Al momento stai visualizzando Il comodato d’uso di immobile

Il comodato d’uso di immobile

La disciplina del comodato d’uso dell’immobile

Il comodato d’uso di immobile

Il presente elaborato si pone l’obiettivo di fornire una panoramica generale sull’istituto del comodato d’uso di immobile, soffermandosi in particolare sul comodato d’uso del terreno agricolo.
Per fare un esempio di comodato d’uso di immobile possiamo riferirci alla situazione dei genitori, proprietari di più immobili, che utilizzino il contratto di comodato d’uso in favore dei propri figli.
L’articolo ha per oggetto le caratteristiche proprie delle tipologie contrattuali indicate ed il loro regime fiscale. Occorre poi fare attenzione a non confondere il comodato d’uso di immobile con il contratto di locazione: la differenza sta nella gratuità del comodato d’uso di immobile, mentre la locazione è un contratto oneroso.

Nello specifico, l’articolo si sofferma sull’esistenza di alcune agevolazioni fiscali per il contratto di comodato d’uso di bene immobile, nelle ipotesi in cui il proprietario conceda il comodato d’uso dell’appartamento ai propri familiari, per esigenze abitative.
Inoltre, esaminano i casi in cui appare necessaria o vantaggiosa la registrazione del contratto di comodato d’uso presso gli uffici dell’Agenzia delle Entrate e le formalità e gli oneri richiesti a tal fine.

Nello specifico, i temi trattati sono:


COS’È IL COMODATO D’USO DI IMMOBILE

Ai sensi dell’art. 1803 cod. civ.Il comodato è il contratto col quale una parte consegna all’altra una cosa mobile o immobile, affinché se ne serva per un tempo o per un uso determinato, con l’obbligo di restituire la stessa cosa ricevuta. Il comodato è essenzialmente gratuito”.
Il comodato d’uso di immobile, è un contratto di comodato che ha ad oggetto un bene immobile, come ad esempio il comodato d’uso di un appartamento, oppure il comodato d’uso del terreno agricolo, o di un fondo commerciale o industriale.
Oltre ad un bene immobile, il comodato può avere per oggetto un bene mobile non registrato oppure un bene mobile registrato.
Un esempio di contratto di comodato di beni mobili è quello relativo all’utilizzo del modem, fornito con l’attivazione della linea internet da parte di alcune compagnie telefoniche.
Il comodato d’uso di automobile, sempre più diffuso, è un altro esempio di contratto di comodato di beni mobili registrati.


QUAL È LA DISCIPLINA DEL COMODATO IN GENERALE

La disciplina generale del contratto di comodato è contenuta agli articoli dal 1803 al 1812 del codice civile.
Il contratto di comodato d’uso di immobile o di un bene mobile, rientra tra i contratti “intuitu personae”, nel senso che assumono particolare rilievo le qualità personali del comodante (chi consegna il bene mobile o immobile) e del comodatario (chi riceve il bene mobile o immobile, con l’impegno di restituirlo), altrimenti detti “negozi fiduciari” poiché basati sul rapporto di fiducia tra le parti.
Sempre in via generale, il comodato d’uso di immobile o di bene mobile è un contratto reale ad effetti obbligatori, nel senso che si perfeziona con la consegna del bene mobile o immobile (a differenza dei contratti consensuali, che si perfezionano solo con il consenso delle parti) e prevede, come visto l’obbligo di restituzione della cosa. A tal proposito, nonostante l’ampia indicazione dell’art. 1803 cod. civ., non tutti i beni mobili o immobili possono essere oggetto di tale strumento contrattuale. A causa dell’obbligo di restituzione, non possono concedersi in comodato beni “consumabili” il cui utilizzo ne comporta il deterioramento o la consumazione.
In altre parole, il bene mobile oggetto di un comodato deve essere necessariamente “inconsumabile”: l’uso non deve determinarne la distruzione.
In secondo luogo, non possono essere oggetto di comodato beni fungibili, come il denaro (anche se in dottrina si ammette tale possibilità, ritenendo sufficiente che il bene possa essere in qualche modo restituibile).
Occorre evidenziare che il contratto di comodato è caratterizzato anche dal vincolo di destinazione d’uso: il comodatario non può utilizzare il bene mobile o immobile diversamente da quanto pattuito con il comodante.
La forma del contratto di comodato di beni mobili, è libera: ai fini della valida conclusione non è richiesta la forma scritta, che è invece necessaria ai fini della registrazione all’Agenzia delle Entrate, per conseguire i vantaggi fiscali che vedremo indicati nei prossimi paragrafi.


QUALI DIRITTI E OBBLIGHI GRAVANO SULLE PARTI DEL COMODATO D’USO DELL’IMMOBILE

Vediamo adesso quali sono i diritti e gli obblighi gravanti sulle parti del contratto di comodato d’uso di immobile.
Il comodatario dell’immobile, ossia chi riceve il bene, esercita su di esso una detenzione qualificata autonoma: entra nella materiale disponibilità del bene, per soddisfare un proprio bisogno.
In base al vincolo di destinazione, il comodatario dell’immobile ha diritto di utilizzarlo solo ed esclusivamente per l’uso determinato nell’accordo, e comunque nei limiti della natura del bene stesso, non potendolo concedere a terzi in godimento, se non con il consenso del comodante, ossia di chi cede il bene (salvo che non sia stato vietato al momento della concessione del comodato d’uso).
Ad esempio, nel caso di un comodato d’uso di terreno agricolo, l’imprenditore agricolo, in qualità di comodatario dell’immobile, può coltivare il terreno e venderne i frutti. A meno che non sia previsto, non può invece affittare il fondo.
In base all’art. 1804 cod. civ., il comodatario dell’immobile deve custodire il bene e conservarlo con la diligenza “del buon padre di famiglia”, fino al momento della restituzione ,“alla scadenza del termine convenuto o, in mancanza di termine, quando se ne è servito in conformità del contratto” ex art. 1809 cod. civ..
A tal fine, il comodatario dell’immobile deve anche sostenere le eventuali spese necessarie ed urgenti per la sua conservazione in buono stato. In caso di inadempimento, la legge consente al comodante di richiedere l’immediata restituzione del bene mobile o dell’immobile.
Il comodante, d’altra parte, ha il dovere di consentire al comodatario l’utilizzo della cosa, per tutta la durata del contratto, garantendogli un uso senza turbative.
Nell’ambito del comodato d’uso di immobile, il comodante è tenuto al risarcimento del danno qualora non avvisi il comodatario dell’esistenza di eventuali difetti dell’immobile (articolo 1812 cod. civ.) che potrebbero arrecargli pregiudizio.


COMODATO D’USO DELL’IMMOBILE: COSA ACCADE IN CASO DI PERIMENTO E DETERIORAMENTO

Durante il contratto di comodato d’uso dell’immobile, può verificarsi il perimento del bene.

Ai sensi dell’art. 1805 cod. civ., il comodatario dell’immobile risulta responsabile del perimento del bene, anche se avvenuto per un caso fortuito (e cioè per causa non a lui imputabile), in tre casi:

  • quando egli avrebbe potuto evitare il perimento, sostituendo il bene del comodante con un bene proprio cosa propria;
  • quando egli, potendo scegliere, ha preferito “salvare” tra le due cose, la propria.
  • quando il comodatario dell’immobile lo utilizza diversamente da quanto pattuito o per un periodo di tempo più lungo, salvo che egli non provi che la cosa sarebbe perita anche qualora non l’avesse utilizzata per l’uso diverso o l’avesse restituita nel tempo prefissato.

Nei casi in cui il semplice deterioramento della cosa è imputabile esclusivamente all’uso per cui la stessa è stata concessa in comodato, cioè alla normale usura, la responsabilità del deterioramento non può essere posta a carico del comodatario, salvo che non vi sia stata una sua condotta colposa (articolo 1807 cod. civ.).


QUANTO DURA UN CONTRATTO DI COMODATO D’USO DI IMMOBILE

Non sono previsti limiti minimi o massimi di durata del contratto di comodato d’uso di immobile, che potrebbe anche non essere espressamente indicata nel contratto, senza per ciò comportare la sua nullità o irregolarità.
L’art. 1809 cod. civ. prevede che alla scadenza pattuita tra le parti o in mancanza della stessa, una volta conclusosi l’utilizzo per cui il comodato è stato stipulato, il comodatario dell’immobile dovrà provvedere alla restituzione dello stesso.
Ad esempio, pensiamo al caso in cui un imprenditore edile stipuli con il suo dipendente un comodato d’uso dell’appartamento in cui quest’ultimo potrà alloggiare sino al termine dei lavori di costruzione di un edificio. In tal caso, il termine del contratto, pur non espressamente indicato poiché non prevedibile con certezza, coincide con il termine del lavoro.
In altre parole, anche se la durata del contratto di comodato d’uso di immobile non è espressamente prevista, è possibile ricavarla, indirettamente, dall’utilizzo previsto nell’accordo.
Ancora, qualora non sia possibile ricavare il termine del contratto nemmeno implicitamente, l’art. 1810 cod. civ. stabilisce che il comodatario dell’immobile è tenuto a restituirlo non appena il comodante lo richiede. Il codice ammette in tal modo la possibilità di recedere in maniera potestativa dal comodato c.d.“precario”.
Nel caso di comodato d’uso di immobile per bisogni abitativi della famiglia (c.d. comodato d’uso familiare), solitamente non viene previsto alcun termine, il comodante è tenuto a garantire ai familiari l’utilizzo dell’immobile, fino al venir meno delle esigenze familiari.


QUANDO REGISTRARE IL CONTRATTO DI COMODATO D’USO DI IMMOBILE

Se da un lato, come abbiamo descritto nei paragrafi precedenti, il contratto di comodato d’uso di immobile è a forma libera (non essendo richiesta alcuna forma per la stipula dello stesso) dall’altro lato, per diverse ragioni di carattere pratico e giuridico, è preferibile redigerlo per iscritto, soprattutto quando viene utilizzato in ambito industriale o commerciale, anche solo per fini probatori.
La registrazione del contratto di comodato d’uso di immobile, presenta due vantaggi:

  • consente di dare al contratto data certa, ai fini probatori,
  • consente di ottenere le agevolazioni per il pagamento dell’IMU, della TARI e della TASI (di cui in seguito si dirà).

Ai sensi del D.P.R. n. 131/1986 (Testo Unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registro) il comodato d’uso di immobile stipulato in forma verbale non è soggetto a registrazione obbligatoria, ma può essere registrato, se richiamato in un altro contratto sottoposto a registrazione, presso il competente ufficio territoriale dell’Agenzia delle Entrate, presentando la richiesta di registrazione in duplice copia e la ricevuta del pagamento dell’imposta di registro.
Quando il contratto di comodato d’uso di immobile, invece, è stipulato per iscritto, la registrazione dello stesso è necessaria (Risoluzione Agenzia delle Entrate n. 14/E/2001 ), ed avviene depositando all’Agenzia delle entrate tre copie del contratto (con allegata la documentazione per l’identificazione delle parti) e pagando la relativa imposta di bollo (€ 16,00 ogni quattro facciate scritte oppure ogni 100 righe di cui è costituito il contenuto del documento da registrare), nonché l’imposta di registro (calcolata in misura fissa di € 200,00 da pagare con modello F23).
La registrazione del contratto di comodato d’uso di immobile deve avvenire nel termine di:

  • venti giorni dalla stipula, quando si tratta di una scrittura privata non autenticata;
  • trenta giorni dalla stipula, qualora il contrato sia contenuto in un atto pubblico o scrittura privata autenticata. Nel caso contratto di comodato d’uso di immobile sotto forma di atto pubblico, la registrazione può effettuarsi tramite il Modello Unico informatico (M.U.I.);
  • sessanta giorni, nei casi in cui il contratto sia stipulato all’estero (come previsto dall’art. 13 del D.P.R. n. 131/86).


COME VIENE SANZIONATA LA MANCATA REGISTRAZIONE DEL CONTRATTO DI COMODATO D’USO DI IMMOBILE

La normativa contenuta nel TUIR (DPR 131/1986), prevede alcune sanzioni in caso di omessa registrazione del contratto di comodato d’uso di immobile. Nello specifico, l’art. 69 prevede sanzione amministrativa pecuniaria dal 120% al 240% dell’imposta dovuta.
Qualora invece, la richiesta di registrazione del contratto di comodato d’uso di immobile venga effettuata tardivamente, fino a trenta giorni, la sanzione pecuniaria varia tra il 60% e il 120% dell’imposta dovuta, con una franchigia di 200,00 euro.
Nel caso in cui ci si accorga di non aver registrato il contratto nei termini previsti, è comunque possibile regolarizzare la propria posizione ricorrendo al ravvedimento operoso, quando “la violazione non sia stata già constatata e comunque non siano iniziati accessi, ispezioni, verifiche o altre attività amministrative di accertamento delle quali l’autore o i soggetti solidalmente obbligati, abbiano avuto formale conoscenza” (articolo 13, Disposizioni sulle sanzioni amministrative per violazioni di norme tributarie – Decreto legislativo n. 472 del 18 dicembre 1997).


CHI DEVE PAGARE IMU E TARI IN CASO DI COMODATO D’USO D’IMMOBILE

Vediamo adesso chi è tenuto al pagamento di alcune imposte come l’IMU e la TARI, in presenza di un contratto di comodato d’uso di immobile.
Premesso che il comodatario non è titolare di alcun diritto reale sul bene, ma bensì è un semplice detentore dell’immobile (diritto personale di godimento), egli non è per legge tenuto al pagamento dell’IMU. Infatti, ai sensi dell’art. 1 comma 743 della Legge 160/2019I soggetti passivi dell’imposta sono i possessori di immobili, intendendosi per tali il proprietario ovvero il titolare del diritto reale di usufrutto, uso, abitazione, enfiteusi, superficie sugli stessi. ” Quindi, in caso di comodato d’uso dell’immobile (ad esempio il comodato d’uso dell’appartamento concesso ad un familiare), l’IMU deve essere versata dal comodante, proprietario o titolare di un diritto reale di godimento.
Tuttavia, il comma 747 dell’art. 1 di detta legge dimezza la base imponibile dell’IMU per gli immobili concessi in comodato, a condizione che:

  • l’immobile non sia classificato nelle categorie catastali di maggior pregio: A/1, A/8 e A/9;
  • comodatario dell’immobile sia un parente in linea retta entro il primo grado;
  • il comodatario dell’immobile stipuli un comodato d’uso dell’appartamento utilizzato come abitazione principale;
  • il contratto di comodato d’uso dell’appartamento sia registrato;
  • il comodatario dell’immobile possegga una sola abitazione in Italia;
  • il comodatario dell’immobile risieda anagraficamente e dimori abitualmente nello stesso comune in cui è situato l’immobile concesso in comodato

Il dimezzamento della base imponibile per il calcolo dell’IMU si applica anche quando il comodante, oltre ad avere stipulato il comodato d’uso dell’immobile, possieda nello stesso comune un altro immobile adibito a propria abitazione principale, ad eccezione delle unità abitative classificate nelle categorie catastali A/1, A/8 e A/9.
Inoltre, ai sensi dell’art. 1 comma 777, ciascun Comune può, con proprio regolamento, “stabilire l’esenzione dell’immobile dato in comodato gratuito al comune o ad altro ente territoriale, o ad ente non commerciale, esclusivamente per l’esercizio dei rispettivi scopi istituzionali o statutari”.

Diversa la situazione per la TARI, in quanto, il comodatario dell’immobile (cioè colui che lo occupa) è tenuto al versamento della tassa sui rifiuti, usufruendo del servizio.


IL RECESSO E LA RISOLUZIONE DEL CONTRATTO COMODATO D’USO DELL’IMMOBILE

Oltre che alla naturale scadenza del contratto (per esaurimento del termine o dell’utilizzo dell’immobile), il comodatario dell’immobile è tenuto a restituirlo al comodante se si verifica una causa di recesso.
La disciplina civilistica del contratto di comodato dei beni mobili e immobili prevede alcune ipotesi di recesso unilaterale, in base agli articoli 1804, 1809, 1810 e 1811 cod. civ.
Ex art. 1804 cod. civ. il comodatario dell’immobile è tenuto a restituirlo quando non adempia agli obblighi previsti. La giurisprudenza è divisa tra chi ritiene una causa di risoluzione del contratto per inadempimento e chi invece la ritiene una causa di recesso unilaterale. In particolare, configurando il comodato come un contratto bilaterale imperfetto con la presenza di obbligazioni in capo al solo comodatario (Cass., sent. n. 15591/2019), la giurisprudenza ha più volte osservato che in caso di inadempimento del comodatario dell’immobile, non è necessario che il comodante ricorra alla risoluzione contrattuale per inadempimento (utilizzabile per i contratti a prestazioni corrispettive) essendo sufficiente il ricorso all’istituto del recesso ad nutum (Cass., sent. n. 15591/2019; Cass., sent. n. 6203/2014), infatti, tale richiesta di restituzione immediata non è riconducibile comunque alla risoluzione per inadempimento ma questa facoltà di scioglimento anticipato del rapporto è piuttosto accostata dalla dottrina alla figura del recesso (Cass., sent. n. 6203/2014).


COME IL COMODANTE PUÒ RECEDERE ANTICIPATAMENTE DAL COMODATO D’USO DELL’IMMOBILE

Ex art. 1809 comma 2 cod. civ. può accadere che, prima della scadenza (espressamente prevista o meno), sopraggiunga un’imprevista ed urgente necessità da parte del comodante, che per questo può richiedere l’immediata restituzione dell’immobile.
Ad esempio, nel caso in cui venga concesso in comodato d’uso un appartamento ed il comodante si trovi improvvisamente senza abitazione, questo può richiedere al comodatario l’immobile oggetto del contratto.
Al fine di evitare comportamenti abusivi del comodante, la giurisprudenza di legittimità ha chiarito che il bisogno alla base del recesso “…deve essere serio, non voluttuario, né capriccioso o artificiosamente indotto” (in tal senso v. Cass SS.UU., sent. n. 20448/2014).
La nozione di bisogno urgente e impreveduto, secondo la Cassazione (sentenza n. 20183/2013) “fa riferimento alla necessità del comodante – su cui gravano i relativi oneri probatori – di appagare impellenti esigenze personali, e non a quella di procurarsi un utile, tramite una diversa opportunità di impiego del bene. Tale valutazione va condotta con rigore, quando il comodatario di un bene immobile abbia assunto a suo carico considerevoli oneri, per spese di manutenzione ordinaria e straordinaria, in vista della lunga durata del godimento concessogli.”
Inoltre il recesso è giustificato soltanto alla luce di un bilanciamento tra il bisogno sopravvenuto del comodante ed il bisogno del comodatario, alla luce dei criteri di proporzionalità e adeguatezza. Secondo la sentenza n. 6323/2019 della Suprema Corte “l’accertamento del sopravvenire di un urgente e impreveduto bisogno del comodante spetta al giudice di merito – la giurisprudenza di legittimità sollecita quest’ultimo ad usare la massima attenzione onde operare il controllo di proporzionalità e di adeguatezza nel comparare le esigenze di tutela della famiglia con il contrapposto bisogno del comodante, giacché, qualora sia convenuto l’utilizzo dell’immobile come abitazione, la rilevanza dell’interesse del comodatario diviene più significativa, imponendo una ponderazione delle esigenze del comodante improntata alla attenta valutazione dei requisiti di fattispecie posti a fondamento dell’esercizio del recesso – insuscettibile di scrutinio in sede di legittimità, ove scevra da vizi logici e giuridici”.


COS’È IL RECESSO “AD NUTUM” DAL CONTRATTO DI COMODATO D’USO DELL’IMMOBILE

Altra ipotesi di recesso del comodato d’uso dell’immobile è quella descritta all’art. 1810 cod. civ. nel caso del “comodato precario” che abbiamo descritto nei paragrafi precedenti.
Secondo il codice, qualora non sia individuabile un termine (nemmeno implicito) del contratto di comodato d’uso dell’immobile, il comodatario è tenuto a restituirlo alla semplice richiesta del comodante. In altre parole, il comodante vanta un diritto potestativo: può recedere dal contratto “ad nutum” cioè in qualsiasi momento e per qualsiasi motivo.
Occorre specificare che, come espresso dalla Cassazione nella sentenza n. 9796/ 2019 “la circostanza che i termini dell’accordo non consentano di individuarne un’ipotesi di comodato con determinazione di durata, ai sensi dell’ art. 1809 c.c., non comporta automaticamente la qualificazione del rapporto alla stregua di un contratto di comodato senza determinazione di durata con potere di recesso ad nutum del comodante, ai sensi dell’ art. 1810 c.c., spettando al giudice di merito il compito di verificare se l’assetto di interessi individuato dalle parti non sia riconducibile a un accordo negoziale di natura atipica, meritevole di tutela ai sensi dell’ art. 1322 c.c., avente a oggetto la regolazione del potere del comodante di pretendere la restituzione del bene concesso in godimento, attraverso la sua sottrazione alla regola dell’esercizio discrezionale (ad nutum), in modo che lo stesso comodante sia autorizzato ad esercitarlo unicamente al ricorrere delle condizioni convenute dalle parti”.

comodato d'uso di immobile


COSA ACCADE IN CASO DI MORTE DEL COMODANTE O DEL COMODATARIO DELL’IMMOBILE

Come detto nei paragrafi precedenti, il comodato è un contratto fiduciario, basato cioè sull’intuito personae, ossia sulle qualità personali del comodante e comodatario dell’immobile. Ne deriva che, alla morte di quest’ultimo, il comodante può risolvere il contratto, chiedendo agli eredi del comodatario la restituzione dell’immobile. In base all’art. 1811 cod. civ.In caso di morte del comodatario, il comodante, benché sia stato convenuto un termine, può esigere dagli eredi l’immediata restituzione della cosa.” Lo scioglimento del vincolo, pertanto, non è automatico, ma rimesso alla potestà del comodante.
Ciò vale sia nei contratti a termine determinato o determinabile, sia nei comodati precari.
Il codice non prende in esame l’ipotesi della morte del comodante. Nel silenzio della legge, la giurisprudenza considera due ipotesi. Nel caso del contratto di comodato di immobile sottoposto a termine determinato o determinabile, il contratto prosegue tra il comodatario dell’immobile e gli eredi del comodante, i quali possono comunque chiedere la restituzione dell’immobile nel caso di inadempimento del comodatario, bisogno urgente e imprevisto e morte del comodatario;

Nel caso del contratto di comodato di immobile non sottoposto ad alcun termine (c.d. precario) la morte del comodante opera, come nel caso dell’art. 1811 cod. civ. come causa di scioglimento del contratto, di cui gli eredi possono avvalersi.


QUAL È LA DIFFERENZA TRA COMODATO D’USO DI IMMOBILE E LOCAZIONE

Il contratto di comodato d’uso di immobili o di beni mobili è unilaterale, in quanto le obbligazioni gravano quasi unicamente in capo ad una sola delle parti contrattuali (comodatario). Il contratto di comodato d’uso di immobili è caratterizzato per avere natura gratuita.
La previsione del pagamento di un corrispettivo vero e proprio, comporterebbe inevitabilmente il mutamento della tipologia contrattuale utilizzata, trasformandolo, ad esempio, nel contratto di locazione.
La gratuità, dunque, distingue il contratto di comodato d’uso di immobile dal contratto di locazione, per la quale è previsto un corrispettivo economico a fronte del godimento dell’immobile locato.
Ciò nonostante, esiste anche una particolare tipologia di comodato d’uso, ovvero il comodato d’uso oneroso.
L’onerosità del comodato d’uso dell’immobile, tuttavia, non si riferisce alla previsione di un vero e proprio corrispettivo, ma piuttosto ad un “modus” a carico del comodatario, come affermato dalla giurisprudenza di legittimità (Cass., sent. n. 13920/2005), si parla piuttosto di un comodato modale.
Spesso viene stipulato un comodato d’uso a titolo oneroso o modale, quando il bene viene consesso in comodato ad “in cambio” di una determinata prestazione di carattere non economico. Ad esempio, può essere concluso un comodato d’uso di immobile ad un soggetto che nel frattempo dovrà occuparsi della cura dell’immobile stesso, o di una persona anziana ivi residente. La giurisprudenza di legittimità in merito a casistiche simili ha affermato che “in presenza di un modus a carico del comodatario il carattere di essenziale gratuità del comodato viene meno solo se il vantaggio conseguito dal comodante si pone come corrispettivo del godimento della cosa con natura di controprestazione e non certamente allorché il comodatario si limiti al pagamento di una somma periodica a titolo di rimborso spese, si impegna ad occuparsi della cura dello stesso” (Cass., sent. n. 3021/2001; Cass., sent. n. 9718/1990).


QUALE DIFFERENZA TRA COMODATO D’USO ONEROSO E LOCAZIONE

La Cassazione (sentenza 4912/1996) ha avuto modo di affermare che “affinché il comodato non perda la sua natura essenzialmente gratuita, è necessario che l’interesse del comodante non abbia di per sé contenuto patrimoniale, ovvero, pur avendolo, si tratti di una prospettiva di un vantaggio indiretto e mediato, o comunque di un interesse secondario del concedente, il cui vantaggio non si trovi in un rapporto di corrispettività con il beneficio concesso al comodatario”. Questo vuol dire, ad esempio, che è ammissibile che sul comodatario gravi un onere, anche di contenuto patrimoniale, come ad esempio il pagamento delle imposte (IMU, TARI…), delle utenze domestiche (gas, luce…), di lavori di ristrutturazione, oppure delle spese giudiziali per la difesa della proprietà di un fondo agricolo (Cass., sent. n. 13920/2005) senza che per questo, si ricada nello schema della locazione.
Queste spese non hanno carattere di corrispettivo e pertanto possono essere previste anche rimanendo nell’ambito del contratto di comodato d’uso di immobile.


COS’È IL COMODATO D’USO DI TERRENO AGRICOLO O COMODATO AGRARIO

Nella prassi, il comodato d’uso si adatta a diverse esigenze. Tra queste, vi è anche quella di coltivare un terreno agricolo che non si può o non si vuole acquistare. Parliamo di una particolare tipologia contrattuale, il contratto di comodato agrario, che rappresenta un’alternativa al contratto di locazione, oppure per gli imprenditori, al contratto di affitto.
Il comodato agrario ha ad oggetto il comodato d’uso del terreno agricolo, che per la durata del contratto il comodatario potrà coltivare, raccoglierne i frutti e apportarvi migliorie. Oggetto della concessione, oltre al fondo, può essere anche l’eventuale fabbricato ivi edificato e gli strumenti adibiti alla coltivazione.
Tale figura viene utilizzata frequentemente, soprattutto quando si tratta di concessione di fondi agricoli tra parenti o soggetti legati da vincoli fiduciari.
Il comodato d’uso del terreno agricolo non rientra tra i contratti agrari di cui all’art. 27 della legge 203/1982 in base al quale le norme regolatrici dell’affitto di fondi rustici si applicano anche a tutti i contratti agrari. Secondo la Cassazione, la differenza sta nella causa del contratto agrario di costruire un’impresa agraria sul fondo altrui, mentre la causa del comodato agrario consiste nella semplice consegna di un bene. Ciò vale anche nel caso del comodato modale avente per oggetto una cosa produttiva, in cui il comodatario non si limiti ad una semplice attività di custodia, ma svolga un’attività di gestione.
La giurisprudenza di legittimità ha chiaramente affermato con la sentenza n. 16105/2016 che la normativa in materia di affitto di fondi rustici applicabile in generale ai contratti agrari, non può trovare applicazione in materia di comodato d’uso di terreno agricolo. Questo ha importanti conseguenze, ad esempio in materia del diritto di prelazione del coltivatore diretto, di cui non gode il comodatario dell’immobile agricolo. Abbiamo parlato approfonditamente della prelazione agraria in questo articolo.
Recentemente l’Agenzia delle Dogane, con la Circolare del 16 gennaio 2018, ha riconosciuto il contratto di comodato d’uso stipulato in forma verbale, come titolo valido ai fini dell’ottenimento di carburante ad accisa agevolata, richiedibile dai conduttori di fondi agricoli per la loro coltivazione.


PERCHÉ RICORRERE AL CONTRATTO DI COMODATO D’USO D’IMMOBILE PER LO SVOLGIMENTO DI ATTIVITÀ PROFESSIONALI

Come già detto, la figura contrattuale del comodato d’uso ben si adatta a diverse esigenze, come quelle dei professionisti e degli imprenditori che hanno la necessità di utilizzare beni strumentali per l’esercizio della loro professione.
Il vantaggio sta nel non dover sostenere un costo a titolo di corrispettivo per il bene concesso in comodato, data la sua gratuità, sostenendone solo i costi di gestione, di manutenzione ordinaria e di utilizzazione del bene.
Queste spese, a determinate condizioni previste dalla normativa fiscale, sono deducibili ai fini della determinazione del reddito professionale e pertanto ai fini del calcolo delle imposte sul reddito.

 

Per richiedere una consulenza, lo Studio degli Avv.ti Berti e Toninelli fornisce assistenza, consulenza e rappresentanza in particolare presso i Tribunali di Pistoia, Prato, Lucca e Firenze ed in tutta Italia tramite i servizi online. Si trova a Pistoia in Piazza Garibaldi n. 5.
Potete contattare lo Studio tramite il form presente in questa pagina. oppure inviando una e-mail all’indirizzo info@www.btstudiolegale.it.