vendere opere d'arte

Come vendere opere d’arte

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Come vendere opere d'arte online e offline

Per l’ordinamento italiano, le opere d’arte si differenziano da qualsiasi altro bene di consumo, per essere frutto del genio creativo dell’artista.

Ad esempio, una fotografia artistica non si limita a rappresentare l’oggetto o un paesaggio per come appare (come avviene nella fotografia semplice), ma trasmette un messaggio ulteriore, esprime una interpretazione soggettiva della realtà.

Per vedere opere d’arte si deve considerare non solo l’oggetto nella sua materialità (corpus mechanicum), ma anche come bene intellettuale immateriale (corpus mysticum) oggetto di specifici diritti, detti appunto d’autore. Così, oltre al passaggio della proprietà del bene materiale, l’autore che intende vendere le proprie opere d’arte deve accordarsi anche sui diritti economici di sfruttamento (di riproduzione, trascrizione, esecuzione, elaborazione, distribuzione al pubblico …). È invece inalienabile il diritto “morale” di rivendicare la paternità dell’opera, e di opporsi a modificazioni o altri atti che siano lesivi della reputazione dell’autore.

I diritti possono essere ceduti a titolo definitivo (vendita) o temporaneo (licenza): i modelli contrattuali più diffusi sono la compravendita vera e propria, il contratto estimatorio, il mandato a vendere.

Si parla di mercato primario quando è l’artista a vendere le proprie opere d’arte a privati, o le esegue per il committente (di solito gallerie d’arte o case d’asta)

Chi acquista, tramite una compra vendita le opere d’arte, può a sua volta rivenderle (immettendole nel c.d. mercato secondario), ma deve corrispondere all’artista una percentuale sul prezzo: si tratta del diritto di seguito, che si applica soprattutto nel caso in cui acquirenti specializzati (case d’asta, gallerie d’arte …) procedano ulteriormente a vendere le opere d’arte ad un privato.

Nel caso in cui l’opera d’arte sia considerata anche “bene culturale”, e cioè sia dichiarato di rilevante interesse storico-artistico-culturale, trova applicazione in tal caso la disciplina indicata dal codice dei beni culturali e del paesaggio (d.lgs. 42/2004).

In ultimo, per vendere opere d’arte occorre considerare gli aspetti fiscali: dalla necessità di aprire o meno una partita iva, all’inquadramento fiscale del mercante d’arte o del semplice collezionista.

VENDERE OPERE D’ARTE: COS’È UN’OPERA D’ARTE

vendere opere d'arte

Ciò che caratterizza un’opera d’arte rispetto a qualsiasi altro bene di consumo è il suo carattere creativo: l’art. 1 della legge sul diritto d’autore n. 633/1941 definisce opere d’artele opere dell’ingegno di carattere creativo che appartengono alla letteratura, alla musica, alle arti figurative, all’architettura, al teatro ed alla cinematografia, qualunque ne sia il modo o la forma di espressione”. Ricevono parimenti tutela le elaborazioni creative di opere d’arte già esistenti (art. 4), quali ad esempio le traduzioni in altra lingua, le trasformazioni da una in altra forma letteraria od artistica, le modificazioni ed aggiunte che costituiscono un rifacimento sostanziale dell’opera originaria, gli adattamenti, le riduzioni, i compendi, le variazioni non costituenti opera originale.

L’opera dell’ingegno in sé considerata, come bene intellettuale immateriale, è il “corpus mysticum” (ad esempio una immagine), mentre il “corpus mechanicum” è la composizione materiale dell’opera (una copia di un libro, la pellicola di un film).

Peraltro, un’opera d’arte non conosce necessariamente una dimensione fisica: si pensi all’arte concettuale, o ad una “performance” artistica.

Come detto, le opere d’arte da vendere devono avere “carattere creativo” e cioè devono essere originali, rivelando la personalità dell’autore, e nuove.

Orbene, il corpus mysticum è l’oggetto dei cosiddetti diritti d’autore, per cui chi intende vendere opere d’arte vende in primo luogo il corpus mechanicum (la statua passa nella proprietà del compratore), ma non anche la proprietà dell’opera dell’ingegno: i diritti d’autore non vengono necessariamente ceduti, ma salvo diverso accordo rimangono in capo all’autore dell’opera.

COME VENDERE LE PROPRIE OPERE D’ARTE

Tra i diritti di sfruttamento economico c’è anche la pubblicazione, cioè il diritto di rendere l’opera d’arte nota al pubblico (art. 12 L. 633/1941). Non esiste un procedimento univoco di pubblicazione, né ciò comporta necessariamente la commercializzazione o la vendita della propria opera d’arte. Ad esempio, è possibile pubblicare un catalogo di quadri, sculture o fotografie, nello stesso modo in cui si pubblica un libro, e quindi anche online.

Il mercato dell’arte conosce due settori: uno detto “primario” in cui l’autore è anche il venditore, ed uno detto “secondario” in cui l’acquirente dell’artista (in genere una galleria) a sua volta si preoccupa di vendere l’opera d’arte online o offline a collezionisti o altri privati. A certe condizioni, l’artista riceve un vantaggio anche dal mercato secondario: il cosiddetto diritto di seguito, di cui parliamo nei paragrafi successivi.

Nel mercato primario, a vendere le opere d’arte è direttamente l’artista, ad un privato o ad un soggetto particolare, come una galleria d’arte.

Come vendere le proprie opere d’arte nel mercato primario? In mancanza di un contratto specifico per la vendita di opere d’arte, è possibile fornire qualche “modello” a seconda che l’artista intenda vendere le proprie opere ad un privato, oppure ad un soggetto specializzato.

Nella vendita di opere d’arte da privato a privato, i modelli più utilizzati sono:

  • la vera e propria compravendita ex art. 1470 cod. civ., in cui si trasferisce la proprietà dell’opera, con parte o tutti i diritti di sfruttamento economico. È il modello più usato per vendere le opere d’arte online.
  • Molto usato per vendere le opere d’arte da privato a privato è anche il contratto d’opera (art. 2222 cod. civ.) il cui l’artista realizza l’opera “con lavoro prevalentemente proprio e senza vincolo di subordinazione” su commissione del cliente.

Nella vendita di opere d’arte ad un soggetto qualificato, i modelli contrattuali sono:

  • col contratto di somministrazione (art. 1559 cod. civ.) l’artista si impegna a vendere alcune opere d’arte al gallerista, consegnandole entro un certo termine ed a un prezzo prestabilito.
  • Con il contratto di deposito in conto vendita delle opere d’arte o contratto estimatorio ex art. 1556 cod. civ. l’artista non procede ad una vera e propria vendita ma le opere d’arte vengono temporaneamente cedute ad un soggetto (normalmente una galleria d’arte) che si obbliga a pagarne il prezzo entro un certo termine (dopo averle a sua volta rivendute) oppure a restituirle allo stesso artista.
  • col contratto di mandato a vendere le opere d’arte (art. 1703 e 1731 cod. civ.) la galleria non acquista la proprietà dell’opera, ma si impegna a venderla in nome proprio e per conto dell’artista.

CHI SONO LE PARTI DEL CONTRATTO PER VENDERE OPERE D’ARTE

L’autore dell’opera è il titolare originario dei diritti d’autore (art. 6), anche se anonima (art. 9) salvo casi particolari (ad esempio il datore di lavoro è titolare del diritto di utilizzo economico del programma informatico, o dell’opera di disegno industriale creata dal dipendente; il produttore è il titolare dei diritti del film, eccetera…) e viene individuato in via presuntiva (e cioè salvo prova contraria) in colui che viene indicato nell’opera come tale nelle forme d’uso oppure  viene annunciato come tale nella recitazione, esecuzione, rappresentazione o radiodiffusione dell’opera (art.8).

Anche l’artista minorenne può vendere le proprie opere d’arte: l’art. 108 richiede infatti il compimento di 16 anni per “compiere tutti gli atti  giuridici  relativi  alle  opere  da  lui create e di esercitare le azioni che ne derivano”.

Nelle opere collettive (ad esempio un film), l’autore è colui che dirige e organizza la creazione (il regista, il quale è autore, ma non è il titolare dei diritti di sfruttamento economico, che invece appartengono al produttore).

In caso di controversia sulla paternità, l’autore titolare dei diritti economici è il primo autore effettivo, cioè chi dimostra di possedere una copia dell’opera prima di altri (c.d. “prova di anteriorità”). Tra le modalità per dare “data certa” all’opera è possibile la registrazione in uno specifico elenco, presso il Ministero della Cultura, che fa fede sino a prova contraria, dell’esistenza dell’opera e della sua pubblicazione (art. 103).

Oltre al venditore e all’acquirente (un privato collezionista, una casa d’aste oppure una galleria d’arte) al contratto di vendita di opere d’arte anche online può partecipare un mediatore, ed un esperto che certifica l’autenticità dell’opera e ne stima un valore economico.

QUAL È L’OGGETTO DEL CONTRATTO PER VENDERE OPERA D’ARTE

La vendita di opere d’arte, o meglio, di uno o più esemplari delle opere (corpus mechanicum) comporta la cessione della proprietà, ma salvo patto contrario, non anche la cessione dei diritti di sfruttamento ad esse connessi (fatta eccezione per la vendita di uno stampo o qualsiasi altro mezzo per riprodurre l’opera, per la quale si presume anche la cessione del diritto relativo).

Le opere d’arte da vendere sono infatti oggetto di diritti economici. I principali sono:

  • Di riproduzione ( art. 13) in copie in qualunque modo o forma, come la copiatura a mano, la stampa, la litografia, l’incisione, la fotografia, la cinematografia ed ogni altro procedimento di riproduzione; di trascrizione (art. 14) mediante l’uso dei mezzi atti a trasformare l’opera orale in opera scritta o riprodotta con uno dei mezzi indicati nel punto precedente; di traduzione e di trasformazione (art. 18).
  • Di eseguire, rappresentare o recitare in pubblico (art. 15) in qualsiasi modo o di comunicare l’opera al pubblico (art. 16) mediante mezzi di diffusione a distanza (televisione, internet …).
  • Di commercializzarla ( art. 17), o comunque distribuirla in circolazione, di pubblicarla in raccolte (art. 18), di noleggiarla (art. 18-bis).

Tali diritti nascono al momento della creazione dell’opera d’arte ed hanno una durata di 70 anni successivi alla morte dell’autore o di ciascun coautore nel caso di opere collettive (ad esempio un film).

È invece inalienabile il diritto morale dell’autore (e dei suoi eredi) di rivendicare la paternità dell’opera e di opporsi a qualsiasi modificazione ed a ogni atto a danno dell’opera lesivo della sua reputazione (art. 2577 cod. civ.).

VENDERE OPERE D’ARTE: QUANDO SPETTA IL DIRITTO DI SEGUITO

Chi acquista dall’artista, può a sua volta vendere le opere d’arte a privati (nel cd mercato secondario), ma deve corrispondere all’artista il diritto di seguito.

Questo spetta per le opere indicate all’art. 145 (quadri, collage, dipinti, disegni, incisioni, stampe, litografie, sculture, arazzi, ceramiche, vetro, fotografie, manoscritti originali, purché creazioni dell’autore o esemplari originali considerati opere d’arte, copie delle opere delle arti figurative prodotte in numero limitato dall’autore o sotto la sua autorità, ritenute originali a condizione che siano numerate, firmate o autorizzate dallo stesso).

Ai sensi dell’art. 144 e seguenti L. 633/1941 l’artista per tutta la sua vita e i suoi eredi per 70 anni successivi alla morte, hanno diritto ad un compenso sul prezzo di ogni vendita delle opere d’arte successiva alla prima a condizione che:

  • nella nuova vendita delle opere d’arte siano intervenuti soggetti qualificati (cioè che operano professionalmente nel mercato dell’arte,  come  le  case  d’asta,  le gallerie d’arte e,  in  generale,  qualsiasi  commerciante  di  opere d’arte) come venditori, acquirenti o intermediari,
  • il prezzo della vendita sia almeno di 3’000 euro,
  • il venditore non abbia acquistato l’opera direttamente dall’autore da almeno tre anni e il  prezzo  della vendita delle opere d’arte  sia almeno di 10.000 euro (art. 144 ult comma).

Tale compenso spettante all’artista che intende vendere le proprie opere d’arte è a carico del venditore ed è determinato, fino ad un limite massimo di 12.500,00 euro, in percentuale al prezzo corrisposto (art. 150) al netto dell’imposta.

Nel caso di concessione in licenza o trasferimento di esclusiva, l’art. 110 septies L. 633/1941 prevede una speciale ipotesi di risoluzione in caso di mancato sfruttamento.

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COSA INSERIRE NEL CONTRATTO PER VENDERE LE OPERE D’ARTE

Nel caso in cui i diritti vengano ceduti in licenza o trasferiti in esclusiva, è importante che il contratto preveda il termine per il loro sfruttamento, non superiore a cinque anni o a due anni successivi alla disponibilità  dell’opera da parte dell’editore o  del  produttore. Infatti, ai sensi dell’art. 110 septies L. 633/1941, se i diritti non sono sfruttati entro tale termine (o in mancanza di espressa pattuizione, nel termine congruo assegnato dall’autore) l’artista può risolvere il contratto o revocare l’esclusiva.

LA FORMA DEL CONTRATTO PER VENDERE OPERE D’ARTE

In linea generale, l’art. 107 della L. 633/1941 stabilisce la libertà di forma dell’atto che trasferisce i diritti  di  utilizzazioni  spettanti  agli  autori  delle  opere d’arte,   nonché  i   diritti   connessi   aventi   carattere patrimoniale.

Il comma secondo dell’art. 2581 cod. civ. e l’art. 110 L. 633/1941 impongono la forma dell’atto scritto “ad probationem”. Questo vuol dire che un contratto di vendita di opere d’arte è pienamente efficace e vincolante tra le parti anche se concluso oralmente, ma in caso di controversia, la sua esistenza può essere dimostrata solamente dalla sua forma scritta e dal giuramento (e quindi, ad esempio, non per testimoni).

L’art. 104 della L. 633/1941 consente la registrazione nel registro del Ministero della Cultura degli atti tra vivi che  trasferiscono  i diritti di sfruttamento economico e quelli connessi, o costituiscono sopra di  essi  diritti di godimento o di garanzia, come pure gli  atti  di  divisione  o  di società relativi ai diritti medesimi.

VENDERE OPERE D’ARTE: OBBLIGHI DI INFORMAZIONE

Pe rendere effettivo l’esercizio del diritto di opposizione, in base all’art. 110 quater della L. 633/1941 l’autore dell’opera deve essere informato dal cessionario, almeno ogni sei mesi, circa le condizioni di sfruttamento dell’opera.

VENDERE OPERE D’ARTE: LE FOTOGRAFIE

Per vendere fotografie come opere d’arte, la legge sul diritto d’autore n. 633 del 1941 distingue tre categorie:

  • le fotografie d’autore, vere e proprie espressioni di creatività, cui si applica la disciplina del diritto d’autore (ad esempio la foto di un paesaggio in particolari condizioni, oppure da una particolare prospettiva) ed a cui sono legati i diritti morali e di sfruttamento economico di ogni opera d’arte. Secondo il Tribunale di Torino (sent. 23.07.2021) le fotografie artistiche “devono costituire manifestazione della personalità dell’autore e questa deve trasparire da vari concorrenti elementi, come la scelta e la disposizione degli oggetti da riprodurre, la selezione delle fonti delle luci, il dosaggio dei toni, ecc. La fotografia deve lasciare trasparire l’apporto personale dell’autore, il quale non si limita a riprodurre e documentare situazioni reali, ma, tramite il suo apporto creativo e la valorizzazione degli effetti e, per esempio, la scelta del soggetto e della sua espressione, riesce a creare suggestioni, purché emerga una prevalenza del profilo artistico sull’aspetto meramente tecnico”.
  • le fotografie semplici, oggetto non del diritto d’autore, ma solamente dei diritti connessi. Si tratta di “immagini di persone o di aspetti, elementi o fatti della vita naturale e sociale, ottenute col processo fotografico o con processo analogo, comprese le riproduzioni di opere dell’arte figurativa e i fotogrammi delle pellicole cinematografiche” ( 87).
  • fotografie di documenti, oggetti materiali, disegni tecnici e prodotti simili che non trovano alcuna tutela dalla legge sul diritto d’autore.

La fotografia semplice riceve una minore tutela rispetto alla fotografia artistica:

  • Viene tutelata non attraverso il diritto d’autore (morale o patrimoniale) ma solamente mediante i diritti “connessi” di riproduzione, diffusione e spaccio, e comunque a condizione che la fotografia indichi il nome del fotografo (o della ditta per cui lavora), l’anno di produzione ed eventualmente il nome dell’opera d’arte fotografata, altrimenti la sua riproduzione non è considerata abusiva, a meno che si dimostri la mala fede del riproduttore.
  • Titolare di tali diritti è il fotografo, o il suo datore di lavoro, o il committente in caso di fotografia di cose in suo possesso.
  • La durata dei diritti connessi non è di 20 anni dalla data di produzione della fotografia (e non 70 anni dalla morte dell’autore, come per le vere e proprie opere d’arte).

VENDERE OPERE D’ARTE: I RITRATTI

Oltre a quanto si è detto nei paragrafi precedenti sui diritti in generale e sulla fotografia, per vendere un ritratto come opera d’arte occorre considerare che questo non può essere riprodotto o messo in commercio senza il consenso della persona ritrattata (art. 96) o dei suoi eredi, salvo che la riproduzione sia giustificata:

  • dalla notorietà   o dall’ufficio pubblico coperto,
  • da necessità di giustizia o di polizia,
  • da scopi scientifici, didattici o culturali,
  • dal collegamento a fatti, avvenimenti, cerimonie di interesse pubblico o svoltisi in pubblico.

Anche in tali casi, tuttavia Il ritratto non può tuttavia essere esposto o messo in commercio, quando ciò   rechi   pregiudizio all’onore, alla reputazione od anche al decoro della persona ritrattata. Viceversa, il ritratto fotografico può essere pubblicato o riprodotto dal committente anche senza il consenso del fotografo, cui comunque spetta un equo corrispettivo e l’indicazione del suo nome nel ritratto.

COME VENDERE OPERE D’ARTE ANTICHE O USATE

Particolari disposizioni vengono poi applicate nel caso di commercio di cose antiche o usate. L’art. 128 del R.D. 18 giugno 1931, n. 773 (TULPS) prescrive la tenuta di un registro delle operazioni, anche in formato elettronico, e fino al 2016 l’art. 126 richiedeva una comunicazione preventiva all’autorità locale di pubblica sicurezza.

COME VENDERE OPERE D’ARTE CONSIDERATE BENI CULTURALI

Un’opera d’arte è considerata “bene culturale” quando presenta un rilevante interesse artistico, storico, archeologico, etnoantropologico, archivistico e bibliografico, o quale testimonianza avente valore di civiltà (artt. 2, 10 e 11 del d.lgs. 22/01/2004, n. 42).

Nel caso in cui si intenda vendere opere d’arte considerate beni culturali, si applica la disciplina del codice dei beni culturali e del paesaggio.

In primo luogo, lo Stato ha diritto di prelazione. Infatti, ai sensi dell’art. 59 gli atti che trasferiscono, in tutto o in parte, a qualsiasi titolo, la proprietà o, limitatamente ai beni mobili, la detenzione di beni culturali sono denunciati al Ministero, entro trenta giorni dalla stipula dell’atto. Dal momento della denuncia, lo Stato, la regione o gli enti locali possono esercitare il diritto di prelazione (art. 60 e seguenti). Si tratta di una prelazione “sui generis” perché opera anche in caso di permuta, conferimento in società, e vendita in blocco (nel qual caso il valore del bene è determinato d’ufficio dal prelazionario o da un terzo) o di alienazione a titolo di pagamento, ed in caso di attivazione, le clausole del contratto di alienazione non vincolano lo Stato.

La prelazione sembra comunque non operare nel caso di trasferimento mortis causa (testamento o eredità) e nel caso della donazione.

Nel caso di commercio al pubblico di beni culturali o di intermediazione finalizzata alla vendita di opere di pittura, di scultura, di grafica ovvero di oggetti d’antichità o di interesse storico od archeologico, l’art. 64 impone l’obbligo di consegnare all’acquirente la documentazione (oppure, in mancanza, una semplice dichiarazione) che ne attesti l’autenticità o almeno la probabile attribuzione e la provenienza.

Inoltre, le persone giuridiche private senza scopo di lucro che intendano vendere beni culturali, hanno un doppio limite:

  • L’art. 56 richiede una autorizzazione del Ministero, tranne nei casi di vendita a favore dello Stato.
  • ai sensi dell’art. 54 comma 2 sono inalienabili i beni culturali che siano opera di autore non più vivente e la cui esecuzione risalga ad oltre settanta anni e che siano stati valutati di interesse culturale.

VENDERE OPERE D’ARTE: ASPETTI FISCALI

Al fine di vendere le proprie opere d’arte, l’artista professionale (ma non l’artista occasionale) incombe in alcuni adempimenti. In primo luogo, deve aprire partita iva.

Non è invece necessario associarsi alla SIAE, che è un ente pubblico economico che svolge funzioni di mediazione nell’esercizio dei diritti d’autore sulle opere.

In ultimo, si segnala una recente ordinanza della Cassazione (n. 6874 del 08.03.2023) che fornisce alcune indicazioni per il corretto inquadramento fiscale.

Il testo unico delle imposte sui redditi non prevede una normativa specifica se a vendere le opere d’arte è un privato, e non un soggetto professionale quale il mercante d’arte (cioè chi si dedica alla vendita di opere d’arte professionalmente e abitualmente, anche in maniera non organizzata imprenditorialmente, con il fine di trarne profitto, tassato quale reddito d’impresa ex artt. 55 ss. T.U.I.R. e ai fini IVA come previsto dal  D.P.R. 26/10/1972, n. 633, all’art. 4) o lo speculatore occasionale (quando vendere opere d’arte non è attività abituale, ma occasionale, comunque sempre finalizzata a trarne un profitto, tassato quale “reddito diverso” di cui all’art. 67, comma 1, lett. i, T.U.I.R.).

Il semplice collezionista, ossia colui che acquista le opere d’arte per scopi culturali, con la finalità di incrementare la propria collezione e possedere l’opera, non ha l’intento di vendere le opere d’arte per trarne profitto, ma per piacere personale (culturale, artistico, estetico …) e non è soggetto ad alcuna imposizione.

A sua volta, l’esistenza o meno di un’attività commerciale, viene individuata sulla base di indici presuntivi: numero delle transazioni effettuate, importi, quantitativo di clienti o potenziali clienti, varietà della tipologia di beni alienati.

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