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Cos'è e a cosa serve il fondo patrimoniale
Il fondo patrimoniale costituisce un particolare istituto del nostro ordinamento giuridico con il quale si consente la creazione di un vero e proprio patrimonio separato, destinando determinati beni esclusivamente al soddisfacimento dei bisogni della famiglia, rendendoli conseguentemente inattaccabili dai debiti contratti per scopi diversi. Tale strumento è accessibile non solo ai coniugi, intesi come soggetti uniti dal vincolo matrimoniale, ma è aperto anche alle unioni civili tra persone dello stesso sesso.
Trova la sua disciplina agli articoli 167 e seguenti del codice civile, col rinvio, per quanto riguarda all’amministrazione del fondo patrimoniale, alle norme sulla comunione legale dei beni (art. 180 cod. civ.).
Tuttavia, la tutela del patrimonio della famiglia (che trova il suo fondamento nella Costituzione) incontra un limite nella lesione della garanzia spettante alla generalità dei creditori (anche la libertà dell’iniziativa economica è tutelata dalla Costituzione), per il quale il legislatore assoggetta il fondo patrimoniale all’azione revocatoria ordinaria (artt. 2901 e seguenti del cod civ.) e all’azione revocatoria fallimentare (art. 163 del codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza) nel caso in cui il coniuge sia un imprenditore.
Pensato per tutelare il patrimonio destinato a soddisfare le esigenze della famiglia (ad esempio la casa di abitazione, le rendite necessarie alla sopravvivenza), l’istituto ha nel tempo perso parte della sua efficacia, perché l’interpretazione estensiva dei “bisogni” della famiglia (sino a ricomprendere i debiti tributari del coniuge imprenditore) ha ampliato il novero dei creditori che possono “aggredire” il fondo.
COS’È IL FONDO PATRIMONIALE
Il fondo patrimoniale costituisce una deroga alla regola generale secondo cui il debitore risponde dei propri debiti con tutto il suo patrimonio (art. 2740 cod. civ), poiché crea un vincolo di destinazione su determinati beni, affinché siano finalizzati a soddisfare solamente alcuni debiti, inerenti ai “bisogni della famiglia”. Viceversa, per un debito nato al di fuori delle esigenze familiari (ad esempio contratto dal coniuge nel suo esclusivo interesse personale), i beni sottoposti a vincolo patrimoniale non possono essere “aggrediti” (cioè sottoposti a pignoramento).
Il fondo patrimoniale venne introdotto nel nostro ordinamento con l’importantissima riforma che interessò tutto il diritto di famiglia nel lontano 1975, con l’intento di tutelare i c.d. bisogni di famiglia da eventuali “attacchi” (esecuzioni) da parte di creditori dei membri della famiglia.
È definito un atto di liberalità a titolo gratuito “non soltanto quando a costituire il fondo sia un terzo o uno soltanto dei coniugi, ma anche quando entrambi i coniugi conferiscano al fondo beni già di loro proprietà, rinunciando essi in modo gratuito alle facoltà insite nel diritto di proprietà in favore della famiglia, mediante il vincolo di indisponibilità dei beni e la destinazione dei frutti ai soli bisogni familiari” (Cass. civ., Sez. I, 06/05/2016, n. 9128) pertanto non rientra nel novero dei doveri giuridici ma è lasciato alla libera scelta del soggetto o dei soggetti che lo costituiscono ex art. 167 cod. civ. Questa definizione permette, come verrà indicato nel paragrafo successivo, di sottoporre il fondo patrimoniale alla revocatoria fallimentare.
CHI PUÒ COSTITUIRE UN FONDO PATRIMONIALE
Presupposto soggettivo dal fondo patrimoniale è l’esistenza di una famiglia o, dal 2016, di un’unione civile tra omosessuali di cui abbiamo parlato in questo articolo.
Il fondo patrimoniale può essere istituito (art. 167 cod. civ.):
- da entrambe i coniugi/uniti civilmente,
- da un solo coniuge/unito civilmente,
- da un terzo estraneo, purchè vi sia accettazione di entrambe i familiari.
Pertanto, non è possibile costituire un fondo patrimoniale da parte di una coppia di fatto.
QUALI BENI POSSONO RIENTRARE NEL FONDO PATRIMONIALE
In via generale ed ai sensi dell’art. 167 cod. civ., nel fondo patrimoniale possono rientrare:
- beni immobili determinati
- beni mobili registrati (ad esempio autovetture) determinati;
- titoli di credito, purché “vincolati rendendoli nominativi con annotazione del vincolo o in altro modo idoneo”.
- Determinati diritti reali diversi dalla proprietà (ad esempio il diritto di abitazione).
Rientrano nel vincolo di indisponibilità anche i frutti dei beni rientranti nel fondo (ad esempio gli interessi di una somma di denaro depositata in banca).
Se il fondo patrimoniale è costituito da entrambe i coniugi, possono rientrarvi anche i beni in comunione legale.
In giurisprudenza si ammette la possibilità di far rientrare nel fondo patrimoniale anche azioni societarie di Società per Azioni e delle quote societarie di società a responsabilità limitata.
Al contrario, non possono essere sottoposti al vincolo del fondo patrimoniale familiare i beni mobili non registrati, poiché la impossibilità di annotare il fondo nei pubblici registri, rende inconoscibile il vincolo ai terzi, né le universalità di beni indeterminati, come l’azienda.
QUANDO SI COSTITUISCE IL FONDO PATRIMONIALE
Il fondo patrimoniale familiare si costituisce secondo le indicazioni fornite dal legislatore all’art. 167 cod. civ. il quale indica la forma dell’atto pubblico, occorrendo quindi rivolgersi ad un notaio.
Se il fondo viene costituito da un terzo estraneo al nucleo familiare, sia per atto tra vivi che per testamento, è richiesta l’accettazione di entrambe i coniugi (o uniti civilmente) beneficiari.
Inoltre, la costituzione del fondo patrimoniale viene annotata a margine dell’atto di matrimonio.
Il fondo patrimoniale perdura sino all’annullamento o allo scioglimento o della cessazione degli effetti civili del matrimonio. Se vi sono figli minori il fondo dura fino al compimento della maggiore età dell’ultimo figlio (art. 171 cod. civ.).
In caso di scioglimento da parte dei coniugi, ed in presenza di figli minorenni, è richiesta l’autorizzazione del giudice tutelare.
QUALI SONO GLI EFFETTI DEL FONDO PATRIMONIALE
Primo effetto del fondo patrimoniale è quello di fare acquistare ai coniugi la proprietà dei beni confluiti nel fondo patrimoniale, qualora non ne fossero già proprietari e salvo che sia diversamente stabilito nell’atto costitutivo (art. 168 comma 1 cod. civ.).
Tuttavia, non sempre si ha un effetto traslativo della proprietà.
Anche ai fini fiscali, si ha effetto traslativo quando:
- il fondo patrimoniale familiare viene costituito dal terzo, a beneficio di entrambe i coniugi, risolvendosi quindi in una donazione,
- il fondo patrimoniale familiare viene costituito da un solo coniuge, anche a favore dell’altro.
Non si ha effetto traslativo quando:
- il fondo patrimoniale familiare viene costituito da entrambe i coniugi,
il fondo patrimoniale familiare viene costituito da un solo coniuge, ma con riserva di proprietà
COME SI AMMINISTRA IL FONDO PATRIMONIALE: IL VINCOLO DI DESTINAZIONE
L’effetto principale del fondo patrimoniale familiare è la separazione, dal patrimonio del disponente, della parte destinata a soddisfare le esigenze della famiglia.
Ciò vuol dire che, da una parte, i beni sono vincolati a soddisfare le esigenze della famiglia, e non possono essere impiegati diversamente (art. 168 comma 2 cod. civ.). Ad esempio, la casa familiare non può essere ceduta in locazione, salvo che i canoni non siano impiegati per soddisfare le esigenze della famiglia.
I bisogni della famiglia (Cass. Civ. 30.5.2007 n. 12730, Cass. Civ. 7.7.2009 n. 15862 e Cass. Civ. 19.2.2013 n. 4011) sono intesi come quelli “volti non soltanto al soddisfacimento delle necessità cd. essenziali o indispensabili della famiglia ma anche ad esigenze volte al pieno mantenimento ed all’armonico sviluppo della medesima, nonché al potenziamento della sua capacità lavorativa ed al miglioramento del suo benessere economico, restando escluse ragioni voluttuarie o caratterizzate da intenti meramente speculativi” (Cass. civ., Sez. III, Ordinanza, 08/02/2021, n. 2904).
A tal proposito, la Cassazione ha stabilito che “le obbligazioni concernenti l’esercizio dell’attività imprenditoriale o professionale hanno, di norma, una inerenza diretta e immediata con le esigenze dell’attività imprenditoriale o professionale, solo indirettamente e mediatamente potendo assolvere (anche) al soddisfacimento dei bisogni della famiglia” (Cass. civ., Sez. III, Ordinanza, 08/02/2021, n. 2904).
La normativa di riferimento per l’amministrazione del fondo patrimoniale è quella della comunione legale dei beni, pertanto, come prevede la legge, gli atti di ordinaria amministrazione possono essere realizzati disgiuntamente da ciascun coniuge/unito anche senza il consenso dell’altro; invece, gli atti di straordinaria amministrazione (vendita, permuta, costituzione di pegno o ipoteca….) devono essere realizzati nel rispetto delle formalità richieste dal legislatore e col consenso di entrambi i coniugi, salvo le deroghe consentite dalla stessa legge o utilizzate nella prassi notarile.
In generale, per questi atti, in presenza di figli minori è necessaria, altresì, l’autorizzazione del giudice tutelare presso il Tribunale del luogo del domicilio del minore. Inoltre, in merito ai debiti contratti dai coniugi, la Cassazione ha affermato che “ai sensi del combinato disposto degli artt. 169 e 170 cod. civ. e dei principi costituzionali in tema di famiglia, i beni costituiti nel fondo, non potendo essere distolti dalla loro destinazione ai bisogni familiari, non possono costituire oggetto di iscrizione di ipoteca ad opera di terzi, qualunque clausola sia stata inserita nell’atto di costituzione circa le modalità di disposizione degli stessi in difformità da quanto stabilito dal citato art. 169 cod. civ.; tuttavia, nel caso in cui i coniugi o uno di essi abbiano assunto obbligazioni nell’interesse della famiglia, qualora risultino inadempienti alle stesse, il creditore può procedere all’iscrizione d’ipoteca sui beni costituiti nel fondo, attesa la funzione di garanzia che essi assolvono per il creditore, in quanto correlati al soddisfacimento delle esigenze familiari” (Cassazione civile, Sez. III, ordinanza n. 21184 del 23 luglio 2021).

QUANDO È POSSIBILE IL PIGNORAMENTO DEL FONDO PATRIMONIALE FAMILIARE
Dall’altra parte, la segregazione patrimoniale si traduce in una limitazione di responsabilità rispetto ai beni oggetto del fondo. I beni per la famiglia possono essere attaccati da creditori dei coniugi o degli uniti civilmente (in deroga alla disposizione contenuta nell’art. 2740 cod. civ. per la quale il debitore risponde dei debiti con tutti i suoi beni presenti e futuri) solamente a due condizioni:
- se il debito deriva da obbligazioni contratte per interessi familiari ex art. 170 cod. civ.. A tal proposito “in ordine al criterio identificativo dei debiti per i quali può avere luogo l’esecuzione sui beni del fondo patrimoniale, esso va ricercato non già nella natura dell’obbligazione ma nella relazione tra il fatto generatore di essa e i bisogni della famiglia, e la predetta finalità non può dirsi sussistente per il solo fatto che il debito derivi dall’attività professionale o d’impresa, dovendosi accertare che l’obbligazione sia sorta per il soddisfacimento dei bisogni familiari e non per esigenze di natura voluttuaria o caratterizzate da interessi meramente speculativi” (Cass. civ., Sez. V, Ordinanza, 27/02/2020, n. 5369);
- se il creditore conosceva che il debito è stato contratto per soddisfare interessi familiari (art. 170 cod. civ.). Viceversa, “il vincolo di inespropriabilità opera nei confronti dei creditori consapevoli che l’obbligazione è stata contratta non già per far fronte ai bisogni della famiglia ma per altra e diversa finalità alla famiglia estranea. Tale consapevolezza deve sussistere al momento del perfezionamento dell’atto da cui deriva l’obbligazione e la prova dell’estraneità e della consapevolezza citate può essere peraltro fornita anche per presunzioni semplici essendo pertanto sufficiente provare che lo scopo dell’obbligazione apparisse al momento della relativa assunzione come estraneo ai bisogni della famiglia” (Cass. civ., Sez. III, Ordinanza, 08/02/2021, n. 2904).
Quindi in caso di esecuzione (es: pignoramento) sui beni del fondo patrimoniale, il debitore deve dar prova della regolare costituzione del predetto fondo e della pubblicità realizzata al fine di rendere opponibile ai terzi tale inespropriabilità e, soprattutto (anche tramite presunzioni) che il debito per il quale si procede risulta contratto per soddisfare bisogni estranei agli interessi della famiglia e che tale circostanza era conosciuta dal creditore (in tal senso la giurisprudenza è ormai pacifica, si veda, ex multis, Cass. Civ. 15 marzo 2006 n. 5684; Cass., sent. n. 15886/2014).
In merito ai debiti contratti per l’attività imprenditoriale di un coniuge, “grava sul creditore l’onere di provare che l’atto posto in essere nell’ambito dello svolgimento dell’attività d’impresa o imprenditoriale e la relativa assunzione del debito, diversamente dall’id quod plerumque accidit, siano eccezionalmente volti a soddisfare, in via immediata e diretta, i bisogni della famiglia” (Cass. civ., Sez. III, Ordinanza, 08/02/2021, n. 2904).
In merito ai debiti tributari, la Cassazione afferma che “in tema di riscossione coattiva delle imposte, l’iscrizione ipotecaria di cui all’art. 77 del d.P.R. n. 602 del 1973 è ammissibile anche sui beni facenti parte di un fondo patrimoniale alle condizioni indicate dall’art. 170 c.c., sicché è legittima solo se l’obbligazione tributaria sia strumentale ai bisogni della famiglia o se il titolare del credito non ne conosceva l’estraneità ai bisogni della famiglia, circostanze che non possono ritenersi dimostrate, né escluse, per il solo fatto dell’insorgenza del debito nell’esercizio dell’impresa” (Cass. civ., Sez. V, Ordinanza, 14/07/2021, n. 20008).
COME SI PROCEDE ALLA VENDITA DI UN IMMOBILE DEL FONDO PATRIMONIALE
Ben può accadere che sempre al fine di soddisfare bisogni familiari sia necessario ottenere liquidità, alienando, ad esempio un bene immobile.
La vendita, come anche la costituzione di pegno o ipoteca, o di altro vincolo, è un atto di straordinaria amministrazione, che diversamente dagli atti di ordinaria amministrazione (art. 168 comma 3 cod. civ. che rinvia alle norme relative all’amministrazione della comunione legale ed in particolare all’art. 180 cod. civ.) spetta congiuntamente ad entrambe i coniugi. Questo vuol dire che salvo che l’atto costitutivo preveda il contrario, la vendita del fondo patrimoniale è possibile quando vi sia il consenso di entrambe i coniugi / uniti civilmente.
Inoltre, in presenza di figli minori, è necessaria l’autorizzazione del giudice tutelare, che viene concessa solamente in caso di necessità o evidente utilità.
L’atto costitutivo del fondo patrimoniale può prevedere che la vendita dell’immobile avvenga senza la necessità dell’autorizzazione del giudice tutelare, oppure senza il consenso di entrambe i coniugi.
Nell’atto di vendita di bene immobile facente parte del fondo patrimoniale parteciperanno, in base alla previsione contenuta nell’atto costitutivo, i genitori dei minori o un curatore speciale. A tale atto non sarà necessaria la presenza di due testimoni perché non si tratta di una modifica del fondo patrimoniale o della sua costituzione.
Si ritiene anche che, non essendo espressamente vietato dalla legge, sia possibile alienare il bene ma mantenerlo nel fondo patrimoniale come avviene ad esempio nella donazione da parte dei genitori in favore dei figli. In questi casi si tratta di una vera e propria clausola accessoria anche se la sua natura è molto discussa in dottrina e giurisprudenza.
COME FUNZIONA LA REVOCATORIA DEL FONDO PATRIMONIALE
La tutela dei bisogni della famiglia, che limita la possibilità del pignoramento del fondo patrimoniale, trova un limite nella tutela delle ragioni dei creditori, che a determinate condizioni possono chiedere la revocatoria del fondo patrimoniale.
L’azione revocatoria “ordinaria” ex art. 2901 e seguenti cod. civ. serve al creditore per rendere inefficaci atti di disposizione del patrimonio posti in essere dal debitore.
Quando il fondo patrimoniale familiare è costituito tra i coniugi, l’azione revocatoria si prescrive nel termine di cinque anni dal giorno in cui la costituzione del medesimo fondo risulta opponibile ai terzi e quindi dal momento dell’annotazione sui pubblici registri, come precisato anche in materia di convenzioni matrimoniali ex art. 162 cod. civ. (Cass., sent. n. 5889 del 24 marzo 2016; Cass, SS. UU., n. 21658 del 13 ottobre 2009). Tale momento non va confuso con la trascrizione ex art. 2647 cod. civ. perché costituisce pubblicità notizia, non idonea a sostituire l’eventuale omessa annotazione nei registri dello stato civile (Cass., sent. n. 27854 del 12 dicembre 2013).
La revocatoria del fondo patrimoniale richiede alcune condizioni.
In primo luogo, un requisito oggettivo, ossia l’”eventus damni” che ricorre non solo nel caso in cui l’atto dispositivo comprometta totalmente la consistenza patrimoniale del debitore, ma anche quando lo stesso atto determini una variazione quantitativa o anche soltanto qualitativa del patrimonio che comporti una maggiore incertezza o difficoltà nel soddisfacimento del credito.
Dal punto di vista soggettivo, quando il fondo è costituito successivamente al sorgere del credito, che il debitore conosca il pregiudizio che la costituzione del fondo arreca alle ragioni del creditore. “In tema di revocatoria ordinaria nei confronti di fondo patrimoniale costituito successivamente all’assunzione del debito, è sufficiente, ai fini della cd. scientia damni, la semplice consapevolezza del debitore di arrecare pregiudizio agli interessi del creditore, ovvero la previsione di un mero danno potenziale, rimanendo, invece, irrilevanti tanto l’intenzione del debitore di ledere la garanzia patrimoniale generica del creditore, quanto la relativa conoscenza o partecipazione da parte del terzo” (Cass. civ., Sez. VI – 3, Ordinanza, 29/11/2019, n. 31227).
L’azione revocatoria del fondo patrimoniale è esperibile anche quando questo sia antecedente al sorgere del credito, qualora sia stato dolosamente preordinato al fine di pregiudicare il soddisfacimento del credito successivo (c.d. “scienza damni”). Il dolo è dimostrabile anche per presunzioni.
LA REVOCATORIA DEL FONDO PATRIMONIALE IN CASO DI FALLIMENTO DI UN CONIUGE
Altra ipotesi di azione revocatoria del fondo patrimoniale è prevista dalla legge fallimentare all’art 64 (oggi confluito nel codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza di cui al D.Lgs. n. 14/2019 art 163). In caso di fallimento di uno dei coniugi, il negozio costitutivo del fondo patrimoniale concluso entro due anni prima della domanda di liquidazione giudiziale, è suscettibile di revocatoria fallimentare: non trova infatti applicazione l’esclusione prevista per “gli atti compiuti in adempimento di un dovere morale” nei confronti dei componenti della famiglia, “a meno che non si dimostri in concreto l’esistenza di una situazione tale da integrare, nella sua oggettività, gli estremi del dovere morale ed il proposito del “solvens” di adempiere unicamente a quel dovere mediante l’atto in questione” (Cass. civ., Sez. I, Ordinanza, 12/11/2018, n. 28993).
LA CESSAZIONE DEGLI EFFETTI DEL FONDO PATRIMONIALE
L’art. 171 cod. civ. prevede che il fondo cessa quando si estingue il vincolo coniugale anche se, in presenza di figli minori, il vincolo sui beni permane finché l’ultimo figlio non abbia compiuto la maggiore età. In questi casi, dopo lo scioglimento del vincolo matrimoniale e fino al compimento del diciottesimo anno di età del figlio o dei figli minori, il Giudice tutelare può:
- affidare la gestione del fondo patrimoniale fino alla maggiore età del minore ad uno dei genitori o un terzo;
- affidare il godimento direttamente ai figli una quota dei beni.
In dottrina si discute sulla possibilità di procedere allo scioglimento consensuale del fondo patrimoniale perché, in teoria, tali cause sono tassative (i casi di scioglimento del matrimonio). Sul tema si è pronunciata di recente la Cassazione affermando che le ipotesi di scioglimento del fondo patrimoniale familiare ex art. 171 cod. civ. non devono considerarsi tassative tanto che, in assenza di figli minori, la cessazione del fondo può realizzarsi anche tramite un accordo in tal senso dei coniugi (Cass., sent. n. 117811/2014).
In presenza di figli minori o nascituri tale possibilità non è concessa: si preferisce tutelarli da atti eventualmente pregiudizievoli dei loro interessi e perché il fondo è adibito a soddisfare anche i loro bisogni quali componenti c.d. deboli della famiglia.
Infine, portano alla cessazione del fondo sia il provvedimento di annullamento del matrimonio, sia quello di scioglimento e della cessazione degli effetti civili del matrimonio.
Però, anche in presenza di matrimonio annullato, sciolto o cessato, qualora dovessero esserci figli minori in quel momento, il fondo patrimoniale continuerà ad esistere nel loro interesse, potendo estinguersi al compimento della loro maggiore età.
FONDO PATRIMONIALE E DEBITI TRIBUTARI DEI CONIUGI
Un delicatissimo tema, affrontato di recente dalla giurisprudenza è quello inerente la possibilità di attaccare i beni del fondo patrimoniale per debiti del coniuge di natura tributaria.
La Cassazione chiamata a pronunciarsi sulla legittimità di un’azione esecutiva su un immobile vincolato in un fondo familiare, ha ritenuto che l’Agenzia delle Entrate possa iscrivere ipoteca sui beni del fondo patrimoniale solo in determinati casi (Cass., sent. n. 3600/2016). Infatti, secondo l’ente della riscossione era possibile procedere all’espropriazione non in contrasto con quanto riportato nell’art. 170 cod. civ. perché si trattava di una cosa diversa dall’iscrizione di ipoteca; la Cassazione, invece, sostiene che l’art. 170 cod. civ. si riferisca sia all’iscrizione di ipoteca e sia all’esecuzione sui beni e sui relativi frutti.
Poco tempo dopo tale statuizione, però, la Cassazione ha fatto prevalere un orientamento opposto, affermando che l’ente di riscossione possa procedere attraverso l’iscrizione ipotecaria sull’immobile del contribuente rientrante nel fondo patrimoniale. In questo caso l’Agenzia delle Entrate sosteneva come l’art. 170 cod. civ. si riferisse a procedure esecutive e non cautelari come l’iscrizione di ipoteca. Quindi, la Corte di Cassazione, superando la precedente tesi ha ritenuto che l’ipoteca ex art. 77 D.P.R. n. 602/1973, non abbia affatto natura di atto funzionale all’esecuzione forzata, con la conseguenza che non è possibile classificare l’iscrizione come atto di esecuzione (come affermato già con Cass. SS: UU. n. 19667/2014). Invero, “In materia di riscossione delle imposte, l’art. 170 cod. civ., nel disciplinare le condizioni di ammissibilità dell’esecuzione sui beni costituiti nel fondo patrimoniale, detta una regola applicabile anche all’iscrizione di ipoteca non volontaria, ivi compresa quella di cui all’art. 77 del d.P.R. 3 marzo 1973, n. 602. Ne consegue che, l’iscrizione ipotecaria di cui D.P.R. n. 602 del 1973, ex art. 77, è ammissibile anche sui beni facenti parte di un fondo patrimoniale alle condizioni indicate dall’art. 170 c.c., sicchè è legittima solo se l’obbligazione tributaria sia strumentale ai bisogni della famiglia o se il titolare del credito non ne conosceva l’estraneità ai bisogni della famiglia…Al fine di contrastare l’aggredibilità al fondo patrimoniale rinvenibile in un preavviso di iscrizione ipotecaria, l’onere di provare l’estraneità dei crediti ai bisogni familiari può essere assolto anche grazie a quanto emerso nel procedimento penale riguardante l’emissione e la mancata contabilizzazione della fatture, fatto originante l’accertamento e la successiva cartella; la partecipazione dell’ufficio al procedimento penale nella qualità di persona offesa prova anche la conoscenza di detta estraneità in capo allo stesso creditore” (Cass. civ. n. 6380/2021).
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