Breve analisi della legittima difesa
La legittima difesa e la legittima difesa domiciliare
La legittima difesa è una delle cause di giustificazione previste dall’ordinamento giudiziario italiano, nonché quella storicamente più collaudata e universalmente riconosciuta. Sin dai tempi non recenti si è ritenuta legittima la reazione di chi risponde ad un’offesa ingiusta e il brocardo latino «vim vi repellere licet» («è lecito reagire alla violenza con violenza») – che ha costituito lo spunto per la prescrizione di cui all’art 52 cp – ne è la dimostrazione.
Tuttavia, la legittima difesa, in virtù del carattere eccezionale che possiede, nel corso del tempo ha subìto importanti modifiche e limature, sino a rappresentare al giorno d’oggi uno degli strumenti più insidiosi del sistema giuridico.
La legittima difesa è una forma residuale di autotutela e l’intera disciplina è basata sul cosiddetto bilanciamento d’interessi: chi agisce “per legittima difesa” commette un reato, che tuttavia non viene punito, poiché il legislatore, bilanciando l’interesse dell’aggressore con quello dell’aggredito, ha reputato più opportuno rendere prevalente il secondo rispetto al primo.
Prendiamo l’esempio di un soggetto che viene aggredito con calci e pugni e che, a sua volta, risponde con calci e pugni. Questo non risponde del reato di aggressione, se dimostra che il suo comportamento è stato legittimo. Tuttavia, per non rispondere penalmente del reato l’aggressione deve essere appunto legittima, cioè presentare i requisiti dell’articolo 52 del codice penale.
Perché la difesa sia “legittima” e pertanto sia esclusa la punibilità del reato l’aggressione deve essere rivolta contro un diritto personale o patrimoniale, deve essere ingiusta (ossia contraria alle regole dettate dalla legge) e deve determinare un pericolo attuale (e cioè deve essere effettivo concretamente nell’esatto momento in cui si mette in atto la legittima difesa), perché la scriminante non opera se l’aggressione è già cessata.
Oltre all’aggressione, anche la reazione deve avere certi requisiti: deve essere necessaria (la necessità di difendersi, che rappresenta un altro dei presupposti della legittima difesa, sussiste nelle sole ipotesi in cui il pericolo non sia altrimenti evitabile ovvero se all’aggressione non si possa rispondere con una reazione meno dannosa) e proporzionata (il danno inflitto all’aggressore non deve mai eccedere quello minacciato). Il requisito della proporzione tra offesa e reazione cambia quando si tratta di difendersi in casa propria. Si tratta dell’ipotesi della legittima difesa domiciliare
La legittima difesa è stata oggetto di un’importante e discussa riforma con la legge n.36/2019 che ha portato alla modifica dell’art 52 cp e in particolare della norma che disciplina come difendersi in casa propria.
In questo articolo, gli argomenti trattati sono:
- Cos’è la necessità di difendersi e quando si può parlare di legittima difesa
- Legittima difesa: come deve svolgersi l’aggressione
- Cosa vuol dire che per la legittima difesa, il pericolo deve essere attuale
- Quali sono i presupposti della reazione nella legittima difesa
- In che senso la legittima difesa deve essere proporzionata all’offesa
- Cos’è la legittima difesa domiciliare
- Legittima difesa domiciliare: la presunzione di proporzionalità
- Quali sono i requisiti della legittima difesa domiciliare
- Quando si presume la legittima difesa domiciliare
- Perché la nuova legge sulla legittima difesa ha suscitato molte polemiche
- Quali sono le altre novità introdotte dalla legge n.36/2019 sulla nuova legittima difesa
- Quando si può ricorrere al gratuito patrocinio nei giudizi di legittima difesa
- Quando la legittima difesa è compatibile con il reato di rissa
COS’È LA NECESSITÀ DI DIFENDERSI E QUANDO SI PUÒ PARLARE DI LEGITTIMA DIFESA
La disposizione normativa contenuta nell’art 52 cp (“Non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di difendere un diritto proprio od altrui contro il pericolo attuale di un’offesa ingiusta, sempre che la difesa sia proporzionata all’offesa” ) disciplina l’istituto giuridico della legittima difesa che nel nostro ordinamento configura una delle cause di giustificazione, altrimenti dette scriminanti o cause di liceità: si tratta di circostanze peculiari in presenza delle quali un fatto che altrimenti costituirebbe un reato non è perseguibile penalmente.
Nel vigente assetto codicistico, l’istituto della legittima difesa prevede che un fatto contrario alla legge non sia penalmente perseguibile perché commesso per costrizione dalla necessità di difendere un diritto proprio o altrui, contro il pericolo di una minaccia ingiusta, sempre che la difesa sia proporzionata all’offesa: in sostanza, la legittima difesa rappresenta l’esito di un bilanciamento di interessi contrapposti che vede la prevalenza dell’interesse del soggetto aggredito sull’interesse di chi ha commesso l’aggressione.
Il monopolio dell’uso della forza è normalmente appannaggio dello Stato, evitando che i cittadini possano farsi giustizia da sé, ma l’ordinamento consente di ricorrere all’autotutela quando il rivolgersi all’autorità pubblica pregiudicherebbe irrevocabilmente e totalmente il diritto minacciato (banalmente perché trascorrerebbe troppo tempo prima del suo intervento). Una delle condizioni assolutamente necessarie perché si possa parlare di legittima difesa, nonché fondamento giustificativo della condotta reattiva, è la necessità di difendere un diritto personale o patrimoniale, proprio o altrui. Per l’applicabilità dell’art 52 cp, la difesa violenta dell’aggredito deve essere l’unica alternativa possibile, onde evitare la punibilità del reato all’aggressione ingiusta, tanto che laddove sia possibile la fuga, la giurisprudenza esclude la sussistenza della legittima difesa.
LEGITTIMA DIFESA: COME DEVE SVOLGERSI L’AGGRESSIONE
Per poter parlare di reazione legittima, tanto da escludere la punibilità del reato l’aggressione deve essere ingiusta.
L’offesa ingiusta a cui si riferisce l’art 52 cp consiste in una condotta contraria ai precetti dell’ordinamento giuridico o comunque da questo non espressamente autorizzata. Parte della dottrina ha ritenuto che l’offesa ingiusta non debba considerarsi solamente come “contra ius” e quindi contraria ad una norma positiva, quanto piuttosto “non iure” ossia contraria, in senso lato, alle valutazioni sociali di giustizia che sono alla base dell’ordinamento giuridico.
Non necessariamente l’aggressione deve consistere in un comportamento fisicamente violento, potendo trattarsi anche di un’offesa verbale, o addirittura di una condotta omissiva (si pensi al sanitario che omette di somministrare un farmaco) oppure di per sé non violento, che comunque determina una situazione di pericolo.
L’offesa ingiusta deve sempre essere valutata in termini obiettivi e pertanto non ha alcuna rilevanza la condizione soggettiva dell’aggressore, come ad esempio la mancanza di dolo o colpa, né se questo sia un soggetto non capace di intendere e di volere: la legittima difesa è invocabile anche se l’aggressore è un minorenne o una persona affetta da una patologia mentale.
Non solo. L’offesa di cui si parla nel primo comma dell’art 52 cp non necessariamente deve sostanziarsi in una condotta umana, ma può essere causata anche da un animale, o da una cosa, purchè riconducibili ad un obbligo di vigilanza altrui. Si pensi a chi si difende dall’aggressione di un cane, uccidendolo, oppure a chi distrugge con un pugno un prezioso vaso che gli sta cadendo in testa.
In ogni caso, è pacifico che l’aggressore deve essere un soggetto diverso dal difensore: non è ammissibile la legittima difesa nel caso in cui quest’ultimo abbia contribuito, con il proprio comportamento, a porre in pericolo il bene giuridico tutelato. In altre parole, chi si pone volontariamente in una situazione di pericolo non può invocare, ad esclusione della punibilità del reato una aggressione ingiusta. Chi, ad esempio provoca o accetta di partecipare ad uno scontro violento con un’altra persona, procurandole delle ferite, dovrà rispondere del reato di lesioni.
Tuttavia, la stessa giurisprudenza ritiene applicabile anche in questi casi la legittima difesa ex art 52 cp quando, sebbene l’agente si sia volontariamente posto in una situazione di pericolo, la situazione concreta evolva in un senso imprevedibile, e nasca un pericolo del tutto nuovo o sproporzionato a quello che l’agente aveva contribuito a creare. Ad esempio, quando durante una rissa un soggetto estrae un’arma da fuoco e minaccia di utilizzarla contro le altre persone.
COSA VUOL DIRE CHE PER LA LEGITTIMA DIFESA, IL PERICOLO DEVE ESSERE ATTUALE
Per poter parlare di legittima difesa, tanto da escludere la punibilità del reato l’aggressione deve determinare un pericolo per il bene aggredito.
Questo può essere un diritto naturale (come ad esempio la vita, l’incolumità fisica, la libertà sessuale) quanto patrimoniale (la proprietà), sia proprio (e cioè dello stesso soggetto che pone in essere la reazione) che altrui.
L’articolo 52 del codice penale parla di pericolo, riferendosi ad una situazione di alta probabilità che nell’immediato futuro il bene giuridico venga leso.
Questo deve essere attuale: ciò vuol dire che la difesa del soggetto aggredito (o di colui che agisce per proteggere un diritto altrui) deve essere simultanea al pericolo, non potendolo né succederlo, né anticiparlo.
Nel primo caso la legittima difesa si tradurrebbe in una vendetta, nel secondo verrebbe meno la necessità di difendersi, in quanto il soggetto minacciato l’aggressione potrebbe essere prevenuta, ad esempio, rivolgendosi all’autorità di pubblica sicurezza.
La Corte di Cassazione (Sentenza, 19/12/2019, n. 12727) ha escluso la scriminante in un caso in cui l’imputato, avendo visto dal balcone un soggetto prelevare alcuni utensili presenti nel cortile e lanciarli ad un complice all’esterno, era sceso e lo aveva colpito con un pugno: si è ritenuto di dovere escludere l’attualità del pericolo poiché il reato di furto si era già consumato.
L’attualità del pericolo imminente deve essere valutata secondo parametri oggettivi e soggettivi, considerando cioè la percezione dell’uomo medio con le caratteristiche della vittima, circa le condizioni oggettive della situazione.
Esclude l’attualità e la concretezza del pericolo anche la desistenza da parte dell’aggressore.
QUALI SONO I PRESUPPOSTI DELLA REAZIONE NELLA LEGITTIMA DIFESA
Così come stabilito dalla legge sulla legittima difesa, la reazione deve essere necessaria e proporzionata.
Questo vuol dire che il soggetto che vede minacciato un proprio o altrui diritto naturale o patrimoniale, deve trovarsi nell’unica alternativa possibile tra subire la lesione del diritto o porre in essere la difesa, anche se astrattamente potrebbe configurare il reato di aggressione.
La difesa adottata deve essere, inoltre, quella meno aggressiva tra le varie alternative ragionevolmente possibili, tanto che la giurisprudenza è consolidata nel ritenere che, laddove sia possibile la fuga, non sussiste la scriminante dell’art 52 cp.
In proposito, la dottrina prevalente ritiene che non possa essere considerata una alternativa ragionevole la fuga che, sebbene astrattamente possibile, in concreto esporrebbe i beni ad un pericolo maggiore di quello derivante dalla reazione difensiva. Si pensi al caso in cui una precipitosa fuga in automobile porrebbe a rischio l’incolumità degli altri conducenti o dei pedoni.
Pertanto è scriminato, ad esempio, il soggetto cardiopatico che eviti di fuggire poiché l’affaticamento potrebbe causargli un infarto. in macchina (rischiando di causare incidenti a cose e persone)
IN CHE SENSO LA LEGITTIMA DIFESA DEVE ESSERE PROPORZIONATA ALL’OFFESA
Oltre che necessaria, la legittima difesa deve essere proporzionata.
Il punto più problematico dell’istituto della legittima difesa è sicuramente il requisito della proporzionalità su cui deve istaurarsi il rapporto tra il male derivante dalla difesa, e quello che è derivato, o sarebbe derivato dall’offesa.
Per l’applicazione della scriminante ex art 52 cp non si richiede che ad un’aggressione debba rispondere una difesa equivalente, ma il principio del bilanciamento degli interessi implica che l’autotutela di un bene sia possibile, a condizione che non comporti un eccessivo sacrificio di un altro. Ne consegue che la difficoltà nel valutare il bilanciamento di interessi è maggiore quando i beni giuridici in conflitto sono eterogenei (un bene patrimoniale contro un bene personale).
In particolare, secondo la Cassazione (sentenza del 24/09/2020, n. 32414) “ai fini della configurabilità dell’esimente della legittima difesa, il requisito della proporzione tra offesa e difesa deve essere valutato con giudizio “ex ante”, ponendo a confronto i mezzi usati e quelli a disposizione dell’aggredito nonché i beni giuridici, personali o patrimoniali in conflitto, con la conseguenza che tale proporzione viene comunque meno nel caso di beni eterogenei in conflitto, quando la consistenza dell’interesse leso, quale la vita e l’incolumità della persona, sia enormemente più rilevante, sul piano della gerarchia dei valori costituzionali e di quelli penalmente protetti, dell’interesse patrimoniale difeso”.
La valutazione deve farsi su un duplice piano: occorre considerare tanto la natura dei beni giuridici aggrediti ( la vita, l’integrità fisica, il patrimonio, l’onore ….) e l’intensità delle aggressioni.
La proporzionalità si potrà ritenere rispettata quando il danno causato dal soggetto aggredito risulti inferiore, uguale o tollerabilmente superiore a quello subìto.
COS’È LA LEGITTIMA DIFESA DOMICILIARE
L’applicazione del criterio di proporzionalità tra offesa e difesa viene modificato quando si tratta di difendersi in casa propria.
La legge n.59/2006 ha apportato importanti novità sulla legittima difesa domiciliare, introducendo i commi 2 e 3 articolo 52 del codice penale: “nei casi previsti dall’articolo 614 primo e secondo comma sussiste sempre il rapporto di proporzione di cui al primo comma del presente articolo se taluno legittimamente presente in uno dei luoghi ivi indicati usa un’arma legittimamente detenuta o altro mezzo idoneo al fine di difendere: a) la propria o la altrui incolumità; b) i beni propri o altrui quando non vi è desistenza e vi è pericolo d’aggressione”, “le disposizioni di cui al secondo e al quarto comma si applicano anche nel caso in cui il fatto sia avvenuto all’interno di ogni altro luogo ove venga esercitata un’attività commerciale, professionale o imprenditoriale”.
La legittima difesa domiciliare prevede una presunzione di proporzionalità tra aggressione e reazione. Si tratta di un vantaggio che la legge riconosce a chi, in un processo penale, viene accusato di aver commesso un reato all’interno della propria abitazione o domicilio (ad esempio, del reato di aggressione nei confronti di un ladro). La presunzione di proporzionalità dettata dalla legge sulla legittima difesa domiciliare è stata introdotta per ridurre al minimo il margine di discrezionalità del magistrato circa l’applicazione della causa di giustificazione.
Nei casi in cui l’offesa ingiusta sia commessa violando il domicilio, si ritiene ipotizzabile e comprensibile che chi si difende possa reagire con maggiore veemenza, perché colto inaspettatamente in un ambiente che reputa sicuro: è questa la motivazione che ha spinto il legislatore a rafforzare il diritto di difendersi in casa propria, stabilendo che, a talune condizioni qualsiasi reazione debba essere ritenuta proporzionata all’offesa e pertanto la legittima difesa debba essere riconosciuta, una volta accertati gli altri requisiti dell’art 52 cp (attualità del pericolo, offesa ingiusta, necessità, inevitabilità).
LEGITTIMA DIFESA DOMICILIARE: LA PRESUNZIONE DI PROPORZIONALITÀ
Fino al 2019, la presunzione era “relativa” e cioè la norma consentiva al pubblico ministero di fornire la prova contraria, dimostrando in sede processuale la sproporzione tra l’aggressione subìta e la reazione difensiva, ed escludendo così l’applicazione della legittima difesa.
Con la legge 36/2019 questa possibilità è venuta meno, poiché il secondo comma dell’articolo 52 del codice stabilisce che “nei casi previsti dall’articolo 614 primo e secondo comma sussiste sempre il rapporto di proporzione di cui al primo comma del presente articolo”.
Ciò significa che la presunzione è diventata “assoluta”, cioè inattaccabile dalla prova contraria. Il legislatore, nell’ottica di favorire la persona aggredita, ha voluto rendere inamovibile la proporzionalità quando la difesa sia stata messa in atto per respingere un’aggressione presso il domicilio.
La presunzione di proporzionalità dettata dalla recente legge sulla legittima difesa ha fatto sorgere non poche polemiche: in molti hanno ritenuto eccessivamente rigida tale impostazione legislativa ed esposta a censura di legittimità costituzionale in relazione al bilanciamento di interessi tra i beni giuridici in conflitto, soprattutto quando il rapporto è tra la vita dell’aggressore e i diritti patrimoniali dell’aggredito.
QUALI SONO I REQUISITI DELLA LEGITTIMA DIFESA DOMICILIARE
Al giudice, la valutazione circa l’esistenza della proporzione tra ingiusta offesa e difesa è preclusa in presenza di alcuni requisiti:
- la commissione di una violazione di domicilio da parte dell’aggressore: l’aggressione deve svolgersi nell’abitazione o nel domicilio di chi si difende, ed in particolare nei luoghi indicati dall’art. 614 cod. pen.
- la presenza legittima dell’agente nei luoghi dell’illecita intrusione predatoria o dell’illecito intrattenimento.
- l’ingiusta offesa deve porre in pericolo l’incolumità fisica delle persone.
- nel caso in cui vengano minacciati beni materiali, deve esserci anche un pericolo di aggressione all’incolumità fisica, e non deve esservi desistenza da parte dell’aggressore.
- l’arma da fuoco eventualmente utilizzata deve essere legalmente detenuta. Si invita alla lettura del nostro articolo sul porto d’armi per uso sportivo presente a questo indirizzo.
- sul piano soggettivo, la giurisprudenza (Cass. pen., Sez. I, Sentenza, 20/02/2020, n. 21794) richiede uno specifico “animus defendendi”, cioè l’intenzione di esercitare una violenza nei limiti strettamente necessari a difendersi in casa propria, e non ad aggredire chi si è illecitamente introdotto nel domicilio.
Il rifermento all’art. 614 codice penale (che descrive il reato di violazione di domicilio) consente di parlare di legittima difesa domiciliare non solo quando si tratta di difendersi in casa propria, ma più in genere nella propria abitazione, in altro luogo di dimora privata (come ad esempio una stanza di albergo) e nelle loro pertinenze (ad esempio la rimessa delle auto, o il giardino di casa, oppure ancora il piazzale della ditta utilizzato per il carico e scarico delle merci) nonché nel luogo di lavoro in cui è esercitata un’attività commerciale, professionale o imprenditoriale (art 52 comma 4 cod. pen.).
Il soggetto che reagisce per legittima difesa deve essere presente legittimamente all’interno della struttura abitativa e se utilizza un’arma deve esserne legalmente detenuta.
Se si vuole difendersi in casa propria appellandosi alla legge sulla legittima difesa, la reazione deve essere finalizzata a proteggere la propria o altrui incolumità, oppure a proteggere beni materiali, a condizione che sia comunque minacciata l’integrità fisica personale e non vi sia desistenza da parte dell’aggressore.
QUANDO SI PRESUME LA LEGITTIMA DIFESA DOMICILIARE
La legge 36/2019 oltre a modificare il regime della presunzione sulla proporzionalità tra offesa e difesa (da relativa ad assoluta) ha introdotto anche il quarto comma dell’art 52 cp, anch’esso oggetto di critiche e polemiche.
Stabilisce il quarto comma che “Nei casi di cui al secondo e al terzo comma agisce sempre in stato di legittima difesa colui che compie un atto per respingere l’intrusione posta in essere, con violenza o minaccia di uso di armi o di altri mezzi di coazione fisica, da parte di una o più persone”.
Il nuovo articolo 52 del codice penale non si limita ad una presunzione di un elemento, ma prevede addirittura una presunzione assoluta della intera scriminante della legittima difesa quando:
- ricorrano le condizioni per la presunzione di proporzionalità, di cui ai commi 2 e 3 (e cioè che l’aggressione avvenga nella propria abitazione, in altro luogo di dimora privata e nelle loro pertinenze nonché nel luogo in cui è esercitata un’attività commerciale, professionale o imprenditoriale, il soggetto che si difende si trovi lecitamente presente all’interno dell’abitazione ed utilizzi un’arma legittimamente detenuta o un qualsiasi altro mezzo idoneo a difendere la propria o altrui incolumità, o per difendere beni materiali purché vi sia desistenza e pericolo di aggressione);
- la reazione deve essere posta in essere mentre l’aggressore si sta introducendo, o si è già introdotto nell’abitazione, e non ad esempio quando ha già desistito e se ne sta allontanando,
- l’intrusione nel domicilio è qualificata dall’utilizzo di violenza sia nei confronti di persone che di cose, o dalla minaccia dell’uso di armi o di altri strumenti di coercizione fisica. In quest’ultimo caso, infatti l’aggressione viene percepita dalla vittima come potenzialmente pericolosa per la propria vita o per la propria incolumità anche se non vi è una concreta violenza fisica. Restano esclusi i casi in cui il pericolo per l’incolumità fisica non sia né concreto, né potenziale, ad esempio nel caso di chi colpisce il vicino che, per raggiungere la propria abitazione, si sta arrampicando sul balcone.
Occorre precisare che anche in questi casi non è consentita qualsiasi indiscriminata reazione: secondo una interpretazione costituzionalmente e convenzionalmente orientata dell’art 52 si deve dimostrare anche l’attualità del pericolo e la necessità e l’inevitabilità della condotta reattiva (Cass. pen., Sez. V, Sentenza, 12/12/2019, n. 19065).
Il cuore della nuova legittima difesa si avvicina così al modello statunitense.
PERCHÉ LA NUOVA LEGGE SULLA LEGITTIMA DIFESA HA SUSCITATO MOLTE POLEMICHE
La legge sulla nuova legittima difesa e soprattutto la disposizione normativa di cui al quarto comma dell’art 52, è stata al centro di numerosi dibattiti. Le principali critiche sono state rivolte alla legittimazione del «far west» e cioè alla possibilità per il cittadino di farsi giustizia da sé senza ricorrere all’ausilio dell’autorità giudiziaria.
A prima lettura il quarto comma dell’art 52 sembra effettivamente introdurre una particolare forma di legittima difesa domiciliare in cui l’aggressione consiste nella sola introduzione in casa altrui con violenza o minaccia di uso di armi o altri mezzi di coazione fisica; così sostenendo, difendersi in casa propria è sempre legittimo a prescindere dalla proporzione tra offesa e difesa e dall’effettiva necessità (tra l’altro, trattandosi di presunzioni assolute, non vi è neanche la possibilità di fornire una dimostrazione contraria in sede di giudizio). È proprio sulla necessità di difendersi in casa propria che buona parte della dottrina ha incentrato le proprie perplessità paventando un’illegittimità dell’articolo 3 della Costituzione. Il nuovo quarto comma dell’art 52 sembra fare venire meno il carattere dell’estrema ratio della legittima difesa secondo cui bisogna ricorrere all’autotutela in via residuale e quando non vi sia altra possibilità di sventare il pericolo.
Dall’altra parte si è risposto che “aggressus non tenet in manu stateram”, cioè non si può pretendere che chi viene aggredito nel luogo ritenuto per lui più sicuro, abbia la capacità di bilanciare la gravità dell’offesa con la gravità della difesa, soprattutto quando l’aggressione avviene (o sembra avvenire, in caso di legittima difesa putativa) con modalità particolarmente pericolose.
QUALI SONO LE ALTRE NOVITÀ INTRODOTTE DALLA LEGGE N.36/2019 SULLA NUOVA LEGITTIMA DIFESA
La legge n.36/2019 è intervenuta non soltanto sul quarto comma dell’articolo 52 cp ma ha di fatto dettato i connotati di una nuova legittima difesa introducendo ulteriori novità.
Anzitutto ha modificato l’assetto della disciplina sull’eccesso colposo di cui all’articolo 55 c.p.: nelle ipotesi di legittima difesa domiciliare è stata esclusa la punibilità di chi, trovandosi in condizioni di minorata difesa o in stato di grave turbamento derivante dalla situazione di pericolo, commetta il reato per salvaguardare la propria o altrui incolumità.
La legge n.36/2019 ha inciso anche sugli aspetti civilistici della legittima difesa. In primo luogo, modificando l’art. 2044 cod. civ., ha escluso che colui che abbia è agito per difendersi in casa propria e sia stato per ciò assolto in sede penale, sia obbligato a risarcire il danno, sia nei confronti dell’aggressore, che nei confronti di terzi.
Solamente qualora sia stato riconosciuto l’eccesso colposo di legittima difesa ex art. 55 codice penale, colui che è stato danneggiato dalla reazione eccessiva (che sia l’aggressore, o un terzo) ha diritto ad una indennità “la cui misura è rimessa all’equo apprezzamento del giudice, tenuto altresì conto della gravità, delle modalità realizzative e del contributo causale della condotta posta in essere dal danneggiato”, che comunque non può mai equivalere ad un integrale risarcimento del danno.
In secondo luogo, è stato riconosciuto l’accesso al beneficio del patrocinio a carico dello Stato (o patrocinio gratuito) per il soggetto assolto, prosciolto o il cui procedimento penale sia stato archiviato per fatti commessi nelle condizioni descritte dal primo comma dell’articolo 52 cp.
Infine, la legge contiene anche una disposizione processuale. Riformando l’art. 132 bis delle disposizioni attuative del codice di procedura penale, è assicurata la priorità assoluta nella formazione dei ruoli per l’istruzione dei processi per i reati di omicidio colposo ex art. 589 cod. pen. o lesioni colpose ex art. 590 cod. pen. verificati in presenza di legittima difesa ex art 52 cp o eccesso colposo di legittima difesa ex art. 55 cod. pen.
QUANDO SI PUÒ RICORRERE AL GRATUITO PATROCINIO NEI GIUDIZI DI LEGITTIMA DIFESA
Come è stato già anticipato nel precedente paragrafo, l’articolo 8 della legge n.36/2019 ha introdotto la possibilità di servirsi dell’istituto del patrocinio a carico dello Stato (o gratuito patrocinio) nei giudizi per legittima difesa.
In particolare, tale beneficio è concesso a quanti abbiano ottenuto:
- un provvedimento di archiviazione, motivato dalla sussistenza dei requisiti previsti dall’articolo 52 cp,
- una sentenza di non luogo a procedere
- una sentenza di proscioglimento perché il fatto non costituisce reato.
La norma stabilisce espressamente che l’onorario e le spese spettanti al difensore, all’ausiliario del magistrato e al consulente tecnico siano a carico dello Stato laddove si proceda penalmente nei confronti di un soggetto che ha commesso un fatto illecito per difendersi in casa propria e in tal caso la liquidazione avviene nella misura e con le modalità previste dagli articoli 82 e 83 del DPR n.115/2002.
In tali casi, l’accesso al patrocinio a spese dello Stato è postumo al processo di merito e la disciplina della nuova legittima difesa, distinguendosi da quella generale sul gratuito patrocinio, prescinde dal requisito reddituale. Sono inoltre coperte le spese di trasferta dell’avvocato extra foro: quando il difensore del soggetto che ha agito per legittima difesa è iscritto all’albo di un diverso distretto di corte d’appello rispetto a quello dell’autorità procedente, queste sono sempre dovute insieme all’indennità di trasferta nella misura minima consentita.
La legge sulla nuova legittima difesa non lascia al caso neanche le ipotesi di riapertura delle indagini: se sopraggiunge una sentenza irrevocabile di condanna perché non si riconosce più la legittima difesa, lo Stato ha il diritto di richiedere indietro le somme anticipate nei confronti della persona condannata.
QUANDO LA LEGITTIMA DIFESA È COMPATIBILE CON IL REATO DI RISSA
La legge sulla legittima difesa non menziona affatto l’atteggiamento psicologico di colui che reagisce alla minaccia, ma si limita soltanto ad annoverare tra i requisiti per l’applicazione dell’articolo 52 del codice penale il pericolo attuale, l’offesa ingiusta contro un diritto proprio o altrui di carattere naturale o patrimoniale e il principio di proporzionalità a cui abbiamo dedicato uno specifico paragrafo.
È in virtù di questa mancata precisazione che è stata ammessa dalla giurisprudenza la possibilità di riconoscere la legittima difesa anche con riferimento al reato di rissa, una pronuncia di certo singolare in quanto l’elemento essenziale di tale delitto è la presenza di più persone animate dalla volontà di attentare l’altrui incolumità. A porre un punto alla questione è stata la Cassazione che – con la sentenza n.36143/2019 – ha ammesso che la legge sulla legittima difesa può essere riconosciuta anche nelle ipotesi di rissa quando “sussistendo tutti i requisiti previsti dalla legge, vi sia stata un’azione imprevedibile e sproporzionata, ossia un’offesa che, per essere diversa e più grave di quella accettata, si presenti del tutto nuova, autonoma e in tal senso ingiusta”. In parole più semplici, la causa di giustificazione dettata dall’articolo 52 del codice penale è ipotizzabile qualora durante lo scontro si commetta un fatto illecito per difendersi da un attacco particolarmente violento e impossibile da prevedere: si pensi a Caio che partecipando ad una rissa senza armi né strumenti contundenti si vede minacciato da Tizio con in mano un fucile.
Alla stessa soluzione è giunto anche un arresto più recente della Suprema Corte (sentenza del 08/10/2020, n. 33112) secondo cui “In tema di rissa, è configurabile la legittima difesa in uno scontro tra gruppi contrapposti solo quando coloro che si difendono si pongono in una posizione passiva, limitandosi a parare i colpi degli avversari o dandosi alla fuga, così da far venir meno l’intento aggressivo, e non quando la difesa si esplica attivamente (nella specie, tentando di sferrare calci e pugni agli oppositori)”.
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