interdizione legale

L’interdizione legale

Breve analisi dell’interdizione legale

L’interdizione legale

Quando si parla di interdizione legale, si fa riferimento a uno dei casi di incapacità di agire previsti dalla legge. Nel nostro ordinamento giuridico, l’interdizione legale consiste nella preclusione al compimento di atti giuridici di ordinaria e straordinaria amministrazione ed opera quale pena accessoria ex art. 32 cod. pen. alla condanna alla pena dell’ergastolo o alla reclusione per un tempo non inferiore ai cinque anni.
In questi casi, il condannato perde la capacità legale per tutto il tempo dell’esecuzione della pena (definitivamente nel caso di condanna all’ergastolo), e con essa la possibilità di porre in essere personalmente atti di natura patrimoniale per i quali deve essere nominato un tutore legale.

Sebbene l’interdizione legale discenda automaticamente dalla sentenza di condanna, la nomina del tutore non è automatica, ma deve essere richiesta dal condannato.

A sua volta, il tutore legale necessita di una autorizzazione da parte del giudice tutelare o del tribunale, per il compimento degli atti che eccedono l’ordinaria amministrazione, quale ad esempio la vendita di un immobile.

L’interdizione legale non deve essere confusa con l’interdizione giudiziale: pur risolvendosi anch’essa nella impossibilità di compiere atti giuridicamente rilevanti, quest’ultima non ha una funzione punitiva, ma protettiva degli interessi dello stesso interdetto.
Tuttavia, l’interdizione legale condivide con l’interdizione giudiziale la disciplina: l’art. 32 cod. pen. rinvia a quest’ultima per ciò che concerne la disponibilità e l’amministrazione dei beni, nonché la rappresentanza negli atti ad esse relativi.
Nel presente contributo, gli argomenti trattati sono i seguenti:


INTERDIZIONE LEGALE: COS’È LA INCAPACITÀ LEGALE

Per delineare la portata concettuale dell’interdizione legale, occorre previamente soffermarsi sul concetto di capacità di agire, la quale è definibile come l’idoneità a compiere atti giuridicamente validi. Solitamente, la capacità di agire si acquisisce al compimento del diciottesimo anno di età, ai sensi dell’art. 2 cod. civ., mentre la capacità giuridica, ovverosia l’attitudine alla titolarità di posizioni giuridiche (diritti e doveri) si acquista alla nascita e si perde solamente con la morte (art. 1 cod. civ.).
Per contro, la incapacità legale consiste nella impossibilità di compiere atti giuridicamente validi, come ad esempio un contratto. In particolare, la legge distingue tra due forme di incapacità legale:

  • incapacità assoluta: i soggetti assolutamente incapaci non possono compiere atti giuridicamente validi, sia che riguardino l’amministrazione ordinaria che straordinaria;
  • incapacità relativa: i soggetti relativamente incapaci possono compiere atti di ordinaria amministrazione, ma non quelli di amministrazione straordinaria, ad esempio quelli indicati all’art. 320 cod. civ. (alienare, ipotecare o dare in pegno i beni pervenuti a qualsiasi titolo, accettare o rinunziare ad eredità o legati, accettare donazioni, procedere allo scioglimento di comunioni, contrarre mutui o locazioni ultranovennali).

Diversa è la condizione di incapacità naturale (art. 428 cod. civ.): a differenza delle ipotesi precedenti, la incapacità naturale è determinata da una condizione temporanea, quale lo stato di ebbrezza o l’ipnosi.


QUALI SONO I PRESUPPOSTI PER L’INTERDIZIONE LEGALE.

L’interdizione legale rientra, assieme all’interdizione giudiziale ed alla minore età, tra le cause di incapacità legale assoluta.

Diversamente da quanto avviene nel caso dell’interdizione giudiziale, opera automaticamente per effetto della sola circostanza che il soggetto sia stato condannato con sentenza definitiva alla pena dell’ergastolo o alla pena della reclusione non inferiore a cinque anni, senza che occorra a tal fine un’apposita menzione nel dispositivo della sentenza.
Ha quindi carattere afflittivo, perché limita la capacità di gestire il patrimonio di un soggetto pur maggiorenne e nel pieno possesso delle capacità di intendere e volere.
Ci si riferisce non alla pena astrattamente prevista dalla fattispecie, ma a quella in concreto disposta dal giudice in una sentenza definitiva. Come stabilito dalla Cassazione, “è incongruo ritenere che, ai fini della applicazione delle pene accessorie, la misura della pena della reclusione inflitta con la sentenza di condanna debba essere considerata senza tenere conto della diminuzione della pena stessa in conseguenza della scelta del rito abbreviato, in quanto le norme in tema di pene accessorie ( artt. 29 e 32 c.p.) fanno riferimento esclusivo alla misura della pena in concreto irrogata, a prescindere dai modi in base ai quali si è pervenuti al risultato finale” (Cass. pen., Sez. VI, 25/03/2004, n. 21113).
Nel caso di più reati unificati sotto il vincolo della continuazione, la Cassazione ha ritenuto che occorra fare riferimento alla misura della pena determinata in concreto per il reato più grave, nell’eventualità ulteriormente ridotta per la scelta del rito, e non a quella complessiva risultante dall’aumento della continuazione (Cass. pen., Sez. I, Sentenza, 06/12/2017, n. 8126).
L’interdizione legale non viene applicata alle condanne inflitte ai minorenni, per i quali l’art. 98 cod. pen. prevede solamente due pene accessorie: l’interdizione dai pubblici uffici e la sospensione dell’esercizio della responsabilità genitoriale, nei casi stabiliti dalla legge.

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QUALI SONO GLI EFFETTI DELL’INTERDIZIONE LEGALE

L’interdizione legale opera sul versante della capacità di agire, comportando la impossibilità di compiere in autonomia atti patrimoniali giuridicamente efficaci, al pari di quanto avviene in seguito all’interdizione giudiziale.
Si tratta non di impossibilità materiale, ma giuridica, nel senso che gli atti di ordinaria e straordinaria amministrazione (ad esempio un contratto di locazione) stipulati personalmente dall’interdetto, sono invalidi e possono essere annullati ex art. 1441 comma 2 cod. civ. su istanza di chiunque vi abbia interesse.
La preclusione opera per gli atti riguardanti la disponibilità e l’amministrazione dei beni, cioè gli atti patrimoniali aventi contenuto economicamente valutabile, ma attesa la ratio sanzionatoria dell’istituto, non per gli atti personali e familiari, quali il matrimonio, l’adozione, il riconoscimento del figlio, il testamento. L’eredità può essere accettata solamente con beneficio di inventario.
Il soggetto colpito da interdizione legale può gestire il proprio patrimonio solamente tramite l’attività di un tutore legale, nominato dal Tribunale.
Inoltre, stante il richiamo alla disciplina dell’interdizione giudiziale ex art. 414 e ss cod. civ., che a sua volta richiama la disciplina sulla tutela dei minori ex artt. 343 e ss. cod. civ., il compimento di atti eccedenti l’ordinaria amministrazione deve essere autorizzato (art. 374 e 375 cod. civ.).
Inoltre, come stabilito dalla Cassazione, “al condannato, ancorché ammesso al programma di protezione per i collaboratori di giustizia, legalmente interdetto ai sensi dell’art. 32 cod. pen., è inibita l’iscrizione preso la Camera di commercio per lo svolgimento di un’attività di impresa” (Cass. pen., Sez. I, 17/12/2001, n. 05960).


COSA COMPORTA LA VIOLAZIONE DELL’INTERDIZIONE LEGALE

Cosa rischia l’interdetto legale che dovesse stipulare personalmente (e quindi senza l’intervento del tutore legale) un atto patrimoniale sia di ordinaria che straordinaria amministrazione?
La violazione dell’interdizione legale ha una conseguenza penale: l’art. 389 cod. pen. stabilisce che “chiunque, avendo riportato una condanna, da cui consegue una pena accessoria, trasgredisce agli obblighi o ai divieti inerenti a tale pena, è punito con la reclusione da due a sei mesi”. Pertanto, l’interdetto legale che compie personalmente un atto patrimoniale, commette un reato e rischia una condanna ulteriore.
Sul piano civile, come detto, è prevista l’annullabilità “assoluta” dell’atto stipulato su istanza di chiunque vi abbia interesse. Ciò vuol dire che l’atto rimane valido ed efficace fino al momento in cui non venga impugnato avanti al Tribunale.
Da una parte, infatti, con l’interdizione legale non si priva il condannato della capacità giuridica, ma della capacità di agire, e dall’altra parte gli atti compiuti in violazione dell’interdizione non sono radicalmente nulli, ma produttivi di effetti giuridici sebbene “precari”.


COME VIENE NOMINATO IL TUTORE LEGALE NEL CASO DELL’INTERDIZIONE LEGALE.

La tutela è uno strumento previsto dal nostro ordinamento giuridico per proteggere i soggetti colpiti da interdizione o per compiere per loro nome e conto gli atti in tutti quei casi di incapacità legale.
Nel caso dell’interdizione legale, il tutore legale si sostituisce all’interdetto nel compimento di atti patrimoniali di ordinaria e straordinaria amministrazione.
Nonostante l’interdizione legale operi in automatico con la sentenza definitiva di condanna ex art. 32 cod. pen., ai fini della nomina del tutore legale occorre che sia l’interessato a formulare apposita istanza al giudice tutelare.
In base all’art. 662 c.p.p., il giudice penale trasmette l’estratto della sentenza al giudice civile, la cui competenza si determina sulla base dell’ultima residenza anagrafica anteriore all’instaurazione dello stato detentivo, salvo che risulti provato, in contrario alla presunzione di coincidenza con detta residenza, un diverso domicilio, quale centro dei suoi affari ed interessi, non identificabile però in sé nel luogo in cui è stata eseguita la pena detentiva, che non viene dal medesimo prescelta (Cass. civ., Sez. VI – 1, Ordinanza, 17/05/2017, n. 12453).
La disciplina di riferimento per il procedimento di nomina del tutore legale è quella posta dagli artt. 414 e ss. cod. civ. che quale prevede come obbligatoria l’assistenza di un legale.
Il tutore legale viene nominato dal giudice tutelare tra i soggetti di maggiore di età e di condotta ineccepibile, anche appartenenti allo stesso nucleo familiare del condannato.
Il tutore legale non può sottrarsi alla nomina, salvo se di età superiore ai 65 anni, abbia più di tre figli minorenni, sia gravemente malato o eserciti già altre tutele.
Oltre al tutore legale, il giudice tutelare può altresì nominare un protutore, ogni qual volta occorra compiere atti rispetto ai quali colui il quale sia colpito da incapacità legale sia in conflitto di interessi con il tutore legale.


QUALI SONO GLI ATTI COMPIUTI DAL TUTORE LEGALE: ORDINARIA E STRAORDINARIA AMMINISTRAZIONE

Gli atti di ordinaria amministrazione sono quelli funzionali alla conservazione dell’integrità patrimoniale, mentre gli atti di amministrazione straordinaria comportano una modificazione quantitativa e/o qualitativa della consistenza del patrimonio.
L’art. 374 c.c. elenca tutta una serie di operazioni per le quali, oltre alla presenza del tutore legale, è richiesta l’autorizzazione del giudice tutelare.
In particolare, la norma prevede che “il tutore non può senza l’autorizzazione del giudice tutelare:
1)acquistare beni, eccettuati i mobili necessari per l’uso del minore, per l’economia domestica e per l’amministrazione del patrimonio;
2) riscuotere capitali, consentire alla cancellazione di ipoteche o alla svincolo di pegni, assumere obbligazioni (…);
3) accettare eredità o rinunciarvi, accettare donazioni o legati soggetti a pesi o condizioni;
4) fare contratti di locazione di immobili oltre il novennio (…);
5) promuovere giudizi, salvo che si tratti di denunzie di nuova opera o di danno temuto, di azioni possessorie o di sfratto e di azioni per riscuotere frutti o per ottenere provvedimenti conservativi”.
L’art. 375 c. c. elenca tutti quegli atti per i quali, sia che si tratti di interdizione legale che di interdizione giudiziale o naturale, il tutore legale deve chiedere l’autorizzazione del Tribunale.
Il sistema delineato dall’art. 374 c. c. ha natura di controllo preventivo atteso che, stante l’incapacità legale nella quale versa colui il quale ne è interessato, mira a verificare ex ante la fattibilità e opportunità degli atti che il tutore legale si appresta a compiere e, al pari della ratio dell’art. 374 c. c., nella stessa logica opera anche l’art. 375 c. c., fermo restando la differenza di competenza fra il giudice tutelare dell’art. 374 c. c. e il tribunale dell’art. 375 c. c., in virtù dell’importanza dell’atto da compiere.

Interdizione legale: cos’è la incapacità legale. Quali sono i presupposti per l’interdizione legale.


COS’È L’INTERDIZIONE GIUDIZIALE E QUAL È LA DIFFERENZA CON L’INTERDIZIONE LEGALE.

Seppur vero che interdizione legale ed interdizione giudiziale, agendo entrambe sulla capacità di agire del soggetto che ne è destinatario, comportano di fatto effetti assimilabili, sono due istituti molto distanti fra di loro, quanto a ratio ispiratrice e modo di operare.
Infatti, l’interdizione giudiziale è un istituto di diritto civile introdotto dal legislatore con l’obiettivo di proteggere quei soggetti affetti da un’incapacità di agire assoluta.
Ai sensi dell’art. 414 cod. civ. l’interdizione giudiziale colpisce coloro i quali sono abitualmente infermi di mente e, pertanto, incapaci di provvedere in maniera autonoma ai propri interessi.
In particolare, l’incapacità giudiziale può essere applicata:
– al maggiore di età,
– al minore emancipato,
– al minore non emancipato nell’ultimo anno di minore età ma, secondo il disposto dell’art. 416 cod. civ., gli effetti si produrranno a partire dal raggiungimento della maggiore età.
Circa la nomina del tutore, l’art. 419 cod. civ. subordina la pronuncia di interdizione al previo esame da parte del giudice tutelare del soggetto da interdire e, talvolta, dei suoi parenti più prossimi. Subito dopo l’audizione dell’interessato e finché non ha emesso la sentenza di interdizione, il giudice tutelare può nominare un tutore provvisorio.
L’interdizione giudiziale può essere revocata su richiesta del coniuge, dei parenti entro il quarto grado o degli affini entro il secondo, dell’interdetto stesso o del pubblico ministero se viene meno la causa che l’ha determinata. In ogni caso, deve essere il giudice tutelare a valutare l’opportunità della revoca dell’interdizione giudiziale ex art. 429 cod. civ. ed in caso di positiva valutazione deve informare il pubblico ministero.
L’interdizione giudiziale quindi non deriva da una sentenza di condanna, ma è riconosciuta all’esito di un procedimento dinanzi al giudice tutelare, su richiesta di differenti soggetti.

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