. , quando i reati di bancarotta semplice o fraudolenta sono commessi da chi esercita funzioni di gestione e controllo, senza necessariamente avere la qualifica di imprenditore commerciale: dagli amministratori, dai direttori generali, dai sindaci e dai liquidatori di società dichiarate fallite (oggi “in liquidazione giudiziale”). È il caso, ad esempio, della bancarotta fraudolenta delle srl o delle spa.
La stessa responsabilità per bancarotta impropria si estende all’amministratore “di fatto” (come da sentenza della Cassazione n. 547/2016), cioè colui che, pur senza un’investitura formale, esercita regolarmente la gestione della società.


QUANDO L’ESTRANEO È PUNIBILE PER CONCORSO IN BANCAROTTA FRAUDOLENTA EX ART 216 LEGGE FALLIMENTARE

Oltre all’imprenditore e ai soggetti qualificati, anche un soggetto estraneo agli organi dirigenziali della società può essere chiamato a rispondere del reato di cui all’art 216 legge fallimentare, a titolo di concorso in bancarotta fraudolenta, il che accade molto spesso.
Si pensi al professionista che collabora con l’impresa, ma anche al dipendente, che in qualche modo agevoli sul piano materiale, oppure anche solamente su quello morale, la commissione del reato di bancarotta semplice o fraudolenta.
La responsabilità per il concorso in bancarotta fraudolenta nasce dal combinato disposto tra l’art 216 legge fallimentare e l’art 110 codice penale, il quale dispone che “quando più̀ persone concorrono nel medesimo reato, ciascuna di esse soggiace alla pena per questo stabilita (…)”.
La giurisprudenza di legittimità ammette il concorso in bancarotta fraudolenta “qualora la condotta realizzata in concorso con il fallito sia stata efficiente per la produzione dell’evento e il terzo concorrente abbia operato con la consapevolezza e la volontà di aiutare l’imprenditore in dissesto a frustare gli adempimenti predisposti dalla legge a tutela dei creditori dell’impresa” (Cass. Pen. Sez. V, sent. n. 27367/2011). Si richiede altresì che l’extraneus operi nella consapevolezza della qualifica soggettiva dell’”intraneus”.
Per fare un esempio di concorso in bancarotta fraudolenta, possiamo riferirci al commercialista che, informato della difficile situazione nella quale versa l’impresa, d’accordo con l’imprenditore, costituisce talune società intestate a terzi, alle quali trasferire taluni beni del patrimonio societario; laddove la società successivamente fallisca, delle anzidette condotte distrattive sarà chiamato a rispondere sia l’imprenditore ex art 216 legge fallimentare, sia il commercialista, a titolo di concorso in bancarotta fraudolenta.


QUAL È IL PRESUPPOSTO OGGETTIVO DELL’ART 216 LEGGE FALLIMENTARE

Affinché sia configurabile il reato di bancarotta semplice e fraudolenta di cui all’art 216 legge fallimentare e all’art 217 legge fallimentare, è necessario che l’imprenditore o la società siano stati dichiarati falliti. Fra i presupposti della dichiarazione di fallimento, quello oggettivo consiste nello stato di insolvenza, nel quale deve versare l’impresa.
Infatti l’art. 5 legge fallimentare afferma che “l’imprenditore che si trova in stato di insolvenza è dichiarato fallito”.
Lo stato di insolvenza esprime la condizione nella quale versa l’imprenditore, tale per cui egli è incapace di adempiere regolarmente alle proprie obbligazioni, passate e future, in virtù della insufficienza dei mezzi necessari per effettuare i pagamenti.
Secondo la giurisprudenza, l’insolvenza non corrisponde necessariamente con lo squilibrio tra elementi attivi e passivi del bilancio, “né può dirsi che lo stato di insolvenza richiesto ai fini della pronunzia dichiarativa del fallimento dell’imprenditore sia escluso dalla circostanza che l’attivo superi il passivo, posto che il significato oggettivo dell’insolvenza implica una valutazione circa le condizioni economiche necessarie (secondo un criterio di normalità) all’esercizio di attività economiche; si identifica, dunque, con uno stato di impotenza funzionale non transitoria a soddisfare le obbligazioni inerenti all’impresa e si esprime, secondo una tipicità desumibile dai dati dell’esperienza economica, nell’incapacità di produrre beni con margine di redditività da destinare alla copertura delle esigenze di impresa (prima fra tutte l’estinzione dei debiti), nonché nell’impossibilità di ricorrere al credito a condizioni normali, senza rovinose decurtazioni del patrimonio” (Cassazione, sentenza n. 7252/14).
Di tal guisa, anche in assenza di pronta liquidità nella casse dell’impresa, non necessariamente deve parlarsi di insolvenza atteso che essa potrebbe comunque essere capace di onorare i propri impegni mediante aperture di credito da parte degli istituti bancari.


QUALI SONO I COMPORTAMENTI PUNITI NELL’ART 216 LEGGE FALLIMENTARE

Sotto l’aspetto dell’elemento oggettivo, le condotte materiali del reato di bancarotta fraudolenta ex art 216 legge fallimentare possono essere di varia natura: occultamento o distruzione di beni potenzialmente utili ai creditori; dissipazione del patrimonio, mediante spese inutili e/o sproporzionate; esposizione e riconoscimento di passività inesistenti.
In particolare, la “distrazione” consiste nel “distoglimento di attività alla loro naturale funzione di garanzia dei creditori della società in decozione” come affermato dalla Suprema Corte di Cassazione, V sezione penale, con la sentenza n. 37920/2010. Pertanto, volendo fare un esempio pratico, configura il reato di bancarotta fraudolenta per distrazione ex art 216 legge fallimentare il contegno dell’imprenditore che, dichiarato fallito, nasconde, distrugge o distrae i propri beni onde sottrarli al fallimento e, di tal guisa, alle ragioni creditorie.


ART 216 LEGGE FALLIMENTARE: QUALE DIFFERENZA FRA BANCAROTTA SEMPLICE E FRAUDOLENTA

La bancarotta semplice e fraudolenta, previste rispettivamente dall’art 217 legge fallimentare e dall’art 216 legge fallimentare, si differenziano in ordine al diverso atteggiarsi dell’elemento soggettivo.
Ai fini dell’integrazione della bancarotta semplice ex art 217 legge fallimentare, l’elemento soggettivo può essere costituito sia dal dolo che dalla colpa, ravvisabili allorquando l’imprenditore ometta, con coscienza e volontà ovvero per mera negligenza, di tenere le scritture contabili.
Viceversa, per il reato di bancarotta fraudolenta di cui all’art 216 legge fallimentare, il profilo psicologico deve essere integrato dal dolo generico, ossia la coscienza e volontà di recare danno ai creditori, con lo specifico intento di rendere difficoltosa la ricostruzione delle vicende del patrimonio societario, come chiarito dalla giurisprudenza di legittimità con sentenza n. 2900/2018, in conformità alle precedenti decisioni n. 55065/2016 e 48523/2011.
Alla luce del contegno psicologico tenuto dall’agente, quindi, la bancarotta semplice e fraudolenta sono punite in modo distinto, laddove la fattispecie di cui all’art 217 legge fallimentare, connotata da un minor disvalore, è sanzionata meno severamente.
Altra differenza tra bancarotta semplice e fraudolenta, riguarda la bancarotta documentale, oggetto del prossimo paragrafo.


QUALI SCRITTURE CONTABILI RILEVANO AI FINI DEI REATI DI BANCAROTTA SEMPLICE E FRAUDOLENTA DOCUMENTALE EX ART 217 LEGGE FALLIMENTARE E ART 216 LEGGE FALLIMENTARE.

Nelle fattispecie di bancarotta semplice e fraudolenta documentale di cui all’art 217 legge fallimentare ed all’art 216 legge fallimentare, assume rilievo la corretta tenuta delle scritture contabili.
Sul punto, è però opportuno precisare che non qualsiasi scrittura contabile rileva.

L’art 2214 codice civile rubricato “libri obbligatori e altre scritture contabili” , prevede che “l’imprenditore che esercita un’attività commerciale deve tenere il libro giornale e il libro degli inventari. Deve altresì tenere le altre scritture contabili che siano richieste dalla natura e dalle dimensioni dell’impresa (…)”.
Inoltre, l’imprenditore deve anche tenere tutte quelle scritture contabili previste dalle leggi tributarie come, per esempio, i registri IVA.
La dottrina è solita tenere distinte le scritture contabili (aventi lo scopo di rappresentare da un punto di vista quantitativo le operazioni economiche e gli elementi patrimoniali dell’impresa) da quelle giuridiche (le quali riflettono le vicende di carattere giuridico dell’impresa o sono comunque idonee ad assumere evidenza giuridica, ad esempio lettere, fatture, etc.).
In sintesi, le scritture contabili possono essere distinte in tre categorie:

  • obbligatorie per tutti: libro giornale, libro degli inventari , fascicolo della corrispondenza;
  • obbligatorie solamente per alcuni tipi di società;
  • facoltative.

La differenza tra bancarotta semplice e fallimentare documentale sta nell’elemento oggettivo. In particolare, oggetto materiale dell’art 216 legge fallimentare sono “i libri o le altre scritture contabili” siano esse obbligatorie o facoltative.
Al contrario, l’oggetto materiale dell’art 217 legge fallimentare è più circoscritto e riguarda i libri e le altre scritture contabili obbligatori in quanto “prescritti dalla legge”.


QUALI SANZIONI SI APPLICANO ALL’ART 216 LEGGE FALLIMENTARE

La bancarotta fraudolenta “patrimoniale” e “documentale” in base al comma 1 dell’art 216 legge fallimentare prevedono la pena principale della reclusione da 6 a 10 anni.
Più mite la sanzione prevista per la bancarotta fraudolenta preferenziale, prevista dal comma 3 dell’art 216 legge fallimentare: da uno a cinque anni di reclusione.
In base all’art. 219 l.f. la pena principale può essere aumentata:

  • Fino alla metà, in caso di danno patrimoniale di rilevante gravità.
  • Fino ad un terzo (art. 64 cod. pen.) se il colpevole ha commesso più fatti tra quelli previsti in ciascuno degli articoli indicati; oppure se il colpevole per divieto di legge non poteva esercitare un’impresa commerciale.

Può essere altresì diminuita fino ad un terzo, se il danno patrimoniale è di speciale tenuità.
Oltre alla pena principale, la disposizione in esame prevede le pene accessorie della inabilitazione all’esercizio di un’impresa commerciale e della incapacità a esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa, per la durata di dieci anni.
Sono poi fatte salve le ulteriori pene accessorie previste dagli artt. 28 e ss cod pen..

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COME CALCOLARE LA PRESCRIZIONE NEI REATI FALLIMENTARI.

Qual è il termine di prescrizione per i reati fallimentari esaminati? I reati di bancarotta semplice e fraudolenta di cui all’art 217 legge fallimentare e all’art 216 legge fallimentare si prescrivono in tempi diversi, alla luce dell’art. 157 cod. pen., secondo il quale “la prescrizione estingue il reato decorso il tempo corrispondente al massimo della pena edittale stabilita dalla legge e comunque un tempo non inferiore a sei anni se si tratta di delitto e a quattro anni se si tratta di contravvenzione (…)”.
La prescrizione dei reati fallimentari di bancarotta semplice e fraudolenta si compie in 6 anni per la fattispecie dell’art 217 legge fallimentare e per l’ipotesi di cui al terzo comma dell’art 216 legge fallimentare (bancarotta fraudolenta preferenziale), mentre in 10 anni per quella di cui ai commi 1 e 2 dell’art 216 legge fallimentare.
Oltre a ciò, per calcolare il termine di prescrizione dei reati fallimentari in esame, occorre aggiungere l’eventuale periodo di sospensione ex art. 159 c.p. e di interruzione ex art. 160 c.p., per il quale, in ogni caso, il tempo necessario a prescrivere i reati di bancarotta semplice e fraudolenta, non può superare la quarta parte del periodo-base (art. 161 c.p.).


ART 216 LEGGE FALLIMENTARE: IL DIES A QUO DEL TERMINE DI PRESCRIZIONE DEI REATI FALLIMENTARI.

Da quando calcolare la prescrizione dei reati fallimentari?
La individuazione del dies a quo da cui calcolare il termine di prescrizione dei reati fallimentari, e soprattutto pre-fallimentari, è stato al centro di importanti discussioni in dottrina e giurisprudenza.
Occorre distinguere tra le ipotesi di bancarotta semplice e fraudolenta commesse prima della formale dichiarazione di fallimento (c.d. pre-falimentare) o successivamente (c.d. post-fallimentare).
Nei casi di bancarotta post-fallimentare, la Cassazione individua il momento consumativocon quello in cui vengono poste in essere le condotte integranti il fatto tipico, dalla cui consumazione iniziano dunque a decorrere i termini di prescrizione del reato” (Cassazione penale sez. V, 21/01/2011, n.18565).
La individuazione del termine iniziale della prescrizione, nella bancarotta semplice e fraudolenta pre-fallimentare, è più dibattuta.


DA QUANDO DECORRE LA PRESCRIZIONE DELLA BANCAROTTA PRE-FALLIMENTARE EX ART 216 LEGGE FALLIMENTARE

In tema di prescrizione dei reati fallimentari, la giurisprudenza individua il dies a quo della bancarotta semplice e fraudolenta pre-fallimentare, non nel momento nel quale l’imprenditore ha posto in essere le condotte sanzionate, bensì con la sentenza di fallimento.
Le criticità sorte in materia di prescrizione dei reati pre-fallimentari sono state originate dal dibattito afferente alla natura della sentenza di fallimento stessa.
Infatti, se la dottrina maggioritaria ha proteso da sempre per la tesi che identifica la sentenza di fallimento come condizione obiettiva di punibilità, muovendo da una ricostruzione dei reati fallimentari in termini di pericolo concreto, viceversa la giurisprudenza, di legittimità come di merito, è stata granitica a considerare la sentenza che dichiara il fallimento alla stregua di elemento costitutivo di siffatti reati.
La querelle è di centrale importanza, posto che la ricostruzione del carattere di detta declaratoria nei termini di condizione obiettiva di punibilità (ex art 44 cod. pen., sicché del tutto esterna rispetto alle condotte illecite), oppure di elemento costitutivo (che fa sì che contegni prima irrilevanti assumano rilievo), comporta importanti risvolti pratici, cristallizzando il momento nel quale il reato viene a perfezionarsi.
Un punto di incontro fra la tesi dottrinaria e l’orientamento giurisprudenziale sembra essere stato raggiunto con la “sentenza Santoro” (Cass. Pen. Sez. V Sent. n. 13910/2017) in occasione della quale la Suprema Corte è pervenuta a qualificare la sentenza che dichiara il fallimento come condizione obiettiva di punibilità, argomentando con l’esigenza di realizzare un giusto bilanciamento fra la tutela dell’iniziativa economica privata di cui all’art 41 cost. e la tutela dei creditori che si interfacciano con l’impresa.
Le pronunce successive alla citata sentenza, hanno riacceso l’annoso dibattito. In particolar modo, si sono venute a profilare tre filoni interpretativi divergenti.

  • Un primo orientamento (Cass. Pen. Sent. nn. 56315/2017, 4400/2017 e 53184/2017), in ossequio alla sentenza del 2017 ha continuato a inquadrare la sentenza di fallimento alla stregua di condizione obiettiva di punibilità.
  • Una seconda impostazione (Cass. Pen. Sent. n. 17819/2017) ha rievocato la teoria dell’elemento costitutivo improprio del reato.
  • Infine una terza posizione nega l’opportunità di doversi leggere la sentenza di fallimento nell’un senso piuttosto che nell’altro, essendo rilevante solamente il vulnus recato a creditori per mezzo della condotta dell’agente.

Nel tutt’ora esistente caos ermeneutico, che ruota attorno alla natura giuridica della pronuncia che dichiara il fallimento, ciò che resta immutato è il fatto che la prescrizione dei reati fallimentari inizia a decorrere dal giorno nel quale è stato dichiarato il fallimento da parte del Tribunale.


IL CONCORSO TRA BANCAROTTA FRAUDOLENTA E BANCAROTTA IMPROPRIA SOCIETARIA

Secondo la Cassazione (sentenza n. 19789/2018), è possibile il concorso tra bancarotta fraudolenta e il reato di bancarotta “societaria” (o “da reato societario”) ex art. 223 comma 2 l.f. che sussiste qualora gli amministratori, i direttori generali, i sindaci e i liquidatori di società dichiarate fallite, abbiano cagionato il dissesto della società, commettendo alcuno dei “reati societari” ex artt.

  • 2621 cod. civ. (False comunicazioni sociali.),
  • 2622 cod. civ. (False comunicazioni sociali in danno della società, dei soci o dei creditori),
  • 2626 cod. civ. (Indebita restituzione dei conferimenti.),
  • 2627 cod. civ. (Illegale ripartizione degli utili e delle riserve.),
  • 2628 cod. civ. (Illecite operazioni sulle azioni o quote sociali o della società controllante),
  • 2629 cod. civ. (Operazioni in pregiudizio dei creditori),
  • 2632 cod. civ. (Formazione fittizia del capitale),
  • 2633 cod. civ. (Indebita ripartizione dei beni sociali da parte dei liquidatori)
  • e 2634 cod. civ. (infedeltà patrimoniale),

oppure abbiano cagionato il fallimento della società, con dolo o per effetto di operazioni dolose .
Le fattispecie di bancarotta fraudolenta e bancarotta societaria hanno ambiti diversi: “il primo postula il compimento di atti di distrazione o dissipazione di beni societari ovvero di occultamento, distruzione o tenuta di libri e scritture contabili in modo da non consentire la ricostruzione delle vicende societarie, atti tali da creare pericolo per le ragioni creditorie, a prescindere dalla circostanza che abbiano prodotto il fallimento, essendo sufficiente che questo sia effettivamente intervenuto; il secondo concerne, invece, condotte dolose che non costituiscono distrazione o dissipazione di attività – né si risolvono in un pregiudizio per le verifiche concernenti il patrimonio sociale da operarsi tramite le scritture contabili – ma che devono porsi in nesso eziologico con il fallimento”.

Ne consegue che è possibile il concorso materiale qualora, oltre ad azioni ricomprese nello schema ex art 216 legge fallimentare, si siano verificati differenti ed autonomi comportamenti dolosi, concretandosi in abuso o infedeltà nell’esercizio della carica ricoperta o in un atto intrinsecamente pericoloso per l’andamento economico finanziario della società, i quali siano stati causa del fallimento.

Non è invece ammesso il concorso formale.
Al contrario, qualora l’azione diretta a causare il fallimento sia la stessa sussunta nel modello descrittivo della bancarotta fraudolenta, l’art 216 legge fallimentare assorbe il reato di bancarotta impropria societaria.


QUALI SARANNO LE SORTI DELL’ART 216 LEGGE FALLIMENTARE CON L’ENTRATA IN VIGORE DEL CODICE DELLA CRISI DELL’IMPRESA (D.LGS. N. 14/2019).

Il 10 gennaio 2019 è stato approvato il cosiddetto “Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza”, contenuto nel D. Lgs. n. 14/2019 la cui entrata in vigore era prevista per il 15 agosto 2020, rimandata a settembre 2021.
L’intento del decreto legislativo era quello di riordinare in maniera sistematica la materia fallimentare di cui al R.D. n. 267/1942 e quella della L. n. 3/2012, dedicata alle procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento.
La riforma legislativa si muove nel senso di una sostanziale continuità con la normativa previgente, seppur introducendo talune novità sul piano formale e lessicale.
In primo luogo, è scomparso il riferimento al termine “fallimento” per lasciare spazio alla locuzione “liquidazione giudiziale”, così come è eliminata l’espressione “fallito” per parlarsi ora di “imprenditore in liquidazione giudiziale”.
Non si tratta di una scelta casuale quanto, piuttosto, l’avvertita necessità di adeguarsi a una nuova concezione dell’insolvenza, svincolata da una connotazione di disvalore ab origine.
Per quanto concerne, poi, la bancarotta fraudolenta di cui all’art 216 legge fallimentare, essa è contenuta all’art 322, contenuto nel titolo IX del Codice rubricato, appunto, “disposizioni penali”.
La nuova disposizione, pur con le nuove espressioni lessicali, ricalca quanto già contemplato dall’art 216 legge fallimentare così come l’art 217 legge fallimentare dedicato alla bancarotta semplice è di fatto ripreso dall’art 323 del Codice della crisi; non è un caso, dunque, che la Cassazione con la sentenza n. 12056/2021 abbia negato che si tratti di un’ipotesi di abolitio criminis.
Infine, per quanto attiene al regime transitorio, l’art 389 prevede che le procedure pendenti alla data di entrata in vigore del decreto n. 14/2019 restino disciplinate dalla legge fallimentare sicché la nuova legislazione troverà applicazione solo pro futuro.


QUALE NOVITÀ VIENE INTRODOTTA DAL CODICE DELLA CRISI PER LA BANCAROTTA SEMPLICE E FRAUDOLENTA

Novità interessante è quella introdotta dall’art 25 del Codice della crisi il quale, al comma II, prevede che nel caso di reato ex artt 322 e 323 (cioè la bancarotta semplice e fraudolenta del vecchio art 217 legge fallimentare e art 216 legge fallimentare) e limitatamente alle condotte poste in essere prima dell’apertura della procedura di composizione assistita della crisi e rispetto alla quale l’imprenditore si è dimostrato diligente e in buona fede, “il danno cagionato è di speciale tenuità, non è punibile chi ha tempestivamente presentato l’istanza all’organismo di composizione assistita della crisi d’impresa ovvero la domanda di accesso a una delle procedure di regolazione della crisi o dell’insolvenza (…) se, a seguito delle stesse, viene aperta una procedura di liquidazione giudiziale o di concordato preventivo, ovvero viene omologato un accordo di ristrutturazione dei debiti. Fuori dei casi in cui risulta un danno di speciale tenuità, per chi ha presentato l’istanza o la domanda, la pena è ridotta fino alla metà quando, alla data di apertura della procedura di regolazione della crisi o dell’insolvenza, il valore dell’attivo inventariato od offerto ai creditori assicura il soddisfacimento di almeno un quinto dell’ammontare dei debiti chirografari e, comunque, il danno complessivo non supera l’importo di euro 2.000.000”.

 

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