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Assenza del piano di riparto: il condomino deve pagare?

In questo articolo affronteremo la problematica inerente all’assenza di un piano di riparto delle spese condominiali approvato dall’assemblea  ed il conseguente obbligo del condomino al pagamento della propria quota alla luce della più recente giurisprudenza in materia.

Amministratore di condominio ed il recupero degli oneri condominiali non versati.

La legge offre uno strumento preciso all’amministratore di condominio che intende recuperare gli oneri condominiali non versati dal condomino moroso: il decreto ingiuntivo immediatamente esecutivo.
La fonte normativa di tale diritto risiede nel combinato disposto di cui agli artt. 1130, 1131 cod. civ. e 63 disp. att. cod. civ. .
Vediamoli nello specifico.
L’art. 1130 , promo comma, n. 3 cod. civ., impone all’ amministratore di condominio di “riscuotere i contributi ed erogare le spese occorrenti per la manutenzione ordinaria delle parti comuni dell’edificio e per l’esercizio dei servizi comuni”. Ciò implica che qualora ci si trovi in una situazione patologica, cioè quando uno o più condomini non provvedano al pagamento degli oneri condominiali, egli debba, a meno che non ne sia stato dispensato dall’ assemblea (art. 1129, comma 9, cod. civ.), procedere alla riscossione forzosa delle somme. Tale procedura è disciplinata dall’art. 63 disp. att. cod. civ., che al comma 1 così recita “Per la riscossione dei contributi in base allo stato di ripartizione approvato dall’assemblea, l’amministratore, senza bisogno di autorizzazione di questa, può ottenere un decreto di ingiunzione immediatamente esecutivo, nonostante opposizione, ed è tenuto a comunicare ai creditori non ancora soddisfatti che lo interpellino i dati dei condomini morosi”.
Si badi bene che, come riportato nell’art. 63 disp. att. cod. civ., l’amministratore non deve essere autorizzato dall’assemblea condominiale al recupero del credito, semmai quest’ultima può dispensare l’amministratore dall’ osservanza di tale obbligo. Ciò significa che, se non interviene una decisione assembleare che dispensa l’amministratore dal dover recuperare il credito, egli deve procedere in tal senso e, qualora non dovesse farlo, potrebbe risponderne dal punto di vista della responsabilità professionale.
Inoltre, l’art. 63 disp. att. cod. civ., non richiede che l’ingiunzione di pagamento sia preceduta da un’intimazione stragiudiziale  (lettera di “messa in mora”), tuttavia è altamente opportuno che questa venga recapitata al condomino moroso. Infatti, ove il decreto ingiuntivo venisse opposto, l’eventuale mancanza dell’intimazione di pagamento ex. art. 1219 cod. civ., potrebbe essere valutata negativamente da parte del giudice ai fini della condanna delle spese di giudizio.
Dal quadro normativo illustrato è evidente che il condominio gode di un certo favore da parte del legislatore. Infatti, lo strumento previsto è piuttosto incisivo ed anche, dal punto di vista probatorio, semplice da ottenere. Riassumendo potremmo dire che: il condominio, creditore delle spese condominiali scadute, è titolare di un credito certo (in quanto approvato dall’assemblea), liquido (in quanto precisamente determinato nell’ammontare) ed esigibile (in quanto il condomino non ha rispettato le scadenze e quindi è moroso) e, pertanto, può ottenere l’emissione il decreto ingiuntivo. A questo si aggiunga che sulla base dello stato di ripartizione, sia essa preventiva o consuntiva, il condominio può ottenere verso il condomino moroso un decreto ingiuntivo immediatamente esecutivo, in quanto la ripartizione funge da riconoscimento del debito e, quindi, consente al creditore di ottenere l’immediata esecutività del titolo.

Cosa succede in caso non ci sia il piano di riparto?

Non è, infatti, infrequente che, soprattutto quando il condominio deve affrontare spese di natura straordinaria, l’assemblea dei condomini approvi esclusivamente il preventivo delle stesse, senza procedere all’approvazione del piano di riparto. Ciò anche in considerazione del fatto che, quando ci sono lavori di natura straordinaria da effettuare, l’assemblea condominiale deve decidere tra diversi preventivi presentati da varie ditte, pertanto essa si limiterà a tale decisione e sarà l’amministratore in un momento successivo, ad operare il riparto della stessa per ciascun condomino, sulla base delle tabelle millesimali.
Al quesito in questione ha dato risposta la Cassazione con la Sentenza, II Sez. Civ., n. 10621 del 28.04.2017.
La Suprema Corte, in detta decisione, ha semplicemente evidenziato come la fonte del credito in questione (spese condominiali) risieda nella gestione della cosa comune e non nel piano di riparto approvato dall’assemblea, il quale si limita ad indicare precisamente l’ammontare, ma non può essere considerato fonte dell’obbligazione.
Quindi il verbale di assemblea condominiale in cui sono riportate le spese necessarie per la conservazione od il godimento delle parti comuni, così come la delibera di approvazione del preventivo delle spese straordinarie, sono le prove scritte indispensabili per ottenere l’ingiunzione di pagamento. Il piano di riparto, invece, secondo la riportata giurisprudenza, non è a tal fine indispensabile, piuttosto l’approvazione da parte dell’assemblea di tale piano risulta necessaria per l’ottenimento della provvisoria esecutività del titolo a sensi dell’ art. 63 dip. att. cod. civ. .

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