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VOLGOGRAD,RUSSIA - JUNE 1 2018: aerial top down view of two national footbal teams warm up before world campionship 2018

Diritto sportivo: contratti di professionisti e dilettanti

Ordinamento e diritto sportivo: i contratti di professionisti e dilettanti

Quali norme regolano il diritto sportivo? E i contratti di professionisti e dilettanti?

In tema di diritto sportivo bisogna ricordare che, con la discussa legge n. 86 del 2018, il Parlamento ha delegato il Governo ad adottare, entro il 31.08.2020, uno o più decreti legislativi per il riordino e la riforma della disciplina:

– del Comitato olimpico nazionale italiano (CONI).
– degli enti sportivi professionistici e dilettantistici.
– del rapporto di lavoro sportivo.
– della rappresentanza degli atleti e delle società sportive.
– della professione di agente sportivo.
– della sicurezza nelle discipline sportive invernali
– delle norme di sicurezza per la costruzione, la ristrutturazione, il ripristino e l’esercizio degli impianti sportivi.
– degli adempimenti e agli oneri amministrativi e contabili a carico delle federazioni sportive nazionali, delle discipline sportive associate, degli enti di promozione sportiva, delle associazioni benemerite e delle loro affiliate riconosciute dal CONI.
Ne dovrebbe uscire un vero e proprio “testo unico dello sport”, che dovrebbe risolvere alcuni problemi, soprattutto legati al diritto del lavoro sportivo, della discriminazione tra l’atleta professionista e il “professionista di fatto”.

In attesa del testo unico, in questo articolo gli argomenti trattati sono:


DIRITTO SPORTIVO: COME NASCE LO SPORT

Le attività sportive, come tutte le attività culturali, originano nell’evoluzione della nostra specie, tanto che, secondo l’etologo Desmond Morris, sono essenzialmente forme modificate di comportamento di caccia.

Quando i nostri antenati si trasformano da cacciatori-raccoglitori, in allevatori e agricoltori, la caccia cessa di essere praticata: nel villaggio c’è già tutto quello di cui si necessita. Ma la predisposizione ad essa, frutto di centinaia di migliaia di anni, non si cancella con un “colpo di spugna”. Pertanto questa viene rimpiazzata con un’altra attività: una sua simulazione, non a scopo di sopravvivenza, ma fine a se stessa (tant’è che per lungo tempo, il vero sport è quello violento).

Gli atleti ripropongono gesti tipici di uno scenario venatorio: l’inseguimento, la corsa, il salto, il lancio del disco e del giavellotto.

L’origine dell’attività sportiva organizzata è assai spesso legata al mondo della sacralità: gli spettacoli sportivi diventano ben presto eventi culturali e ritualizzati, spettacolari e a carattere competitivo, che si svolgono in anfiteatri e arene. Tutti i giochi periodici che si svolgono nell’antica Grecia, sono legati a culti e a divinità stagionali.

Il vincitore stesso riceve una sorta di “divinizzazione” da parte del pubblico, ed un sigillo di benevolenza divina.

In senso moderno, si parla di sport solo a partire dalla metà del diciannovesimo secolo, quando si comincia ad organizzare e programmare l’attività sportiva, nella prospettiva della competizione, non più meramente occasionale.


DIRITTO SPORTIVO: COS’È LO SPORT

La Carta Europea dello Sport definisce lo sport (art.2) come “qualsiasi forma di attività fisica che, attraverso una partecipazione organizzata o non, abbia per obiettivo l’espressione o il miglioramento della condizione fisica e psichica, lo sviluppo delle relazioni sociali o l’ottenimento di risultati in competizioni di tutti i livelli”. Si tratta di una definizione molto ampia, che ricomprende anche il gioco e la semplice pratica dell’esercizio fisico.
Si sono tentate altre definizioni più circoscritte di sport, talvolta facendo leva sull’elemento dell’agone (cioè della competizione), talvolta sulla presenza di una organizzazione e di regole. Non si è tuttavia riusciti a trovare una definizione unica di sport che raccordasse tutti i suoi elementi distintivi.
Si tratta, secondo la Carta Europea dello Sport, di un’importante “fattore per lo sviluppo umano” (art. 1)
La Carta Europea dello Sport parla anche di “diritto allo sport”, inteso come:

  • possibilità di beneficiare di programmi di educazione fisica per sviluppare le attitudini sportive di base
  • possibilità di praticare lo sport e di partecipare ad attività fisiche ricreative in ambiente sicuro e sano;
  • possibilità di migliorare il livello di prestazione e di realizzare il potenziale di sviluppo personale e/o raggiungere livelli di eccellenza pubblicamente riconosciuti.

Anche al livello nazionale, l’art. 1 della legge 23 marzo 1981 n 91 sul professionismo sportivo  sancisce la libertà dell’esercizio dell’attività sportiva.


COSA È IL DIRITTO SPORTIVO

Il diritto sportivo è quindi quella materia interdisciplinare che si occupa di questioni inerenti lo svolgimento dell’attività sportiva, sia al livello professionistico che dilettantistico (ad esempio il diritto del lavoro sportivo, il diritto societario delle società sportive, il diritto disciplinare sportivo).
Le fonti del diritto sportivo sono numerose e sono raggruppabili secondo queste categorie:

  • fonti sovranazionali: la Carta Europea dello Sport, la Carta Olimpica testo aggiornato scaricabile qui, le direttive e le raccomandazioni del CIO, gli statuti e i regolamenti delle Federazioni Sportive Internazionali, il regolamento della Word Anti Doping Agency
  • fonti nazionali di natura pubblicistica: lo Statuto e i Regolamenti del CONI, il codice di comportamento sportivo del CONI ed il relativo regolamento di garanzia, gli statuti ed i regolamenti delle Federazioni Sportive Nazionali.

Per quanto riguarda la legislazione sportiva nazionale, in attesa del “testo unico dello sport” in attuazione della legge delega n. 86/2019, in Italia non esiste un sistema organico di norme statali di diritto sportivo, ma ne sono disciplinati solamente alcuni segmenti, di particolare interesse pubblico.
Tra questi, si segnalano:
Legge 23 Marzo 1981 n 91: Norme in materia di rapporti tra società e sportivi professionisti.
D.lgs. “Melandri” del 23 Luglio 1999 n. 242
289/02: Disposizioni in materia di attività sportiva dilettantistica.
D.lgs “Pescante” del 8 Gennaio 2004 n. 15
Legge n. 12/2016


DIRITTO SPORTIVO: COS’È L’ORDINAMENTO GIURIDICO SPORTIVO

Lo sport e le questioni ad esso attinenti (ad esempio nel campo del diritto del lavoro sportivo) assumono una duplice rilevanza, a seconda della prospettiva:
– dell’ordinamento legislativo statale.
– dell’ordinamento sportivo italiano.
Si pensi al pugilato. Ogni atleta, in base alle regole sportive ed al contratto sportivo, acconsente e anzi, si vincola per contratto a ricevere e/o cagionare lesioni, che possono essere anche gravi o fatali. Questi comportamenti sono, al tempo stesso, sanzionati dal codice civile (art.5 c.c. sulla indisponibilità del proprio corpo qualora ne consegua una diminuzione permanente dell’integrità fisica) e dal codice penale (art. 582 c.p.).

Viceversa, alcuni comportamenti del tutto leciti per l’ordinamento statale, sono sanzionati dalle regole sportive. Si pensi all’assunzione (di per sé considerata) di sostanze considerate “dopanti”, presenti in alcuni farmaci, ad esempio l’efedrina.

Si ha dunque l’esigenza di coordinare le regole sportive, appartenenti all’ordinamento giuridico nazionale ed internazionale, con l’ordinamento legislativo nazionale, e di coordinare giustizia sportiva e giustizia ordinaria.

Ogni ordinamento legislativo giuridico (sia l’ordinamento statale che l’ordinamento giuridico sportivo) richiede tre elementi:
– plurisoggettività (presenza di più soggetti giuridici),
– organizzazione (presenza di organi deputati alle funzioni normative, esecutive e giurisdizionali, per il raggiungimento di un fine comune),
– normazione (norme interne che ne regolano il funzionamento).
Lo Stato (l’ordinamento statale generale) è titolare di una potestà generale di intervento a tutela di ogni interesse “pubblico”, ma non può pretendere di regolare ogni infinitesimale aspetto della vita del cittadino. Né tutte le sfaccettature della convivenza tra gli uomini attirano l’interesse giuridico dell’ordinamento statale.

L’ordinamento legislativo sportivo è un ordinamento giuridico “settoriale”, nato in una dimensione sovranazionale, retto da norme di natura pattizia. Ha in seguito assunto, in ragione del progressivo intervento dello Stato (che ravvisa nello sport un interesse pubblico derivante dal suo indiscusso valore sociale e culturale), anche una dimensione nazionale, caratterizzandosi come ordinamento giuridico derivato.


L’AUTONOMIA DEL DIRITTO SPORTIVO NELL’ORDINAMENTO SPORTIVO ITALIANO

L’ordinamento legislativo sportivo internazionale ha potestà normativa, amministrativa e giurisdizionale: gli organi che lo costituiscono possono emettere:
– disposizioni astratte e generali,
– provvedimenti diretti ai singoli soggetti che ne fanno altrettanto parte,
– sanzioni in caso di violazione delle regole, ma senza l’uso della forza, che è appannaggio dell’ordinamento statale.
Per superare i problemi di coordinamento, all’ordinamento giuridico sportivo, quale articolazione dell’ordinamento sportivo internazionale facente capo al Comitato Olimpico Nazionale, è stata riconosciuta autonomia  (art. 1 del D.L. n. 220/2003), benché non assoluta, poiché alcuni conflitti possono essere risolti all’interno degli organi giustizia sportiva, ma vengono fatti “salvi i casi di effettiva rilevanza per l’ordinamento giuridico della Repubblica di situazioni giuridiche soggettive connesse con l’ordinamento sportivo”.

Quindi l’ordinamento sportivo italiano deve esplicare la propria attività entro due limiti, conformemente:

– all’ordinamento sportivo internazionale al quale è affiliato,
– all’ordinamento legislativo generale dello Stato.
Entro questi confini, l’ordinamento sportivo nazionale contiene:

norme di diritto positivo di derivazione meramente interna, come quelle che disciplinano le modalità di svolgimento del gioco,
norme di derivazione statale (ad esempio in tema di responsabilità da fatto illecito).


QUAL È LA STRUTTURA DELL’ORDINAMENTO SPORTIVO INTERNAZIONALE NEL DIRITTO SPORTIVO

Al vertice della struttura internazionale dell’ordinamento sportivo si trova il Comitato Olimpico Internazionale (CIO) è un’organizzazione internazionale non governativa e no profit dotata di personalità giuridica (regola 15 della Carta Olimpica).

Il CIO è organizzato in diversi organi (il presidente, la sessione ed il consiglio esecutivo).

Le Federazioni Sportive Internazionali FSI sono organizzazioni autonome non governative a struttura variabile “reticolare”, gestiscono le regole sportive, gli aspetti tecnici degli sport, uniformandoli in tutto il mondo, attraverso le federazioni nazionali, di cui coordinano l’attività. Per partecipare al movimento olimpico, necessitano di essere riconosciute (previa la verifica di alcuni requisiti) dal CIO.

Oltre a queste, vi sono varie Associazioni di FSI (ad es. la GAISF).

Sul piano giurisdizionale, il TAS Tribunale Arbitrale dello Sport è l’organo costituito dal CIO per risolvere le controversie sportive di carattere transnazionale.


COME SI STRUTTURA L’ORDINAMENTO SPORTIVO NAZIONALE NEL DIRITTO SPORTIVO: IL CONI

Il CONI (Comitato Olimpico Nazionale Italiano) ha ricevuto la qualificazione di ente pubblico con la legge 426 del 1942 (art. 2) e l’ha mantenuta anche con il riordino della materia alla luce del Dlgs. 242 del 1999 cd Decreto Melandri (art. 1), in attuazione della legge n 59/1999, come modificato dal Dlgs 15 del 2004 cd decreto Pescante. Esercita poteri legislativi, organizzativi e di garanzia, nell’ambito dell’autonomia che di fatto gli è stata attribuita all’interno dell’ordinamento giuridico sportivo.

Ad esso sono affidati l’organizzazione e il potenziamento dello sport nazionale.

Il CONI confedera:

– ogni Federazione Sportiva Nazionale riconosciuta,
– ogni Disciplina Sportiva Associata riconosciuta,
– ogni Ente di Promozione Sportiva riconosciuta,
– ogni Associazione Benemerita riconosciuta.


GLI ALTRI SOGGETTI DI DIRITTO SPORTIVO: COSA SONO FSN, DSA e EPS

La Federazione Sportiva Nazionale (FSN) e la Disciplina Sportiva Associata (DSA) sono associazioni con personalità giuridica di diritto privato senza fini di lucro, disciplinate dalle norme del codice civile e dal decreto legislativo 242/1999. I loro regolamenti sono pertanto qualificati atti negoziali. Sono ispirate al principio democratico e al principio di partecipazione all’attività sportiva da parte di chiunque in condizioni di uguaglianza e di pari opportunità.

Hanno natura di ente pubblico solo le federazioni sportive ACI, Aero Club e UITS.

Ai sensi dell’art.15 Dlgs 15 del 2004, ciascuna federazione sportiva nazionale e ciascuna disciplina sportiva associata svolge “l’attività sportiva in armonia con le deliberazioni e gli indirizzi del CIO, delle Federazioni internazionali e del CONI”.  Le FSN e gli organismi sportivi che agiscono a livello decentrato sul territorio devono adottare e recepire le decisioni e i regolamenti delle Federazione sportive internazionali. In particolare le Federazioni internazionali impongono clausole di riserva esclusiva a favore dei rispettivi organi di giustizia e di accettazione incondizionata dei regolamenti e delle delibere.

La Disciplina sportiva associata si differenzia dalla Federazione sportiva Nazionale non per la struttura o l’autonomia, ma per la disciplina praticata, che non è riconosciuta come sport olimpico (ad es. l’arrampicata) o non rientra strettamente nella definizione di sport, in cui la componente fisica è prevalente (ad es. gli scacchi).

Gli Enti di Promozione Sportiva (EPS) sono associazioni che, a livello nazionale o regionale, si occupano della promozione e organizzazione di attività sportive con finalità ricreative e formative a livello amatoriale, nel rispetto dei principi, delle regole e delle competenze del CONI, delle Federazioni sportive nazionali e delle Discipline sportive associate. Non si occupano di una sola disciplina sportiva, ma di più discipline.

Le Associazioni benemerite “sono Associazioni Sportive senza fini di lucro che svolgono attività e promuovono iniziative di rilevanza sociale le quali abbiano lo scopo di promuovere e diffondere i valori dello sport nonché effettuare o sostenere la formazione e la ricerca in materia di sport e dei relativi profili sociali, giuridici ed economici” (art.1 regolamento CONI).


QUALE NORMATIVA ASD E SSD NEL DIRITTO SPORTIVO

Alla base dell’organizzazione sportiva, al fine dell’esercizio dell’attività sportiva in forma associata, vi sono le società sportive, professionistiche e dilettantistiche. Sono associazioni senza fini di lucro, che negli anni si sono trasformate, fino a diventare attività di natura economica, riconosciuta anche dalla giurisprudenza comunitaria, che le considera tra le imprese.

Società ed associazioni sportive che partecipano allo stesso campionato o a campionati omogenei (e che quindi hanno gli stessi interessi) si possono organizzare in Leghe.

Le società sportive professionistiche, hanno per oggetto esclusivamente o prevalentemente l’esercizio dell’attività sportiva. Hanno scopo di lucro, cioè la divisione degli utili tra i soci (tranne una quota che deve essere destinata al settore giovanile). Possono organizzarsi in società di capitali, nella forma di società per azioni (s.p.a.) o società a responsabilità limitata (s.r.l.). Devono costituire un collegio sindacale. Devono essere affiliate ad una Federazione sportiva o disciplina sportiva associata che riconosca l’esercizio dell’attività sportiva al livello professionistico e il cui regolamento può prevedere requisiti ulteriori per l’ammissione.

Le associazioni e le società sportive dilettantistiche, senza scopo di lucro (eventuali utili non possono essere suddivisi fra gli associati nemmeno in forme indirette), possono organizzarsi in un ampio ventaglio di forme: nel caso delle Società sportive dilettantistiche (SSD), come società di capitali o società cooperative; nel caso delle Associazioni sportive dilettantistiche (ASD), come associazioni prive di personalità giuridica. Queste, in base alla normativa asd e alla normativa ssd, hanno un trattamento fiscale di favore, previo riconoscimento rilasciato dal CONI.

In particolare, la normativa asd e ssd riconosce:

– normativa asd e ssd: iscrizione nel registro nazionale delle associazioni e società sportive dilettantistiche presso il CONI.
– normativa asd e ssd: regime fiscale agevolato.
– normativa asd e ssd consente a determinate condizioni, di svolgere attività, considerata non commerciale, da cui ricavare un piccolo utile (D.lgs. n. 117/2017 “codice del terzo settore”).
– normativa asd e ssd: obblighi in materia di sicurezza sul lavoro e sicurezza nel trattamento dei dati personali
Le società diventano soggetti dell’ordinamento sportivo per mezzo dell’affiliazione alla federazione sportiva nazionale, alla disciplina sportiva associata o all’ente di promozione sportiva.


DIRITTO SPORTIVO: QUALE RAPPORTO TRA GIUSTIZIA SPORTIVA E GIUSTIZIA ORDINARIA

Come detto poco sopra, elemento “costitutivo” di ogni ordinamento giuridico, ivi compreso l’ordinamento sportivo nazionale, è la presenza di un sistema di amministrazione della giustizia e di risoluzione delle controversie.

Il sistema della giustizia sportiva è l’elemento che più di tutti evidenzia l’autonomia dell’ordinamento sportivo italiano, rispetto all’ordinamento statale. Questo in base a due principi:

il vincolo di giustizia: l’obbligo dei tesserati di adire i soli organi di giustizia sportiva in tutte le controversie amministrative, disciplinari e “tecniche”, sorte in merito all’attività sportiva,
a temperamento del vincolo di giustizia, la clausola di riserva (o clausola di salvezza), introdotta con il d.l. 220/2003 convertito con legge 280/2003, sottrae dalla giustizia sportiva “i casi di rilevanza per l’ordinamento giuridico della Repubblica di situazioni giuridiche soggettive connesse con l’ordinamento sportivo”.
Uno stesso fatto (ad esempio la frode sportiva) può essere rilevante sia per l’ordinamento generale statale (come reato ex art. 1 L. 401/1989), che per l’ordinamento giuridico sportivo (come illecito sportivo ex art. 7 codice di giustizia sportiva), ma i due livelli sono appunto autonomi e devono essere tenuti distinti. Con la conseguenza che, paradossalmente, per lo stesso fatto si potrebbero avere due decisioni contrapposte.

Tuttavia, non è sempre facile l’individuazione della linea di demarcazione fra la competenza del giudice statale e quella degli organi delle federazioni sportive.

Giustizia sportiva e giustizia ordinaria differiscono sotto molteplici aspetti, tra cui:

– gli ambiti di competenza
– i parametri di giudizio
– le garanzie
– i tempi di risoluzione delle controversie
Quanto al primo punto, la riserva di giurisdizione tra giustizia sportiva e giustizia ordinaria del d.l. 220/2003, riserva in via esclusiva:

– al giudice sportivo: le controversie disciplinari e “tecniche” fondate su norme regolamentari, organizzative e statutarie (art.2)
– al giudice ordinario: le controversie su rapporti patrimoniali (art.3)
– al giudice amministrativo: ogni altra controversia avente ad oggetto atti del Comitato olimpico nazionale italiano o delle Federazioni sportive, subordinatamente alla “pregiudiziale sportiva”, cioè previo esperimento di tutti i gradi del processo sportivo e le controversie relative alle procedure di affiliazione e ammissione delle federazioni sportive, nonché le impugnazioni di sanzioni amministrative diverse da quelle tecniche inflitte a dirigenti sportivi, arbitri e società calcistiche. Per le controversie aventi ad oggetto i provvedimenti incidenti sulla partecipazione a competizioni professionistiche, è inderogabilmente competente il TAR Lazio, come giudice di ultima istanza.


DIRITTO SPORTIVO E GIUSTIZIA SPORTIVA: GLI ORGANI GIUSTIZIA SPORTIVA

Gli organi giustizia sportiva al livello apicale (art. 12 e seguenti  Statuto CONI) sono:

– organi giustizia sportiva: Il Collegio di garanzia dello Sport: organo con funzioni consultive e giurisdizionali di ultimo grado cui è demandata la “cognizione delle controversie decise in via definitiva in ambito federale, ad esclusione di quelle in materia di doping e di quelle assunte dal Giudice sportivo o dalla corte sportiva d’Appello che hanno comportato l’irrogazione di sanzioni tecnico-sportive di durata inferiore a novanta giorni o pecuniarie fino a 10.000 euro”.
– organi giustizia sportiva: la Procura Generale dello Sport, con il compito di coordinare e vigilare le attività inquirenti e requirenti svolte dalle procure federali
– organi giustizia sportiva: il Tribunale Nazionale Antidoping, “quale organismo di giustizia per le decisioni in materia di violazione delle Norme Sportive Antidoping del CONI o delle disposizioni del Codice Mondiale Antidoping WADA” (art. 13)
– organi giustizia sportiva: Commissione di Garanzia degli organi di giustizia, di controllo e di tutela dell’etica sportiva.
Presso la federazione o le federazioni (per risparmiare sui costi di gestione, più Federazioni possono costituire organi di giustizia e procure comuni), gli organi di giustizia sportiva sono individuati dal codice di giustizia sportiva:

– giustizia sportiva organi federali: Giudici sportivi (cioè il Giudice sportivo nazionale e territoriale in primo grado; la Corte sportiva di appello in secondo grado) si pronunciano su tutte le questioni connesse allo svolgimento delle gare.
– giustizia sportiva organi federali: Giudici federali (il Tribunale federale e la Corte federale di appello) giudicano su tutti i fatti rilevanti per l’ordinamento sportivo per i quali non sia stato instaurato un procedimento dinanzi ai Giudici sportivi nazionali o territoriali.
– giustizia sportiva organi federali: Procura Federale agisce innanzi agli organi di giustizia per assicurare la piena osservanza delle norme dell’ordinamento sportivo.
– giustizia sportiva organi federali : Commissione federale di garanzia (art. 5), tutela l’autonomia e l’indipendenza degli organi di giustizia presso la Federazione e della Procura federale.


DIRITTO SPORTIVO: COSA SONO IL TESSERAMENTO ED IL VINCOLO SPORTIVO

L’atleta è parte di tre fondamentali rapporti: il tesseramento, il vincolo sportivo ed il rapporto di lavoro.

Il “tesseramento”, nei confronti della federazione sportiva è un contratto di natura associativa, in base a cui lo sportivo entra a far parte dell’ordinamento giuridico sportivo, della federazione, condividendone gli obiettivi. Ogni atleta che vuole giocare per una società come “professionista” o come “dilettante” deve essere tesserato con una Federazione nazionale.

Dal tesseramento nasce anche il “vincolo sportivo” tra l’atleta e la società sportiva. Si tratta di un legame che comporta una serie di limitazione alla libertà contrattuale dello sportivo, che spesso presta il fianco ad abusi da parte delle società sportive. Il vincolo concerne in particolare il diritto della società sportiva di:

– utilizzare in via esclusiva le prestazioni dell’atleta,
cedere l’atleta senza il suo consenso,
vietare il recesso unilaterale.
Per gli sportivi professionisti, l’art. 16 della legge 23 marzo 1981 n 91 ha abolito il vincolo sportivo, che rimane in vigore al livello dilettantistico, pur solamente nella forma “a tempo determinato” e non a tempo indeterminato.

La disciplina del vincolo sportivo è rimessa all’autonomia delle singole federazioni.

Infine, in materia di diritto del lavoro sportivo, il rapporto di lavoro non ha una disciplina univoca. Occorre distinguere tra contratto sportivo per l’attività svolta al livello professionistico, contratto sportivo dilettantistico, contratto di collaborazione sportiva.


CHI È LO SPORTIVO PROFESSIONISTA NEL DIRITTO SPORTIVO

Il criterio per distinguere sportivi dilettanti e professionisti, è indicato nell’art. 2 della legge 23 marzo 1981 n 91. Si è sportivi professionisti, se:

Si ricopre la figura professionale di: atleta, allenatore, direttore tecnico-sportivo e preparatore atletico. L’elenco è considerato tassativo, nel senso che le altre figure professionali non consentono la qualificazione di “professionista”.
La prestazione sportiva è svolta a titolo oneroso dietro la corresponsione di retribuzioni o compensi sportivi.
La prestazione sportiva prevista nei contratti sportivi deve essere continuativa, non occasionale. Alcune federazioni, come la FIGC, impongono che l’attività sportiva sia non solo “continuativa”, ma “prevalente” rispetto ad altre occupazioni lavorative.
La federazione sportiva di appartenenza, in virtù della propria autonomia statutaria (art. 13 dei Principi fondamentali degli statuti delle federazioni nazionali e delle discipline sportive associate), prevede un settore di attività specificamente qualificato e regolato in forma professionistica, a condizione che il fenomeno sportivo abbia una notevole rilevanza economica e che l’attività sia ammessa dalla rispettiva Federazione Internazionale. Si tratta di un requisito formale, che ha creato una terza figura di “lavoratore sportivo”, mediana tra il professionista ed il dilettante, che è quella del “dilettante retribuito” o “professionista di fatto” o ancora “professionista irregolare”.
Occorre segnalare che in Italia, sono pochissimi gli sport che possono essere praticati al livello professionistico.

La società sportiva può stipulare contratti con atleti professionisti (art. 10 legge 23 marzo 1981 n 91 se:

È costituita in forma di società di capitali (spa o srl),
ha costituito un collegio sindacale,
affiliata ad una Federazione Sportiva Nazionale riconosciuta dal CONI.


DIRITTO SPORTIVO: IL CONTRATTO SPORTIVO DI LAVORO PROFESSIONISTICO

In materia di diritto del lavoro sportivo, si pone il problema di come disciplinare i contratti sportivi professionisti, e i compensi sportivi. La disciplina del contratto sportivo professionistico è contenuta agli art. 3 e seguenti della legge 23 marzo 1981 n 91.

Quello dei professionisti è un contratto sportivo che si presume avere natura di lavoro subordinato, fatta salva la prova contraria: si parla di lavoro autonomo o para subordinato, se ricorre almeno uno dei seguenti requisiti:

-l’attività è svolta nell’ambito di una singola o più manifestazioni sportive collegate in un breve periodo di tempo;
-l’atleta non è contrattualmente vincolato per quanto riguarda la frequenza a sedute di preparazione od allenamento;
-la prestazione sportiva (compresi gli allenamenti) non supera otto ore settimanali oppure cinque giorni ogni mese ovvero trenta giorni ogni anno.
Le norme della legge 23 marzo 1981 n 91 designano la disciplina del contratto sportivo professionistico di lavoro, che deroga alla disciplina generale (che si colloca soprattutto nel codice civile e nello statuto dei lavoratori).

Inoltre, ogni federazione sportiva predispone ed aggiorna ogni tre anni uno schema di contratto sportivo professionistico, che fornisce un livello minimo di tutela per lo sportivo, secondo le indicazioni della legge, tra cui:

-è obbligatorio il rispetto delle istruzioni tecniche e delle prescrizioni impartite per il conseguimento degli scopi agonistici.
-È facoltativa la clausola compromissoria con cui le controversie concernenti l’attuazione del contratto e insorte fra la società sportiva e lo sportivo sono deferite ad un collegio arbitrale.
-Sono vietate le clausole di non concorrenza o limitative della libertà professionale dello sportivo per il periodo successivo alla risoluzione del contratto stesso.
Il contratto può contenere un termine risolutivo, nel limite di cinque anni dalla data di inizio del rapporto,
il contratto può prevedere la successione del contratto a termine fra gli stessi soggetti e la cessione del contratto, prima della scadenza, da una società sportiva ad un’altra, purché vi consenta l’altra parte e siano osservate le modalità fissate dalle federazioni sportive nazionali.
Ad esempio, in tema di diritto del lavoro sportivo nel settore del calcio, l’art. 28 delle norme organizzative interne (NOIF) qualifica i professionisti come i «calciatori che esercitano l’attività sportiva a titolo oneroso con carattere di continuità, tesserati per società associate nella Lega Nazionale Professionisti o nella Lega Professionisti Serie C». Il principale documento che regola i contratti sportivi, i compensi per la prestazione sportiva al livello professionistico è l’ Accordo Collettivo stipulato tra la FIGC e i sindacati rappresentativi dei calciatori e delle società professionistiche, in attuazione all’articolo 4 della legge 23 marzo 1981 n 91.


CHI SONO I DILETTANTI PER IL DIRITTO SPORTIVO

La nozione di “sportivo dilettante” si ricava per esclusione: è dilettante chi non è professionista, cioè chi non presenta i requisiti esaminati poco sopra, tra i quali, si sottolinea, figura il requisito “formale”, cioè il fatto che la federazione sportiva auto-disciplini parte della sua attività come “professionista”.

Le federazioni sportive nazionali che hanno riconosciuto il professionismo (dati aggiornati al 2016) sono:

-Federazione Italiana Giuoco Calcio (F.I.G.C.)
-Federazione Pugilistica Italiana (F.P.I.)
-Federazione Ciclistica Italiana (F.C.I.)
-Federazione Motociclistica Italiana (FMI)
-Federazione Italiana Golf (F.I.G.)
-Federazione Italiana Pallacanestro (F.I.P.).
I tesserati a tutte le altre federazioni, anche coloro che praticano lo sport ai massimi livelli, devono considerarsi dilettanti o “non professionisti”.

In materia di diritto del lavoro sportivo, si pone il problema di come qualificare il contratto sportivo dilettantistico e i compensi sportivi dilettanti.

In passato, il rapporto intercorrente tra lo sportivo dilettante e il proprio club di appartenenza non era nemmeno qualificato come rapporto di lavoro, ma si riteneva avesse natura associativa. In altre parole, il dilettante era “socio” del club di appartenenza, condividendone l’oggetto sociale dell’esercizio dell’attività sportiva, e non un suo dipendente, men che meno un lavoratore autonomo. Oggi, la realtà è ben diversa.

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IL PROBLEMA DEL CONTRATTO SPORTIVO DEI NON PROFESSIONISTI NEL DIRITTO SPORTIVO

Sebbene non sia infrequente trovare qualche volontario che svolge attività a titolo gratuito all’interno di associazioni sportive, tra la categoria del dilettante “puro”, il quale svolge la sua prestazione a titolo gratuito, e quella del professionista, cui contratto è regolato dalla legge 23 marzo 1981 n 91 esiste una categoria di atleti, che non possono essere qualificati professionisti, ma che ricevono comunque somme di denaro in ragione della propria attività. Tanto è che il Testo unico sull’Imposta dei redditi, all’art. 67 parla esplicitamente di compensi sportivi per non professionisti. Si tratta dei “professionisti di fatto”, la cui posizione non riceve, ad oggi, una collocazione chiara ed univoca.

A differenza del rapporto di lavoro professionistico, il rapporto di lavoro sportivo dilettante non ha una disciplina giuridica sistematica. Ne sono regolati solamente alcuni aspetti, primo tra tutti quello fiscale: i compensi degli sportivi dilettanti costituiscono “redditi diversi” e ricevono un trattamento fiscale di particolare favore. Si tratta, come accennato in premessa, di una discriminazione tra il professionista ex lege e il professionista di fatto, pur non essendo rari i casi in cui, ad esempio, un pallavolista dilettante che gioca in serie A1 guadagna più di un calciatore professionista di serie C.

Ulteriore problematiche nascono poi per gli sportivi extracomunitari, per i quali la posizione deve essere letta anche alla luce della normativa sull’immigrazione, in primis del Testo Unico sull’Immigrazione (dlgs 286/1998).

La giurisprudenza comunitaria tende a prescindere dalla qualificazione formale del rapporto economico, ancorandosi invece al criterio della economicità della prestazione, riscontrando un rapporto di lavoro autonomo o subordinato quando l’attività sportiva sia retribuita a fronte di impegni e obblighi sostanzialmente identici a quelli del professionista. La differenza tra dilettantismo e professionismo rimarrebbe radicata nel criterio della prevalenza dell’attività sportiva rispetto alle altre.

Altro problema è la non semplice distinzione tra i casi di rapporto di lavoro sportivo autonomo e lavoro sportivo subordinato. Si può ricorrere ai criteri distintivi comunemente utilizzati dalla giurisprudenza (esistenza del vincolo gerarchico, inserimento nell’organizzazione dell’impresa, utilizzo degli strumenti procurati dal datore di lavoro…).

Secondo la circolare INL n.1/2016 “la volontà del legislatore è quella di riservare ai rapporti di collaborazione sportivo-dilettantistici una normativa speciale volta a favorire e ad agevolare la pratica dello sport dilettantistico, rimarcando la specificità di tale settore che contempla anche un trattamento differenziato rispetto alla disciplina generale che regola i rapporti di lavoro”.


DIRITTO SPORTIVO: I COLLABORATORI SPORTIVI

Collaboratore sportivo è un tesserato “non atleta” (come tecnici, allenatori, istruttori sportivi, giudici di gara, commissari speciali, dirigenti e collaboratori amministrativi) che stipula un contratto di collaborazione sportiva con la società sportiva dilettantistica.

Oggetto della collaborazione sportiva può essere, in primo luogo, l’esercizio “diretto” della prestazione sportiva dilettantistica, in base alla normativa asd. È il caso dei contratti sportivi dilettantistici per i soggetti che partecipano direttamente alla realizzazione della manifestazione sportiva, garantendone il regolare svolgimento, compresi i rappresentanti dell’associazione che presenziano all’evento sportivo, ad esempio:

-giudici di gara.
-manutentori e responsabili di attrezzature sportive.
Sono ricompresi in questa categoria di collaboratori sportivi, anche i soggetti che si occupano della formazione, la didattica, la preparazione e l’assistenza alla prestazione sportiva dilettantistica, e cioè:

-istruttori sportivi.
-dirigenti accompagnatori.
In secondo luogo, possono definirsi collaborazioni sportive anche le collaborazioni amministrative e gestionali al di fuori dell’esercizio diretto della prestazione sportiva dilettantistica in base alla normativa asd. Si tratta dei “rapporti di collaborazione coordinata e continuativa di carattere amministrativo-gestionale di natura non professionale resi in favore di società e associazioni sportive dilettantistiche” di cui all’art. 67 comma 1 lett m) TUIR, non direttamente finalizzate alla realizzazione delle manifestazioni sportive dilettantistiche. Si tratta dei soggetti che, ad esempio, si occupano della tenuta della contabilità, o della raccolta delle iscrizioni.

Particolare figura per la normativa asd è quella del collaboratore della gestione sportiva, che previa iscrizione nell’elenco ufficiale, svolge sostanzialmente i compiti che il direttore sportivo svolge per le società professionistiche.


DIRITTO SPORTIVO: I COMPENSI DEI DILETTANTI

La normativa asd e ssd prevede, per quanto riguarda le somme percepite dagli atleti e dai collaboratori sportivi, a determinate condizioni, un trattamento fiscale agevolato. Queste somme sono considerate “redditi diversi” da quelli derivanti da un’attività lavorativa, di cui all’art. 67 comma 1 lettera m) TUIF.

In particolare si tratta di:

-rimborso forfettario o indennità di trasferta.
-rimborso analitico per spese documentate.
-compensi erogati dal Coni, Federazioni sportive nazionali, Unire, Enti di promozione sportiva e da qualunque organismo (incluse quindi le associazioni e le società sportive dilettantistiche), comunque denominato che persegua finalità sportive dilettantistiche e che sia da essi riconosciuto.
In alcune federazioni sportive, come la FIGC, non potendo configurarsi un contratto di lavoro, per i calciatori dilettanti non sono previsti compensi sportivi dilettanti in senso stretto (art. 2225 c.c.), né retribuzioni (art. 2094 c.c.) per la prestazione sportiva dilettantistica. I contratti sportivi dilettantistici di diritto calcistico possono prevedere solamente rimborsi e premi.


IL CONTRATTO DI DIRITTO SPORTIVO DILETTANTISTICO NEL CALCIO

In materia di diritto calcistico, ai sensi dell’art. 29 delle norme organizzative interne (NOIF) della FIGC è “non professionista” chi:

-a seguito di tesseramento, svolge attività sportiva per società associate nella Lega Nazionale Dilettanti.
gioca il “Calcio a Cinque”.
-partecipa ai campionati di Calcio femminile.
-pur tesserato dalla Lega Nazionale Dilettanti, gioca in particolari manifestazioni a carattere ricreativo e propagandistico (art.30).
Per costoro è esclusa ogni forma di lavoro, sia autonomo che subordinato (art. 94 ter norme organizzative interne).

Tuttavia, In materia di diritto calcistico, tra tutti i non professionisti, gli atleti tesserati con società della LND che disputano

-il Campionato Nazionale di serie D del Dipartimento Interregionale
-i Campionati di Serie A, Serie A2 maschili e Serie A Femminile della Divisione calcio a Cinque,
-il Campionato Nazionale di serie B maschile e di Serie A2 femminile della Divisione Calcio a Cinque
competizioni nazionali di calcio a 11 femminile la cui organizzazione sia stata delegata dalla FIGC alla L.N.D.
hanno l’obbligo di sottoscrivere un contratto sportivo dilettantistico con accordi economici annuali concernenti

-indennità di trasferta,
-rimborsi forfettari di spese,
-voci premiali.
-in alternativa, il contratto sportivo dilettantistico deve prevedere l’erogazione di una somma lorda annuale da corrispondersi in dieci rate mensili, nel limite di 30.658,00 €.

Gli atleti tesserati per società che disputano il Campionato Nazionale di Serie D del Dipartimento Interregionale, di Calcio a 5 che disputano Campionati Nazionali, hanno la facoltà (non l’obbligo) di stipulare accordi economici per un periodo massimo di tre stagioni sportive, i quali possono prevedere:

-una somma annuale lorda nel limite di 30.658,00 €.
-una ulteriore indennità, per la quale non è fissato un limite.
Eventuali accordi diversi, che prevedono l’erogazione di somme superiori a quelle sopra fissate, sono vietati e puniti sul piano disciplinare ex art. 8 comma 8 del codice di giustizia sportiva.

Come già detto, in materia di diritto calcistico, i non professionisti tesserati FIGC non ricevono compensi sportivi dilettanti, ma solo un rimborso delle spese. Il che ha rilevanti conseguenze, non solo per il diritto del lavoro sportivo.

L’accordo di collaborazione sportiva per l’attività prestata dai calciatori dilettanti, non potendo rientrare tra i contratti sportivi dilettantistici di diritto del lavoro sportivo, comporta alcune conseguenze. Ad esempio i debiti vantati dai calciatori dilettanti nei confronti delle società, in caso di fallimento (o liquidazione giudiziale) sono considerati chirografari, non godendo di nessun privilegio.

Per ulteriori chiarimenti, lo Studio degli Avvocati Berti e Toninelli è a Pistoia, Piazza Garibaldi n. 5. Offriamo assistenza e consulenza legale in tutta Italia, in particolare presso i Tribunali di Pistoia, Prato, Lucca e Firenze Per contattarci, potete utilizzare questo link: https://www.btstudiolegale.it/contatti/