reato di ricettazione

Il reato di ricettazione

  • Categoria dell'articolo:Diritto penale
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Analisi del reato di ricettazione

Il reato di ricettazione

Chi vende o acquista merce di provenienza illecita, e cioè proveniente da un reato, potrebbe incorrere in una condanna per ricettazione, rischiando la pena della multa o, nei casi più gravi, della reclusione.
L’intera materia della ricettazione nel codice penale ha subìto importanti modifiche dal decreto legislativo n.195/2021 adottato in recepimento della direttiva UE n.1673/2018. Questo ha esteso il reato presupposto della ricettazione non solo ai delitti (e cioè i reati puniti con l’ergastolo, la reclusione o la multa), ma anche alle contravvenzioni più gravi.
Dopo avere analizzato gli elementi oggettivi e soggettivi del reato di ricettazione, l’articolo si sofferma sulla differenza tra la ricettazione ed il concorso di persone nel reato “a monte” della ricettazione, cosiddetto reato presupposto. Questo non deve essere per forza accertato con sentenza irrevocabile né devono essere stati individuati gli autori perché, al fine della configurazione della ricettazione, ne è sufficiente la mera sussistenza.
Vengono inoltre esaminate le differenze tra il reato di ricettazione, quello di riciclaggio e quello di favoreggiamento, nonché con l’ipotesi contravvenzionale dell’incauto acquisto. Ciò che distingue la ricettazione è la consapevolezza circa la provenienza illegale della merce, la quale può essere dedotta da qualsiasi elemento diretto o indiretto. Elemento indiziante della provenienza delittuosa è il prezzo del bene, che spesso è nettamente inferiore rispetto a quello di mercato.
Vengono poi considerate tutte le ipotesi aggravate ed attenuate della fattispecie base della ricettazione, con importanti conseguenze per il calcolo della pena.
In particolare, viene esaminata l’ipotesi della ricettazione di particolare tenuità di cui al comma 4 dell’art 648 cp: ne vengono analizzati i requisiti e le differenze con l’attenuante di cui all’art. 62 n. 4 cod. pen.
L’accertamento della particolare tenuità della ricettazione non osta poi l’applicazione della causa di esclusione della punibilità di cui all’art. 131 bis c.p., resa applicabile da una pronuncia della Corte Costituzionale del 2020 anche nel caso in cui il reato presupposto sia un delitto.
Infine, viene trattata l’estinzione del reato di ricettazione.

In questo articolo i temi trattati sono:


COS’È LA RICETTAZIONE

Il reato di ricettazione è la fattispecie delittuosa disciplinata dall’art 648 cp, il quale sancisce che “fuori dei casi di concorso di reato, chi, al fine di procurare a sé o ad altri un profitto, acquista, riceve o occulta denaro o cose provenienti da un qualsiasi delitto, o comunque si intromette nel farle acquistare, ricevere od occultare, è punito con la reclusione da due ad otto anni e con la multa da euro 516 a euro 10.329. La pena è aumentata quando il fatto riguarda denaro o cose provenienti da delitti di rapina aggravata ai sensi dell’articolo 628, terzo comma, di estorsione aggravata ai sensi dell’articolo 629, secondo comma, ovvero di furto aggravato ai sensi dell’articolo 625, primo comma, n.7bis”.
Il reato di ricettazione si configura con l’acquisto, la ricezione o l’occultamento di denaro o di merce proveniente da un fatto illecito, cioè dal compimento di un precedente reato definito “presupposto” di cui parleremo nei prossimi paragrafi.
Il reato di ricettazione trova la propria ratio nella protezione del patrimonio del singolo, mentre secondo parte della dottrina, la ricettazione sarebbe un reato plurioffensivo, posto a protezione anche del bene di volta in volta tutelato dal reato presupposto. Infatti, la prospettiva di una condanna per ricettazione dovrebbe disincentivare, a monte, anche la commissione del reato antecedente, sanzionando la possibilità di trarre profitto il bene (o il denaro) da questo derivante.
Inoltre, la dispersione del denaro e delle cose di origine delittuosa, ostacola l’interesse dello Stato nell’accertamento del reato presupposto, per cui ulteriore bene giuridico tutelato dalla fattispecie è l’amministrazione della giustizia.


QUALI MODIFICHE SONO STATE APPORTATE IN MATERIA DI RICETTAZIONE

In materia di reato di ricettazione il codice penale è stato recentemente modificato dal decreto legislativo n.195/2021, adottato in attuazione alla direttiva europea n.1673/2018. La novità principale è rappresentata dall’aggiunta del secondo comma, il quale prevede una ipotesi circostanziata che estende il reato di ricettazione ai casi in cui il reato presupposto sia una contravvenzione punita con la multa o con l’arresto da sei mesi ad un anno. In tali casi, tuttavia, la pena è più leggera rispetto alla fattispecie base del primo comma, stante il minore disvalore: “La pena è della reclusione da uno a quattro anni e della multa da euro 300 a euro 6.000 quando il fatto riguarda denaro o cose provenienti da contravvenzione punita con l’arresto superiore nel massimo a un anno o nel minimo a sei mesi”.
Altra novità del d.lgs. 195/2021 è l’introduzione del terzo comma, il quale prevede un aumento di pena in tutti quei casi in cui il reato sia commesso durante l’esercizio di un’attività professionale.
Infine, è stato modificato il quinto comma dell’art 648 cp, ridefinendo la pena prevista nel caso in cui ricorra l’attenuante della particolare tenuità del fatto: inizialmente la disposizione prevedeva una multa sino ad euro 516, mentre attualmente il quinto comma stabilisce che “se il fatto è di particolare tenuità, si applica la pena della reclusione sino a sei anni e della multa sino a euro 1.000 nel caso di denaro o cose provenienti da delitto e la pena della reclusione sino a tre anni e della multa sino a euro 800 nel caso di denaro o cose provenienti da contravvenzione”.


COME È QUALIFICATO IL REATO DI RICETTAZIONE

La ricettazione è un reato “comune” la cui commissione non è subordinata ad alcuna qualifica soggettiva, con l’unica eccezione della persona che ha contribuito a commettere il reato presupposto, stante la clausola di riserva di cui al primo comma dell’art 648 cp (“fuori dei casi di concorso di reato”).
L’oggetto materiale della ricettazione può essere qualsiasi bene mobile: una macchina o un cellulare, una borsa o un elettrodomestico. Ad esempio il reato de quo è stato ravvisato nell’acquisto di una macchina da gioco elettronico il cui sistema telematico sia stato alterato ai sensi dell’art. 640 ter cod. pen. (Cass. pen. n. 54715/2016).
Oggetto di ricettazione può essere anche una somma di denaro.
Secondo una interpretazione estensiva dell’oggetto materiale, la disposizione si riferisce non solamente al “corpo del reato” ossia i beni ottenuti mediante il reato presupposto (ad esempio i proventi di una rapina, la macchina rubata, la somma di denaro estorta) ma anche ogni altra cosa che sia servita a commettere il reato presupposto (ad esempio l’arma per commettere la rapina).


QUALI COMPORTAMENTI POSSONO ESSERE PUNITI CON UNA CONDANNA PER RICETTAZIONE

Sotto il profilo della condotta, la ricettazione è un reato a forma vincolata e alternativa, giacché la disposizione normativa ne esplicita le modalità di commissione.
In primo luogo, sono puniti l’acquisto e la ricezione, e cioè l’entrare nella materiale disponibilità delle cose (o del denaro) provenienti da delitto, a prescindere dal pagamento di un corrispettivo. Può essere in virtù di un contratto scritto o orale (vendita, locazione, deposito, donazione, mutuo…) oppure per “mera compiacenza”.
In secondo luogo, è punito l’occultamento del bene/ denaro illecito
Infine, l’art 648 cp punisce chi “si intromette” nella dazione dei beni illeciti compiuta da altri. Sotto questo profilo, la giurisprudenza interpreta la intromissione in maniera molto ampia, punendo qualsiasi attività di mediazione, indipendentemente dal fatto che questa vada a buon fine, o addirittura che il mediatore riesca a mettere in contatto il dante ed il ricevente.
Ad esempio, rischia una condanna per ricettazione chi si attiva per ricercare un acquirente della refurtiva di una rapina, pur se non riesce a trovarlo.
La Cassazione ha infatti stabilito che “Il momento perfezionativo del reato di ricettazione per intromissione coincide con il compimento della condotta posta in essere dall’agente per fare acquistare o ricevere il danaro o le altre cose provenienti da delitto, senza che sia necessario che l’interessamento così spiegato raggiunga lo scopo che l’agente si è proposto; il reato si consuma perciò mediante il primo atto di univoca ed idonea intromissione”.
Ne consegue che non sia configurabile il tentativo di ricettazione per intromissione, poiché anche una semplice intromissione perfeziona il reato ex art 648 cp.
Il momento consumativo, infatti, coincide con l’ultimo della serie di atti posti in essere allo scopo di rappresentare l’azione criminosa, e nel caso della ricettazione (che è un reato che ha carattere istantaneo), cioè si concretizza nel preciso istante in cui il soggetto attivo si intromette, acquista, riceve od occulta la merce o il denaro di provenienza illecita.

reato di ricettazione


L’ELEMENTO PSICOLOGICO DEL REATO DI RICETTAZIONE

Quanto all’elemento soggettivo, si tratta di un reato a dolo specifico, essendo richiesto, oltre alla consapevolezza della provenienza illecita della merce (tuttavia, non è necessario che il soggetto attivo abbia precisa cognizione di quando e di dove il delitto principale sia stato commesso), anche il fine di procurare a sé o ad altri un profitto. Affinché si configuri la ricettazione, parte della giurisprudenza ammette anche il dolo eventuale, e cioè l’accettazione del rischio che la merce abbia provenienza illecita, seppur non in base ad un semplice sospetto (caso in cui si verserebbe nell’ipotesi dell’incauto acquisto ex art. 712 cp). La Corte di Cassazione a Sezioni Unite, nella pronuncia 2555/2009 ha dichiarato che anche il dolo eventuale può essere compatibile con il reato di ricettazione.
La consapevolezza della provenienza illecita può essere desunta da indici oggettivi, (quali ad esempio il prezzo della merce acquistata, le condizioni di vendita, oppure le caratteristiche del venditore) in base ai quali una persona di media avvedutezza, secondo la comune esperienza avrebbe dovuto ritenere che la merce non fosse legittimamente detenuta dal venditore/offerente.
Con la pronuncia n.12704/2012 la Corte di Cassazione ha affermato che la consapevolezza dell’imputato è deducibile da qualsiasi elemento, diretto o indiretto, incluso il comportamento adottato in sede dibattimentale (banalmente, anche dalla volontà di non riferire le modalità di acquisto o ricezione del denaro o della merce contestati).
Per contro, la persona accusata di ricettazione ha l’onere di dimostrare di non essere a conoscenza della natura delittuosa del bene allegando elementi che possano fornire una spiegazione attendibile e apprezzabile della provenienza delle cose e del legittimo possesso.
In tema di dolo eventuale, con la sentenza n.25439/2017, gli Ermellini hanno precisato che “in tema di ricettazione, ricorre il dolo nella forma eventuale quando l’agente ha consapevolmente accettato il rischio che la cosa acquistata o ricevuta fosse di illecita provenienza, non limitandosi ad una semplice mancanza di diligenza nel verificare la provenienza della cosa, che invece connota l’ipotesi contravvenzionale dell’acquisto di cose di sospetta provenienza”. Un ulteriore orientamento della Corte di Cassazione a favore della configurabilità dell’elemento soggettivo nella forma del dolo eventuale nel reato di ricettazione si evince dalla massima della sentenza n.4132/2020, con la quale è stata accolta la condanna per ricettazione di un soggetto appropriatosi di una carta di credito prepagata: “è meritevole di condanna per ricettazione colui che si appropria di una carta di credito in corso di validità sprovvista di un pin: in tal caso il dolo eventuale è integrato perché si considera inusuale trovare strumenti di pagamento abbandonati per strada, ciò fungerebbe da presupposto ad una quasi certa provenienza illecita del bene”.
Purtuttavia, il dolo eventuale deve escludersi allorquando venga dimostrato che l’agente, se avesse avuto la certezza della provenienza illecita della merce, non la avrebbe acquistata/ricevuta.


A COSA SERVE LA CLAUSOLA DI RISERVA NELLA RICETTAZIONE

La disposizione di cui all’art 648 cp, che disciplina l’intera materia della ricettazione nel codice penale, si apre con una clausola di riserva: “fuori dei casi di concorso di reato …”.
In genere, la clausola di riserva penale (come ad esempio “salvo che il fatto costituisca più grave reato”) ha la funzione di impedire l’applicabilità della fattispecie che la contiene, quando il fatto possa attagliarsi anche ad altre fattispecie delittuose, e quindi, in definitiva, di impedire una duplicazione della imputazione.
In base alla stessa ratio, la giurisprudenza esclude la possibilità del concorso tra il reato presupposto e la ricettazione.
Nel caso del reato di ricettazione ex art 648 cp, la clausola di riserva esclude dal novero dei soggetti che rischiano una condanna per ricettazione, il concorrente nel reato presupposto, nei cui confronti la ricettazione costituisce un post factum non punibile (il post factum non punibile, argomento squisitamente giurisprudenziale, altro non è che un illecito messo in atto successivamente al delitto principale che costituisce la normale conclusione dell’azione criminosa).
In particolare, il concorso di persone è disciplinato dall’art. 110 c.p. che prevede che se “più persone concorrono nel medesimo reato, ciascuna di esse soggiace alla pena per questo stabilita, salve le disposizioni degli articoli seguenti”. Il concorrente è colui che apporta un contributo apprezzabile alla commissione del reato, mediante il rafforzamento del proposito criminoso (concorso morale) o l’agevolazione dell’opera degli altri concorrenti (concorso materiale) e che, per effetto della sua condotta, aumenta la possibilità della produzione del reato.


QUAL È IL REATO PRESUPPOSTO NELLA RICETTAZIONE

Si è finora fatto più volte cenno al cosiddetto “reato presupposto”. Il termine è utilizzato in giurisprudenza per indicare una condizione che deve necessariamente sussistere affinché possa essere consumato un determinato reato.
In altre parole, il reato presupposto è quell’illecito penale che rappresenta la condicio sine qua non perché un successivo delitto ad esso collegato possa materializzarsi.
Tra la ricettazione e il reato presupposto vi è un rapporto di accessorietà, tale per cui il secondo delitto non è punibile se non lo è il primo.
Nella previsione originaria della ricettazione, il reato presupposto doveva necessariamente essere un delitto, e cioè qualsiasi reato punito con la reclusione, l’ergastolo o con la multa. Rimanevano fuori dall’orizzonte del reato presupposto solamente le contravvenzioni, cioè i reati puniti con l’ammenda o con l’arresto.
Tuttavia, la possibilità che il reato di ricettazione possa nascere da una contravvenzione è una delle novità introdotte dal decreto legislativo n.195/2021.
Questo ha introdotto una circostanza attenuante al comma 2 dell’art 648 cp  nel caso in cui  la ricettazione riguardi denaro o cose provenienti da contravvenzione punita con l’arresto superiore nel massimo a un anno o nel minimo a sei mesi. In questi casi, la pena e’ della reclusione da uno a quattro anni e della multa da euro 300 a euro 6.000.


COME SI ACCERTA IL REATO PRESUPPOSTO DELLA RICETTAZIONE

Un elemento di particolare importanza in materia di ricettazione è l’accertamento del reato presupposto.
La giurisprudenza della Corte di Cassazione, tramite un consolidato orientamento che passa dalle pronunce n.3211/1999 e 26308/2010, ha stabilito che, seppur specificato, il reato presupposto non deve essere necessariamente accertato giudizialmente con sentenza definitiva, né devono esserne stati individuati gli autori, in quanto la provenienza illecita del denaro o della merce che costituiscono l’oggetto materiale della ricettazione deve desumersi dalla natura del bene stesso; così sostenuto, il reato antecedente non necessita di alcun accertamento né sotto il profilo oggettivo né sotto quello soggettivo.
Al fine della punibilità dell’illecito penale di ricettazione pertanto sarà sufficiente la prova logica della provenienza illecita dei beni; a tal proposito si è pronunciata anche la II Sezione Penale della Corte di Cassazione con la sentenza n.713/2019, dalla quale si può estrapolare la seguente massima: “In ordine al delitto di ricettazione, per l’affermazione della responsabilità, non è necessario l’accertamento giudiziale della commissione del delitto presupposto, né dei suoi autori, né dell’esatta tipologia del reato, potendo il giudice affermarne l’esistenza anche attraverso il ricorso a prove logiche; la provenienza da delitto della res, infatti, al pari di qualsiasi elemento strutturale della fattispecie – non richiedendosi uno specifico nomen iuris che qualifichi l’origine del bene così come non rilevando neppure l’imputabilità e la punibilità del relativo autore ovvero la stessa procedibilità del delitto presupposto – forma oggetto di prova secondo gli ordinari criteri di accertamento, che ben può fondarsi, dunque, anche su indizi e, pertanto, sulla stessa prova logica”.
L’ultimo comma dell’art 648 cp dispone inoltre che ai fini della consumazione del reato di ricettazione, è indifferente che per l’accertamento del reato presupposto, manchi la condizione di procedibilità (querela, istanza di procedimento, richiesta di procedimento, autorizzazione a procedere), o che il suo autore sia non imputabile (articoli 85 e seguenti cod.pen.) o non punibile.


QUALE DIFFERENZA TRA CONCORSO NEL REATO PRESUPPOSTO E RICETTAZIONE

Chiarito il significato della clausola di riserva ed in cosa consista il reato presupposto, occorre esaminare come la giurisprudenza segna il discrimen tra il reato di ricettazione ed il concorso di persone nel reato presupposto.
Ad esempio: Tizio organizza e commette una rapina in gioielleria (reato presupposto), mentre il suo complice Caio si occupa di procurare l’acquirente dei gioielli. Caio è concorrente del reato di rapina o autore della ricettazione?
Il criterio per stabilire quali siano i casi esclusi dalla clausola di riserva è quello cronologico, e cioè occorre guardare al momento in cui si consuma il reato presupposto.
Se la ricezione, l’acquisto, l’occultamento o l’intromissione sono poste in essere prima che si sia consumato il reato presupposto, si cade nell’ipotesi di concorso di persone. Se invece, queste condotte vengono alla luce in un momento successivo alla consumazione del reato presupposto, la giurisprudenza riconosce il reato di ricettazione.
Pertanto, la ricerca di un possibile acquirente dei gioielli effettuata da Caio prima che avvenga la rapina, si traduce in un sostegno, anche solo morale, del proposito criminoso di Tizio, e pertanto Caio risponde di concorso in rapina.
Se invece Caio si attiva nella ricerca del possibile acquirente solamente dopo che Tizio si è impossessato dei gioielli, è totalmente estraneo alla rapina e risponde solamente del reato di ricettazione.


COS’È IL PROFITTO DELLA RICETTAZIONE

La ricettazione è un reato a dolo specifico, in quanto la disposizione di cui all’art 648 cp richiede il fine dell’agente di procurare a sé o ad altri un profitto.
Sulla nozione di profitto si è pronunciata di recente la Corte di Cassazione. In generale, il profitto altro non è che un arricchimento del proprio patrimonio, mediante la realizzazione di una determinata attività economica.
Nel reato di ricettazione, la II Sezione della Cassazione Penale, con la sentenza n.15680/2016, ha precisato che il profitto deve essere rinvenuto “ogni qualvolta il patrimonio del soggetto agente, per effetto del reato, s’incrementa di un bene che abbia la capacità di soddisfare un bisogno umano, sia esso di natura economico o spirituale, che prima non aveva”.
Pertanto nella ricettazione il profitto può avere anche natura non patrimoniale, potendo rispondere del reato altresì “il soggetto che acquisti o riceva farmaci e sostanze dopanti provento del delitto di cui all’articolo 9/7 Legge n.376/2000”.


QUALE DIFFERENZA TRA RICETTAZIONE E FAVOREGGIAMENTO REALE

La condotta di intromissione nel far acquistare, ricevere o occultare denaro o beni prevista nel reato di ricettazione ex art art 648 cp si pone sul confine con il reato di favoreggiamento reale ex art 379 cp che punisce chi aiuta taluno ad assicurare il prodotto o il profitto o il prezzo di un reato.
La differenza tra ricettazione e il favoreggiamento reale non si trova, infatti, nell’elemento materiale, ma sul piano soggettivo, esclusivamente in base alla finalità perseguita e alla volontà del soggetto attivo.
Nella ricettazione, come ampiamente detto, il reo agisce per procurare a sé o ad altri un profitto; nel favoreggiamento reale, invece, beneficiario del vantaggio è l’autore del reato, allo scopo di assicurargli il provento della sua attività criminosa.


COSA DISTINGUE LA RICETTAZIONE DALL’INCAUTO ACQUISTO

Comprare prodotti ad un prezzo nettamente inferiore rispetto a quello di mercato è indice di pericolo perché questi possono essere il frutto di un reato come, ad esempio, di un furto.
Alla stregua di quanto detto per la ricettazione, dall’acquisto di un bene proveniente da un fatto criminoso può nascere il reato di incauto acquisto: una contravvenzione sanzionata con una pena meno severa che mira a colpire chi, pur avendo avuto il sospetto che un determinato oggetto derivasse da una condotta illecita – se n’è ugualmente impossessato.
L’incauto acquisto regolato dall’art. 712 codice penale è il reato commesso da colui che, senza averne prima accertato la legittima provenienza, acquista o riceve a qualsiasi titolo beni che per la loro qualità ovvero per l’entità del prezzo si abbia motivo di sospettare che provengano da un reato. La pena prevista è l’arresto fino a sei mesi o l’ammenda di almeno dieci euro.
Come per la ricettazione, anche l’art. 712 cp punisce la semplice intromissione nel far acquistare, senza prima avere accertato la provenienza lecita della merce.
Il classico esempio è l’acquisto a pochi euro di un capo di moda di un brand di lusso, al di fuori dei canali tradizionali (negozi, e-commerce ufficiali) per il quale è sospettabile il furto.
La differenza si sostanzia sul piano dell’elemento soggettivo.
Se per il reato di ricettazione è richiesto il dolo specifico con la consapevolezza o almeno l’accettazione del rischio, da parte del soggetto attivo, della provenienza illecita della merce, nell’incauto acquisto invece è sufficiente la colpa di non essersi informato sulla provenienza dei beni, nonostante il sospetto oggettivo circa la provenienza illecita: ciò significa che, a differenza di quanto avviene per la ricettazione, risponderà di incauto acquisto anche chi ha acquistato un bene in buona fede ipotizzando un semplice affare.
La condizione del sospetto oggettivo deve valutarsi dalla prospettiva di una persona di media avvedutezza, sulla base degli indici descritti dalla fattispecie (prezzo, condizioni di vendita, caratteristiche del venditore…).

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QUALE DIFFERENZA TRA RICETTAZIONE E RICICLAGGIO

Il reato di riciclaggio, disciplinato dall’articolo 648bis c.p. stabilisce che “fuori dai casi di concorso nel reato, chiunque sostituisce o trasferisce denaro, beni o altre utilità provenienti da un delitto ovvero compie in relazione ad essi altre operazioni, in modo da ostacolare l’identificazione della loro provenienza delittuosa, è punito con la reclusione da quattro a dodici anni e con la multa da euro 5.000 a euro 25.000”. La pena è diminuita quando il fatto riguarda denaro o cose provenienti da una contravvenzione, mentre la pena è aumentata quando il fatto è commesso durante l’esercizio di un’attività professionale.
Il reato di riciclaggio si distingue da quello di ricettazione in riferimento in primo luogo all’elemento materiale: la ricettazione richiede la ricezione o l’occultamento di beni di provenienza illecita, allontanando i beni dal legittimo proprietario, mentre il riciclaggio si sostanzia in qualsiasi operazione che impedisca o renda difficoltoso l’accertamento della provenienza del danaro o dei beni.
Si pensi al caso di chi, acquistata un auto rubata, vi apponga una targa falsa e ne falsifichi i documenti. Oppure a chi paghi la merce rubata mediante un bonifico intestato ad un soggetto diverso dal venditore.
In secondo luogo, sul piano soggettivo, il riciclaggio richede non la volontà di trarre un profitto, ma il dolo generico di impedire o rendere difficoltosa la tracciabilità del bene di provenienza delittuosa così da rimetterlo nuovamente in circolazione.
A definire nettamente la differenza tra le due fattispecie è stata la Cassazione Penale con la sentenza n.8473/2019 che ha esplicitato il seguente principio di diritto: “integra il delitto di riciclaggio il compimento di operazioni consapevolmente volte ad impedire in modo definitivo od anche a rendere difficile l’accertamento della provenienza del denaro, dei beni o delle altre utilità [..]”.


QUAL È LA PENA PREVISTA PER LA RICETTAZIONE

Per quanto attiene la pena prevista dall’art 648 cp in caso di condanna per ricettazione, la fattispecie base prevede la reclusione da due a otto anni e la multa da 516 a 10.329 euro. Segue una serie di ipotesi circostanziate:

  • La pena è aumentata (fino ad un terzo ex art. 64 c.p.) se i beni oggetto della ricettazione provengono da alcuni reati aggravati: rapina aggravata, furto aggravato o estorsione aggravata. La rapina si dice aggravata quando la minaccia o la violenza sia stata commessa con armi, da più persone o da una sola persona travisata ovvero se si sia posto taluno in stato di incapacità di intendere e di volere o di agire; ancora, se la rapina è stata commessa da un soggetto appartenente ad un’associazione a delinquere o all’interno di un trasporto pubblico ovvero nei confronti di una persona che si trovava nell’atto di fruire di un istituto di credito, ufficio postale o sportelli bancomat e, infine, se la vittima del reato è una persona ultrasessantacinquenne. Il furto è aggravato quando sia stato commesso introducendosi in un edificio o in un altro luogo destinato ad abitazione, se il reo abbia usato violenza sulle cose o si sia avvalso di qualsiasi mezzo fraudolento o abbia portato addosso armi o narcotici; ancora, se il fatto sia stato commesso da tre o più persone ovvero da una sola che abbia simulato la qualità di pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio ovvero se sia stato commesso all’interno di mezzi di trasporto pubblico o nei confronti di persone che si trovavano nell’atto di usufruire o di aver appena terminato di usufruire dei servizi di istituti di credito, uffici postali o sportelli automatici adibiti al prelievo di denaro.
  • Il secondo comma, introdotto dall’articolo 1 comma 1 lettera c) del decreto legislativo n.195/2021, stabilisce che la ricettazione sia sanzionata con la pena della reclusione da uno a quattro di anni ovvero della multa da euro 300 a euro 6.000 quando il reato presupposto è una contravvenzione sanzionata con l’ammenda o con l’arresto da sei mesi ad un anno.
  • La pena è sempre aumentata (fino ad un terzo ex art. 64 c.p.) qualora il reato di ricettazione sia stato commesso durante l’esercizio di un’attività professionale.
  • Il quarto comma, infine, prevede ancora un’altra cornice sanzionatoria quando ricorre la particolare tenuità: “se il fatto è di particolare tenuità, si applica la pena della reclusione sino a sei anni e della multa sino a euro 1.000 nel caso di denaro o cose provenienti da delitto e la pena della reclusione sino a tre anni e della multa sino a euro 800 nel caso di denaro o cose provenienti da contravvenzione”.


CHE COS’È LA PARTICOLARE TENUITÀ NEL REATO DI RICETTAZIONE

Il quarto comma dell’art 648 cp prevede che in caso di particolare tenuità del fatto la pena della reclusione sia diminuita in caso di particolare tenuità del fatto. Cosa vuol dire?
Si tratta di una circostanza simile alla attenuante comune disciplina dall’articolo 62, primo comma, n.4, c.p. il quale prescrive che: “attenuano il reato, quando non ne sono elemento costitutivi o circostanza attenuanti speciali, le circostanze seguenti: [..] l’avere nei delitti contro il patrimonio, o che comunque offendono il patrimonio, cagionato alla persona offesa dal reato un danno patrimoniale di speciale tenuità, ovvero, nei delitti determinati da motivi di lucro, l’avere agito per conseguire o l’avere comunque conseguito un lucro di speciale tenuità, quando anche l’evento dannoso o pericoloso sia di speciale tenuità”.
Tuttavia, a differenza dell’attenuante di cui all’art. 62, la sussistenza della particolare tenuità del fatto ex art 648 comma quarto (che comporta una diminuzione di pena in caso di condanna per ricettazione) richiede sia un danno patrimoniale particolarmente esiguo, sia la particolare tenuità sotto il profilo psicologico, con riferimento alla personalità dell’autore ed alle modalità del fatto (ad esempio, l’avere realizzato un profitto di modesto valore).
Per cui è possibile delineare il rapporto tra l’attenuante speciale e l’attenuante comune in qesto modo (Cass. pen. n. 2890/2020):

  • a) ove il danno patrimoniale superi la soglia della speciale tenuità, va esclusa sia l’attenuante di cui all’art. 62 c.p., n. 4 sia quella di cui all’art. 648 c.p., comma 2, perchè il fatto, per assioma, non può essere considerato di particolare tenuità in considerazione dell’entità e qualità della res provento da delitto;
  • b) ove il danno patrimoniale sia di speciale tenuità e si accerti che anche il fatto sia di particolare tenuità sotto il profilo soggettivo (personalità del reo modalità dell’azione), va riconosciuta la sola ipotesi di cui all’art. 648 c.p., comma 2, rimanendo in essa assorbita l’attenuante di cui all’art. 62 c.p., n. 4;
  • c) ove il danno patrimoniale sia di speciale tenuità, ma il giudice appuri che il fatto, sia pure sotto il solo profilo soggettivo (personalità del reo – modalità dell’azione), non sia di particolare tenuità, deve essere concessa la sola attenuante di cui all’art. 62 c.p., n. 4, che, essendo di natura oggettiva, ove sussistente, deve essere riconosciuta indipendentemente dal comportamento tenuto, nella singola fattispecie, dall’agente”.


QUANDO LA RICETTAZIONE NON È PUNIBILE

La qualificazione del reato di ricettazione in termini di fatto di particolare tenuità, non esclude poi il ricorrere della causa di non punibilità di cui all’art 131 bis codice penale, pur essendo la pena massima prevista dall’art 648 comma 4 cp di sei anni di reclusione, e quindi fuori dai limiti di pena imposti dal primo comma dell’art. 131 bis cp.
Infatti, una pronuncia della Corte Costituzionale, (n. 156/2020) ha sanito che “La causa di non punibilità della “particolare tenuità del fatto” è applicabile al reato di ricettazione attenuata, previsto dal comma 2 dell’art. 648 c.p., e a tutti i reati ai quali, pur essendo previsto un massimo superiore a cinque anni e non anche un minimo edittale di pena detentiva, si applica il minimo assoluto di 15 giorni di reclusione”. La Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale parziale dell’art. 131-bis c.p., là dove non consente l’applicazione dell’esimente ai reati per i quali, pur essendo previsto un massimo superiore a cinque anni, non è stabilito un minimo edittale di pena detentiva.
Nessun problema in merito all’applicazione della causa di esclusione della punibilità quando la ricettazione sia stata commessa per un bene derivante da una contravvenzione, poiché il massimo edittale previsto è di tre anni di reclusione.


QUANDO SI ESTINGUE IL REATO DI RICETTAZIONE

Il delitto di ricettazione, alla stregua di tutti gli altri reati, è da considerarsi estinto qualora ricorrano determinate circostanze: quando avviene la morte dell’imputato ex articolo 150 c.p. (“la morte del reo, avvenuta prima della condanna, estingue il reato”), in caso di amnistia ex articolo 151 c.p. (“l’amnistia estingue il reato e, se vi è stata condanna, fa cessare l’esecuzione della condanna e delle pene accessorie”), nel caso di esito favorevole della messa alla prova ex articolo 168 bis c.p. ed infine a seguito della sospensione condizionale della pena (quest’ultimo è un istituto che viene incontro al reo quando questo abbia ricevuto una condanna per una pena non superiore ai ventiquattro mesi di reclusione: in tal caso, il soggetto non sconterà la detenzione e – ai sensi dell’articolo 167 cp – se nell’arco dei successivi cinque anni non commette un delitto ovvero una contravvenzione della stessa indole e adempie gli obblighi imposti, il reato è estinto).
Bisogna ancora prestare particolare attenzione all’estinzione del reato presupposto, ossia quello da cui provengono i beni o il denaro oggetto della ricettazione: ai sensi dell’articolo 170 c.p.quando un reato è il presupposto di un altro reato, la causa che lo estingue non si estende all’altro reato”; dunque, se il furto – reato presupposto della ricettazione – per una qualsiasi delle circostanze sopra elencate è dichiarato estinto, le conseguenze non ricadranno sulla fattispecie oggetto del nostro articolo, che rimarrà punibile.

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