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Il mantenimento del figlio maggiorenne

Fino a quando può essere richiesto il mantenimento del figlio maggiorenne

Il mantenimento del figlio maggiorenne

Il mantenimento del figlio maggiorenne è un obbligo che grava su entrambi i genitori e si protrae fino al raggiungimento della condizione di autosufficienza economica. Tra i diritti dei figli maggiorenni o minorenni, rientra infatti anche quello di essere mantenuti, sino a che abbiano raggiunto l’indipendenza economica dai propri genitori, che siano sposati o meno.
Mantenere la prole rientra tra i doveri del padre separato e della madre separata: durante la separazione, deve essere garantito l’assegno di mantenimento al figlio maggiorenne e/o il suo mantenimento diretto, a seconda che conviva o meno con il genitore.
Giacché non è previsto alcun limite massimo di età, l’obbligo persiste, in astratto, per tutto il tempo in cui risulti necessario assicurarlo, tanto che l’art. 337 septies cod. civ. stabilisce che “il giudice, valutate le circostanze, può disporre in favore dei figli maggiorenni non indipendenti economicamente il pagamento di un assegno periodico“.
In tal modo, il legislatore ha previsto che l’obbligo di mantenimento del figlio maggiorenne non  perduri all’infinito, ma la sua durata deve essere valutata caso per caso (Tribunale di Novara, pronuncia n. 238 del 2011).
Esistono tuttavia delle situazioni in cui può essere ridotto o anche cessare.
L’inadempimento è punito, in casi particolari, anche con la sanzione penale prevista dagli articoli 570 e 570 bis del codice penale.
Gli argomenti di questo articolo sono:


QUALI NORME DISCIPLINANO IL MANTENIMENTO DEL FIGLIO MAGGIORENNE

L’obbligo di mantenimento del figlio maggiorenne rientra tra i doveri materiali dei genitori e trova la sua disciplina sia all’interno della Costituzione che nel codice civile.
Iniziando dalla Costituzione, l’art. 30 stabilisce che “è dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori del matrimonio. Nei casi di incapacità dei genitori, la legge provvede a che siano assolti i loro compiti.
Allo stesso modo l’art. 147 c.c. stabilisce che “Il matrimonio impone ad ambedue i coniugi l’obbligo di mantenere, istruire, educare e assistere moralmente i figli, nel rispetto delle loro capacità, inclinazioni naturali e aspirazioni”.
L’art. 315 bis c.c. poi, enunciando i “Diritti e doveri del figlio” stabilisce al primo comma che “Il figlio ha diritto ad essere mantenuto, educato, istruito, e assistito moralmente dai genitori, nel rispetto delle sue capacità, delle sue inclinazioni naturali e delle sue aspirazioni”.
Infine l’art. 316 bis c.c. stabilisce che “I genitori devono adempiere i loro obblighi nei confronti dei figli in proporzione alle rispettive sostanze e secondo la loro capacità di lavoro professionale o casalingo. Quando i genitori non hanno mezzi sufficienti, gli altri ascendenti, in ordine di prossimità, sono tenuti a fornire ai genitori stessi i mezzi necessari affinché possano adempiere i loro doveri nei confronti dei figli”.
Dunque, i diritti dei figli maggiorenni o minorenni, legittimi o naturali (cioè nati durante o al di fuori del matrimonio), sono quelli di essere mantenuti, istruiti ed educati dai genitori, nel rispetto delle proprie capacità, inclinazioni naturali e aspirazioni ed in proporzione alle possibilità di questi ultimi.


COS’È L’ASSEGNO DI MANTENIMENTO DEL FIGLIO MAGGIORENNE

Il mantenimento del figlio maggiorenne può essere soddisfatto in due modalità.
Si parla di mantenimento diretto del figlio maggiorenne, riferendosi alla situazione in cui il figlio conviva con uno o entrambe i genitori, quando questi forniscono direttamente i beni ed i servizi di cui egli necessita. Provvedono quindi al mantenimento diretto del figlio maggiorenne fornendogli un’abitazione ed il vitto, acquistando personalmente i beni in uso al figlio (lo smarphone, il computer, il motorino, eccetera).
Il mantenimento “indiretto” consiste invece nel versare un assegno, che consenta di coprire tutte le spese necessarie. Si pensi al mantenimento dei figli maggiorenni studenti fuorisede, o ancora ai figli di genitori separati. Ad esempio, tra i doveri del padre separato, rientra quello di versare un assegno di mantenimento al figlio maggiorenne.
La differenza tra mantenimento diretto e assegno di mantenimento al figlio maggiorenne rileva soprattutto tra coniugi separati o divorziati, in cui venendo meno l’obbligo di co-abitazione dei coniugi, il figlio maggiorenne continua a vivere presso uno dei due, che è obbligato al mantenimento diretto, mentre l’altro a versare l’assegno. A seconda degli accordi dei coniugi, oppure da quanto previsto dal giudice, è possibile effettuare il pagamento direttamente al figlio (c.d. versamento diretto) oppure al coniuge che con questo convive.


COSA COMPRENDE IL MANTENIMENTO DEL FIGLIO MAGGIORENNE

Il mantenimento del figlio maggiorenne ha un contenuto molto ampio e ricomprende, in via generale, sia le spese ordinarie sia le spese straordinarie. In altri termini, l’obbligo non si limita al minimo necessario per il sostentamento, ma comprende tutte le spese inerenti al pieno sviluppo psicofisico, comprendendo quindi quelle per, istruzione, salute, sport, tempo libero.
A titolo esemplificativo, le spese ordinarie del mantenimento diretto del figlio maggiorenne ricomprendono:

  • spese per l’alimentazione;
  • spese per l’abbigliamento;
  • costi delle utenze domestiche;
  • spese per medicinali da banco (antibiotici; antipiretici, ecc);
  • costi per il carburante;
  • costi per la ricarica del telefono;
  • costi per parrucchiere ed estetista;
  • costi per le attività ludiche o ricreative (biglietto del cinema, spese per feste, ecc.).

Secondo la Cassazione (sentenza n. 25134/2018), il mantenimento deve coprire tutte le esigenze della prole, “non riconducibili al solo obbligo alimentare, ma estese all’aspetto abitativo, scolastico, sportivo, sanitario, sociale, all’assistenza morale e materiale, alla opportuna predisposizione – fino a quando la loro età lo richieda – di una stabile organizzazione domestica, adeguata a rispondere a tutte le necessità di cura e di educazione.


FINO A QUANDO È DOVUTO L’ASSEGNO DI MANTENIMENTO DEL FIGLIO MAGGIORENNE

Il d. lgs. n. 154/2013 ha stabilito che l’assegno di mantenimento del figlio maggiorenne ha una durata variabile, che tiene conto delle concrete circostanze e della situazione del figlio che non abbia raggiunto la indipendenza economica. Alla disciplina generale, si è aggiunta una lunga giurisprudenza di merito, che ha posto un limite temporale alla corresponsione dell’assegno di mantenimento del figlio maggiorenne. Questo limite è stato individuato al raggiungimento dei 34 anni (così ha deciso il Tribunale di Milano, nella sentenza n. 29/3/2016). In particolare, il Tribunale di Milano ha individuato una soglia d’età oltre la quale lo stato di non autosufficienza economica, o comunque di disoccupazione, deve ritenersi non più giustificato, tenendo conto delle statistiche ufficiali, nazionali ed europee, in materia.
Quindi, per il Tribunale di Milano, superata una certa età, anche se non si è indipendenti economicamente, i figli maggiorenni raggiungono una sorta di autonomia che non giustifica in alcun modo l’obbligo del protrarsi del mantenimento diretto del figlio maggiorenne. Nella sentenza citata si legge infatti che “il figlio maggiorenne, anche se non indipendente, raggiunge comunque una sua dimensione di vita autonoma che lo rende, semmai, meritevole dei diritti ex art. 433 c.c. ma non può più essere trattato come figlio, bensì come adulto“. Quindi, il figlio maggiorenne, superata una certa età, non potrà più avere diritto ad essere mantenuto, potrà al massimo chiedere solamente gli alimenti, nel caso in cui versi in stato di bisogno.
In senso contrario, secondo un’altra parte della giurisprudenza, la spettanza o meno dell’assegno di mantenimento deve essere valutata caso per caso, considerando la situazione complessiva. Occorre distinguere i casi in cui la non indipendenza economica sia causata da ragioni oggettive (impedimenti psicofisici, oggettive difficoltà di inserimento nel mercato del lavoro …), oppure dalla negligenza o dal disinteresse nel proseguire gli studi (così Corte di Cassazione, sentenza n. 1858 del 2016). In questo secondo caso, non è dovuto alcun mantenimento al figlio maggiorenne fannullone.


QUANDO CESSA L’OBBLIGO DEL MANTENIMENTO DEL FIGLIO MAGGIORENNE

Secondo la giurisprudenza, l’obbligo del mantenimento del figlio maggiorenne cessa solamente quando quest’ultimo raggiunge l’indipendenza economica.
Non rileva invece il mero conseguimento di un titolo di studio universitario, né la costituzione di un nucleo familiare da parte del figlio maggiorenne, a meno che non si tratti “di una nuova entità familiare autonoma e finanziariamente indipendente” (Corte di Cassazione n. 1830 del 2011).
La coltivazione delle aspirazioni del figlio maggiorenne, che voglia intraprendere un percorso di studi per il raggiungimento di una migliore posizione e/o carriera, non fa venir meno il dovere al mantenimento da parte del genitore (Corte di Cassazione n. 1779 del 2013).


QUANDO L’INDIPENDENZA ECONOMICA ESCLUDE IL MANTENIMENTO DIRETTO O L’ASSEGNO DI MANTENIMENTO DEL FIGLIO MAGGIORENNE

L’autosufficienza o indipendenza economica è quella condizione che permette ai figli di provvedere autonomamente alle proprie esigenze di vita. Su questo argomento possiamo considerare varie pronunce giurisprudenziali, che ci aiutano a capire quando non esiste più il dovere del mantenimento diretto oppure di corrispondere l’assegno per il figlio maggiorenne. La condizione di indipendenza economica del figlio può considerarsi raggiunta in presenza di un’appropriata collocazione nel contesto economico-sociale di riferimento.
Innanzitutto, si è affermato che il figlio maggiorenne diviene “autosufficiente”, dal punto di vista economico, quando inizia a percepire un proprio reddito, corrispondente alla professionalità acquisita, in relazione alle normali e concrete condizioni di mercato, anche se l’inserimento nella famiglia paterna gli avrebbe garantito una posizione sociale migliore (così Corte di Cassazione nella sentenza n. 20137 del 2013).
Tuttavia, secondo la giurisprudenza, l’indipendenza economica non si raggiunge con qualsiasi impiego o reddito (Corte di Cassazione n. 18 del 2011). Il riferimento alla “professionalità acquisita” comporta che, anche nei casi in cui il figlio lavori, potrebbe comunque essere considerato ancora non economicamente indipendente. Si pensi ad esempio al mantenimento dei figli maggiorenni studenti, che pur percependo uno stipendio, stiano completando la propria formazione (così Corte di Cassazione, sentenza n. 8714 del 2008), oppure al mantenimento del figlio maggiorenne che svolge un lavoro che non ha prospettive di indipendenza economica, perché precario e limitato nel tempo, saltuario o a chiamata, oppure sia in rapporto di apprendistato (Corte di Cassazione, sentenza n° 8227/2009). Quindi non è sufficiente qualsiasi impiego o reddito, come ad esempio potrebbe essere un lavoro stagionale o precario (come prevede la Corte di Cassazione, sezione Civile nella Sentenza n. 18 del 2011) ma è necessario un reddito o il possesso di un patrimonio tali da garantire un’autosufficienza economica (Corte di Cassazione Sentenza n. 27377 del 2013).
Alla stessa conclusione si è pervenuti nell’ipotesi in cui il figlio maggiorenne svolga un lavoro non qualificato rispetto al titolo di studio conseguito (ad esempio un lavoro come cameriere in attesa di conseguire il titolo lavorativo legato ai suoi studi) oppure se questi sia percettore di una borsa di studio correlata a un dottorato di ricerca, trattandosi comunque di un compenso modesto e temporaneo (sentenza n. 2171 del 2012).
D’altra parte, ai fini dell’indipendenza economica non è necessario che il figlio sia occupato. Potrebbe anche essere sufficiente un reddito diverso (ad esempio, i proventi delle locazioni di immobili, o rendite perpetue) o il possesso di un patrimonio tali da garantire l’indipendenza economica (Corte di Cassazione n. 27377 del 2013).


HA DIRITTO AL MANTENIMENTO IL FIGLIO MAGGIORENNE FANNULLONE?

Ci si chiede ora se il diritto ad essere mantenuto spetti anche nel caso in cui il mancato raggiungimento della indipendenza economica, sia determinato dalla negligenza del figlio, o da un fatto a lui imputabile. Ha diritto al mantenimento il figlio maggiorenne fannullone? Hanno diritto al mantenimento i figli maggiorenni studenti che rallentano o interrompono il percorso di studi?
La Corte di Cassazione, con la Sentenza n. 1858 del 2016, ha chiarito che il mantenimento del figlio maggiorenne fannullone, che rifiuti un posto di lavoro, non può continuare ad essere corrisposto da parte del genitore. In particolare, se il figlio maggiorenne, posto nelle condizioni di addivenire ad una autonomia economica, non ne abbiano tratto profitto “sottraendosi volontariamente allo svolgimento di una attività lavorativa adeguata, corrispondente alla professionalità acquisita” il suo diritto a percepire un assegno di mantenimento è destinato a cadere.
D’altra parte, l’obbligo del mantenimento dei figli maggiorenni studenti fuori corso, viene meno se questi perdono interesse al proseguimento del percorso formativo (Cass. Civ., Sez. I, Sent. n. 1858 del 01 Febbraio 2016).
La Corte di Cassazione, con sentenza n. 1585 del 2014, ha escluso il diritto del figlio maggiorenne che aveva iniziato a svolgere attività lavorativa saltuaria, e non frequentava con profitto il corso di laurea a cui risultava formalmente iscritto da più di 8 anni.


QUANDO PUÒ ESSERE RIDOTTO L’IMPORTO DEL MANTENIMENTO DEL FIGLIO MAGGIORENNE

Il mantenimento diretto o l’assegno di mantenimento del figlio maggiorenne, cessano di essere dovuti al momento del raggiungimento dell’indipendenza economica.
In alcuni casi, il mantenimento del figlio maggiorenne può essere ridotto. Per procedere alla riduzione, i giudici devono valutare due elementi:

  • da una parte se vi è stato un mutamento nelle condizioni economiche del genitore,
  • dall’altra parte, se il figlio dispone di altre entrate, e se queste possano essere almeno in parte sufficienti a soddisfare i suoi bisogni.

Sotto il primo aspetto, benchè l’obbligo di mantenere la prole non venga meno solo per la pendenza della separazione o del divorzio tra i genitori, e che rientri comunque tra i doveri del padre separato o divorziato (e della madre separata o divorziata), tuttavia, in favore del coniuge disoccupato obbligato al mantenimento può essere rivalutato l’importo dell’assegno di mantenimento al figlio maggiorenne.
Sotto il secondo aspetto, è possibile ridurre l’importo del mantenimento del figlio maggiorenne, a carico del genitore, qualora il figlio abbia completato un percorso formativo in una scuola professionale ed è dunque idoneo a svolgere un’attività lavorativa (Corte di Cassazione, sesta sezione civile, ordinanza n. 7168 del 2016).


QUANDO è DOVUTO IL MANTENIMENTO DEL FIGLIO MAGGIORENNE CHE PERDE L’INDIPENDENZA ECONOMICA

Cosa succede se il figlio raggiunge l’indipendenza economica e successivamente la perde?
La giurisprudenza esclude che il genitore ritorni ad essere obbligato al mantenimento.
Una volta venuti meno i presupposti del mantenimento del figlio maggiorenne, a seguito del raggiungimento della piena autosufficienza economica “la sopravvenienza di circostanze ulteriori che determinano l’effetto di renderlo momentaneamente privo di sostentamento economico” non può far risorgere l’obbligo, potendo sussistere al massimo, in capo ai genitori, un obbligo alimentare” (Corte di Cassazione, sentenze n. 2171 del 2012; n. 5174 del 2012; n. 1585 del 2014).


A CHI SPETTA L’ONERE DELLA PROVA DELLA CESSAZIONE DELL’OBBLIGO DI MANTENIMENTO DEL FIGLIO MAGGIORENNE

L’onere della prova per ottenere la cessazione dall’obbligo di mantenimento del figlio maggiorenne spetta al genitore che chiede di essere esonerato dall’obbligazione, il quale dovrà perciò fornire “la prova che il figlio è divenuto autosufficiente economicamente, oppure che il mancato svolgimento di un’attività lavorativa sia imputabile a quest’ultimo” (Corte di Cassazione, sentenze n. 2289 del 2001; n. 11828 del 2009).


IL MANTENIMENTO DEL FIGLIO MAGGIORENNE IN CASO DI SEPARAZIONE O DIVORZIO DEI CONIUGI

In caso di separazione o divorzio dei genitori, l’importo del mantenimento del figlio maggiorenne è deciso con diverse modalità.
In caso di separazione consensuale, i coniugi stabiliscono, di comune accordo, l’importo dell’assegno di mantenimento del figlio maggiorenne, a cui deve provvedere il genitore che normalmente non co-abita con il figlio, mentre l’altro deve provvedere al mantenimento diretto del figlio maggiorenne.
In caso, invece, di separazione giudiziale, l’importo è stabilito dal giudice.
Per quanto riguarda invece le spese straordinarie (quelle cioè relative alle esigenze mediche, sportive, gite, tempo libero e svago), il giudice, non potendo quantificarle in anticipo nell’assegno di mantenimento del figlio maggiorenne, stabilisce che i coniugi vi provvedano in misura percentuale (ad esempio 50% ciascuno).


LA RESPONSABILITÀ DEL CONIUGE DISOCCUPATO OBBLIGATO AL MANTENIMENTO

Generalmente, l’obbligo di versamento del mantenimento del figlio maggiorenne è a carico di entrambi i genitori e questo anche nell’ipotesi in cui uno dei genitori sia disoccupato. Di per sé considerato, lo stato di disoccupazione non giustifica il mancato adempimento dei diritti dei figli maggiorenni.
Il coniuge disoccupato obbligato al mantenimento, può provvedere attraverso altre risorse, come ad esempio le rendite immobiliari o di partecipazioni societarie.
Nel caso in cui non disponga di altre entrate o risorse, il coniuge disoccupato obbligato al mantenimento può liberarsi solamente provando di aver fatto tutto quanto nelle sue possibilità per cercare un impiego, senza riuscirvi (Corte di Cassazione, sentenza n. 39411 del 2017). A tal proposito, non è ritenuto sufficiente un comportamento “normalmente diligente” (Trib. Firenze, sentenza del 2/10/2014)
In altri termini, il venir meno all’obbligo di assistenza materiale nei confronti dei i figli è rimproverabile anche al coniuge disoccupato obbligato al mantenimento, a meno che non riesca a dimostrare la sua oggettiva, assoluta ed incolpevole incapacità di adempiere. Non sono sufficienti, a tal proposito, giustificazioni personali, anche serie (Trib. Genova, sentenza 27/5/2005)
D’altra parte, qualora perda il lavoro successivamente alla determinazione dell’assegno di mantenimento del figlio maggiorenne, il coniuge disoccupato obbligato al mantenimento, può chiederne la riduzione, in modo da tener conto della situazione economica sopravvenuta.


QUANDO CESSA IL DIRITTO ALL’ASSEGNO DI MANTENIMENTO DEL FIGLIO MAGGIORENNE STUDENTE

La questione del dovere di mantenimento dei figli maggiorenni studenti è una questione molto dibattuta, a causa delle difficoltà di individuazione in concreto della durata, della cessazione o della riduzione dell’importo dello stesso assegno.
Un aiuto in proposito ci viene offerto dalla Corte di Cassazione, che nella sentenza n. 1858 del 2016 ha stabilito che non spetta il mantenimento al figlio maggiorenne studente che frequenta l’università con scarso rendimento.
Nel caso in esame, la madre chiedeva la revoca dell’assegno di mantenimento di 400 euro al mese da corrispondere ai figli, conviventi con il padre. La richiesta veniva accolta dalla Corte d’Appello e confermata dalla Cassazione. Secondo la Suprema Corte infatti, il dovere di mantenimento del figlio maggiorenne studente “cessa ove il genitore onerato dia prova che il figlio abbia raggiunto l’autosufficienza economica oppure quando il genitore provi che il figlio, pur posto nelle condizioni di addivenire ad una autonomia economica, non ne abbia tratto profitto, sottraendosi volontariamente allo svolgimento di una attività lavorativa adeguata e corrispondente alla professionalità acquisita“.
Al contrario, si ritiene che persista l’obbligo di mantenimento del figlio studente, che decida di proseguire gli studi, nel rispetto delle sue capacità, inclinazioni e aspirazioni, purché siano compatibili con le condizioni economiche dei genitori (Corte di Cassazione ordinanza n. 10207 del 2017).


QUAL È L’AMMONTARE DEL MANTENIMENTO DEL FIGLIO MAGGIORENNE

Ciascuno dei genitori, anche se separati o divorziati, e quindi non conviventi, devono comunque dare il proprio contributo al mantenimento del figlio maggiorenne.
Finché entrambe i genitori convivono con il figlio, il mantenimento diretto del figlio maggiorenne deve coprire tutte le sue esigenze, non solo quelle necessarie alla sopravvivenza, (vitto e alloggio, spese mediche, vestiti) ma quelle ritenute opportune per una corretta crescita psicofisica (istruzione e formazione, attività sportiva, tempo libero…).
Nel caso di genitori separati o divorziati, si pone il problema della quantificazione. L’art. 337 septies del codice civile indica che la quantificazione è, genericamente, basata sulle circostanze del caso concreto. Criteri più puntuali sono indicati all’art. 337 ter del codice civile, commi 4 e 5, il quale dispone che “Salvo accordi diversi liberamente sottoscritti dalle parti, ciascuno dei genitori provvede al mantenimento dei figli in misura proporzionale al proprio reddito; il giudice stabilisce, ove necessario, la corresponsione di un assegno periodico al fine di realizzare il principio di proporzionalità,, da determinare considerando:

  1. le attuali esigenze del figlio.
  2. il tenore di vita goduto dal figlio in costanza di convivenza con entrambi i genitori
  3. i tempi di permanenza presso ciascun genitore.
  4. le risorse economiche di entrambi i genitori
  5. la valenza economica dei compiti domestici e di cura assunti da ciascun genitore.

L’assegno è automaticamente adeguato agli indici ISTAT in difetto di altro parametro indicato dalle parti o dal giudice.
Ove le informazioni di carattere economico fornite dai genitori non risultino sufficientemente documentate, il giudice dispone un accertamento della polizia tributaria sui redditi e sui beni oggetto della contestazione, anche se intestati a soggetti diversi”.
Quindi l’articolo in esame prevede che ciascuno dei genitori deve provvedere al mantenimento del figlio maggiorenne in misura proporzionale al proprio reddito, salvo che questi si accordino diversamente. Tale criterio deve essere individuato tenendo conto di vari fattori, che l’articolo in esame individua.
Il Giudice poi, come prevede l’articolo in esame, deve tenere conto delle esigenze attuali e del tenore di vita goduto in costanza di convivenza dei genitori. Tutto questo viene stabilito nell’interesse esclusivo del figlio.


COSA FARE SE UN GENITORE NON PROVVEDE AL MANTENIMENTO DEL FIGLIO MAGGIORENNE

Nel caso in cui un genitore si renda inadempiente in modo ingiustificato dell’obbligo di mantenimento del figlio maggiorenne, è possibile ottenere dall’autorità giudiziaria un provvedimento che obblighi formalmente il genitore ad adempiere ex art. 337 septies cod. civ..
Nel caso in cui i genitori siano in fase di separazione o divorzio, l’obbligo è già contenuto nella sentenza di separazione oppure nell’accordo di separazione omologato.
Nel caso in cui l’inadempimento perduri, è possibile adire ulteriormente il Tribunale per ottenere l’esecuzione forzata dell’adempimento, mediante il pignoramento dei beni, mobili o immobili, del genitore obbligato.

mantenimento del figlio maggiorenne


A CHI SPETTA LA LEGITTIMAZIONE AD AGIRE PER L’ASSEGNO DI MANTENIMENTO PER IL FIGLIO MAGGIORENNE

Stabilire chi sia il soggetto legittimato a far valere in giudizio il diritto del figlio maggiorenne a percepire il mantenimento da parte del genitore separato è una questione molto dibattuta sia in dottrina che in giurisprudenza.
La giurisprudenza ha riconosciuto la legittimazione a richiedere l’assegno di mantenimento al figlio maggiorenne, economicamente non autosufficiente. Questi può far valere il proprio diritto anche nel giudizio di separazione o di divorzio, pendente tra i genitori (Corte di Cassazione, sentenze n. 18844 del 2007; n. 23590 del 2010).
Per altro verso, la legittimazione a chiedere l’assegno di mantenimento per il figlio maggiorenne privo di indipendenza economica, è stato riconosciuto “iure proprio” anche al genitore con lui convivente, in quanto “titolare, nei confronti dell’altro genitore obbligato, di un’autonoma pretesa basata sul comune dovere nei confronti del figlio ai sensi degli artt. 147 e 148 c.c.” (tra le tante Cass. n. 25300/2013; n. 359 del 2014; n. 921 del 2014; n. 1805 del 2014 e Cass. n. 35629/2018).


QUAL È IL TERMINE DI PRESCRIZIONE DELL’ASSEGNO DI MANTENIMENTO DEI FIGLI MAGGIORENNI

Per stabilire il termine di prescrizione entro cui è possibile richiedere il mantenimento del figlio maggiorenne, occorre premettere che oggetto della prescrizione non è il diritto del figlio maggiorenne, di essere mantenuto dai genitori, ma le singole mensilità dell’assegno di mantenimento, dovuto in virtù della sentenza di separazione o divorzio. Si applica in questo caso l’art. 2948 n. 4 del codice civile, che indica il termine di prescrizione di cinque anni. Infatti il mantenimento del figlio avente ad oggetto le spese ordinarie ha carattere alimentare e periodico, prevedendosi in proposito una cadenza periodica nel versamento dello stesso. Il termine di prescrizione del mantenimento dei figli decorre dalla singola scadenza del pagamento. (Corte di Cassazione, sentenza n. 7981 del 4 aprile 2014).
Nel caso delle spese straordinarie, che non sono coperte dall’assegno,  il genitore che vi ha provveduto da solo può richiedere all’altro, il rimborso della quota di spesa, entro il termine di dieci anni ex (art. 2496 c.c.). In questo caso, il termine di prescrizione del mantenimento dei figli decorre da ogni singola spesa effettuata.
Per quanto riguarda la prescrizione del mantenimento dei figli naturali, cioè nati al di fuori del matrimonio, la sentenza della Cassazione n. 16651/2020 ha stabilito che: “in materia di mantenimento del figlio naturale il diritto al rimborso pro quota delle spese sostenute dalla nascita del figlio, spettante al genitore che lo ha allevato, non è utilmente azionabile se non dal momento della sentenza di accertamento della filiazione naturale, che conseguentemente costituisce il dies a quo della decorrenza della ordinaria prescrizione decennale, tale principio non è inficiato dalla puntualizzazione che l’azione di regresso può essere esercitata (dal genitore che ha provveduto in via esclusiva al mantenimento del figlio) anche unitamente alla domanda di dichiarazione giudiziale della paternità naturale, difatti in tal caso l’azione serve alla precostituzione del titolo, il quale è comunque e sempre eseguibile soltanto dopo il passaggio in giudicato della sentenza di accertamento della paternità naturale.


COSA RISCHIA IL GENITORE CHE NON PROVVEDE AL MANTENIMENTO DEL FIGLIO MAGGIORENNE

L’inadempimento dell’obbligo di mantenimento del figlio maggiorenne, sino alla sua indipendenza economica, è sanzionato in alcuni casi dal codice penale.
La prima ipotesi è quella indicata all’art. 570 comma 2 n. 2 del codice penale.
L’articolo 570 del codice penale prevede tre figure autonome (Cass. pen. n. 44358/2019) di reato.
Al primo comma viene punito il comportamento, generico, del sottrarsi agli obblighi di assistenza morale derivanti la responsabilità genitoriale.
Al secondo comma sono punite la malversazione e, quello che più interessa ai fini del presente articolo, il sottrarsi agli obblighi di assistenza materiale, ovverosia la mancata somministrazione dei mezzi di sussistenza nei confronti dei figli che versano in stato di bisogno. La disposizione in esame punisce chi “fa mancare i mezzi di sussistenza ai discendenti di età minore, ovvero inabili al lavoro, agli ascendenti o al coniuge, il quale non sia legalmente separato per sua colpa”.
Nel caso in cui il genitore non adempia all’obbligo di mantenimento del figlio maggiorenne, ricorre l’ipotesi in esame, solamente qualora quest’ultimo sia inabile al lavoro. Tale inabilità, secondo la Cassazione (sentenza n. 23581/2013), deve essere intesa “in base alla definizione contenuta negli artt. 2 e 12 della l. n. 118 del 1971, come totale e permanente inabilità lavorativa” e quindi non può essere causata, ad esempio, dalle condizioni del mercato del lavoro, anche se particolarmente difficili.
Non integra invece il reato, l’omesso mantenimento del figlio maggiorenne che, seppure economicamente dipendente dai genitori, sia in grado di potere svolgere una qualsiasi attività lavorativa. Il delitto non sussiste nemmeno in caso di omesso mantenimento dei figli maggiorenni studenti.
Inoltre, parte della giurisprudenza interpreta in senso restrittivo i “mezzi di sussistenza” come lo stretto necessario per sopravvivere, diversamente dal mantenimento del figlio maggiorenne, che come visto comprende anche le spese voluttuarie.
Si tratta di un reato permanente, in cui l’inadempimento deve protrarsi nel tempo, non essendo sufficiente un breve ritardo.
La sanzione prevista è la reclusione fino a un anno o con la multa da euro 103 a euro 1.032.
Il delitto è punibile a querela della persona offesa, ovverosia del figlio maggiorenne.

Altra fattispecie rilevante è quella dell’art. 570-bis codice penale, che prevede: “Le pene previste dall’articolo 570 si applicano al coniuge che si sottrae all’obbligo di corresponsione di ogni tipologia di assegno dovuto in caso di scioglimento, di cessazione degli effetti civili o di nullità del matrimonio ovvero vìola gli obblighi di natura economica in materia di separazione dei coniugi e di affidamento condiviso dei figli.
A differenza di quanto visto all’art. 570 cod. pen. in questa fattispecie viene punito il sottrarsi anche parziale agli obblighi di natura patrimoniale disposti in sede giudiziale, a prescindere dal fatto che il figlio maggiorenne versi o meno in stato di bisogno, e che sia o meno abile al lavoro.


LA MANCATA ESECUZIONE DOLOSA DI UN PROVVEDIMENTO DEL GIUDICE SUL MANTENIMENTO DEI FIGLI MAGGIORENNI

Ancora, l’art. 388 comma 2 del codice penale sanziona con la reclusione fino a tre anni o con la multa da euro 103 a euro 1.032 “chi elude l’ordine di protezione previsto dall’articolo 342-ter del codice civile, ovvero un provvedimento di eguale contenuto assunto nel procedimento di separazione personale dei coniugi o nel procedimento di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio ovvero ancora l’esecuzione di un provvedimento del giudice civile, ovvero amministrativo o contabile, che concerna l’affidamento di minori o di altre persone incapaci, ovvero prescriva misure cautelari a difesa della proprietà, del possesso o del credito”.
La fattispecie punisce chi compie atti fraudolenti o simulati, posti in essere per “giustificare” l’inadempimento dell’obbligo del mantenimento del figlio maggiorenne stabilito in un provvedimento dell’autorità giudiziaria. Ad esempio, la simulazione di un atto di vendita immobiliare, con cui il padre si spoglia dell’immobile da cui percepiva rendite fondiarie (v. Cass. pen. n. 32342/2003 secondo cui “Perché si configuri la fattispecie di cui all’art. 388, primo comma, c.p., nella condotta di colui che simula la vendita di un bene immobile, è necessario che la finalità della vendita sia quella di sottrarsi agli obblighi di mantenimento nascenti dalla separazione, e non invece quella di prevenire pretese rivendicatorie da parte del coniuge separato sul bene.”).

 

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