Fulvio ci scrive: buongiorno. Per alcuni anni sono stato socio di una società, da cui sono uscito il gennaio scorso. In questi giorni sono venuto a sapere che, probabilmente, questa snc dichiarerà fallimento tra qualche mese. È possibile che sia io a rispondere per i debiti non pagati della società, pur non facendone più parte?
In linea di principio, se una società in nome collettivo non è in grado di adempiere alle proprie obbligazioni, dei debiti rispondono, in via sussidiaria, anche i soci illimitatamente responsabili, e nelle società in accomandita semplice, i soci accomandanti (mentre non i soci accomandatari, i quali hanno responsabilità limitata).
Peraltro, chi entra in una società già esistente, risponde anche per le obbligazioni sociali anteriori all’acquisto della qualità di socio, ex art. 2269 cod.civ..
Ma in questo caso, i soci hanno una “protezione”: il beneficio di escussione.
L’art. 2304 del codice civile dice che i creditori della s.n.c., devono rivolgersi alla società e aggredire, in via primaria e principale, il patrimonio sociale. Solo nel caso in cui questo sia insufficiente, i creditori possono bussare alla porta del socio (o dei soci) illimitatamente responsabile.
Il beneficio dell’escussione non si estende alle società irregolari, non iscritte nel registro delle imprese.
Fallimento della società e fallimento del socio
Ai sensi dell’art. 147 della Legge Fallimentare, analogamente a come sopra decritto, il fallimento della società determina automaticamente, il fallimento del socio illimitatamente responsabile.
In questo caso, al socio è precluso il beneficio di escussione, poiché la società è insolvente per definizione.
Pertanto il fallimento del socio procede in parallelo al fallimento della società, per cui i creditori della società, si insinuano anche nel fallimento di ciascun socio, ai sensi dell’art. 148 Legge Fallimentare.
Non è solamente l’imprenditore commerciale a poter fallire. Né è richiesto che il socio sia insolvente: è sufficiente che la società sia incapacitata ad adempiere alle proprie obbligazioni.
Il socio fallisce solamente ed in quanto è la società a fallire.
L’art. 148 comma 3 della Legge Fallimentare agevola il recupero dei crediti dei creditori della società: con un’unica domanda di insinuazione al passivo nel fallimento della società, si insinuano al passivo anche nel fallimento dei soci. Lo stato passivo (cioè l’ammontare complessivo dei debiti che sono stati fatti valere nel fallimento) avrà una parte coincidente tra soci e società.
La posizione dell’ex socio
Se un socio ha lasciato la società (a causa del recesso, della morte, dell’esclusione…) prima che ne venisse dichiarato il fallimento, questo non fallisce con la società stessa, di cui non fa più parte.
Tuttavia, il fatto che non fallisca, non vuol dire che non abbia alcuna responsabilità. Ai sensi dell’art. 2290 cod. civ. il socio risponde comunque delle obbligazioni esistenti in capo alla società, al momento in cui ha cessato la sua partecipazione con atto regolarmente reso opponibile ai creditori, ai sensi dell’art. 2300 cod. civ., ma non anche di quelle assunte in un momento successivo.
Cambiano invece le modalità con cui i creditori del ex socio possono azionare il loro credito: questi dovranno agire contro il socio cessato oltre che, in separata sede, fare domanda di insinuazione al passivo nel fallimento della società.
Occorre però chiarire che vi sono due condizioni per dichiarare il fallimento del socio cessato, entrambe indicate all’art. 147 L.F.:
- La prima è imposta dispone che: “il fallimento dei soci (…) non può essere dichiarato decorso un anno dallo scioglimento del rapporto sociale o dalla cessazione della responsabilità illimitata (…) se sono state osservate le formalità per rendere noti ai terzi i fatti indicati.”. Questo vuol dire che, per non fallire, l’ex socio deve avere abbandonato la società (oppure deve aver perso la responsabilità illimitata) almeno un anno prima del fallimento di questa. Decorso tale periodo, l’ex socio illimitatamente responsabile risponderà delle obbligazioni ai sensi dell’art. 2290 c.c., ma non potrà essere dichiarato fallito.
- La seconda stabilisce che: “la dichiarazione di fallimento è possibile solo se l’insolvenza della società attenga, in tutto o in parte, a debiti esistenti alla data della cessazione della responsabilità illimitata”. In altri termini, l’ex socio può essere dichiarato fallito solo se i debiti, di cui deve rispondere, contribuiscono in maniera significativa all’esposizione debitoria al momento del fallimento. Viceversa, non può essere dichiarato fallito se al momento della cessazione, la società non aveva debiti, o ne aveva talmente pochi che non possono avere inciso nella crisi debitoria.
Pertanto, per rispondere alla domanda di Fulvio, occorrerà verificare la sussistenza di queste due condizioni.
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