corruzione e concussione

I reati di corruzione e concussione

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Avv. Gabriele Toninelli
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Sotto il nome di corruzione e concussione vengono identificati, nel linguaggio comune, numerosi reati detti corruttivi, previsti sia dal codice penale che dal codice civile.

La fattispecie-base del reato di corruzione è descritta dagli articoli 318 e 319 del codice penale, mentre l’ipotesi base del reato di concussione è individuata dall’art. 317 cod. pen. Su queste norme si concentra il presente elaborato.

Le altre ipotesi consistono in “varianti” dello schema base, potendo divergere per il soggetto attivo (pubblico ufficiale, piuttosto che incaricato di pubblico servizio, piuttosto che un privato) o per l’elemento soggettivo (favorire o sfavorire la parte di un processo) o per la condotta (istigazione).

I reati di corruzione sono necessariamente plurisoggettivi, in quanto richiedono la collaborazione di almeno un corruttore e di un corrotto Si parla anche di reati-contratto, poiché prevedono l’esistenza di un accordo, il pactum sceleris, tra il privato e il pubblico ufficiale. Ai sensi dell’art. 321, peraltro, non è punito solamente l’intraneus appartenente alla pubblica amministrazione, ma anche il privato corruttore. È invece monosoggettivo il reato di concussione

Il reato di concussione è reato proprio poiché può essere commesso e ne risponde solamente il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio. Nella corruzione, invece, le pene previste per il corrotto (pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio) si estendono anche per il corruttore, in misura ridotta anche se il pactum sceleris non viene concluso.

La differenza tra concussione e corruzione è altresì individuata nel rapporto tra il pubblico ufficiale e il privato: nel primo caso è squilibrato, nel senso che il pubblico ufficiale si trova in una posizione di potere rispetto al privato, che invece si trova in uno stato di soggezione rispetto al primo, tanto che si può parlare sia di concussione per costrizione, che di concussione per induzione. Nella corruzione, invece, agiscono “da pari”.

Del reato di corruzione non rispondono solo soggetti qualificati della pubblica amministrazione, ma anche chi, all’interno di società, detiene posizioni di potere qualificate o di fatto esercita funzioni direttive. È l’ipotesi della corruzione tra privati, prevista nel codice civile all’art. 2635.

A lungo si è discusso, e si discute tutt’ora, in quali termini le piccole regalie offerte ai funzionari pubblici possano o meno integrare il reato di corruzione o di istigazione alla corruzione. Ciò al netto del codice di comportamento dei dipendenti pubblici, che vieta di chiedere o accettare, per se o per altri, regali o altre utilità, salvo quelli d’uso di modico valore effettuati occasionalmente nell’ambito delle normali relazioni di cortesia, e comunque mai per compiere o aver compiuto un atto del proprio ufficio da soggetti che potrebbero trarre benefici da attività inerenti all’ufficio.

CORRUZIONE E CONCUSSIONE: QUAL È IL SIGNIFICATO DI CORRUZIONE

L’ipotesi base del reato di corruzione descritta dagli artt. 318 e 319 cod. pen.

La corruzione consiste nel comportamento del pubblico ufficiale che, senza giustificato motivo (indebitamente) riceve denaro o altre utilità, o ne accetta la promessa per sé o per altri,

  1. per svolgere un atto che rientra nelle proprie funzioni o nei suoi poteri,
  2. per compiere un atto contrario alle proprie funzioni,
  3. per omettere o ritardare un atto che rientra nelle proprie funzioni o nei propri poteri.

Nel primo caso (art. 318 cod. pen.) si parla di c.d. corruzione impropria perché il Pubblico Ufficiale in cambio di una prestazione o della promessa di prestazione, svolge un atto che avrebbe comunque dovuto svolgere, rientrando questo tra i poteri del suo ufficio. Il disvalore della fattispecie, consiste quindi non nel compimento dell’atto da parte del pubblico ufficiale, ma dalla dazione ingiustificata di denaro o altra utilità, o dalla sua promessa.

Si parla inoltre di corruzione impropria antecedente quando la prestazione o la promessa di denaro o di altra utilità viene effettuata prima dell’atto del Pubblico Ufficiale, oppure di corruzione susseguente quando il denaro, o l’utilità sia ricevuta a seguito del compimento dell’atto.

Nelle ultime due ipotesi (art. 319 cod. pen.) si parla di corruzione propria, che si realizza quando il pubblico ufficiale omette o ritarda la realizzazione di atti dovuti o realizza atti contrari al suo ufficio, sulla base sempre del “pactum sceleris” che prevede una prestazione a vantaggio suo o di altri.

In queste ipotesi, rispetto alla precedente, il reato realizza non solo un danno di immagine, ma anche un danno al funzionamento della pubblica amministrazione (principi di cui all’art. 97 Cost.)., il che giustifica un trattamento sanzionatorio più rigido.

LE IPOTESI PARTICOLARI DEL REATO DI CORRUZIONE

Si parla del reato di corruzione in atti giudiziari (art. 322 cod. pen.) quando la corruzione ha lo scopo di favorire o danneggiare una parte in un processo civile, penale o amministrativo. In tal caso, il bene giuridico tutelato non è solamente la pubblica amministrazione, ma anche l’imparzialità dell’autorità giudiziaria.

Il reato di corruzione tra privati ex art. 2635 cod. civ. riguarda la gestione di una società ed in particolare coloro che, rivestendo una posizione apicale (gli amministratori, i direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, i sindaci e i liquidatori) o comunque esercitano funzioni direttive. Si tratta quindi di un reato proprio, commesso se questi sollecitano o ricevono per sé o per altri, denaro o altre utilità non dovute, o ne accettano la promessa, per compiere o per omettere un atto in violazione degli obblighi inerenti al loro ufficio o degli obblighi di fedeltà.

Il codice civile regola anche il reato di istigazione alla corruzione tra privati (art. 2635 bis cod. civ). L’articolo contiene due fattispecie. La prima è il reato comune che riguarda chiunque offre o promette denaro o altra utilità non dovuti affinchè i soggetti di cui sopra compiano od omettano un atto in violazione degli obblighi inerenti al loro ufficio o degli obblighi di fedeltà. Se la promessa o l’offerta non viene accettata, la pena è la reclusione da 9 mesi a due anni. La seconda invece è il reato proprio, dei soggetti di cui sopra che sollecitano per sé o per altri, anche per interposta persona, una promessa o dazione di denaro o di altra utilità, per compiere o per omettere un atto in violazione degli obblighi inerenti al loro ufficio o degli obblighi di fedeltà, qualora la sollecitazione non sia accettata.

QUALI PENE SONO PREVISTE PER CORRUZIONE E CONCUSSIONE

Per il reato di corruzione “impropria” per l’esercizio della funzione (art. 318 cod. pen.) la sanzione è la reclusione da tre ad otto anni;

Il reato di corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio (art. 319 cod. pen.) è sanzionata con la reclusione da sei a dieci anni. Inoltre, ai sensi dell’art. 319 bis cod. pen. la pena è aumentata fino ad un terzo se la corruzione “propria” ha per oggetto il conferimento di pubblici impieghi o stipendi o pensioni o la stipulazione di contratti nei quali sia interessata l’amministrazione alla quale il pubblico ufficiale appartiene nonché il pagamento o il rimborso di tributi.

Per il reato di corruzione in atti giudiziari (ex art. 319 ter cod. pen.) è prevista la pena della reclusione da sei a quattordici anni, ma se dal fatto deriva l’ingiusta condanna di taluno alla reclusione non superiore a cinque anni, la pena è della reclusione da sei a quattordici anni; se deriva l’ingiusta condanna alla reclusione superiore a cinque anni o all’ergastolo, la pena è della reclusione da otto a venti anni.

Oltre alla pena detentiva prevista dalle varie disposizioni del codice penale, in ogni caso, come pena accessoria il reo viene condannato altresì attraverso l’interdizione perpetua dai pubblici uffici e l’impossibilità perpetua di contrattare con la Pubblica Amministrazione.

Per quanto riguarda la concussione, la pena prevista dall’art. 317 cod. pen. è la reclusione da sei a dodici anni.

CHI RISPONDE PER IL REATO DI CORRUZIONE E CONCUSSIONE

Per il reato di corruzione risponde sia il corruttore che il corrotto (mentre, come vedremo, per il reato di concussione risponde solamente il concussore).

Il soggetto corrotto può essere:

  • Un pubblico ufficiale, e cioè colui che, ai sensi dell’art. 357 cod. pen., esercita una pubblica funzione legislativa, giudiziaria o amministrativa disciplinata da norme di diritto pubblico e da atti autoritativi, e caratterizzata dalla formazione e dalla manifestazione della volontà della pubblica amministrazione o dal suo svolgersi per mezzo di poteri autoritativi o certificativi. Per pubblico ufficiale facciamo riferimento a: 1) Soggetti che concorrono a formare o formano la volontà dell’Ente Pubblico o lo rappresentano; 2) Soggetti muniti di poteri autoritativi, inteso non solo come un potere di coercizione, “bensì di quell’attività discrezionale svolta nei confronti di soggetti che si trovano su un piano non paritetico rispetto all’autorità” (Cass. SS. UU., 11 luglio 1992, n. 181); 3) Soggetti muniti di poteri di certificazione.
  • L’art. 320 cod. pen. estende la punibilità al soggetto incaricato di pubblico servizio, cioè colui che, ai sensi dell’art. 358 cod. pen. svolge un’attività disciplinata nelle stesse forme della pubblica funzione, ma caratterizzata dalla mancanza dei poteri tipici di quest’ultima, e con esclusione dello svolgimento di semplici mansioni di ordine e della prestazione di opera meramente materiale. Come soggetti incaricati di pubblico servizio abbiamo ad esempio, gli esattori delle società concessionarie dell’erogazione di gas, gli impiegati degli Enti pubblici che collaborano con i pubblici ufficiali, i custodi dei cimiteri, le guardie giurate che accompagnano i portavalori, i farmacisti, il portalettere o i presentatori di trasmissioni televisive, ecc…
  • Nell’ipotesi particolare della corruzione tra privati, corrotto chi, all’interno della società, riveste una posizione apicale (gli amministratori, i direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, i sindaci e i liquidatori) o comunque esercitano funzioni direttive.

Chi può essere il corruttore? Chiunque: ai sensi dell’art. 321 è colui che dà o promette al pubblico ufficiale o all’incaricato di un pubblico servizio (e cioè i corrotti) il denaro o altra utilità. Ai sensi dell’art. 322 cod. pen., il corruttore è punito anche se l’offerta o la promessa di denaro o altra utilità non sia accettata.

Infine, con la legge n. 300 del 29 settembre 2000 è stato introdotto l’art. 322 bis cod. pen. con il quale è stata prevista l’applicazione delle pene dei reati di corruzione anche quando si tratta di membri e funzionari dell’Unione Europea o di Stati esteri come ai membri delle assemblee parlamentari internazionali o di un’organizzazione internazionale o sovranazionale e dei giudici e funzionari delle corti internazionali (Legge n. 3 del 9 gennaio 2019).

Per quanto riguarda il reato di concussione, il concussore può essere unicamente un pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio. Non è infatti punita la concussione tra privati.

CORRUZIONE E CONCUSSIONE: QUANDO SI REALIZZA IL REATO DI CONCUSSIONE

Il reato di concussione descritto nell’art. 317 cod. pen. si riferisce al pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio che costringe altri soggetti a dare o promettere, a lui o ad un terzo, denaro o utilità, abusando dei propri poteri o delle sue qualità.

Anche qui siamo in presenza di un c.d. reato proprio caratterizzato dall’abuso da parte dell’agente dei suoi poteri o della qualità rivestita. In merito, è necessario che il soggetto sia legittimato all’esercizio di quei poteri e che gli stessi rientrino nei limiti delle potestà di cui il soggetto è investito nell’esercizio delle funzioni svolte.

In altre parole, il concussore “estorce” mediante violenza o minaccia una somma di denaro o altro vantaggio, abusando di una posizione di superiorità che la funzione pubblica offre (cd concussione per costrizione).

Il concussore è punito, ai sensi dell’art. 319 quater, anche in assenza di un vero e proprio “abuso costrittivo” se “induce” taluno a dare o a promettere indebitamente, a lui o a un terzo, denaro o altra utilità (cd concussione per induzione) ed ai sensi dell’art. 322 c.p. se “sollecita” una promessa o dazione di denaro o altra utilità per l’esercizio delle sue funzioni o dei suoi poteri.

La differenza tra costruzione e induzione non va individuata “nella maggiore o minore intensità della pressione psicologica esercitata sul soggetto passivo dell’agente pubblico, ma nella tipologia del danno prospettato, che è ingiusto nel delitto di cui all’art. 317 e conforme alle previsioni normative in quello di cui all’art. 319 quater” (Cass. pen., Sez. VI, Sentenza, 21/01/2014, n. 37475).

L’evento si sostanzia nella dazione di denaro o nella promessa di denaro o di altre utilità alle quali viene costretta la vittima, la quale si trova in una posizione di soggezione rispetto a chi esercita un potere pubblico.

In dottrina e giurisprudenza si è discusso sul concetto di “altra utilità” al fine di comprendere cosa effettivamente potesse considerarsi concussione e cosa no. Alcuni ritengono che si debba far riferimento ai vantaggi nel patrimonio o per la persona dell’agente, escludendo profitti sentimentali, dei compiacimenti estetici o sessuali; altri, invece, sostengono che il concetto di utilità deve intendersi in senso ampio e pertanto comprensivo di ogni forma di tornaconto perdonale e/o patrimoniale al fine di una maggior tutela dei consociati.

Infine, il bene giuridico tutelato della norma non è solamente il prestigio, il dovere di probità e di fedeltà del soggetto pubblico, ma anche il patrimonio del privato che entra in contatto con il pubblico ufficiale o con l’incaricato del pubblico servizio.

corruzione e concussione

QUAL È LA DIFFERENZA TRA CORRUZIONE E CONCUSSIONE

La differenza tra concussione e corruzione si apprezza su più livelli.

Primario è il rapporto tra il pubblico ufficiale/incaricato di pubblico servizio ed il privato. Nella concussione, il rapporto è sbilanciato a favore del primo, che ricopre una posizione di “potere” rispetto al secondo, che viene strumentalizzata per ottenere un vantaggio.

Nella corruzione, invece, il rapporto tra intraneus ed extraneus è paritario. Come affermato dalla Cassazione (Sentenza, 16/10/2007, n. 45993) “per distinguere il reato di concussione da quello di corruzione non deve aversi riguardo né al soggetto che prende l’iniziativa né alla composizione dei contrapposti interessi in un “accordo”, bensì unicamente alla sussistenza o meno di uno stato di soggezione in cui venga a trovarsi il privato, che vizia a monte l’assetto dei reciproci interessi raggiunto nel c.d. “accordo”; per integrare il suddetto stato di soggezione è sufficiente che il privato si sia determinato alla dazione ovvero all’accordo per evitare un maggior danno, anche in difetto di uno stato di timore psicologico verso il pubblico ufficiale”.

In secondo luogo, i reati di concussione e di corruzione differiscono tra loro per l’elemento della condotta, in quanto “nella concussione l’agente deve avere determinato nel soggetto passivo uno stato di paura o di timore atto ad eliderne o viziarne la volontà, mentre nella corruzione i due soggetti agiscono su un piano paritario nella conclusione del patto criminoso – per cui l’evento della “datio” o della promessa, pur esistendo in entrambi i reati, ha fonti diverse” (Cass. pen., Sez. III, Sentenza, 19/10/2016, n. 52378).

Altra differenza consiste nella struttura soggettiva, essendo la corruzione, a differenza della concussione, un reato necessariamente plurisoggettivo, sicché differente è anche la posizione del “solvens”

Altra distinzione fondamentale la rinveniamo altresì nelle pene previste, come nelle attenuanti o aggravanti.

QUANDO SI PERFEZIONA IL REATO DI CONCUSSIONE

La concussione si può perfezionare in due momenti. Il primo coincide con la promessa di denaro o altra utilità; il secondo viene individuato nella “dazione” o nella realizzazione materiale della promessa (ad esempio la consegna del denaro).

Se nel caso concreto, si verifica sia la promessa che, successivamente, la dazione, è a quest’ultimo che si fa riferimento come momento consumativo del reato (con la conseguenza che, ad esempio, da tale momento decorre il termine di prescrizione).

Inoltre, si ricorda come la Cassazione ha precisato che “La norma di cui all’art. 317 c.p. non richiede che la datio avvenga prima che il pubblico ufficiale (o l’incaricato di pubblico servizio) esaurisca i suoi poteri, essendo sufficiente ad integrare il reato anche la semplice induzione alla promissio, dovendo solo quest’ultima intervenire allorché l’agente abusa dei suoi poteri. Infatti il reato di concussione si perfeziona con la promessa che normalmente precede il compimento dell’atto. Il tempo in cui avviene il pagamento del denaro o la dazione di utilità non ha quindi alcun valore sintomatico; anzi il fatto che l’agente accetti che la concreta realizzazione del suo disegno sia posticipata rispetto al compimento dell’atto, dimostra che vi è un’assoluta sicurezza della completa soggezione psicologica del soggetto passivo piuttosto che una situazione paritaria, in cui liberamente si dà e si riceve” (Cass. pen. n. 2985/1993).

COSA SUCCEDE SE LA DAZIONE È DI MODICO VALORE?

Fare piccoli “regali” a dipendenti della pubblica amministrazione rientra nel reato di corruzione?. È possibile parlare di corruzione quanto la dazione in denaro è di modico valore?

In precedenza abbiamo parlato del reato di corruzione invocando il “pactum scleris” tra corrotto e corruttore. Si tratta di un contatto (illecito) a prestazioni sinallagmatiche, in cui si prevede uno “scambio” di utilità. Orbene, secondo la Corte di Cassazione “l’idoneità dell’offerta deve essere valutata con giudizio “ex ante”, sicché la condotta può ritenersi inoffensiva solo se manchi l’idoneità potenziale dell’offerta stessa a conseguire lo scopo perseguito dall’autore, non rilevando la tenuità di essa, purché non sia del tutto irrisoria” (Cass. pen., Sez. VI, Sentenza, 23/10/2019, n. 46494).

Ancora, “…in tema di corruzione per l’esercizio della funzione, benché la proporzionalità tra le prestazioni non sia un elemento costitutivo del reato, tuttavia l’irrisorietà dell’utilità conseguita rispetto alla rilevanza dell’atto amministrativo compiuto, rileva sul piano probatorio dell’esistenza del nesso sinallagmatico con l’esercizio della funzione, il cui mercimonio integra il disvalore del fatto punito dall’art. 318 cod. pen.”  (Cass. pen. n. 7007 dell’08.01.2021).

Inoltre, il D.P.R. n. 62/2013, ovvero il “Codice di comportamento dei dipendenti pubblici” all’art. 4, afferma che: Il dipendente non chiede, né sollecita, per sé o per altri, regali o altre utilità… “Il dipendente non accetta, per sé o per altri, regali o altre utilità, salvo quelli d’uso di modico valore effettuati occasionalmente nell’ambito delle normali relazioni di cortesia e nell’ambito delle consuetudini internazionali. In ogni caso, indipendentemente, dalla circostanza che il fatto costituisca reato, il dipendente non chiede, per sé o per altri, regali o altre utilità, neanche di modico valore a titolo di corrispettivo per compiere o aver compiuto un atto del proprio ufficio da soggetti che possano trarre benefici da decisioni o attività inerenti all’ufficio, né da soggetti nei cui confronti è o sta per essere chiamato a svolgere o a esercitare attività o potestà proprie dell’ufficio ricoperto”.
Il “modico valore” del bene sostanzialmente è stato fissato nella somma di € 150,00 dal comma 5 del predetto articolo, fermo restando che le singole amministrazioni ben possono prevedere un espresso e totale divieto o indicare limiti inferiori in relazione alla tipologia di mansione svolta dal soggetto.

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